lunedì 22 dicembre 2014

HEIL HITLER! EGLI DISSE: IM NEUEN REICH DARF ES KEINE TIERQUAELEREI MEHR GEBEN

Che significa: Nel nuovo Reich non vi può essere crudeltà verso gli animali. Questa schifosa Europa deve ancora imparare dal nazismo in fatto di leggi a protezione della vita degli animali. 
Un così orrido e crudele trasporto sarebbe stato vietato dalla legge a protezione degli animali voluta da Hitler 

LA DENUNCIA

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Traggo quanto segue dal mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica. Esso riporta alcune pagine di un libro del 1938 da me tradotto e contenente il commento scritto da due autori nazisti in merito alle leggi volute da Hitler a protezione degli animali. Sulla legge hitleriana a protezione degli animali una mia studentessa svolse la sua tesi di laurea con 110/110 in una cornice di pensiero che fa riferimento al secondo Heidegger, il quale considera l'uomo come custode dell'essere, contro la concezione biblica del dominio umano sulla natura.  

"Anche nella passata legislazione sulla protezione animale tedesca possono essere stabilite le diverse fasi di questo sviluppo…Ci sono la basi per un ulteriore sviluppo affinché il maltrattamento animale sia vietato e sanzionato per amore dell’animale, poiché gli devono essere risparmiate inutili sofferenze…Le circostanze di tortura e di brutale maltrattamento non erano in passato sufficienti per la comminazione di una pena, l’atto doveva infatti avvenire pubblicamente ed in maniera tale da provocare disappunto…Questo era lo stato delle cose al momento dell’avvento al governo del Partito tedesco Nazionalsocialista dei lavoratori all’inizio dell’anno 1933. Tramite questa nuova legge…il maltrattamento animale non è più punito partendo dal punto di vista che la sensibilità e i sentimenti umani debbano essere protetti dalla vista del maltrattamento animale; non sono più gli interessi dell’uomo ad essere in primo piano, ma si riconosce che l’animale deve essere protetto in quanto tale…La maggiore protezione concessa all’animale dalla legislazione nazionalsocialista ha sollevato la seguente questione: se l’animale sia da considerarsi persona giuridica, avente diritto soggettivo alla protezione. A questa domanda si deve rispondere negativamente, in quanto solo l’uomo o gli esseri umani possono essere soggetti di diritto. Dal punto di vista giuridico l’animale è considerato un oggetto…Questa constatazione non significa una limitazione o una riduzione della protezione animale, piuttosto, nella questione sulla protezione animale rimane il significativo passo avanti che ha portato l’animale con la legge del 1933 ad essere considerato non già soggetto di diritto, ma, per lo meno, oggetto di una protezione, che va ben oltre le disposizioni finora esistenti; inoltre la violazione dei doveri che l’umanità ha nei confronti dell’animale è punita con una pena ben più consistente”.

Si vede come nella legge nazista a protezione degli animali perdurasse una concezione etica, cioè antropocentrica, della protezione animale. E questo non poteva non scaturire da uno Stato etico, come quello nazista, che prescindeva dal diritto naturale. E’ contraddittorio riconoscere dei doveri nei riguardi di qualcuno se quest’ultimo non è anche soggetto giuridico, e pertanto portatore di diritti. Altrimenti il dovere di rispettarlo sarebbe un puro riflesso di qualcos’altro, come nel caso del rispetto della proprietà altrui, che deriva dal rispetto del proprietario. Allo stesso modo l’animale potrebbe essere rispettato soltanto perché proprietà di qualcuno, mentre la legga nazista, contraddittoriamente, riconosceva un dovere di protezione indipendentemente dal fatto che l’animale avesse un padrone. Ribaltando il discorso di molti filosofi benpensanti che non riconoscono l’esistenza del diritto naturale si può dire che essi, se si porta all’estrema coerenza il loro pensiero, sono dei potenziali nazisti perché non possono condannare i “crimini contro l’umanità” se non facendo appello alla solita retorica umanistica della dignità umana, mettendo insieme innocenti e criminali.

