domenica 13 dicembre 2015

GIUSTIZIA LOTTERIA IN ITALIA. LE CAUSE DELLA MALAGIUSTIZIA

Non vi è certezza del diritto. Io sono soggettivamente convinto che Alberto Stasi sia l'assassino. Non seguo mai nei particolari le storie giudiziarie complicate dalla ricerca difficile dell'assassino. Aspetto la decisione finale per trarne delle conclusioni circa il finzionamento della giustizia in Italia. Nel caso dello Stasi, prescindendo da tutte le analisi del DNA della vittima riscontrate su di lui, che nelle varie fasi dei procedimenti si sono aggiunte a quelle precedenti, vi è da domandarsi perché tutti i riscontri del DNA non siano stati fatti già prima che iniziasse il primo procedimento in Tribunale. Deficienza dei giudici e non tanto della polizia scientifica perché sono i giudici (con i pubblici ministeri) a dover dirigere le indagini. Ma che competenza hanno? Hanno seguito particolari corsi di investigazione? No. Entrano in magistratura dopo avere superato, magari fortunosamene, un concorso, e poi non sono soggetti ad alcun controllo di merito. Lo Stasi è stato assolto nei primi due gradi del giudizio, poi la Cassazione ha richiesto altre indagini. Ma perché queste indagini non furono svolte ancor prima che iniziasse il processo in Tribunale? Al di là di tutte le tracce del DNA della vittima riscontrate sullo Stasi (soprattutto sui pedali di una bicicletta), lo Stasi si è difeso in modo ridicolo, condannandosi da imbecille, dicendo che quelle tracce di sangue rinvenute su di lui non erano sangue successive all'omicidio ma sangue che la vittima aveva lasciato prima dell'omicio sul pavimento in conseguenza del fatto che si trattava di sangue mestruale, essendo la vittima nel periodo del ciclo mestruale. Quando mai una donna  lascia tracce di sangue mestruale sul pavimento (e per di più non bagno)? Dopo una simile baggianata di difesa vi era un motivo fondamentale per far ritenere che lo Stasi, pur ritenuto diabolicamente freddo e lucido nella sua difesa di innocenza, fosse in realtà uno stupido per avere rinforzato tutti i motivi indiziari contro di lui. E ci volevano per questo cinque gradi di giudizio? Tribunale, Corte d'Appello, Cassazione con rinvio, Corte d'Appello di rinvio, Cassazione. 
Ecco come in Italia è strutturato l'ordinamento giudiziario, che permette ai magistrati di fare carriera per sola anzianità.  Riporto quanto scritto in un mio libro in merito ad un'allucinante vicenda giudiziaria civile che sta durando da 18 anni. 

Bisogna rivoluzionare – non basta riformare - la giustizia civile in Italia per trarla fuori dalla fogna in cui si trova. Come? Il processo civile è documentale. Non vi è bisogno di udienze e della logorante serie di rinvii. Bisogna spazzare via gli artt. 180-181-182-183-184 del C.P.C. Il contraddittorio è rispettato con l’atto di citazione e con la comparsa di risposta, con la comparsa conclusionale e con quella di replica. Se è necessaria una perizia questa deve essere chiesta sin dall’atto di citazione. E il giudice deve nominare subito il perito d’ufficio fissando i termini per il deposito della perizia di parte, dopo che sia stata depositata quella d’ufficio. Il giudice arriva alla prima udienza senza conoscere ancora alcunché della causa, e dunque non sa nemmeno se sia stato rispettato il contraddittorio, mentre deve verificarlo sin dal deposito dell’atto di citazione e della comparsa di risposta. Se non è stato rispettato deve darne subito comunicazione in cancelleria. Se è stato rispettato deve provvedere subito alla nomina del perito d’ufficio (se necessario). Non deve essere più concesso di produrre altre memorie, di sollevare nuove eccezioni e di modificare la domanda. Ciò serve soltanto alla parte che ha interesse ad allungare i tempi, rendendo logorante e defatigante la richiesta di giustizia. L’eccesso di garantismo va solo a beneficio della parte che si oppone a tale richiesta. Al limite il processo civile deve svolgersi con una sola udienza, quando essa sia necessaria per l’escussione dei testi.1 Poi basta. Il resto è solo zavorra. Se non è necessaria l’escussione dei testi, il processo civile deve svolgersi senza alcuna udienza. E nella sentenza non è necessario esporre i fatti (con grande dispendio di tempo), dovendosi essi dedurre contestualmente dai motivi della decisione. Mi disse un giudice di mia conoscenza (Giangiacomo Pisotti) – ci conosciamo da ragazzi, anche se non ci siamo mai frequentati – che impiegava più tempo nello stendere quella parte della sentenza che riguarda lo “svolgimento del processo” che quella riguardante il diritto nei “motivi della decisione”. Questo giudice, quando gli fu assegnata una mia causa fece atto di rinuncia dichiarando che mi conosceva. Prurito eccessivo quando si consideri che in questo modo ammetteva che un giudice possa sentirsi influenzato soggettivamente da conoscenze personali.
Non è più tollerabile che i giudici possano continuare a commettere dei gravi errori senza mai pagare personalmente. Si assicurino, come i medici. Il CSM è un organo di controllori eletto per 2/3 dai controllati. E' farsesco. Che controllo può esercitare sulle capacità dei “giudici” se vi dovrebbe essere un altro organo di controllo, esterno, non costituito da giudici, ma da giuristi, per controllare il CSM? CSM=Corporazione di Stampo Mafioso.

