domenica 3 marzo 2013

GRILLO ARRIVA CON 8 ANNI DI RITARDO RISPETTO A ME RIGUARDO ALL'EURO. E CON PIU' SERI ARGOMENTI

 

  1. Notizie relative a grillo referendum sull'euro

    Giornale Radio Rai
    1. Grillo: «Online referendum sull'Euro»
      Corriere della Sera ‎- 6 ore fa
      Il leader del M5S alla Bild: «Sono un convinto europeo»Poi l'attacco: «Se premier, ricompro i bond italiani»
  2. Dopo il voto - Grillo: referendum online sull'euro | italia | Il SecoloXIX

    www.ilsecoloxix.it/p/.../APccXNtE-grillo_referendum_online.shtml
    7 ore fa – I partiti e l'alibi degli Unni alle porte, l'editoriale di Umberto La Rocca|...
  3. Grillo: “Referendum online sull'Euro. Monti non ha fatto il bene dell ...

    www.ilfattoquotidiano.it › Politica & Palazzo
    6 ore fa – Sono un convinto europeo. Sono per una votazione online sull'euro, voglio un'Europa unita che sia moderna, parli una lingua comune e non ...
  4. Grillo: No al governissimo, referendum sull'Euro - Rainews24.it

    www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=175423
    5 ore fa – Sfida con Bersani? Ho spalle solide. Grillo: No al governissimo, referendum sull'Euro. Vota: Votata: 11volte,. Indice di gradimento: 1.81 ...

Il leader 5 stelle: referendum sull'euro



Ecco quanto già nel 2005 avevo scritto nel mio citato libro sull'euro.