Tuttavia la legge nazista a protezione degli animali, pur contraddicendosi, andava oltre il mancato riconoscimento di diritti naturali all’animale non umano. Essa equiparava al maltrattamento “la negligenza nell’efficace protezione degli animali contro trattamenti inadeguati”, come nei sistemi di allevamento. A questo riguardo la legge nazista – trascurando i tanti dettagli che qui non possiamo riportare - imponeva, per esempio, al § 2, che le stalle non fossero “prigioni per animali” non riparate dal freddo, ma fossero abbastanza ampie in relazione al numero degli animali perché l’anidride carbonica espirata non fosse maggiore dell’ossigeno, secondo la richiesta “più luce nelle stalle”; che l’alimentazione non fosse forzata allo scopo di favorirne l’ingrasso, “perché il forzato afflusso di cibo e il costante sovraccarico degli animali significano una tortura ininterrotta e lunga settimane”; che un cane, se tenuto all’aperto, dovesse avere una cuccia sollevata da terra e riparata dal freddo e non potesse stare alla catena se non a condizione di poter correre liberamente almeno due ore al giorno; che in orti di 300 mq animali come i conigli non soffrissero il freddo e non potessero esservi più di due coniglie con relativa prole e quattro galline; che gli animali giovani o deboli non potessero essere portati al pascolo nelle giornate fredde; che il mandriano non potesse costringere gli animali a camminare forzandoli con il pungolo o con il bastone; che gli uccelli in gabbia dovessero avere uno spazio sufficiente; che un animale non potesse essere impiegato oltre le sue capacità lavorative, dovendo un animale vecchio essere mantenuto per carità o morire di morte indolore; che gli animali non potessero essere sottoposti a maltrattamenti negli addestramenti “perché l’ammaestramento richiede comprensione per le peculiarità e per la psicologia dell’animale e deve essere affidato a persone che agiscano umanamente, che hanno sensibilità nei confronti dell’animale e comprensione per le capacità valorizzabili; che cessasse pertanto l’impiego dell’orso danzante, come ogni spettacolo fatto da ambulanti od ogni tipo di esposizione di animali in gabbia come spettacolo; che cessasse ogni combattimento fra animali (compreso quello tra galli). Veniva altresì considerato reato l’abbandono di animali, a tal punto da ritenere che fosse abbandono il semplice non curarsi di un cane o un gatto che si avvicinasse ad un uomo, come pure sopprimere dei cuccioli senza avere prima la certezza che potessero essere affidati e, in subordine, il non averli portati da un veterinario per l’eutanasia con il cloroformio.

Non potendo dilungarci oltre nei dettagli veniamo al punto cruciale che è il sistema di macellazione. Il commento alla legge nazista fa esplicito riferimento al “rito ebraico-islamico”, che viene fatto rientrare in un caso di grave maltrattamento degli animali in quanto privati di anestesia prima di essere abbattuti nei mattatoi. La legge relativa è del 21 aprile 1933 e precede dunque la legge a protezione degli animali (24 novembre 1933). Viene rifiutata “come atrocità la macellazione eseguita secondo il rituale ebraico, vale a dire l’abbattimento degli animali mediante il dissanguamento ottenuto mediante recisione dei grandi vasi giugulari senza previa anestesia”. Il commento riporta quanto nel 1910 ebbero a dichiarare 612 veterinari e 41 associazioni veterinarie tedesche nel Reichstag tedesco: “sono riconducibili al maltrattamento e estremamente angoscianti per gli animali già gli indispensabili preparativi, l’immobilizzazione con le corde ed il buttare l’animale a terra, così come il trasferimento coercitivo del collo nel cappio…è senza dubbio riconducibile al maltrattamento lo stesso taglio, praticato agli animali mentre sono in pieno possesso della loro coscienza e della loro sensibilità e che spesso, come in teoria erroneamente si suppone, non diminuiscono progressivamente dopo pochi secondi, ma soltanto dopo che per l’animale sono trascorsi atroci minuti. L’intero atto della macellazione secondo il rituale ebraico ha un effetto raccapricciante sullo spettatore imparziale ed è atto a provocare un abbruttimento nella giovane generazione dei macellatori”. Nel 1927 la Protezione Animale fece un’inchiesta rivolta a tutti i professori di anatomia e fisiologia delle Scuole Superiori di Veterinaria e delle Facoltà del Reich e 17 dei 20 professori risposero che il rituale ebraico era da ritenersi un “maltrattamento per l’animale”, “barbarico”, “orrendo”, “ripugnante”, “una cosa disumana”.

