giovedì 26 gennaio 2017

L'UOMO NON E' PADRONE DELLA NATURA



Ricevo da Balaidor.org(Paolo Ricci dall'Inghilterra)
LA STORIA DELLO SFORZO DELL’UOMO PER SOGGIOGARE LA NATURA è ANCHE LA STORIA DEL SOGGIOGAMENTO DELL’UOMO DA PARTE DELL’UOMO

MAX HORKEIMER (1895-1973)

ZUR KRITIK DER INSTRUMENTELLEN VERNUFT


Oggi vi è una diffusa tendenza a rimettere in giro vecchie teorie della ragione oggettiva al fine di dare una qualche fondamento filosofico alla gerarchia, in via di rapida disintegrazione, dei valori generalmente accettati. Insieme a sistemi di cura dello spirito pseudo-religiosi o semiscientifici, allo spiritualismo, all’astrologia, a versioni per il popolo di antiche filosofie come lo yoga, il buddhismo e il misticismo, e ad adattamenti popolari di filosofie classiche oggettivistiche, si raccomandano per l’uso moderno anche le ontologia medievali. Ma il passaggio dalla ragione oggettiva alla soggettiva non avvenne per caso, né il processo di sviluppo delle idee si può invertire arbitrariamente quando meglio piaccia. Se la ragione soggettiva sotto forma di illuminismo, ha potuto distruggere le fondamenta filosofiche di convinzioni che erano state parte essenziale della cultura occidentale, ciò significa che quelle fondamenta erano troppo deboli. Il tentativo di ridar loro vita è dunque completamente artificioso e inteso solo allo scopo di riempire una lacuna. Le filosofie dell’assoluto vengono offerte come un ottimo strumento per salvarci dal caos. Condividendo il destino di tutte le dottrine, buone o cattive, che superano i tests dei moderni meccanismi di selezione, le filosofie oggettivistiche vengono standardizzate per impieghi specifici. Le idee filosofiche servono alle necessità di gruppi religiosi illuminati, progressisti o conservatori. L’assoluto diventa a sua volta un mezzo, la ragione oggettiva un metodo utile a scopi soggettivi, per quanto generali possano essere.

I tomisti moderni talvolta definiscono la loro metafisica salutare o utile al pragmatismo, e probabilmente hanno ragione. Gli adattamenti filosofici delle religioni tradizionali svolgono in effetti  una funzione che torna utile all’autorità costituita, in quanto trasformano gli ultimi residui di mitologia in validi strumenti della cultura di massa.  Quanto più questi artificiosi revivals si sforzano di rispettare la lettra delle dottine originarie tanto più ne tradiscono l’originario significato, giacchè la verità, il ricordo dei processi attraverso i quali è giunto alle sue ultime conclusioni. Il conservatorismo dei moderni revivals filosofici, per quanto riguarda gli elementi culturali, è solo illusorio: come la religione moderna così il neotomismo incoraggia, inevitabilmente, la pragmatizzazione della vita e il formalizzarsi del pensiero in quanto contribuisce alla distruzione di credenze spontanee e fa della fede una questione di convenienza.

La pragmatizzazione della religione, per quanto blasfema possa apparire sotto molti rispetti – come nel rapporto istituito fra religione e igiene – non è solo la conseguenza del suo adattamento alle condizioni create dalla civiltà industriale, ma un fenomeno che ha radici nell’essenza stessa di qualunque teologia sistematica. Il motivo dello sfruttamento della natura si può ritrovare già nei primi capitoli della Bibbia.

Tutte le creature devono essere assoggettate all’uomo; solo i metodi e le manifestazioni di questo assoggettamento sono cambiati. Ma mentre il tomismo originario potè conseguire lo scopo di adattare il cristianesimo alla scienza e alla politica contemporanee, il neotomismo si trova in una posizione precaria. Dato che nel medioevo lo sfruttamento della natura dipendeva da un’economia relativamente statica, in quel tempo la scienza era statica e dogmatica; i suoi rapporti con la teologia dogmatica potevano essere abbastanza pacifici,e per il tomismo fu facile assorbire l’aristotelismo. Ma un’armonia del genere è impossibile oggi, e nell’usare categorie come causa, effetto, anima, entità, i neotomisti devono necessariamente farlo in modo acritico; mentre per l’Aquinate queste idee metafisiche rappresentano il sommo della conoscenza scientifica, la loro funzione nella cultura moderna è completamente diversa.

