mercoledì 6 maggio 2015

SIAM PRONTI ALLA VITA O SIAM PRONTI ALLA MORTE?

Al baraccone del'EXPO hanno modificato l'inno di Mameli facendolo cantare a dei bambini, a cui certamente non potevano far dire "siam pronti alla morte". Hanno fatto cantare ad essi "siam pronti alla vita". E in effetti a quell'età bisogna incominciare a preparararsi alla vita da adulti. A quell'età, per personale esperienza, non si pensa alla morte. Si ha l'impressione che la morte non faccia parte della vita. Sarte (L'essere e il nulla, 1943) scrive che la morte non fa parte del progetto della vita: "la morte è sempre la morte degl altri". Si va ad un funerale come se la morte appartenesse ad defunto e non ai presenti al rito funebre. Ma, prima di Sartre, Heidegger (Essere e tempo, 1927) aveva scritto che l'esserci (la vita) è un essere per la morte. Heidegger distingue ra vita autentica e vita inautentica. Vivono una vita autentica coloro che sono capaci di anticipare nel pensiero la morte. La vita inautentica è di coloro che vivono nella banalità del quotidiano, nel "si dice", nel "si fa". Solo vivendo con il pensiero della morte si evita di dare tanta importanza a cose che non ne hanno alcuna. Si evitano in questo modo i fanatisimi derivanti da credenze assolute prive di fondamento. Per Platone la filosofia era una preparazione alla morte. Ma per Platone (che credeva nella reincarnazione e nell'eternità dell'anima increata ancor prima della nascita) la morte faceva parte dell'eterno ciclo di un'anima tra vita e morte nel ciclo della reincanazione. 
Ma per chi non crede nell'immortalità dell'anima la vita è priva di senso, almeno per gli animali umani. Infatti gli animali non umani non possono porsi la domanda "che senso ha la vita?". 
Nesssuno. Venire dal nulla per tornare nel nulla. Vi è un unico rimedio alla morte: non nascere. 
"Che differenza vi è tra il non nascere e il morire? Nessuna. Tutte e due sono non essere" (Seneca, La dottrina morale). 
"La morte si sconta vivendo" (Ungaretti). Cioè, la morte percorre la vita. Perciò direi anche e meglio: La vita si sconta morendo. 
Tornando alla modifica dell'inno di Mameli, se fossi vissuto alla sua epoca gli avrei detto: "se sei pronto alla morte sono affari tuoi. Vuoi morire a 22 anni? Chi te lo fa fare? Io sono un animale, umano sì, ma sempre animale. E come tale prevale in me l'istinto animale alla sopravvivenza, anche se la vita non ha senso. Se sei pronto a morire per l'Italia io non sono pronto. Che se ne frega dell'Italia! La vita è mia e non sono disposto a sacrificarla per gli altri. E sappi che io sto già vivendo la morte nella vita". Morale: siam pronti alla vita significa anche siam pronti alla morte.  
Certo è che l'inno di Mameli è troppo datato, pieno di vuota retorica. Esprime una vocazione al martirio che non si può pretendere da tutti. E la musica di Novaro è pessima. Ha il ritmo di una marcetta. 
E poi, come già altri hanno notato, "siam pronti alla vita" non può fare rima con "stringiamci a coorte", che fa rima con morte. Per abolire "morte" e conservare la rima si sarebbe dovuto dire, per esempio "usciam dalle porte", cioè, metaforicamente, dall'inerzia e dall'inedia. Oppure, sostituendo alla parola "morte" la parola "vita", si sarebbe potuto scrivere "stringiamoci in gita", o cose simili.  

Il dibattito sul "nuovo" Inno nazionale
Contro: "È solo una buffonata"
Pro: "Facile criticare, cambiare serve"

Ma che tristezza quell'Inno cambiato per il marketing ...

     

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