sabato 29 febbraio 2020

LA STRAGE DI SANT' ANNA DI STAZZEMA

Da mio libro Io non volevo nascere. Un mondo senza certezze e senza giustizia. Filosofi odierni alla berlina.
Premetto che fu un'odiosa strage tuttavia causata dalle bande partigiane che causarono, come al solito, altre rappresaglie, come quella di Marzabotto e delle Fosse Ardeatine, dove per "miracolo" non finì anche mio padre, che da ufficiale antifascista condannò sempre i vigliacchi attentatori di via Rasella.     

Prima di Marzabotto vi furono altre stragi, su cui, considerando che esse furono attuate da un esercito tedesco che si apprestava ad una ritirata, cade il fondato sospetto che, come per Marzabotto, esse siano state la risposta  ad azioni proditorie dei partigiani. Non si spiega altrimenti il fatto che gli stessi tedeschi avessero deciso di impiegare Sant'Anna di Stazzema come “zona bianca” per gli sfollati da altri paesi. Non avrebbe avuto senso una simile protezione iniziale di quella località per sottrarre la sua popolazione a teatri di guerriglia partigiana. Ma evidentemente, come verrà riconosciuto, degli incoscienti irresponsabili approfittarono della calma creatasi a Sant'Anna per creare dei collegamenti con i partigiani causando la furibonda reazione tedesca. Ciò è stato taciuto da chi ha voluto ricostruire storicamente i fatti riguardanti la strage di Sant'Anna di Stazzema.[1]  

  “Ai primi di agosto 1944 Sant'Anna di Stazzema era stata qualificata dal comando tedesco 'zona bianca', ossia una località adatta ad accogliere sfollati: per questo la popolazione in quell’estate aveva superato le mille unità. Inoltre, sempre in quei giorni, i partigiani avevano abbandonato la zona senza aver svolto operazioni militari di particolare entità contro i tedeschi. Nonostante ciò, all’alba del 12 agosto '44 tre reparti di SS salirono a Sant’Anna, mentre un quarto chiudeva ogni via di fuga a valle, sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era circondato. Quando le SS giunsero a Sant’Anna, accompagnati da fascisti collaborazionisti che fecero da guide, gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati, mentre donne vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in quanto civili inermi, restarono nelle loro case.

   In poco più di tre ore vennero massacrati 560 innocenti, in gran parte bambini, donne e anziani. I nazisti li rastrellarono, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case, li uccisero con colpi di mitra e bombe a mano, compiendo atti di efferata barbarie. La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva solo 20 giorni. Fu trovata, ancora viva ma gravemente ferita, da una sorella miracolosamente superstite tra le braccia della madre ormai morta. Morì pochi giorni dopo nell'ospedale di  Valdicastello. Infine il fuoco, a distruggere e cancellare tutto. Non si trattò di rappresaglia. Come è emerso dalle indagini della Procura Militare della Spezia, si trattò di un atto terroristico, di una azione premeditata e curata in ogni minimo dettaglio. L'obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane presenti nella zona.