Poiché gli ebrei ortodossi erano rimasti insoddisfatti anche della proposta dell’uso dell’elettronarcosi, il governo tedesco volle sentire il parere di scienziati ebrei (il prof. Jellinek di Vienna e il prof. Lieben di Praga), che attestarono che le microscopiche modifiche del cervello erano trascurabili e pertanto l’opposizione degli ebrei ortodossi non era giustificata. La questione venne dibattuta anche nel 1932 nella Prussia orientale e diversi istituti anatomo-patologici studiarono anche gli effetti che aveva avuto la corrente elettrica sul cervello in individui che erano sopravvissuti ad incidenti. Furono riscontrate delle piccole emorragie visibili al microscopio. Il governo nazista con una circolare del 21 gennaio 1935 mise al corrente i governi dei Laender di questi risultati. Dopo di che si ritenne che l’insistenza degli ebrei ortodossi fosse “un masso sulla via della regolamentazione giuridica della macellazione ed in parte anche dello viluppo della Protezione Animale in Germania e all’estero. Ma già il governo della Baviera aveva imposto il 17 maggio 1930 la Legge sulla macellazione con anestesia. Seguirono altri Stati tedeschi. Ormai il terreno era pronto per vietare in tutta la Germania il rituale ebraico, e il governo nazionasocialista ritenne che dovesse attribuirsi maggiore importanza alle richieste della Protezione Animale piuttosto che a quelle degli ebrei ortodossi. Era stata la Svizzera la prima nazione a mettere fine alla macellazione senza anestesia nel 1893. Successivamente la Sassonia nel 1892 e la Finlandia nel 1913, la Norvegia nel 1929. In Polonia rimase limitata in alcuni mattatoi con legge del 1937 e nello stesso anno in Svezia fu vietato il rituale ebraico. Il Congresso internazionale della Protezione Animali del 1935 a Bruxelles, consigliando una moderazione nell’uso dell’elettronarcosi e volgendosi contro il rituale ebraico, per il resto richiese che gli animali venissero prima anestetizzati. All’ultimo congresso veterinario, tenutosi a Zurigo nel 1938 si consigliò a tutti i governi di creare disposizioni sull’anestetizzazione degli animali nei mattatoi.



Le obiezioni degli ebrei ortodossi furono rintuzzate in Germania sulla base della considerazione che una legge statale generale può porre limiti anche alla libertà religiosa.



Gli ebrei dell’Alta Slesia ottennero nel 1934 che fosse riamesso il rituale ebraico in quella regione sulla base di un accordo del 1922, e scaduto l’accordo nel 1937 nemmeno in Alta Slesia fu più fatta eccezione per gli ebrei.1 Fa meraviglia che il governo nazista abbia rispettato un simile accordo.

