E' un luogo comune, cioè una stronzata secondo la distinzione di Harry G. Frankfurt tra menzogne e stronzate (Stronzate, Rizzoli 2005) - le menzogne sono proposizioni dotate di senso ma false alla verifica, mentre le stronzate sono proposizioni prive anche di senso - il dire "sfidare la montagna". Una sfida può avvenire tra due contendenti (singoli o squadre) consenzienti. Dunque la montagna non può essere considerata una sfidante. Essa è lì, ferma da centinaia di milioni di anni. Non parla, non sfida alcuno. Ma gli imbecilli vogliono sfidarla. Essa non accetta la sfida perché non è consenziente. Ma immaginiamo che abbia la parola. Essa direbbe: o cretini perché venite a sfidarmi se io non posso partecipare alla vostra sfida? Ma chi ve lo fa fare? Perché non mi lasciate in pace? Non avete altro di meglio da fare nella vita? Volete godervi il risultato della vostra fatica guardandomi dall'alto in basso? E poi che ne avete ottenuto? Vi sentite più vicini al cielo? Ma non sapete che il cielo non esiste? Esso è lo spazio infinito che circonda la Terra. E ve lo potete godere meglio con un cannocchiale di notte guardando le stelle. Vi godete il panorama circostante? Ma perché non ve lo godete dal basso in alto invece di porre a repentaglio la vostra vita? Se poi la perdete la colpa è della vostra imbellicità. E un imbecille non può lasciare rimpianti. Io capisco che qualche spedizione in montagna venga fatta da chi ha un programma scientifico, come la spedizione in Himalaya da parte di Ardito Desio (che morì centenario ma si limitò a stare sempre a quota inferiore nel campo base). Non capisco quelli che per pura passione vengono a disturbare la mia presenza arrampicandosi su di me mettendomi dei chiodi. Fatevi venire una passione diversa che sia utile anche agli altri. Altrimenti, se vi faccio crepare mentre mi sfidate, io non ho fatto altro che liberarmi di certi imbecilli. E voi siete un esempio dell'imbecillità umana.
Tragedia sull'Himalaya, valanga travolge alpinisti: 11 morti, uno è italiano
Tragedia sul monte Manaslu, l’ottava cima del mondo. Tra le vittime c'è anche Alberto Magliano, alpinista 67enne
Tragedia sul monte Manaslu, l’ottava cima del mondo. Tra le vittime c'è anche Alberto Magliano, alpinista 67enne
Tragedia nel Nord ovest del Nepal.
Una valanga sul monte Manaslu,
l’ottava cima del mondo, ha travolto un gruppo di scalatori uccidendo
Alberto Magliano. Al momento i corpi estratti dalla neve sono tredici,
ma il bilancio potrebbe ancora aggravarsi, diversi i feriti.
"Perché scalare una montagna? Perché è lì...". Alberto Magliano, 67enne milanese di origini triestine, aveva preso in prestito una citazione di George Leigh Mallory, l’audace e geniale precursore del moderno himalaysmo, per descrivere la propria passione per la montagna. Insieme a Magliano gli italiani che partecipavano alla spedizione sul monte Manaslu, erano Silvio Gnaro Mondinelli e Christian Gobbi, entrambi sopravvissuti alla valanga. Per Magliano,noto per essere stato il primo alpinista non professionista ad aver conquistato le seven summits, le vette più alte di ogni continente, non c'è stato niente da fare. Il console Joel Melchiori, raggiunto telefonicamente dall’Adnkronos, ha riferito della presenza di altri otto italiani membri della spedizione. "Nessuno di loro - ha detto Melchiori - risulta aver subuto ferite gravi". Mentre la salma dello sherpa è già stata portata a valle, quella di Magliano sarà recuperata e condotta al campo base questa sera oppure domani.
Secondo quanto riferito da Mondinelli in una telefonata, la valanga è stata provocata dal crollo di un seracco ed è finita sulle tende del campo 3 del Manaslu, a circa 7mila metri di quota. È avvenuto prima dell’alba, quando gli alpinisti si trovavano ancora dentro le tende. La massa di neve ha trascinato a valle tutto il campo. Mondinelli era in tenda con Cristian Gobbi ed entrambi sono rotolati per circa 300 metri lungo il pendio della montagna prima di essere sbalzati fuori dalla slavina: se la sono cavata con qualche contusione. Alberto Magliano, brianzolo, era invece in tenda con lo sherpa ed entrambi sono fatalmente rimasti sepolti sotto la neve. "Probabilmente la tenda di Alberto - ha spiegato Mondinelli - era più pesante della nostra dato che conteneva anche delle bombole di ossigeno e quindi il peso le ha impedito di saltar fuori dalla slavina". Mondinelli e Gobbi sono, quindi, riusciti a recuperare degli scarponi in mezzo alla neve e, dopo aver dato l’allarme e prestato i primi soccorsi ai feriti, sono scesi al campo base dove era rimasto Marco Confortola.