Bisogna che il Ministero della giustizia istituisca una lista di giuristi (studiosi del diritto) che facciano parte di una Commissione competente per giudicare i giudici (manovali, e non studiosi, del diritto, anche perché non hanno tempo per studiare), quando essi commettano dei gravi errori derivanti da ignoranza e da palesi vizi logici inescusabili .Questo, d'altronde, prevedeva il disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario di Castelli, annacquato poi da Mastella per non andare troppo contro i giudici. Castelli recepiva una normativa europea che prevede che siano sottoposti a provvedimenti disciplinari i giudici che facciano sentenze palesemente dettate da ignoranza o vizi logici inescusabili (decreto legge 23 febbraio 2006, n.109). Con le modifiche sostanziali introdotte da Mastella (legge 24 ottobre 2006, n.269) è stata abolita anche quella parte della riforma Castelli che (art. 2, comma bb) che vietava al magistrato, nell'esercizio delle proprie funzioni,“il rilasciare dichiarazioni ed interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura” e, fuori dall'esercizio delle proprie funzioni (art. 1, comma 2), “comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro suo o dell'istituzione giudiziaria”.

In questo modo si è incoraggiata una certa tendenza all'esibizionismo di certi magistrati penali, che, non sopportando di vivere nell'anonimato, se non scrivono romanzi per apparire alla TV, non sanno sottrarsi, nell'occasione di processi che hanno particolare rilievo, al gusto di parlare in pubblico, di rilasciare interviste e di partecipare a dibattiti televisivi (vedi i vari Vigna, Caselli, Grasso, etc.). Se Falcone e Borsellino, invece di palesare in pubblico la pur coraggiosa volontà di combattere i subanimali della mafia, cercando, nel loro sentirsi isolati e abbandonati dalla politica, un supporto morale nell'opinione pubblica, avessero agito nell'ombra, senza scoprire le direttive delle loro indagini e tenendo segreti, anche in dossier personali, i risultati a cui erano giunti, forse sarebbero ancora vivi e non sarebbero rimasti vittime della collusione della politica con la mafia a tutti i livelli, dai Comuni al parlamento.

Inoltre, secondo la legge Mastella, non costituiscono più un illecito sanzionabile con misure disciplinari gli errori di interpretazione di norme del diritto e di valutazione dei fatti e delle prove. Infatti, mentre con Castelli (art. 2) non dava luogo ad attività disciplinare “l'attività di interpretazione di norme del diritto” purché essa fosse “in conformità all'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale”2 - le cosiddette preleggi del C.P.C. - la legge Mastella ha tolto tale vincolo, cosicché di fatto è permesso qualsiasi errore di interpretazione delle norme del diritto. Con ciò si continua a giustificare l'ignoranza e la mancanza di logica. Infatti l'art. 2 è stato così riscritto: “L'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare”.