Gli ebrei ortodossi hanno sempre fatto valere la posizione secondo la quale l’atto della macellazione secondo il rituale ebraico è un doveroso atto religioso; la loro religione proibirebbe loro il consumo di carni di animali che sono anestetizzati prima del dissanguamento, e una disposizione che dovesse rendere impossibile la macellazione secondo il rituale ebraico sarebbe un intervento inammissibile nel diritto alla pratica libera e indisturbata della religione garantita dalla costituzione e dalla libertà di coscienza. Lo Stato precedente dimostrò, per questi desideri del mondo ebraico e per le riflessioni nate dalla dottrina ebraica, molta più attenzione che non alle pressanti richieste della Protezione Animali, tanto più che, anche da parte degli ebrei, furono presentate relazioni che definivano la macellazione secondo il rituale ebraico come non più orrenda di altri modi di abbattimento. Secondo le spiegazioni di parte ebraico-ortodossa le leggi alimentari ebraiche, che sarebbero di origine divina e che troverebbero la loro motivazione nei testi basati sulla Bibbia, dicono che un animale può essere macellato soltanto se non è in qualche modo ferito nei suoi organi principali…Sebbene il comandamento fosse evidentemente una disposizione sanitaria, per fare in modo che animali straziati e già mezzo morti fossero ancora macellati, dagli ebrei ortodossi anche i chimici per l’anestetizzazione degli animali (come il cloridrato, il cloroformio, il cloruro di magnesio, etc.) furono rifiutati con riferimento al fatto che l’organismo animale non si troverebbe più nella forma datagli da Dio”. Spiegano i commentatori alla legge che gli ebrei rifiutarono anche l’anestesia tramite elettronarcosi perché anche questo metodo causerebbe danni agli animali da macello, soprattutto nel cervello. Agli ebrei fu concesso con circolare del 27 luglio 1933 di importare della carne di animali macellati secondo il rituale ebraico.

La legge sulla macellazione con il decreto del 21 aprile fu estesa alle macellazioni casalinghe, nelle campagne. Pertanto anche gli animali come i conigli e le galline dovevano essere prima privati dei sensi, previa istruzione di coloro che effettuano la macellazione, sorvegliati da ufficiali veterinari. Anche in tal caso dovevano essere rispettate le norme che imponevano che la macellazione fosse eseguita dopo un regolare corso professionale ed avere sostenuto un esame che rilasciasse apposito certificato. Mentre, da una parte, si risparmiavano inutili torture, la circolare voleva anche impedire che i bambini e gli adolescenti subissero un abbruttimento assistendo alla macellazione, che doveva avvenire al chiuso e fuori dei loro sguardi. Con la circolare del 23 ottobre fu predisposta una sorveglianza con particolare attenzione alle macellazioni casalinghe. E lo stesso decreto al § 6 si riservava di ammettere altri metodi di anestetizzazione. Al § 7 si precisava che “che gli animali dovessero avere gli occhi bendati perché evitare una loro irrequietezza.

Vi è da riflettere su questo punto. Come può un uomo avere sensibilità e rispetto per la vita se è capace di macellare, come in una catena di montaggio, animali di ogni specie? L’atto dell’uccidere è materialmente identico. Non esiste violenza che non sia tale soltanto perché non indirizzata contro gli uomini. Se si ritiene che sia diseducativo assistere alla macellazione, significa che l’educazione è fondata sull’ipocrisia.

Con il successivo decreto del 14 gennaio 1936 si estendeva la macellazione con anestesia anche ai pesci. Tale decreto recepiva l’ordinanza del Ministro prussiano per l’agricoltura dell’11 settembre 1933, che, a sua volta, recepiva, unificandole le ordinanze di vari Stati tedeschi che avevano già provveduto ad estendere l’anestetizzazione ai pesci. Questi dovevano giungere vivi ai mercati in contenitori d’acqua di mare. “Se i pesci che sono tenuti in un contenitore d’acqua raggiungono in gran numero la superficie dell’acqua, è evidente che…l’acqua deve essere condotta sufficiente aria fresca; il pescivendolo, il ristoratore etc. dovrà aggiungere acqua fresca oppure far affluire per altra via ossigeno all’acqua”. “Il concetto della Protezione Animali, che i pesci devono essere storditi, anche se l’esecuzione dovesse comportare delle complicazioni per gli affari del commercio del pesce, è stato messo in primo piano (nel decreto). Con un po’ di buona volontà il commercio del pesce ammetterà la necessità di questa disposizione ed osserverà la norma…In caso di macellazione (del pesce) in casa, l’acquirente, l’albergatore etc. deve eseguire lo stordimento prima della macellazione…Bisogna ammettere che nel caso dei pesci e di altri animali di classe inferiore la cosiddetta attività di riflesso riguarda un ambito molto più ampio rispetto all’attività determinata da sensazioni consapevoli. Ma, anche se con molta probabilità si potrebbe contestare loro un sentire spirituale, si deve, comunque, fare in modo che, in caso di uccisione di questi animali, si agisca nella maniera più delicata possibile…L’elettronarcosi dei pesci è, di conseguenza, stata ammessa nel decreto anche per lo stordimento dei pesci”.