Il parlamento europeo, pur contro la volontà del partito di maggioranza dei non votanti, a cui appartiene chi scrive, ha confermato l’immagine di un’Europa burocratica1 e senza anima, pacifista a senso unico e senza esercito, che ha voluto rinunciare a far valere il riferimento storico alle origini greco-romano-cristiane del diritto naturale piegandosi, nella stesura della Costituzione,2 ad un compromesso 1) con il multiculturalismo laicistico; 2) con la potente presenza, pur trascurabile quantitativamente, degli ebrei, che non potevano ammettere un riferimento alle origini cristiane dell'Europa; 3) con la diffusa presenza di islamici in Europa, dimenticando che l’Islam, nemico dello Stato laico, nella storia europea rappresentò sempre un corpo culturalmente estraneo, prima a causa dell’invasione araba, poi a causa dell’invasione turca dell’Europa, che ancor oggi ne subisce le conseguenze con la presenza di una popolazione mussulmana nei balcani, e oggi a causa dell’immigrazione, mentre la Turchia ringrazia l’Europa, nel suo aspirare a diventarne parte, per averle offerto un pasticcio di Costituzione che le consentirà di invadere nuovamente l’Europa, facendosi ponte dell’islamismo internazionale e del terrorismo. Il frutto di ciò è la formula contenente un vago, confuso e pericoloso riferimento ad una “cultura umanistica e religiosa” dell’Europa, buona anche per l’Islam, che si vede riconosciuto in tal modo il “merito” storico di avere invaso l’Europa sino alle porte di Vienna e di avere posto termine, con la conquista di Costantinopoli (1453) - trasformando tutte le chiese in moschee - all’impero greco-cristiano di Bisanzio, erede dell’impero romano d’Oriente.3 E’ augurabile che gli Stati dell’“Unione Europea” non vengano singolarmente defraudati della necessaria ratifica referendaria di una farsa di Costituzione europea, in modo che il suo certificato di nascita del 18 giugno 2004 trovi presto il suo certificato di morte.4 !!!Ed è augurabile che l’Austria, non dimentica di essere stata l’ultimo baluardo contro l’invasione turca, non desista dall’opporsi all’ingresso della Turchia in Europa. L’Europa si trova oggi sequestrata da una banda di burocrati dittatori che decidono come se i popoli non esistessero. Nella loro follia credono che basti una Costituzione turca che salvi la facciata per cancellare una società turca che rimane culturalmente islamica e con una buona parte di essa dichiaratamente antieuropea per tradizione storica, pronta ad invadere l’Europa facendosi, più facilmente che in Turchia, ponte dell’internazionalismo islamico. La Turchia vuole entrare in Europa? Che prima riconosca ufficialmente le radici greco-romano-cristiane dell’Europa. Poi si vedrà se la Turchia sarà ancora disposta a chiedere l’ingresso in Europa.
L’unione burocratica dei popoli europei, espropriati di una loro cittadinanza, che non può essere sostituita da un fantasma di cittadinanza superiore, puramente artificiale, esporrà l’Europa ad infiltrazioni immigratorie che ne corroderanno la stessa esistenza, perché non si può ricavare una grande anima dalla somma di più anime. Per di più si vorrebbe aggiungere all’Europa un’anima turca.!!! Il risultato sarà, invece, la mancanza di una grande anima, del cui vuoto potranno approfittare tante anime, povere ma forti, che sono mosse dalla convinzione di appartenere ad una grande anima, l’Islam, con cui premere sull’Europa allo stesso modo in cui fecero le popolazioni barbariche premendo sui confini dell’impero romano, segnandone la fine, mentre i Romani credevano di aver comprato da essi la pace accettandoli dentro i loro confini. Fu l’inizio della loro rovina, come rilevò Montesquieu (Considerazioni sulle cause della grandezza dei Romani e della loro decadenza, 1734, cap. 18).
L’Europa non può essere uno Stato unico come gli Stati Uniti d’America, che hanno da secoli una grande anima, la Costituzione federale, che non è stata creata artificialmente, ma sulla base di una comune lingua e di una comune sostanza, che, come scrisse Tocqueville, 5 era la somma dei diritti civili e l’idea della libertà sociale e politica che avevano come fonte la tradizione cristiana, che, pur frammentata in una moltitudine di confessioni e di sette religiose, annullava o attenuava sin dall’origine le diversità per sentimento di coappartenenza ad unica patria, che non può esistere in una comunità costruita artificialmente su basi economiche. E negli Stati Uniti la Costituzione federale contempera sapientemente il potere del governo centrale con il decentramento amministrativo dei singoli Stati. Tra gli Stati d’Europa può esistere soltanto una confederazione di Stati, come ben vide Kant,6 secondo cui è possibile “una federazione di popoli”, ma non una federazioni di Stati, che “ sarebbe una contraddizione” perché vi sarebbe il rapporto di un superiore (corpo legislativo) ad un inferiore (il popolo) che è possibile all’interno di uno Stato, non in una federazione di Stati, in cui un popolo subirebbe il diritto, e perciò il potere, derivante dagli Stati più forti, mentre perderebbe il suo proprio diritto.7 Inoltre “la fusione di tutti questi Stati per opera di una potenza che soverchi le altre” porterebbe ad “un dispotismo senz’anima”, “a misura che aumenta la mole del governo”. 8
L’estensione dell’attuale comunità europea a 25 Stati farà perdere i benefici delle zone economicamente deboli di uno Stato forte a vantaggio dei membri della comunità che hanno un’economia debole, rendendo nel complesso più debole la comunità, per un travaso di finanziamenti dai Paesi economicamente forti a quelli economicamente deboli, e necessaria una politica di assistenzialismo a danno della produttività. Ne è una prova il ristagno economico di tutta l’Europa. Ciò è accaduto già all’interno della Germania dopo la riunificazione. Conseguentemente anche il valore della moneta unica non può che perdere competitività. Essa, infatti, deve rispettare artificialmente un parametro che è dato dalla necessità di non superare il 3% di disavanzo della spesa pubblica (defitit annuale) rispetto al prodotto interno lordo per non essere soggetta ad una superiore inflazione, con la conseguenza che nessuno Stato europeo può rendere flessibile il valore della moneta secondo gli interessi della sua specifica economia, dovendo assoggettarsi al suddetto parametro. In Italia, come in altri Stati, l’euro ha causato necessariamente un aumento dei prezzi, diminuendo il valore del reddito fisso perché i prezzi, per legge economica, si sono portati verso i valori superiori di quelli degli Stati con economia più forte. E’ capitato lo stesso fenomeno dopo l’unità d’Italia, quando i prezzi delle regioni del sud si adeguarono a quelli superiori del nord. Un valore della moneta così ingessato sta producendo da molti anni una stagnazione economica di tutta la cosiddetta Unione Europea, in cui vi sono economie molto differenziate, che non sono rispecchiate, come dovrebbero essere, dal valore della moneta. Per lo stesso motivo nessuno Stato dell’Unione può più difendere autonomamente i propri interessi economici elevando dazi sui prodotti importati o contingentandoli per difendere quelli delle proprie imprese, con una conseguente continua chiusura di molte imprese ed un relativo aumento della disoccupazione. Si era pensato di costruire un’Europa Unita per meglio contrastare le altre potenze economiche. Ma il risultato è stato sinora l’indebolimento complessivo dell’economia di tutti gli Stati dell’Unione. Si è fatto presente da parte dei politici italiani che l’euro ha avuto il merito di arginare l’inflazione. Questa dichiarazione esprime soltanto la triste ammissione dell’incapacità politica di un governo che ha bisogno di ricorrere a forze politiche estranee per salvare il potere di acquisto di una moneta nazionale. Siamo dunque di fronte alla costruzione di un progetto morale dell’Europa che viola il diritto naturale che richiede che nessuno venga danneggiato nel conseguimento del proprio benessere a vantaggio di chi da sé non è capace di conseguirlo. 