Dell'art.1 (Degli illeciti disciplinari) rimangono, tuttavia, in piedi, oltre a molti altri commi (non riguardanti il contenuto delle sentenze), i commi g (“la grave violazione di legge derivata da ignoranza o negligenza inescusabile”), h (“il travisamento dei fatti derivato da negligenza inescusabile”), l (“l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge”),3 m (“l'adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali”). E' il caso di provvedimenti abnormi. E i danni causati da “giudici” con sentenze aberranti, tra cui il danno derivante dal tempo trascorso, non risarcibile neppure con una sentenza di vittoria in un grado superiore del giudizio? Non se ne parla nemmeno. La legge non li obbliga ad assicurarsi. Non pagano mai di tasca propria.

La mia vicenda rientra, comunque, oltre che nell'errore di interpretazione di norme del diritto, anche nella fattispecie dei provvedimenti abnormi, cioè basati su un errore macroscopico di partenza (la nomina di un liquidatore dandomi consenziente, mentre dagli atti risultavo contrario) seguito non solo da una serie di provvedimenti viziati da errori logici inescusabili, ma anche da una serie di errori macroscopici successivi, tutti documentati, e ricompresi nei commi sopra citati, come, per esempio, nell'attribuzione di una buonafede (per altro del tutto inessenziale per legge) al liquidatore anche nel suo comportamento processuale, e della buonafede all'acquirente nonostante fosse documentata la sua malafede.

I giudici non possono più essere giudicati da una corporazione di giudici, come continuava a prevedere il disegno di legge Castelli modificato in peggio da Mastella, con la sua gattopardesca riforma dell'ordinamento giudiziario (nota come controriforma Mastella). Castelli, almeno, aveva previsto dei concorsi interni per titoli ed esami per il passaggio ad un grado superiore della magistratura, ed aveva nettamente distinto tra magistratura inquirente e giudicante sin dal concorso di ingresso nella magistratura. Tutto ciò è stato cancellato dalla legge Mastella (da questa faccia da ca..., che non significa cazzo) per compiacere servilmente ad una casta di privilegiati, che riesce perfino ad ostacolare una seria riforma della giustizia civile che non sia soltanto una buffonata che lascia le cose come stanno con la falsa riforma Alfano, che ha creduto di migliorare la giustizia civile soltanto sostituendo il cartaceo con la posta elettronica, invece di rivoluzionare il C.P.C., come sopra detto.

L'eccesso di garantismo ha portato ad un terribile circolo vizioso: la lunghezza dei tempi, con il logorante gioco dei rinvii delle udienze, che favorisce la resistenza in malafede, e con la complicità degli avvocati che difendono i disonesti, porta all'aumento delle cause civili, che, a sua volta, allunga i tempi del processo, con rinvii, talvolta, di alcuni anni tra un'udienza e l'altra, dato il cumulo di cause. E' falso che la causa maggiore dello sfacelo della giustizia civile dipenda da una mancanza di organizzazione razionale dell'apparato giudiziario e dalla mancanza dei supporti tecnologici delle cancellerie o dalla mancanza di personale. E' il C.P.C. che bisogna rivoluzionare, anche scoraggiando e punendo malamente chi resista in giudizio in malafede non avendo nemmeno un fumus boni juris. Per questo bisogna rinforzare l'art. 96 - sempre ignorato dai giudici - che punisce la lite temeraria. Bisogna aumentare, a favore del vincitore, le spese della soccombenza, e oltre il valore della causa, se non anche in proporzione al reddito del soccombente, perché questi – normalmente economicamente più forte - non possa più resistere in malafede e debba pagare i danni anche in relazione al tempo - con il maggior danno - che ha dovuto sopportare chi chiede giustizia. Mi ricordo una frase che disse uno di quelli truffarono mio padre: mi faccia causa, se vuole. La fine la conosceranno i suoi nipoti. E infatti, pur morto a 86 anni, avendo iniziato la causa 13 anni prima, non ne vide la fine. La vidi io. Ma dopo altri 13 anni dalla sua morte.