Quanto al trasporto degli animali le norme dell’8 settembre 1938 richiedevano che fossero evitati sforzi e disagi. I vagoni dovevano essere riparati internamente dal freddo e essere aerati vicino al soffitto durante l’inverno perché non ristagnasse l’anidride carbonica e dovevano avere delle porte aperte durante l’estate. La ferrovia doveva impedire il trasporto di animali infermi o fragili se ritenuti tali dal veterinario. Gli animali che si fossero ammalati durante il viaggio dovevano essere curati, se era possibile. Ma non potevano proseguire. I vagoni dovevano permettere a ciascun animale di avere uno spazio sufficiente. Fu approntata a tal fine una tabella riportante lo spazio necessario per ogni specie animale (per il cavallo, per esempio, lo spazio era di mq 1,90 x 2, per il bue di mq 150 x 1,75). Se il trasporto durava almeno 36 ore gli animali, oltre ad avere a disposizione, in qualsiasi caso, l’abbeveraggio, dovevano avere anche alla nutrizione nelle stazioni di passaggio. Nelle stazioni dove vi era un regolare traffico di spedizioni animali bisognava approntare dei recinti dove gli animali potessero sostare per l’abbeveraggio e per il nutrimento. Gli animali posti in contenitori dovevano avere gabbie spaziose e aerate. Tali disposizioni dovevano essere rispettate alla frontiera anche per gli animali che provenivano da altro Stato, e quelli che fossero risultati malati o deboli non avrebbero potuto continuare ad essere trasportati. Ogni mucca con il suo vitello da latte doveva essere separata dagli altri animali tramite recinzione e non doveva sopportare un viaggio più lungo di 18 ore. Ai cavalli dovevano essere tolti gli zoccoli. Il pavimento dei vagoni doveva essere ricoperto di sabbia e fieno, terriccio torboso o segatura.

