domenica 25 agosto 2019

LE CAUSE DEGLI INCENDI CRIMINALI IN AMAZZONIA


Dal mio libro Roba da sardi. Ve la do io la Sardegna
Per alcuni secoli l'umanità ha sfruttato il carbone come fonte maggiore di energia e nel XX secolo si è aggiunto il petrolio. Ma né il carbone né il petrolio sono stati causa dell'inquinamento atmosferico sino alla metà del XX secolo, al cui inizio la popolazione umana era di circa un miliardo e mezzo. Nell'arco di mezzo secolo è passata a circa sette miliardi. E' dunque l'antropizzazione della Terra la causa principale dei mutamenti climatici, giacché le piante, con la pazzesca deforestazione dell'Amazzonia, polmone verde della Terra - e sacrificata negli ultimi decenni a vantaggio degli allevamenti di morte delle industrie dell'hamburger degli USA - non riescono più ad assorbire l'eccesso di anidride carbonica in rispetto dei normali tempi biologici. Tra il 1996 e il 2009 cento mila kmq della foresta amazzonica, pari a tre volte la superficie della Francia, con una popolazione di bovini passata tra il 1990 e il 2003 da circa 27 milioni a 64 milioni. Secondo la FAO il 70% delle terre deforestate dell’Amazzonia è stato trasformato in terra da pascolo e il 30% è stato destinato a produzione di mangime, cosicché il Brasile è divenuto il maggiore esportatore di carne con il maggiore numero di bovini. Ma poiché la terra ricavata dalla foresta non è adatta al pascolo, dopo pochi anni di pascolo il suolo diventa sterile e gli allevatori di morte debbono abbattere altri kmq di foresta provocando la degradazione del suolo. Si aggiunga la perdita di una superficie del 30% della foresta indonesiana, cioè di una superficie pari a quella della Germania, a causa della  coltivazione di palme da cui ricavare l’olio saturo non idrogenato,  dunque nocivo, e tuttavia utilizzato per molti prodotti alimentari, soprattutto dolciari. Il suolo agricolo, a causa di un suo sfruttamento intensivo, innaturale e non biologico, viene inquinato da pesticidi quali gli organochlorini e gli organofosfati, che poi si ritrovano nei cibi.     
Né si deve trascurare l’inquinamento dei mari a causa dell’aumento della popolazione. Il consumo globale di pesce è cresciuto dal 1960 al 2009 passando da 10 kg annui pro capite a 18,4 kg. E a seguito dell’impoverimento dei mari si è pensato di ricorrere all’acquacoltura. Ma con la conseguenza che normalmente occorrono da 2,5 a 5 kg di pesce pescato da trasformare in mangime per produrre un solo kg di pesce di acqua coltura, che si stima fornisca il 43% del pesce per uso alimentare. E per ingrassare di un kg un tonno sono necessari almeno 20 kg di pesce pescato. L’allevamento del tonno rosso ha portato ad una riduzione dell’80% del tonno rosso catturato. Inoltre l’acquacoltura ha causato la dispersione nei mari di sostanze nocive a causa dell’impiego di additivi chimici quali an-tibiotici, disinfettanti, deiezioni e scarti di mangime insieme a parassiti che si depositano sui fondi e si disperdono nel mare contaminando le acque e decimando la popolazione ittica e distruggendo le foreste marine, necessarie per la sopravvivenza di numerose specie.     
Sulla Terra vi sono almeno cinque miliardi in più di individui che non dovrebbero esistere. Ma di ciò nessuno parla  nelle ricorrenti Conferenze dell'ONU con grande parata inutile di capi di Stato, che per opportunismo politico sanno guardare solo al presente e non al futuro. Nonostante la FAO, pur essendo un’organizzazione dell’ONU, abbia documentato ampiamente nel suo rapporto del 2006 intitolato La lunga ombra dell’allevamento intensivo, le cause complessive del degrado ambientale, dovute anche, e principalmente, all’aumentato consumo di carne. La FAO ha stimato che nella seconda metà del ‘900 il consumo di carne è aumentato di 5 volte, passando da 45 milioni di tonnellate all’anno nel 1950 a 233 milioni nel 2000 e che secondo le statistiche del 2007 ogni anno vengono macellati 56 miliardi di animali, esclusi gli animali marini. Secondo la FAO anche la produzione di un litro di latte comporta una emissione di 2,4 kg di CO2 . Sempre secondo la FAO la zootecnia utilizza il 30% dell’intera superficie terrestre non ricoperta da ghiacci e il 70% di tutte le terre agricole. Se è così bisogna concludere che quasi tutta l’umanità è demenziale nel voler continuare a proporre una tradizione alimentare basata sulla carne o su cibi di derivazione animale mentre poi si va predicando contro la fame nel mondo.     

Ma la stessa FAO non è stata mai capace di preoccuparsi del fatto che l’inquinamento ambientale dovuto agli allevamenti industriali si collega all'aumento della popolazione, non avendo essa mai promosso una campagna mondiale per la decrescita della popolazione umana. Complice degli allevamenti intensivi si è limitata a consigliare un minore consumo di carne. Pur essendo stata contraddetta nel suo affermare che i gas serra prodotti dagli allevamenti costituiscano solo il 18%, e non il   51% del totale dei gas serra emessi nell’atmosfera. E’ comunque certo che a causa degli allevamenti non vi sarà abbastanza acqua per una popolazione che nel 2050 si stima debba arrivare a 9 miliardi.    




2 commenti:

bambilu ha detto...

la FAO sta li per mangiare lei, non per far mangiare gli altri. Ora aumenteranno l'IVA su cadaveri di carne e di pesce, latte di altri animali non umani, zucchero, farmaci. Panzironi fallirà. Con i nuovi prezzi gli Italiani dovranno scordarsi dei 5 veleni di cui sopra ed anziché 120 anni come promette il panzironi coi suoi troppo eterogenei mischi micidiali di spezie magari sintetizzate, camperanno 200 anni ! Il tao è fatto di due soli elementi. Mischiarne tre è già troppo per essere un rimedio salutare. A me dispiace per le Besiole che periscono negli incendi. Per gli bruti umani che ne sono causa, molto di meno. Natura se la cava. Prima o poi si riprende.

aldo ha detto...

Nel nostro piccolo non ci facciamo mancare nulla.

https://www.ilgiorno.it/monza-brianza/cronaca/incendio-parco-1.4753027