domenica 15 gennaio 2012

E' MORTO IL PROF. PAOLO ROSSI MONTI. GRANDE E SUPERFICIALE ERUDITO E PESSIMO MAESTRO

Con il prof. Paolo Rossi diedi nel 1961 a Cagliari l'esame di storia della filosofia. Paolo Rossi aveva da poco pubblicato il libro Bacone. Dalla magia alla scienza. Durante l'esame contestai il fatto che Bacone potesse essere considerato come rappresentante di una moderna concezione scientifica perché il suo Novum Organum era ancora legato ad una concezione qualitativa delle essenze (di aristotelica memoria), e non quantitativa secondo la scienza moderna, che con Cartesio metterà in crisi il concetto di essenza per risolvere la materia nel suo aspetto quantitativo secondo leggi meccanicistiche. Il non avere capito che la scienza fisica deve essere esposta con linguaggio matematico (come già facevano i calculatores medievali della scuola di Oxford nella ricerca della legge della caduta dei gravi) e che essa non si interessa all'essenza del fenomeno ma alle relazioni fenomeniche tra cause ed effetti pone Bacone al di fuori degli inizi della scienza moderna del XVII secolo). Al massimo Bacone poteva essere considerato un fautore e propagatore di una società tecnologica e industriale in cui però la scienza era ancora troppo legata a concezioni alchemiche apparentate ancora con la magia. Nonostante questa dura critica il prof. Rossi, invece di risentirsi del fatto di avergli demolito Bacone mi diede trenta e lode all'esame. D'altronde, avevo dimostrato di conoscere bene anche la parte generale che riguardava tutta la filosofia moderna da studiare sul classico manuale universitario di Nicola Abbagnano.
Nel 2006 pubblicai Scontro tra culture e metacultura scientifica etc. In un capitolo sulla filosofia contemporanea non potei fare a meno di scrivere quanto segue su Paolo Rossi, dopo avere letto un suo articolo sul Domenicale del Sole24ore. Avevo precedentemente demolito un falso "guru" della filosofia odierna che èGiulio Giorello. Sia su Giorello che su Paolo Rossi (oltre che su altri) ho riportato quanto ho scritto nel mio libro anche nel mio sito www.ordineliberale.org collegato direttamente con il presente blog. Chi non ha una conoscenza tecnica della storia di una (e non della) scienza non può essere un serio storico di essa. In effetti l'ordinamento universitario permette che continui a sussistere l'insegnamento di storia della scienza. E permette per di più che esso sia un insegnamento attribuibile ad un filosofo. Al massimo può esistere una storia delle scienze, non come insegnamento, ma come serie di libri scritti da specialisti in una determinata disciplina scientifica. Può esistere l'insegnamento di storia della matematica, della fisica, della biologia, etc. Ma per ogni disciplina deve esserci un competente, non un filosofo, che pretende di essere un tuttologo. Paolo Rossi non poteva che avere un'informazione superficiale non essendo competente su alcuna disciplina scientifica. Conosco il caso di un ex collega, Michele Camerota (ex perché egli è ancora in servizio mentre io sono in pensione da due anni) che è diventato ordinario di storia della scienza nella Facoltà di Scienze della formazione di Cagliari scrivendo un libro su Galileo e dintorni. E' mai possibile che basti questo per diventare professore di storia della scienza? E tutto il resto?Buio completo. Così pure, il preside della stessa Facoltà, Antonio Cadeddu, è divenuto ordinario di storia del pensiero scientifico scrivendo un libro su Pasteur e dintorni. E tutto il resto? Non importa. E' ora che i filosofi smettano di rubare il mestiere ad altri. Io ho sempre accompagnato lo studio della storia della filosofia (che ho insegnato) con lo studio di argomenti scientifici, per cui, anche se superficialmente (nel senso che non sono in grado di capire dei testi che specifichino il contenuto con complesse formule matematiche), so tuttavia in che cosa consistano concettualmente, per esempio, la relatività ristretta e quella generale di Einstein. Ho conoscenze di meccanica quantistica e di cosmologia. Più di quanto ne abbiano i filosofi che insegnano storia della scienza. Ma non mi sarei mai sentito all'altezza di insegnare storia della scienza, che, ripeto, non può nemmeno esistere come insegnamento.
Debbo prendere atto che il Paolo Rossi è del tutto sconosciuto fuori dell'ambito dellafilosofia. Il grosso pubblico non sa chi egli sia. Se scrivete su Google Paolo Rossi senza aggiungere il suo secondo cognome Monti scoprirete che sono famosi anche nel web solo l'ex calciatore Paolo Rossi dei mondiali dell'82 (vinti dall'Italia e in cui Paolo Rossi fu capocannoniere) e il comico Paolo Rossi. Come commentare? Con Petrarca: "Povera e nuda vai filosofia".