In Francia (secondo un servizio di Report di Rai3) i processi civili non possono durare più di un anno. E gli avvocati cassazionisti sono in tutta la Francia solo 90 perché esiste un filtro che impedisce che arrivino in Cassazione tutti i processi, anche quelli di pura litigiosità e per questioni futili, che vanno ad intasare anche l'ultimo grado del giudizio. Perché non si ha il coraggio di copiare? In Francia vi sono più giudici di quanti ve ne siano in Francia e in Germania. E' il numero di cause che deve diminuire scoraggiando con tutti i mezzi la litigiosità con il punire pesantemente, oltre il valore della causa, chi abbia palesemente torto e non voglia riconoscerlo. I palazzi di giustizia si libererebbero di un esercito di disonesti che vanno ad intasarli con l'unico scopo di vincere per logorio degli onesti, oltre che di una pletora squalificata di avvocati puttani che, per non rimanere disoccupati, accettano qualsiasi causa, anche la più sballata, sapendo di essere comunque pagati anche in caso di soccombenza.

I magistrati non hanno saputo mai scioperare perché i politici, loro succubi, rendessero celere la giustizia, perché chi chiede giustizia non debba morire aspettando. Se ne sono sempre fregati. Le rare volte in cui essi hanno scioperato l'hanno fatto soltanto quando hanno avuto timore di essere toccati nei loro privilegi di casta intoccabile, perché non pagano mai quando fanno delle sentenze aberranti, sentendosi al di là di ogni responsabilità personale. Non hanno mai tollerato concorsi durante la loro carriera, trincerandosi dietro la scusa ipocrita dell'indipendenza della magistratura. E gli esami a cui dovrebbero essere sottoposti sono soltanto nominali, di pura facciata.

Essi, di fatto, continuano a fare carriera per sola anzianità perché, una volta superato il concorso di ingresso per la magistratura, possono, con il permesso della legge, evitare di aprire un libro di diritto per il resto della vita. Le loro sentenze sono prive di dottrina, che essi hanno in disprezzo come roba da professori, perché – vale ripetere - la considerano un'intrusione nella giurisprudenza, che si costruiscono da sé ritenendola “cosa nostra”. E se la costruiscono con un linguaggio incomprensibile, con un oscuro formalismo linguistico che, prescindendo completamente dalla necessità di una giustizia sostanziale, necessaria quando la vicenda renda evidente chi abbia subito dei danni, invece da partire dai fatti adattando ad essi gli articoli dei codici, pretende di adattare i fatti al formalismo della giurisprudenza, incasellandoli in questa, nonostante sia spesso un guazzabuglio di sentenze contrastanti, che essi applicano a priori secondo il loro gusto. In ciò vi è da rilevare una carenza dello stesso codice civile, risalente ancora all'epoca fascista, che nella genericità di molti suoi articoli, dà luogo ad interpretazioni diverse, con la conseguenza di un guazzabuglio di sentenze spesso contrastanti, frutto della sovrapposizione dell'arbitrio dei giudici alla carenza del codice, che nella stringatezza dei suoi articoli lascia ampio spazio ad opposte interpretazioni. Ne è un esempio la mia triste vicenda, che mi ha visto soccombere di fronte a due soci disonesti perché chi nell'epoca fascista stese il maledetto art. 2287 si lasciò sfuggire il caso in cui i soci da escludere siano più di uno e, coalizzati tra loro, siano la maggioranza per teste, lasciando così un socio onesto (per di più avente la maggioranza del capitale) alla mercé dei disonesti, privandolo di tutela giuridica.

La legge 111 del 30 luglio 2007 conferma l'esistenza dei Consigli giudiziari, preposti alla valutazione dei magistrati, ma ne modifica la composizione. Per un distretto giudiziario che abbia, per esempio, un organico complessivo compreso tra 351 e 600 magistrati il Consiglio giudiziario è composto da 10 magistrati (7 giudici e 3 inquirenti), e da quattro non togati, cioè da tre avvocati e da un solo professore d materie giuridiche.4 Ne fanno parte di diritto il presidente della Corte d'Appello e il Procuratore Generale. Secondo il disegno di legge Castelli ne avrebbe dovuto far parte di diritto anche il presidente dell'ordine degli avvocati. La legge Mastella ne ha abolito la presenza.

