martedì 4 giugno 2019

LE PENSIONI: NON ESISTONO DIRITTI ACQUISITI

Per stabilire se esistano diritti acquisiti bisogna andare a cercarli nella Costituzione e si avrà questa sorpresa: non esistono perché la Costituzione non ne parla. L'art. 25 riguarda solo le sentenze penali e dice che nessuno può essere condannato in base ad una legge successiva al fatto che costituirebbe reato solo in base alla legge successiva. Si suole aggiungere che l'art. 11 delle preleggi del Codice Civile (d'epoca fascista) dice espressamente che la legge vale per il futuro e non è retroattiva.  Ma si è osservato che tale articolo non ha valenza costituzionale e può essere derogata dal giudice. Io direi che per chiarezza, togliendo discrezionalità ai giudici civili, l'art. 11 delle preleggi dovrebbe essere abolito tenendo conto dei casi in cui vi sia un conflitto di interessi tra il pubblico e il privato, dovendo prevalere retroattivamente l'interesse pubblico (per esempio nel caso di espropriazione di un terreno, se pur con indennizzo). Infatti questo stesso articolo è stato più volte violato, e non dai giudici, ma da varie leggi sanatorie. Esempio: uno ha costruito una casa abusiva o non ha rispettato le distanze (almeno tre metri) tra un edificio e un altro. In base alla legge la casa o il palazzo dovrebbero essere demoliti. Ma una legge successiva può intervenire sanando la situazione. E' evidente che si tratta di casi specifici, tuttavia esprimenti il caso di leggi aventi valore retroattivo nel sanare situazioni precedenti.  L'art.11 delle preleggi deve essere abolito. Al silenzio della Costituzione si è sostituita la giurisprudenza, a cominciare dalla Corte Costituzionale, inventando con molta fantasia il fumoso e falso concetto di "affidamento nella sicurezza".  Che cosa significa affidamento? Non lo si è mai chiarito. Si è detto che la pensione deve corrispondere alla somma dei contributi versati. Ma"affidamento" non significa che un impiegato dello Stato abbia fatto un contratto anche per avere una determinata pensione. Al massimo si può dire che ha accettato (subìto) un contratto di lavoro per avere un determinato stipendio netto. Tutte le voci comprese nella pagina dello stipendio (tra cui tasse e contributi) non lo riguardano perché sono soldi che non gli entrano in tasca. L'impiegato dello Stato non ha contrattato l'ammontare delle tasse e dei contributi. Ha contrattato (per così dire) i soldi che gli arrivano al netto.  A questo punto sorge una domanda che nessuno si è mai posto: i contributi appartengono veramente all'impiegato in stato di servizio (per la futura pensione) o appartengono allo Stato visto che gli appartengono anche le tasse? Sarebbe necessaria una rivoluzione copernicana in fatto di pensioni partendo dal principio che i contributi appartengono allo Stato e che lo Stato ne può fare l'uso che vuole. I contributi dovrebbero cessare di essere considerati come pensione differita per diventare, alla stregua delle tasse, come contributi che l'impiegato offre allo Stato per la spesa sociale a compensazione di ciò che lo Stato per tutti gli anni gli ha dato come stipendio al netto. Che i contributi non possano essere considerati come pensione differita può essere dimostrato dal fatto che, facendo i calcoli in relazione alla odierna aspettativa di vita, anche per coloro che oggi godessero di una pensione contributiva (e non retributiva) i contributi non basterebbero a coprire la pensione per il resto della vita di uno che superasse gli 80 anni. E dovrebbero cessare di avere la pensione una volta che i contributi non bastassero a coprire ulteriormente la pensione. Se la conseguenza è assurda è evidentemente errata la premessa: che i contributi appartengano al futuro pensionato e non allo Stato. E questo non si ha il coraggio di dirlo. 
La conseguenza sarebbe che nessuno più potrebbe pretendere una pensione proporzionata a ciò che prendeva al netto. Bisogna rovesciare logicamente i termini del discorso. Lo Stato dice a colui che aveva avuto per anni un alto stipendio: a compensazione di ciò che hai avuto mi prendo io i contributi falsamente tuoi e me li incamero io perché sono miei e li impiegherò a favore delle pensioni più basse, al limite della sussistenza. E tu, che hai avuto per una vita un alto stipendio (la legge dovrà stabilire la soglia oltre la quale lo stipendio diventa alto se non anche d'oro) rientrerai in una nuova riforma delle pensioni che preveda degli scaglioni proporzionali  allo stipendio netto MA AVENTI UN TETTO CHE NON SUPERI (per esempio) 5000 euro, dopo avere stabilito quale sia il tetto massimo che permetta di condurre una vita più che decorosa tenendo conto del costo della vita. 
Così finirebbe la vessata quaestio delle pensioni proporzionali ai contributi versati, sul falso presupposto che i contributi appartengano all'impiegato e non allo Stato. I privilegiati che hanno goduto di alti stipendi si debbono ritenere fortunati anche se dotati di capacità. Non possono pretendere di continuare ad avere con le pensioni dei redditi proporzionali agli stipendi di cui godevano in servizio. Se avevano programmato una pensione maggiore avrebbero dovuto fare una sola cosa: investire una parte dello stipendio in altro reddito (per esempio in beni immobiliari) o in una pensione privata.                 

I diritti acquisiti non esistono! - Linkiesta.it


9 mag 2017 - Il bello del diritto, nel parere di uno che ha provato a impararlo, è proprio ... Mettiamo le cose in chiaro: il principio di irretroattività, nel nostro ... il loro bilanciamento pende dalla parte di chi sbatte più forte i pugni sul tavolo.

Pensioni, diritti acquisiti e Corte Costituzionale | ProntoProfessionista.it




11 giu 2015 - Nel dibattito giuridico in corso sul tema del sistema pensionistico, dei suoi squilibri ... Pertanto i c.d. "diritti acquisiti" non esistono; da anni la Corte Costituzionale ci ... Il "principio di affidamento" è indicato espressamente dalla Corte come "principio .... I gravi e fondati motivi e la possibilità d'insolvenza – art.

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