Valanga sul monte Manslu
"Perché scalare una montagna? Perché è lì...". Alberto Magliano, 67enne milanese di origini triestine, aveva preso in prestito una citazione di George Leigh Mallory, l’audace e geniale precursore del moderno himalaysmo, per descrivere la propria passione per la montagna. Insieme a Magliano gli italiani che partecipavano alla spedizione sul monte Manaslu, erano Silvio Gnaro Mondinelli e Christian Gobbi, entrambi sopravvissuti alla valanga. Per Magliano,noto per essere stato il primo alpinista non professionista ad aver conquistato le seven summits, le vette più alte di ogni continente, non c'è stato niente da fare. Il console Joel Melchiori, raggiunto telefonicamente dall’Adnkronos, ha riferito della presenza di altri otto italiani membri della spedizione. "Nessuno di loro - ha detto Melchiori - risulta aver subuto ferite gravi". Mentre la salma dello sherpa è già stata portata a valle, quella di Magliano sarà recuperata e condotta al campo base questa sera oppure domani.
Secondo quanto riferito da Mondinelli in una telefonata, la valanga è stata provocata dal crollo di un seracco ed è finita sulle tende del campo 3 del Manaslu, a circa 7mila metri di quota. È avvenuto prima dell’alba, quando gli alpinisti si trovavano ancora dentro le tende. La massa di neve ha trascinato a valle tutto il campo. Mondinelli era in tenda con Cristian Gobbi ed entrambi sono rotolati per circa 300 metri lungo il pendio della montagna prima di essere sbalzati fuori dalla slavina: se la sono cavata con qualche contusione. Alberto Magliano, brianzolo, era invece in tenda con lo sherpa ed entrambi sono fatalmente rimasti sepolti sotto la neve. "Probabilmente la tenda di Alberto - ha spiegato Mondinelli - era più pesante della nostra dato che conteneva anche delle bombole di ossigeno e quindi il peso le ha impedito di saltar fuori dalla slavina". Mondinelli e Gobbi sono, quindi, riusciti a recuperare degli scarponi in mezzo alla neve e, dopo aver dato l’allarme e prestato i primi soccorsi ai feriti, sono scesi al campo base dove era rimasto Marco Confortola.
Lei puo' anche non condividere certe passioni, ma dare dell'imbecille a chi scala una montagna dimostra tutta la sua ignoranza, nonostante sia un professore. Sono passioni difficili da capire forse, tanto incomprensibili per lei, quanto profonde e viscerali per chi le prova.
RispondiEliminaO Anonimo, lei ha ragione ma solo quando dice che si tratta di passioni difficili da capire (e infatti io non le capisco), tanto incomprensibili (e infatti io non le comprendo) essendo passioni viscerali, cioè dettate dalle viscere e non dal cervello. L'ha riconosciuto.
RispondiEliminaQuando questi coltivatori di passioni viscerali rimangono sotto una valanga che diritto hanno di essere soccorsi mettendo a repentaglio la vita dei soccorritori? Vogliono il rischio? Se lo tengano. Io l lascerei sotto una valanga. Come meritano.
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RispondiEliminaE uno che va in bicicletta e viene investito? Chi gli ha detto di andare in bici? Lasciamo li' anche lui? Lei è fuori, piu' di chi scala.
RispondiEliminaO scemo di guerra in tempo di pace! Paragonare uno che va in bicicletta ad uno scalatore. Incredibile.
RispondiEliminaLa bicicletta può essere anche un sano mezzo si locomozione per andare a lavoro oltre che un sano mezzo di attività sportiva. E non inquina.
E'possibile che l'umanità sia così piena di imbecilli che non possono rendersi conto delle stronzate che dicono?
Si dice che il mondo è bello perché vario. Non è vero. Se fosse meno vario non si leggerebbero simili stronzate.