Il commento alla legge nazista per la protezione degli animali termina con considerazioni molto interessanti ed attuali. “Nell’ambito della protezione animale è nata in breve tempo un’opera giuridica speciale di alto significato etico e culturale, della quale possiamo essere orgogliosi, e che ha avuto risonanza ovunque e che supera la regolamentazione degli Stati esteri. La Germania nel campo della legislazione sulla protezione degli animali detiene il comando. Ma anche nell’impostazione dell’uomo nei confronti dell’animale, e nella posizione dell’animale stesso nella natura, si è verificato un grande cambiamento. L’animale non è più una parte della proprietà o un essere senza padrone come un tempo, con il quale l’uomo può fare ciò che vuole, ma una parte vivente della natura, nei confronti della quale l’uomo deve mostrare rispetto e compassione per le sofferenze che potrebbe provare. Adesso l’animale viene protetto di per se stesso; lo Stato riconosce che, in qualità di essere vivente, esso ha diritto ad essere protetto da maltrattamenti. Gli animalisti…vedono nella generosa legislazione sulla protezione degli animali del governo del Reich una ricompensa per il loro pluriennale, fedele e tenace lavoro. Deve entrare in gioco l’istruzione del prossimo, ed inoltre la comprensione per gli animali e l’amore per un essere muto, devono essere risvegliati ed insegnati già a scuola nonché resi bene comune di tutti i connazionali; gli uomini tedeschi devono essere educati alla protezione degli animali fin dalla più giovane età. Come ha detto Hermann Goering, “più importante delle leggi per la protezione animale è l’educazione degli uomini tedeschi alla tutela degli animali stessa”. Partendo da questa dichiarazione il Ministro per la scienza, l’educazione e la formazione del popolo, su richiesta della Lega del Reich per la protezione degli animali, ha ordinato di spiegare ed istruire nella maniera adeguata sul significato di "protezione animale" gli studenti e gli alunni delle scuole professionali e delle scuole elementari e di fare in modo che in tutte le scuole i programmi scolastici assicurino il diffondersi dell’effetto educativo della Legge per la protezione degli animali…La società tedesca di psicologia animale si è data il compito di esplorare i segni di vita legati allo spirito degli animali e di illuminare l’uomo sul suo naturale atteggiamento verso gli animali, e vuole rendere la ricerca sulla psicologia animale utile per la protezione animale; grazie a ciò essa svolgerà un lavoro preciso, in quanto soltanto un chiaro, ben fondato atteggiamento dell’uomo nei confronti dell’animale costituisce la base naturale per la protezione animale a livello dell’uomo nei confronti dell’animale costituisce la base per la protezione animale a livello pratico”.

Nonostante non appaia il concetto di diritto naturale, quest’ultimo passo, nel suo attribuire uno spirito agli animali, rappresenta un progresso rispetto ad una frase precedente che, negando si potesse attribuire all’animale un diritto soggettivo, identificava, si è visto, l’animale con un oggetto avente un padrone, se pur con il relativo dovere di proteggerlo, inspiegabile in mancanza di un diritto dell’animale. Siamo di fronte ancora ad una concezione antropocentrica, se pure caratterizzata dalla sostituzione del termine biblico “dominio” con il termine “protezione”.


1 Da notare come questo fatto sembri contrastare l’immagine di una persecuzione generalizzata degli ebrei, che si videro rispettare un precedente, se pur barbaro, accordo.  

2 commenti:

marcus ha detto...

Gentile prof., purtroppo, come nello scritto da lei citato anche nell'ambito di molte associazioni animaliste, permane una diffusa concezione moralistica della società. Questa concezione impone alcuni "doveri morali" che, in quanto morali, non sono nemmeno dei doveri. Infatti non è detto che ciò che è morale per alcuni lo sia anche per altri.
Molti riferiscono a tali "doveri" il rispetto degli animali ma in tal modo possono solo limitarsi a contestare il comportamento, ritenuto "immorale" di chi consuma carne, senza però poterne mettere in dubbio la legittimità. E' lo stesso discorso che ha fatto lei: non potendo la morale essere fondamento del diritto, non si capisce come gli animali possano essere oggetto di doveri se non sono loro stessi portatori di diritti. Non si può parlare di "diritti degli animali" senza riferirli al diritto naturale estraneo all'ambito della morale.

Diversamente io, vegano, CONDANNO il consumo di carne, in quanto contrario alla GIUSTIZIA NATURALE che IMPONE il rispetto di tutti gli animali (le piante meriterebbero un discorso a parte), perché basata sull'uguaglianza di tutti gli animali, data una comune origine "unicellulare" di tutti gli esseri viventi.

Pietro Melis ha detto...

Caro Marcus
peccato che Hitler abbia commesso l'errore impedonabile di perseguitare TUTTI gli ebrei, anche quelli atei. Se si fosse limitato a distruggere tutte le sinagoghe sarebbe stato ricordato come Napoleone. Fece le stesse cose. Naoleone voleva unificare l'Europa sotto il dominio della Francia. Hitler invase l'Europa sotto il dominio della Germania. La storia è storia di invasioni.
La storia è scritta sempre dai vincitori.