Chi, invece, non si è quasi mai affacciato alla TV, ma la domenica scrive un articolo sulle novità librarie per un noto quotidiano, è lo storico della filosofia Paolo Rossi, che fu, insegnando all’Università di Firenze, caposcuola in Italia dell’indirizzo che fa capo alla “storia delle idee”, di cui fu iniziatore Arthur O. Lovejoy (La Grande Catena dell’Essere, 1936). Egli ha scritto: “si può credere a diritti inviolabili (e anche lottare e sacrificarsi per essi) anche professandosi laici, vale a dire credendo che la universalità non dipenda da una assolutezza metastorica, ma sia anch’essa una costruzione o invenzione umana. A differenza di chi professa una religione, i laici ritengono che tutto ciò che chiamiamo ‘cultura’ (ivi compresa l’etica o i dieci comandamenti e la dichiarazione dei diritti) abbia un’origine non divina ma umana”.1 Ecco quali scempiaggini può scrivere un caposcuola della storia della filosofia, confermando la scissione tra filosofia e scienza a vantaggio di una perdurante concezione umanistica, e perciò antropocentrica, nel campo dell’etica e del diritto. Il Rossi, navigando ancora nella confusione tra morale e diritto – infatti non ha distinto nei dieci comandamenti quelli morali o religiosi da quelli giuridici (il 5°, il 7° e l’8°) - in tutta la sua lunga vita non ha mai capito che, se i diritti inviolabili sono un’invenzione umana, essi sono del tutto convenzionali, e pertanto non possono esistere se non per convenzione gli asseriti “crimini contro l’umanità”. Infatti un governo che violasse tali diritti avrebbe culturalmente il diritto di farlo, ritenendo, sulla base di una concezione giuspositivistica del diritto – vedi Hans Kelsen – che il diritto nasca dalla legge dello Stato e non sia soprastorico, ma esprima soltanto il diritto della forza. È il solito storicismo, buono per tutte le stagioni, comprese quelle delle stragi delle pulizie etniche, che certamente il Rossi condanna, pur non avendo i mezzi concettuali per condannarle. Ne conseguirebbe anche che il diritto alla vita degli animali dovrebbe dipendere dai valori inviolabili dell’uomo. Utilizzando anche qui la distinzione tra “stronzate” e “menzogne” posta da Harry G. Frankfurt, si può dire che il caposcuola Rossi non si rende nemmeno conto delle stronzate che scrive. Nella perdurante assenza del diritto naturale nella filosofia si possono scrivere solo stronzate, con il solito stantio discorso sui valori morali, che sono culturali, ancora dimentichi della lezione di Max Weber sulla “lotta mortale tra valori morali”. A questa lotta ci si può sottrarre soltanto con il diritto naturale, che è metaculturale, e perciò soprastorico, se non si vuole accettare il relativismo, che sempre consegue da ogni concezione dei valori morali, e non si vuole, contraddittoriamente, abbandonare alle religioni – che sono culturali - il rimedio contro il relativismo culturale. Paolo Rossi: uno dei tanti pessimi maestri dell’odierna filosofia della pattumiera, intrisa di antropocentrismo.

1 Paolo Rossi, Bioetica, Le condizioni del dialogo (Recensione al libro di Giovanni Fornero Bioetica cattolica e bioetica laica), Il Sole-24 Ore, 4 dicembre 2005.