  La ricostruzione degli avvenimenti, l’attribuzione delle responsabilità e le motivazioni che hanno originato l’eccidio sono state possibili grazie al processo svoltosi al  Tribunale militare della Spezia  e conclusosi nel 2005 con la condanna all’ergastolo per dieci ex SS colpevoli del massacro; sentenza confermata in Appello nel 2006 e ratificata in Cassazione nel 2007. Nella prima fase processuale si è svolto, grazie al Pm Marco de Paolis, un imponente lavoro investigativo, cui sono seguite le testimonianze in aula di superstiti, di periti storici e persino di due SS appartenute al battaglione che massacrò centinaia di persone a Sant’Anna. Fondamentale, nel 1994, anche la scoperta avvenuta a Roma, negli scantinati di Palazzo Cesi, di un armadio chiuso e girato con le ante verso il muro, ribattezzato poi “ Armadio della vergogna”, poiché nascondeva da oltre 40 anni documenti che sarebbero risultati fondamentali ai fini di una ricerca della verità storica e giudiziaria sulle stragi nazifasciste in Italia nel secondo dopoguerra. Il 19 agosto, varcate le Apuane, le SS si spingevano in comune di Fivizzano (Massa Carrara) , seminando la morte fra le popolazioni inermi dei villaggi di Valla, Bardine e Vinca, nella zona di San Terenzo. Nel giro di cinque giorni uccidevano oltre 340 persone mitragliate, impiccate, addirittura bruciate con i lanciafiamme. Nella prima metà di settembre,  con il massacro di 33 civili a Pioppetti di Montemagno, in comune di Camaiore (Lucca), i reparti delle SS portavano avanti la loro opera nella provincia di Massa Carrara. Sul fiume Frigido venivano fucilati 108 detenuti del campo di concentramento di Mezzano (Lucca), e per finire a Bergiola e a Forno. i nazisti facevano circa 200 vittime. Avrebbero continuato la strage con il massacro di Marzabotto.”[2]
  Di tali stragi fu considerato colpevole anche Kesserling, comandante delle forze armate tedesche operanti in Italia. Egli aveva provveduto a rendere pubblico, con manifesti, con volantinaggio aereo e con comunicato radio che sarebbero stati fucilati coloro che avessero aiutato e protetto i partigiani. Infine si annunciava: “ogni villaggio in cui sia provata la presenza di partigiani...o nel quale siano avvenuti tentativi di sabotaggio a depositi di guerra sia raso al suolo. Inoltre siano fucilati tutti gli abitanti maschi del villaggio di età superiore ai 18 anni. Le donne e i bambini saranno internati in campi di lavoro”.Fu la risposta a quanto il generale Alexander, comandante delle forze alleate in Italia aveva proclamato rivolgendosi alle bande di partigiani.“Assalite comandi e piccoli centri militari! Uccidete i germanici alle spalle, in modo da sfuggire alla reazione per poterne uccidere degli altri”.                                                                                                     
   Si può dunque dire che le stragi culminanti in quella di Marzabotto andò oltre i limiti che erano stati imposti dallo stesso Kesserling, che infatti non poté essere riconosciuto colpevole degli eccessi compiuti, che non risparmiarono donne e bambini. Ma lo stesso Diritto Militare Britannico, prevedendo la rappresaglia  quale “ritorsione per atti illegittimi di guerra allo scopo di far osservare in futuro al nemico le riconosciute leggi di guerra”, prevedeva anche “il ricorso alla rappresaglia contro una località o una comunità per alcuni atti commessi dai suoi abitanti o membri che non possano essere identificati”. E anche le regole di guerra degli Stati Uniti prevedono che “villaggi o case possano essere bruciate per atti ostili commessi da persone che non possono essere identificate, processate e punite”. Questo principio, applicato nel Vietnam, portò a bruciare con bombe al napalm interi villaggi.[3] D'altra parte, fu forse un'azione di guerra il bombardamento della città di Dresda,[4] rasa al suolo tra il 13 e 15 febbraio 1945, quando esso non aveva più nemmeno il significato di deterrente psicologico, considerando che ormai la guerra volgeva verso la fine? Vi è anche da considerare che il bombardamento tedesco della città di Coventry (11 agosto 1940) ebbe da prima obiettivi mirati, cioè le industrie, al fine di distruggere l'aviazione inglese (e infatti fece solo 176 morti), mentre il secondo bombardamento (14 nov. 1940), con complessivi 1.236 morti, fu una rappresaglia dopo il bombardamento inglese di Monaco di Baviera (8 nov. 1940), E che significato potevano avere i bombardamenti americani anche sulla città di Roma e persino sulla Sardegna (in particolare su Cagliari), dove non vi erano obiettivo militari? Come mai non esistono lapidi per i nomi di tali vittime? Si dimentica anche che il bombardamento di Tokio causò più di 83.000 morti e che ben maggiori furono le vittime dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, espressione massima della violazione di ogni norma del diritto internazionale di guerra. Strana guerra di liberazione quella attuata da "liberatori" americani che bombardavano città senza alcun riguardo per la popolazione civile. Valga come esempio per tutti il bombardamento di Roma (quartiere S.Lorenzo). Si può dire tutto dei nazisti, ma essi ebbero rispetto per le città e risparmiarono sempre i palazzi. Non vi è stato un monumento, un'opera d'arte, un museo, che sia stato bombardato dai nazisti.
 


[1]   Paolo Pezzino, Sant'Anna di Stazzema. Storia di una strage, Il Mulino 2008.

[2]  “La strage di Sant'Anna di Stazzema”, da Wikipedia.

[3]V.di Giuseppe di Bella “Le rappresaglie dei nazisti in Italia:una
strage annunciata”(4 maggio 2009), sito www.siciliainformazioni.com/giornale/cultura/50915/rappresaglia.


[4] V.“Dresda 1945-Un inutile massacro”(cronologia.leonardo.it/storia/a1945n.htm);“Dresda 1945:la barbarie”.(www.chefare.org/archivcf/cf52/dresda45html);“I crimini dei vincitori-I bombardamenti in Germania” (ww.controstoria.it). Il numero dei morti è oggi valutato sui 40.000. Ma non si tien conto del fatto che Dresda ( che nel 1939 aveva circa 630.000 abitanti) era divenuta rifugio degli sfollati della Slesia e dell'Europa orientale, non iscritti nei registri anagrafici. Da altri si è calcolato un numero di circa 200.000.     

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