“La valutazione di professionalità riguarda la capacità, la laboriosità, la diligenza e l'impegno”, secondo “parametri oggettivi indicati dal CSM. La capacità, oltre alla preparazione giuridica e al relativo grado di aggiornamento, è riferita al possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine anche in relazione all'esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio” (art. 11, comma 2). “Il CSM disciplina i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti” (art. 11, comma 3a).

Il disegno di legge Castelli prevedeva che il magistrato fosse escluso dalla magistratura dopo il terzo giudizio negativo. La legge Mastella, per essere più ligia alla corporazione dei magistrati, ha introdotto la distinzione tra “giudizio negativo” e - notare il bizantinismo – “giudizio non positivo”, in modo che il magistrato non possa essere bocciato ma solo rimandato e possa ripresentarsi dopo un solo anno se ha seguito un corso che ponga rimedio alle carenze riscontrate. Vi è da prevedere che non vi saranno mai bocciati, ma solo rimandati. Ma, ammesso che un magistrato riscuota un giudizio negativo, egli dovrà seguire un corso di riqualificazione (naturalmente in tuttologia) perché possa ripresentarsi dopo tre anni. Egli nel frattempo verrà solo fermato alla classe di stipendio, senza avanzamento, ma potrà continuare a fare sentenze sino al terzo giudizio negativo (che rimarrà puramente teorico).

Con la valutazione a campione delle sentenze potranno essere scartate tutte le sentenze che fanno schifo, come quelle di cui sono rimasto vittima. E al CSM spetta l'ultima parola circa la valutazione.

E vengo alla procedura concorsuale prevista per passare ad un grado superiore nella magistratura. Il disegno di legge Castelli prevedeva una commissione speciale5 con concorso per titoli ed esami dopo 8 anni ed un concorso per soli titoli dopo 13 anni. Rimaneva il concorso per titoli con una commissione speciale solo per passare alla Cassazione, dopo 3 anni di II grado o dopo 18 anni per esami e per titoli. La legge Mastella ha abolito gli esami. E alla commissione speciale del concorso si sostituisce il consiglio giudiziario, di fronte al quale l'aspirante al II grado dovrà superare la seconda valutazione quadriennale. Rimane il concorso con commissione speciale per accedere ala Cassazione. E i titoli, previa una quarta valutazione quadriennale del Consiglio giudiziario, vengono esaminati da una commissione composta da tre magistrati di quarta valutazione, da un solo professore universitario (nominato dal CUN) e da un avvocato presso le magistrature superiori nominato dal Consiglio nazionale forense. Commissione che dovrà valutare “la capacità scientifica e di analisi delle norme”.

Vi è da domandarsi: chi valuterà le capacità dei giudici della Cassazione o del Consiglio di Stato, se a qualcuno, nell'ultimo grado del giudizio, capitano, come sono capitati a me, individui come Gilardi e Balucani?6 Nessuno. Rimane in teoria la possibilità di promuovere provvedimenti disciplinari per iniziativa disgiunta del ministro della giustizia e del Procuratore Generale presso la Cassazione. Questi, però, mentre con la disciplina del citato decreto legge Castelli (23 febbraio 2006) era obbligato a promuovere comunque un'azione disciplinare presso il CSM, anche su denuncia di un comune cittadino che avesse ritenuto di essere vittima di una sentenza ingiusta, ora, a suo arbitrio, può provvedere all'archiviazione dandone, però, notizia al ministro, che può, anche contro la decisione del P.G., promuovere azione disciplinare presso il CSM.

Pura teoria se non vi sono gli estremi per finire in galera, come vi è finito Balucani. Figuriamoci se un ministro ha tempo da perdere per promuovere azione disciplinare nel caso di procedimenti civili. Bisognerebbe, invece, estendere i motivi di revocazione almeno a tutti quei casi esposti nei commi sopra citati.

La legge prevede che del collegio dei giudici in Cassazione possano far parte anche professori di diritto, ma demanda al CSM il compito di nominarli, con il risultato - evidente! - che non vengono nominati perché i magistrati togati, anche se ignoranti, continuino da soli a sentirsi padroni della giustizia e la dottrina possa continuare ad essere ignorata, nonostante un professore di diritto per una particolare disciplina abbia dedicato anni di studio per trattare uno specifico argomento. Cosa che non accade nel caso dei giudici professionisti, abilitati dalla legge ad essere dei tuttologi, cioè degli ignoranti, mentre dovrebbe essere la dottrina, in quanto scienza del diritto, fondamento della giurisprudenza.