L’insensibilità dell’uomo moderno di fronte alla natura è solo una variante dell’atteggiamento pragmatico caratteristico di tutta la civiltà occidentale.

Le forme sono diverse. Il cacciatore d’un tempo vedeva in praterie e montagne solo una prospettiva di caccia fruttuosa, mentre l’uomo d’affari moderno vede nel paesaggio lo sfondo adatto per una sfilata di cartelloni pubblicitari. Il destino degli animali nel nostro mondo è simboleggiato da un trafiletto pubblicato da un giornale pochi anni fa, in cui si osservava che l’atterraggio degli aeroplani in Africa era spesso ostacolato da branchi di elefanti e di altri animali: qui gli animali sono dunque considerati semplicemente come disturbatori del traffico. Questa mentalità che concepisce l’uomo come unico e assoluto padrone del mondo si può far risalire fino ai primi capitoli del Genesi.

I pochi precetti favorevoli agli animali che incontriamo nella Bibbia sono stati interpretati dai più grandi pensatori religiosi – Paolo, Tommaso d’Aquino, Lutero – come riguardanti solo l’educazione morale dell’uomo; in nessun caso essi esprimerebbero un obbligo dell’uomo verso le creature. Solo l’anima dell’uomo si può salvare; gli animali hanno soltanto il diritto di soffrire. “Alcuni uomini e donne, - scriveva alcuni anni fa un ecclesiastico inglese, - soffrono e muoiono per dare vita, benessere, felicità agli altri. Vediamo continuamente in funzione questa legge, il cui supremo esempio fu mostrato al mondo (e scrivo con profonda reverenza) sul Calvario. Perché gli animali dovrebbero sfuggire a questa legge o principio?”. Papa Pio IX non permise che a Roma venisse fondata una società per la protezione degli animali perché a quanto dichiarò la teologia insegna che l’uomo non ha nessun obbligo nei confronti degli animali, ma al solo fine di umiliare più profondamente quelle “razze inferiori” che i nazisti trattavano come semplice natura.
Caro Paolo, Pio IX proibì la costituzione di una associazione  per la protezione degli animali anche perché aveva paura che la gente potesse credere che anch'essi avessero l'anima immortale. Garibaldi, per reazione, chiamò il suo cavallo preferito Pio IX in modo da poter dire che andava a cavallo di Pio IX.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

solo un coglione indiano (feccia dell'umanità che valuta le vacche più del tuo prossimo, che ha in essere ancora oggi il sistema nazi fascista delle caste, e l'invenzione della reincarnazione per giustificare la schiavizzazione del prossimo) poteva sparare simili cazzate.
"senza spargimento di sangue non c'è remissione" (Ebrei 9:22)
Dio ha prescritto sacrifici animali per provvedere un sacrificio temporaneo dei peccati e per dare una figura che presagisse il sacrificio perfetto e completo di Gesù Cristo (Levitico 4:35, 5:10).

Hai capito, vecchio bifolco sardo?

Pietro Melis ha detto...

Un commento vigliaccamente anonimo che si qualifica da sé nel suo essere offensivo. E' la conferma di quanto siano privi di cervello e siano schifosi, ignoranti e pericolosi coloro che ancora giustificano quel libro di merda che è l'Antico Testamento (Levitico) scuola di macellazione (più che di macelleria).Se uno ancora oggi è convinto che "senza spargimento di sangue non c'è remissione" è meglio considerare la vita di questi luridi individui inferiore a quella di un insetto nocivo.Quresto schifoso ignorante ignora il discorso tenuto da Benedetto XVI all' Udienza Generale del 7 gennaio 2009: San Paolo (17). Il culto ...
w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/.../2009/.../hf_ben-xvi_aud_20090107.html
dove ha chiaramente affermato che dopo il sacrificio della croce non era più necessario il vecchio rito ebraico dello spargimento di sangue degli animali. Nel tempio-mattatoio, aggiungo io. Il dio ebraico abitava in un mattatoio.
Per il futuro stia lontano da me questo bifolco e merdoso non sardo.