martedì 31 dicembre 2019

MALA GIUSTIZIA. I MIEI INCREDIBILI PATIMENTI GIUDIZIARI

Per me il 2020 sarà un anno cruciale perché vi sarà la sentenza in Cassazione riguardante la Cinecorallo. Riassumo i fatti. Mio padre e mia madre avevano costituito nel 1961 una società con due soci per costruire in Cagliari il cinema Corallo. Con capitale sociale iniziale di un milione. I miei genitori apportavano il terreno (in realtà intestato da mio padre   a mia madre) e la concessione rilasciata dal Ministero dello spettacolo a mio padre. (Inciso: il rappresentante del governo presso la Regione Sardegna nel 1959 lo chiamò per annunciargli la bella notizia e poi gli domandò:vuol fare un'offerta per gli orfanelli? Quanto? domandò mio padre. Un milione, rispose. Naturalmente l'orfanello era lui). Gli altri soci, costruttori edili, avrebbero dovuto provvedere alla costruzione del cinema. Poi si sarebbero fatti i conguagli perché ogni socio avesse 1/3 della proprietà del cinema. Il capitale sociale avrebbe dovuto comprendere il valore del terreno (valutato in 25 milioni) e il costo della costruzione. Ma uno dei due soci, d'accordo con l'altro, gonfiò il costo della costruzione e conseguentemente l'aumento del capitale.  Cosicché fu chiesto ai miei genitori di aggiungere 10 milioni di lire per avere 1/3 della proprietà. Ma mio padre, ingegnere, contestò il costo della costruzione e dunque non aderì all'aumento del capitale. Conseguentemente chiese l'annullamento della vendita del terreno alla società per inadempimento della stessa. In Tribunale e in Corte d'Appello la domanda fu rigettata perché i giudici non controllarono i bilanci, da dove risultava che i 25 milioni (valore del terreno) erano stati disonestamente ridotti a 17milioni adducendo lavori che erano stati fatti nell'interesse di un locale adiacente al cinema di proprietà dei miei genitori. FALSO. Erano lavori che erano stati fatti necessariamente nell'interesse del costruendo cinema. Rimaneva la seconda domanda: risarcimento dei danni perché il costo del cinema era stato gonfiato costringendo i miei genitori a non aderire all'aumento del capitale. In proseguimento del giudizio sulla seconda domanda (di risarcimento dei danni) in Corte d'Appello FORTUNATAMENTE trovai un giudice, Oliviero Mighela, che capì che i miei genitori erano stati malamente truffati e smontò la perizia d'ufficio sulla base della periza di parte fatta dall'ing.Domenico Cellesi. Risultò che il capitale sociale era stato gonfiato di circa 20 milioni gonfiando il costo della costruzione per porre i miei genitori in recesso e sbarazzarsi di essi. Mio padre, morto nel 1977 a 86 anni, non ne vide la fine perché la sentenza della Corte d'Appello uscì solo 13 anni dopo. In questi 13 anni mi ero costituito solo io in giudizio (pagando da solo le spese di giudizio) mentre i due fratelli, credendo che la causa fosse ormai persa anche sulla seconda domanda) avevano fatto rinuncia all'eredità di mio padre perché mio padre aveva intestato anche tutti gli altri immobili a mia madre e fecero fare rinuncia all'eredità anche a mia madre. Gli avversari ricorsero in Cassazione ma vinsi anche in Cassazione nel 1989 con una sentenza di 40 pagine. Dopo di che mi rivolsi al Tribunale per la quantificazione dei danni, che consistevano nell'avere i miei genitori apportato un capitale di 25 milioni rimanendo praticamente esclusi dalla società per non avere aderito al fraudolento aumento di capitale. I 25 miioni del 1961, rivalutati e con l'aggiunta degli interessi, diventarono nel 1991 un miliardo di lire. A questo punto accettai una transazione con coloro che avevano truffato mio padre: cedettero a me e ai due fratelli (in quanto eredi di 1/3 dalla parte di mia madre) tutte