E che dire della Scuola Superiore della Magistratura? Questa, secondo la legge Mastella (che rispetto al decreto di legge Castelli del 30 gennaio 2006, n. 26 ha cambiato nel numero i suoi componenti e ha escluso che ne facessero parte di diritto il primo presidente della Cassazione e il suo Procuratore Generale) ha un direttivo formato da 12 componenti (7 magistrati di terza valutazione, 3 professori universitari e 2 avvocati: 7 magistrati e un professore universitario nominati dal CSM, 2 professori e i 2 avvocati nominati dal ministro). La legge Mastella – in ciò non discostandosi dal decreto legge Castelli – prevede genericamente che il direttivo abbia anche il compito di nominare “docenti di elevata competenza e professionalità”.7 Con il termine vago “docenti” si è permesso di aggiungere ai professori universitari i magistrati trasformandoli in docenti, pur essendo notoriamente degli ignoranti in fatto di dottrina. La Scuola Superiore di Magistratura ha il compito di organizzare i corsi di aggiornamento, la cui frequentazione è necessaria ai fini della valutazione quadriennale dei magistrati nei Consigli giudiziari. Ebbene, i corsi di aggiornamento durano due settimane e si concludono con una scheda valutativa dei docenti che arriva al CSM. Una barzelletta. Una farsa.

Da notare l'incongruenza: nel concorso d'ingresso nella magistratura bisogna studiare la dottrina,8 anche se gli esaminatori che sono professori di materie giuridiche sono in forte minoranza.9 Superato il concorso, i magistrati possono anche smettere di aprire un libro di diritto per fare i tuttologi con la patente di studiosi, mentre essi rimangono solo manovali, e non studiosi, del diritto. Con la stessa differenza che vi è tra un idraulico e un professore di idraulica. Avremo così magistrati ignoranti di grado superiore che esamineranno magistrati ignoranti di grado inferiore. Anche un mediocre professore di diritto, in quanto specializzato nella materia che insegna, ne saprà sempre di più di un giudice tuttologo.

Una seria riforma giudiziaria avrebbe dovuto ridisegnare i vari gradi della magistratura secondo particolari competenze, per discipline o per gruppi di discipline interconnesse, e formare commissioni di valutazione con professori universitari specialisti nelle suddette discipline, mentre nei Consigli giudiziari, assurdamente, i professori non hanno diritto di voto nella valutazione. E i corsi di aggiornamento sono soltanto una farsa.

Ai magistrati è confermata dalla legge la possibilità di passare dalla magistratura penale a quella civile, e viceversa, senza che abbiano maturato in precedenza una preparazione nel diritto civile, così ampio e complesso da richiedere, come ho già detto, una specializzazione disciplinare all'interno di esso, mentre si permette alla magistratura penale il passaggio dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice, e si affidano indagini a pubblici ministeri tali per loro scelta e per competenza di territorio, anche se in tale territorio possano trovarsi degli incompetenti, e non perché siano ritenuti capaci di svolgere indagini, dopo avere seguito un'apposita scuola che li abiliti a tale compito. Il risultato è che il 60% degli assassini è sconosciuto, e pertanto circola in libertà.

Dopo 18 anni mi trovo a dover ancora tribolare a causa di gente disonesta e di giudici che, complici di delinquenti, dovrebbero fare un altro mestiere invece di rovinare impunemente gli innocenti. Su di essi dovrebbe cadere l’ignominia con il rigore della legge, che, invece, continua a considerarli una casta privilegiata, immune da colpe, anche quando risultino gravi. Tali da meritare anche il licenziamento. Preferisco un giudice ignorante ad uno sragionante. Perché chi è ignorante può in seguito coprire certe lacune oppure supplire all’ignoranza con la capacità di ragionare, che dovrebbe far capire chi abbia ragione e chi abbia torto. Invece anche chi sia convinto di avere documentatamente ragione deve vivere, come continuo a vivere io, con la paura di essere riconosciuto in torto, essendo la giustizia civile un terno al lotto, se non un manicomio. Chi fa una sentenza come, soprattutto, quelle del Farina e dell’Aquaro non è ricuperabile nella sua incapacità di ragionare, se non è corrotto.