MORTO A 88 ANNI

Addio a Paolo Rossi, storico della scienza

Fu anche un grande studioso di Arte della memoria

MORTO A 88 ANNI

Addio a Paolo Rossi, storico della scienza

Fu anche un grande studioso di Arte della memoria

Il filosofo Paolo Rossi, nato ad Urbino nel 1923, è stato il nostro maggior studioso di storia della cultura scientifica. Iniziò a studiarla quando nemmeno si insegnava nelle università umanistiche – perché condizionate dall’idealismo crociano – e neppure in quelle tecniche, come sciaguratamente continua ad avvenire. Fu allievo di Eugenio Garin a Firenze e poi assistente di Antonio Banfi all’università di Milano dove incominciò ad insegnare Storia della filosofia, passando dal ’66 a Firenze dove è rimasto sino al 1999, diventando poi professore emerito. Divenne celebre in ambito accademico per gli studi su La rivoluzione scientifica (titolo del suo libro del 1973) e noto all’estero, specie negli ambienti anglosassoni. Provenendo da una scuola, quella di Garin, che dava ampia attenzione agli studi dell’età umanistica, Paolo Rossi incominciò però a studiare l’avvento del fenomeno scientifico già nel XVI e XVII secolo.

SVILUPPO TERRESTRE - Uno dei suoi libri più affascinanti è, a mio avviso, I segni del tempo: storia della Terra e storia delle nazioni da Hooke a Vico (1979) un’affascinante ricostruzione delle teorie dello sviluppo terrestre, alcune delle quali tanto fortunate nei loro tempi quanto successivamente desuete. Si pensi solo alla cosiddetta «teoria mosaica» della storia della Terra, che spiegava la sua evoluzione a partire dal Diluvio universale di Noé, e nella quale i fossili – chiamati nel Seicento crostacei – altro non sarebbero che i simboli delle rovine della Terra. Altri suoi studi indimenticabili sono quelli sull’Arte della Memoria, ovvero la disciplina che tanta fortuna ebbe nel 5-600 che si occupava delle tecniche per sviluppare artificialmente la memoria attraverso complicati sistemi alfabetici e di immagini.

STUDI SULLA MEMORIA - In questo settore Paolo Rossi è stato l’unico paragonabile, per rilevanza di studi, a Frances Yates, la grande studiosa legata al centro Warburg ove inizialmente si svilupparono queste ricerche. Su questo tema Rossi ha lasciato libri indimenticabili come Clavis universalis. Arti della memoria e logica combinatoria da Lullo a Leibniz (1983) e Il passato, la memoria, l'oblio (1991, premio Viaregio l’anno dopo). Questi filoni di studio non sono dimenticati oggi in Italia; non solo a Firenze, ma anche attraverso gli sforzi divulgativi di altri studiosi, da Giulio Giorello – che spesso inserì i libri di Rossi nelle bibliografie dei suoi corsi – agli studi sulla memoria di Manlio Brusantin.

ALTRI TEMPI - Ovviamente hanno spazio anche nelle università straniere. Paolo Rossi ha studiato anche le figure di numerosi filosofi, come Bacone (Utet), Vico (Rizzoli), Diderot (Feltrinelli) e Rousseau (Sansoni) e diretto collane scientifiche per le case editrici Feltrinelli, Sansoni, La Nuova Italia e Olschki. Ha partecipato ai comitati di varie riviste quali: la Rivista di Filosofia, European Journal of Philosophy, Science in Context e Time and Society. E’ stato sempre difensore delle rivoluzioni scientifiche denunciando le diverse forme di «ostilità alla scienza» e del progresso, ma mai sguaiatamente. L’unico ricordo che ne ho è quello di un professore d’altri tempi, non dell’età di un’università squalificata e ridotta a parentopoli. Ovviamente è stato membro di un grande numero di associazioni culturali e nel 2009 gli è stato conferito il Premio Balzan «per i suoi decisivi contributi allo studio dei fondamenti intellettuali della scienza dal Rinascimento all'Illuminismo».

Pierluigi Panza14 gennaio 2012 (modifica il 15 gennaio 2012)

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