le quote del capitale sociale. Cosicché io divenni proprietario del 66% del capitale del Cinema Corallo (750 posti compresi quelli della galleria). Dopo questa grande vittoria  mi trovai a dover combattere contro due nemici interni, due fratelli delinquenti che volevano costringermi a vendere anch'io la mia parte (66%) per sanare i loro debiti PERSONALI, che non c'entravano affatto con la società, che conseguiva pacificamente il suo oggetto sociale con l'affitto a terzi della sala cinematografica. Uno dei due si era fortemente indebitato per pagare la casa alla sua amante da una vita (senza mai separarsi dalla moglie Carmen Cubeddu, che per quieto vivere accettò di vivere in un triangolo) oltre che per avere fatto a favore dell'amante Anna Solaro degli investimenti sballati come l'apertura di un negozio di abbigliamento sotto il marchio di Robe di Kappa, chiuso per fallimento. L'altro aveva bisogno di soldi per portare a termine una villa in località Poggio dei pini, che era rimasta ferma ad uno scheletro di casa. Per questo chiese un mutuo alla Banca Cariplo sicuro di poterlo estinguere costringendomi a vendere anch'io il mio 66%. Tutti e due avevano trovato  un acquirente (Gesuino Fenu, che oggi è a Cagliari proprietario di una grande catena di supermarket con il marchio GF) disposto ad acquisire tutte le quote del Cinema Corallo per trasformare il cinema in un supermarket. Mi opposi alla cessione delle quote dicendo che essi per legge (Codice Civile) avevano diritto solo alla liquidazione della loro quota (34%). A me i soldi non interessavano ed ero affezionato al locale del cinema perché me lo ero conquistato da solo in sede giudiziaria, quasi vendicando i miei genitori. A questo punto questi due farabutti si rivolsero al presidente del Tribunale, Marco Onnis per chiedere la nomina di un liquidatore. Costui, pazzescamente, lo nominò dandomi come consenziente, mentre dagli atti del giudizio risultavo contrario e concludevo con il rigetto della domanda avversaria. Da quel momento iniziarono per me altre tribolazioni. Per non farla troppo lunga aggiungo che chiesi la revoca della nomina del liquidatore (il commercialista Antioco Angius, un individuo spregiudicato assetato di danaro). Costui, notoriamente ammanigliato con i giudici in quanto curatore fallimentarre e dunque in stretta confidenza con tutti i giudici che passavano per la direzione della sezione fallimentare del Tribunale, in combutta con l'impresario Bruno Cadeddu, promissario acquirente, non attese che il tribunale revocasse la nomina del liquidatore e procedette alla SVENDITA per un miliardo e mezzo meno la pazzesca parcella di 166 milioni di lire gonfiando le cifre oltre il massimo del tariffario dell'Ordine dei commercialisti. Di cui i giudici non vollero tenere conto. La svendita avvenne il 13 novembre del 1997. L'11 dicembre 1997 (28 giorni dopo) fu pronunciata l'illegitimità della nomina del liquidatore (dichiarata  ABNORME) data la mia documentta opposizione alla vendita. Ebbene, in due gradi del giudizio trovai in Tribunale (Vincenzo Aquaro e Mario Farina) e in Corte d'Appello (Donatella Aru) dei giudici che non so se definire SRAGIONANTI O COLLUSI. Tutti e tre cercarono di salvare il liquidatore, e dunque la vendita, con argomentazioni pazzesche. Tutti e tre non vollero prendere atto che la nomina del liquidatore era stata dichiarata ABNORME. Anzi, aggiunsero falsamente che io ero stato consenziente alla sua nomina. Ma il principale e fondamentale motivo addotto è questo: il liquidatore non era tenuto ad attendere la fine del giudizio riguardante la revoca della sua nomina "essendo il giudizio sempre aleatorio" (Vincenzo Aquaro). E se il giudizio fosse stato favorevole a me (come lo