Soprattutto su questi ultimi due, e a ancor più sull'Aquaro per le più pesanti conseguenze che sto subendo da questo pazzo (se non è corrotto), cada la mia maledizione per essersi resi complici di una banda di pirati all'assalto della mia proprietà, di cui sono stato spogliato dopo essermela guadagnata con sacrifici proprio in sede giudiziaria.

Essi mi hanno impedito di realizzare il mio disegno morale di costituire una piccola fondazione che porti il mio nome per aiutare le persone bisognose che si occupano della cura dei cani e dei gatti randagi o di quelli ospitati nei canili e gattili privati.

E a causa di questi sciagurati rappresentanti di una farsa di giustizia lo Stato ha preteso da me le enormi tasse (circa 200.000 euro) sulla base di un asserito ricavato della vendita che non è mai esistito giacché quel ricavato, una volta revocato, perché dichiarato illegittimo, lo stato di liquidazione, figura tuttora quale capitale della società, e non come utile di una vendita. Ma lo Stato, con la sua vigliacca Equitalia, si è rifatta parzialmente detraendomi un quinto della liquidazione dovutami dopo 42 anni di insegnamento all'Università. Mi son dovuto rendere formalmente nullatenente per sottrarmi alle più pesanti conseguenze economiche (con ipoteca sulla casa) e non essere aggredito ancora di più da asseriti creditori creati dai responsabili di tale allucinante vicenda, che si ritengono ignorantemente e arrogantemente padroni della giustizia.

Da notare che la Cassazione a Sezioni Unite (con sentenza 22 febbraio 2010, n. 4677) ha stabilito che non si possono iscrivere ipoteche sui beni immobiliari per un credito che sia inferiore a 8000 euro perché in base al comma 1 dell'art.76 del dpr 602/73 un'ipoteca che sia per valore inferiore a 8000 euro non può dar luogo ad un' espropriazione. A che fine allora iscrivere un'ipoteca se questa non può dar luogo ad un'espropriazione? Conseguentemente la Cassazione ha deciso che, essendo l'ipoteca funzionale all'espropriazione, non poteva nemmeno iscriversi un'ipoteca per un valore inferiore a 8000 euro. E perché 8000 e non di più? Con quale criterio una legge ha stabilito l'entità dell'importo sopra il quale si può procedere all'espropriazione? Mistero. La giurisprudenza, di fronte alla confusione e alla contraddittorietà di una giungla di leggi, è costretta a riempire le deficienze dando luogo a interpretazioni spesso discordanti che aggiungono alla confusione delle leggi la giungla delle interpretazioni. Questo è un Paese che alimenta ogni giorno la mancanza di una certezza del diritto favorendo l'arbitrio e l'arroganza della burocrazia che si ritiene in diritto di iscrivere un'ipoteca sulla prima (anche se unica) casa senza nemmeno alcun preavviso per dare all'interessato la possibilità di difendersi fornendo le proprie spiegazioni.

E che dire dell'incostituzionale tassa di possesso sulle auto anche nel caso in cui un'auto non venga impiegata per un certo tempo senza occupare suolo pubblico? Fu quella merdaccia di Amintore Fanfani – strenuo e trombato oppositore della legge sul divorzio – ad inventare la tassa di possesso sostituendola alla tassa di circolazione, anche se l'auto non circoli e non occupi suolo pubblico. In netto contrasto con l'art. 53 della Costituzione, che dice che una tassa deve essere pagata in relazione alla capacità retributiva. Ma quale reddito produce o di quale servizio usufruisce un'auto che rimanga ferma in un terreno privato? Essa è in tal caso soltanto una certa quantità di ferro che si tenga in casa. Altrimenti lo Stato si dovrebbe sentire in diritto di tassarmi anche il frigorifero e la lavatrice. In Germania, per esempio, esiste ancora la tassa di circolazione, che si può sempre sospendere (come l'assicurazione) nel caso in cui l'auto non circoli e non occupi suolo pubblico. Come mai non esiste una legge comune nella cosiddetta Unione Europea in fatto di tassazione? E' giusto rifarsi in tutti i modi contro questo Stato ladrone, vigliacco ed arrogante, che sposta sulla prima (anche se unica) casa un suo qualsiasi asserito credito senza nemmeno avvisare l'ipotecato e dargli modo di addurre prima le necessarie spiegazioni.



