pensieri/ora che tutto è finito
ora che tutto è finito
Angelo Foggia
Affilate lame si poggiano su un ceppo e a terra l’indispensabile catino con mestolo per la raccolta del sangue: con esso si prepara il famoso e prelibato (per gli altri) sanghinacci.
Al maiale, di solito oltre i due quintali, circuito nelle sue stanze, viene messa una corda tra la bocca e il grugno per poterlo tirare, mentre la manovalanza spinge da dietro. Il suino forse intuisce cosa gli sta per capitare e non gradisce per niente essere spinto dal culo. Impunta sia le zampe anteriori che posteriori e, per spingerlo, c’è da sudare le fatidiche sette camice. A ciò bisogna aggiungere le grida, insopportabili, che emette fino al patibolo. Una volta arrivati sul luogo del martirio, bisogna tenerlo su di un fianco, possibilmente quello che offre la giugulare. Il killer prende il coltello apposito e con mano certosina, consumata, trafigge, inesorabilmente, l’arteria del maiale, al quale viene troncato in gola l’ultimo grido.
Nel frattempo, ‘u ripassi, il maialino, che vive nel piccolo locale attiguo a quello più grande occupato dal de cuius, viene colà trasferito.
Il compito affidato a Marco è quello più puzzolente: portare gli intestini, sporchi di merda, a casa per essere lavati. Un tragitto interminabile. Un fetore insopportabile impregna la piccola 500 giardinetta per oltre un giorno.
Cchi bbu aviri: ’nu sacchi ‘i sordi o ‘nu muorti ‘mmienzi ‘a casa?, cosa vuoi avere. Un sacco di soldi o un morto nel centro della stanza? Recita così un vecchio adagio. In realtà il morto nella stanza c’è, eccome! Rimane lì per un giorno intero, fino al mattino dopo, con l’indimenticabile arancio in bocca e la lingua rattrappita che penzola da un lato. Il corpo, tagliato a metà, deve riposare, frollare, come dicono i macellai, per essere, poi, lavorato bene. Infatti, la mattina successiva, di buon’ora, arriva un signore il cui soprannome è “Scornavacca”, che seziona il corpo a seconda delle esigenze. Tagli precisi, nessuna indecisione.
NOTA: Il brano riportato è tratto dal volume di Angelo Foggia, dal titolo “ora che tutto è finito” (Calabria Letteraria Editrice, 2007). Il libro è stato presentato al pubblico recentemente ed è in distribuzione presso le edicole e le librerie, in particolare, della Calabria.
Angelo Foggia è nato a Corigliano Calabro nel 1951, dove vive e insegna presso le scuole elementari della città. Cura alcune pubblicazioni didattiche, è giornalista pubblicista e redige il periodico “Punto” (http://www.periodicopunto.it/).
Il libro di Foggia è un lungo racconto autobiografico. Non mancano, in quelle pagine, squarci di cultura contadina, descrizioni puntuali di ambienti e costumi, di riti e di simboli. Come l’uccisione del maiale, che simboleggia l’abbondanza: un vero e proprio evento nella cultura contadina, vissuto coralmente tra parenti e amici. Niente è lasciato al caso, la stessa pulizia degli intestini (l’autore vi si sofferma con dovizia di particolari e con linguaggio diretto) ci riporta ad antichi significati magici e religiosi di alcuni rituali “sporchi”. (Giovanni Pistoia).
Foto (dal mio archivio): Una immagine cruenta del maiale morto
(8 gennaio 2008)
Angelo Foggia
Affilate lame si poggiano su un ceppo e a terra l’indispensabile catino con mestolo per la raccolta del sangue: con esso si prepara il famoso e prelibato (per gli altri) sanghinacci.
Al maiale, di solito oltre i due quintali, circuito nelle sue stanze, viene messa una corda tra la bocca e il grugno per poterlo tirare, mentre la manovalanza spinge da dietro. Il suino forse intuisce cosa gli sta per capitare e non gradisce per niente essere spinto dal culo. Impunta sia le zampe anteriori che posteriori e, per spingerlo, c’è da sudare le fatidiche sette camice. A ciò bisogna aggiungere le grida, insopportabili, che emette fino al patibolo. Una volta arrivati sul luogo del martirio, bisogna tenerlo su di un fianco, possibilmente quello che offre la giugulare. Il killer prende il coltello apposito e con mano certosina, consumata, trafigge, inesorabilmente, l’arteria del maiale, al quale viene troncato in gola l’ultimo grido.
Nel frattempo, ‘u ripassi, il maialino, che vive nel piccolo locale attiguo a quello più grande occupato dal de cuius, viene colà trasferito.
Il compito affidato a Marco è quello più puzzolente: portare gli intestini, sporchi di merda, a casa per essere lavati. Un tragitto interminabile. Un fetore insopportabile impregna la piccola 500 giardinetta per oltre un giorno.
Cchi bbu aviri: ’nu sacchi ‘i sordi o ‘nu muorti ‘mmienzi ‘a casa?, cosa vuoi avere. Un sacco di soldi o un morto nel centro della stanza? Recita così un vecchio adagio. In realtà il morto nella stanza c’è, eccome! Rimane lì per un giorno intero, fino al mattino dopo, con l’indimenticabile arancio in bocca e la lingua rattrappita che penzola da un lato. Il corpo, tagliato a metà, deve riposare, frollare, come dicono i macellai, per essere, poi, lavorato bene. Infatti, la mattina successiva, di buon’ora, arriva un signore il cui soprannome è “Scornavacca”, che seziona il corpo a seconda delle esigenze. Tagli precisi, nessuna indecisione.
NOTA: Il brano riportato è tratto dal volume di Angelo Foggia, dal titolo “ora che tutto è finito” (Calabria Letteraria Editrice, 2007). Il libro è stato presentato al pubblico recentemente ed è in distribuzione presso le edicole e le librerie, in particolare, della Calabria.
Angelo Foggia è nato a Corigliano Calabro nel 1951, dove vive e insegna presso le scuole elementari della città. Cura alcune pubblicazioni didattiche, è giornalista pubblicista e redige il periodico “Punto” (http://www.periodicopunto.it/).
Il libro di Foggia è un lungo racconto autobiografico. Non mancano, in quelle pagine, squarci di cultura contadina, descrizioni puntuali di ambienti e costumi, di riti e di simboli. Come l’uccisione del maiale, che simboleggia l’abbondanza: un vero e proprio evento nella cultura contadina, vissuto coralmente tra parenti e amici. Niente è lasciato al caso, la stessa pulizia degli intestini (l’autore vi si sofferma con dovizia di particolari e con linguaggio diretto) ci riporta ad antichi significati magici e religiosi di alcuni rituali “sporchi”. (Giovanni Pistoia).
Foto (dal mio archivio): Una immagine cruenta del maiale morto
(8 gennaio 2008)
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