fu)? Ma può un giudice giungere a sragionare in tal modo? In Corte d'Appello la relatrice Aru (perché in Corte il Collegio è una pura finzione) scrisse che il liquidatore  non poteva attendere che si prolungassero i tempi del giudizio, e ciò nell'interesse della stessa società. Incredibile. La conseguenza era che vince il disonesto che riesce ad anticipare una sentenza a lui contraria ponendo l'avversario di fronte al fatto compiuto. PAZZESCO. Nonostante io avessi con Racc. A.R. diffidato il nominato liquidatore e il promissario acquirente rispettivamaente dal vendere e dall'acquistare perché era in corso il giudizio con cui chiedevo la revoca della nomina del liquidatore, questi procedettero alla svendita per un miliardo e mezzo. Ma per la Aru la mia racc. A.R. non aveva alcun valore valendo solo la nomina del liquidatore sino a quando essa non fosse stata revocata. Per lei non valeva affatto che vi fosse in corso un giudizio volto a chiedere la revoca della nomina del liquidatore, se la revoca era avvenuta dopo la vendita. INCREDIBILE. Come se i tempi del giudizio di revoca fossero dipesi da me e non dai giudici. Nonostante tre anni prima il sopra nominato Gesuino Fenu avesse offerto un miliardo e 800 milioni per acquisto delle quote, che, non trattandosi di vendita del locale, avrebbe comportato una fiscalità assai ridotta. Per di più non vi sarebbe stato di mezzo un liquidatore, che avrebbe fatto diminuire di molto il ricavato della vendita (nella fattispecie fu diminuito di ben 166 milioni di lire). E' necessaria una riforma della giustizia civile  perché simili giudici vengano espulsi dalla magistratura quando facciano sentenze aberranti e paghino di persona per i danni da essi provocati.
Chi ha acquistato in malafede è rimasto sino ad oggi senza il milione e mezzo pagato e senza il locale, chiuso dal maggio 1998 e da me inutilmente posseduto  in attesa della sentenza della Cassazione, sperando che finalmente vengano colti ICTU OCULI tutti i gravi vizi di nullità della vendita e il conseguente risarcimento danni per non avere io potuto usufruire della proprietà giuridica del locale dell'ex cinema Corallo. Di uno dei due delinquenti fratelli mi ha liberato la sua morte per cancro nel 2003 (la moglie e il figlio hanno fatto rinuncia all'eredità risultante negativa per i troppi debiti lasciati, avendo anche perso la casa di Poggio dei Pini). L'altro è uscito dalla società nel 2007 con la liquidazione della sua quota. Poteva pensarci 20 anni prima invece di associarsi in causa a quell'altro delinquente.                                         

Cliccando sotto si può vedere quella che era l'insegna del cinema Corallo, che due anni fa  è stata rimossa da quel disonesto individuo che aveva acquistato in malafede e che, senza avvertirmi, l'ha fatta rimuovere facendo gettare abusivamente le lettere dell'insegna storica in un cassonetto dell'immondizia, insensibile del tutto all'importanza storica di quelle lettere. Io ne venni a conoscenza solo due giorni dopo.     
5 ott 2017 - Sopra, la storica insegna rossa: tutte lettere maiuscole per il Cinema Corallo. Un'istituzione nella Cagliari degli ultimi decenni prima del 2000.
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1 commento:

bambilu ha detto...

giudici alll'italiana...e non solo. Li vivacci loro. Se la massa non fosse simile alla gentaglia da Lei indicata, il problema sarebbe risolto. I giudici fanno parte della burocrazia la nostra peggiore nemica. Ecco perché degli ameri-dogs mi piace lo spoil system, no taxation without representation, home schooling. L'ho scritto in anglocazzone, mi perdoni.
La burocrazia è illogica e quindi ignorante. Bisogna cavillarli a morte fino alla loro sconfitta e sparizione.