1 Inviai la mia proposta di riforma del C.P.C. a tutti i membri della Commissione giustizia del Senato e al presidente della Commissione giustizia dell Camera. Solo Di Pietro mi rispose. Ma con una risposta che era aria fritta. Che ci si poteva attendere da uno che ha sempre difeso una casta di privilegiati, di cui fece anch'egli parte come P.M.? E' da escludere che possa essere proprio un Di Pietro a riconoscere la necessità che i magistrati siano sottoposti ad una responsabilità civile visto che proprio lui avrebbe dovuto pagare i danni a tutti coloro che fece finire in carcere e che poi furono assolti. Egli ha glissato la questione della responsabilità civile dei magistrati scrivendo: “a parte i possibili errori giudiziari, in merito ai quali non è mio costume entrare...”. E ha proseguito scrivendo: “Italia dei valori ha presentato diverse proposte di legge in materia. Tra le più importanti i sette progetti di legge per la sicurezza e la giustizia. Comunque IDV si batterà in tutte le sedi perché l'Italia possa dotarsi di un Codice di procedura civile degno di un Paese democratico avanzato, come il nostro, assicurando a tutti i cittadini una reale e sostanziale giustizia, che io considero un bene di prima necessità, come il pane e l'acqua”. Di fatto non risulta alcunché di concreto al fine di eliminare la zavorra delle udienze dal processo civile.
2 Chi ha scritto la legge poteva risparmiarsi l'inutile aggiunta “quando la motivazione è richiesta dalla legge”, non potendo non esistere una motivazione basata sulla legge.
3 L'art. 12 delle preleggi del C.C. recita: “ Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento dello Stato”.
Notare come il I comma – che comporta un'interpretazione letterale degli articoli del codice – sia in contrasto con il II comma – che comporta un'interpretazione analogica o estensiva della legge. Tipico il caso, a me capitato, del III comma dell'art- 2287, come spiegato nel testo. Se non è decidibile una vertenza con una precisa disposizione, ciò significa che non è nemmeno chiara l'intenzione del legislatore (presupposta invece dal I comma). Così è stato fatto il codice. Partendo da una contraddizione fondamentale, rimasta ancora tale. Lasciando con il II comma all'arbitrio dei giudici l'interpretazione della legge per tutte le carenze dello stesso codice.
4 Gli avvocati debbono avere almeno 10 anni di effettivo servizio e sono eletti dal Consiglio nazionale forense su indicazione dei Consigli dell'Ordine degli avvocati del distretto. Il professore universitario è nominato dal Consiglio Nazionale Universitario su indicazione dei presidi di Facoltà di giurisprudenza della regione o delle regioni sulle quali hanno competenza gli uffici del distretto.
5 Per il passaggio a III grado veniva concepita una commissione composta da un magistrato di legittimità (Cassazione) con funzioni direttive giudicanti, da un secondo magistrato di legittimità, da 3 magistrati di II grado di 3 anni di servizio e da tre professori universitari. (nominati tutti dal CSM).
6 Di Lanfranco Balucani scriverò nel prossimo capitolo.
7 Modificazioni al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, art. 3, sub art. 20, n. 2
8 La legge Mastella 30 luglio 2007 prevede: a) diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano; b) procedura civile; c) diritto penale; d) procedura penale; e) diritto amministrativo,costituzionale e tributario; f) diritto commerciale e fallimentare; g) diritto del lavoro e della previdenza sociale; h) diritto comunitario; i) diritto internazionale pubblico e privato ; l) elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario.
9 La Commissione è formata, su delibera del CSM, da un presidente magistrato di sesta valutazione, da venti magistrati di terza valutazione, da cinque professori di materie giuridiche nominati dal CUN e da tre avvocati del Consiglio nazionale forense.

             

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