L’euro sarà destinato ad essere affossato dal dollaro, libero di oscillare nei suoi valori a seconda delle convenienze del mercato mondiale, e, mancante di flessibilità, perché costretto a rispettare un’inflazione programmata, esso si troverà sempre disarmato di fronte al dollaro e ad essere causa di recessione economica di fronte alle libere manovre finanziarie del governo degli Stati Uniti, che possono incoraggiare l’inflazione del dollaro quando convenga per favorire le esportazioni od operare il contrario quando convenga tenerne alto il valore per favorire gli investimenti. Conseguentemente l’euro sarà sempre alla mercé del dollaro, privo di difesa contro di esso perché costretto a tenere insieme economie troppo diverse in Europa, unificate soltanto dal diktat del contenimento dell’indebitamento nella spesa pubblica entro un valore imposto a tutti. Il contenimento dell’inflazione ha come risultato la recessione economica per tutti, anche per quegli Stati che senza l’euro avrebbero potuto espandere la loro economia.

Rimane attuale, dunque, la considerazione di Kant, secondo

cui, in presenza di diversità culturali, prima di tutto

linguistiche, è deleterio il progetto di costituire una

federazione con un supergoverno che comandi su tutti gli

Stati. La federazione non può andare oltre una Carta dei 

diritti fondamentali e un insieme di leggi che regolino 

l’economia con trattati bilaterali. L’alternativa è il 

dispotismo, già ampiamente in atto, dei burocrati di 

Bruxelles che comandano senza alcun controllo politico dei 

parlamenti dei singoli Stati e passando sopra la volontà dei 

popoli.

 

1  L’imposizione burocratica dell’euro non ha tenuto conto del fatto che la moneta deve riflettere la forza dell’economia di uno Stato. Pertanto si è avuto in molti Stati, come l’Italia, un aumento dei prezzi per la legge economica che porta ad un adeguamento del costo della vita a quello degli Stati aventi un’economia più forte e, pertanto, un costo della vita più alto. Questo era già successo dopo l’unità d’Italia, quando i prezzi delle regioni meridionali si adeguarono a quelli più alti delle regioni del Nord.
2 Nella precedente Carta dei diritti fondamentali (9 dicembre 2000) erano stati confusi con i diritti fondamentali (da cui discendono solo i doveri perfetti) i diritti economici e sociali (che sono convenzionali) e i valori morali come la solidarietà.
3 In un’interrogazione parlamentare del 29 settembre 2004 il deputato della Lega Nord Andrea Gibelli ha detto: “ L’Islam è la religione della Turchia e il suo diritto si chiana shari’a. La Turchia sarà il Paese più grande della Comunità Europea e in termini di popolazione sarà come la Francia e l’Italia messe insieme. La gente per le strade ci chiede di non fare entrare la Turchia in Europa”. Il ministro Giovanardi ha risposto: “Il Consiglio europeo del dicembre del 1997 del Lussemburgo si è rivelato un fattore propulsivo che ha spinto Ankara ad intraprendere un intenso programma di riforme per adeguarsi ai criteri politici di Copenaghen. Il parlamento europeo lo scorso marzo ha riconosciuto questo progresso. Bisogna prendere atto che il governo Erdogan ha saputo affrontare problematiche estremamente sensibili che per decenni sono state considerate intoccabili nella cultura politica della Turchia contemporanea, quali la riduzione del ruolo politico dei militari, l’ampliamento della tutela della libertà di stampa, le associazioni di opinione, il riconoscimento dei diritti culturali delle minoranze etniche, l’abolizione della pena di morte e dei tribunali speciali per la sicurezza dello Stato, l’introduzione del principio di parità tra uomo e donna. In questo quadro va registrata anche la recente approvazione da parte del parlamento turco della riforma del codice penale e delle leggi sulla procedura giudiziaria, sull’istituzione delle corti regionali. Un ulteriore segnale positivo proviene dalla scarcerazione di una parlamentare di origine kurda che era stata sollecitata dalla Comunità Europea. Recenti contatti con l’esecutivo comunitario hanno confermato un atteggiamento in linea di principio favorevole alla candidatura turca. Per la stesura finale del rapporto e della raccomandazione del Consiglio bisognerà attendere l’esito del dibattito in seno alla Commissione, dove, come è noto, non mancano opinioni discordi e contrarie. Il governo italiano nutre l’aspettativa che l’esito del dibattito al Consiglio europeo di dicembre possa essere equilibrato e positivo pur nella consapevolezza che vi sono Paesi europei che hanno forti riserve sulle prospettive dell’adesione turca all’Unione. Il governo italiano in presenza di un parere sfavorevole della Commissione si orienterebbe a dare il proprio assenso all’apertura di negoziati e all’indicazione di una data per l’avvio dei medesimi. Va comunque sottolineato con grande chiarezza che non appare possibile allo stato attuale pronunciarsi sui tempi di conclusione di questo negoziato, che, ad ogni modo, durerà diversi anni. E’ evidente, infine, che, una volta conclusi i negoziati, il relativo trattato di adesione verrà sottoposto alla ratifica degli Stati membri secondo le rispettive procedure costituzionali. Il governo italiano continuerà ad impegnarsi nella sua attività di stimolo ed incoraggiamento al rigoroso rispetto da parte di Ankara dei criteri di Copenaghen in un’ottica che confermi l’irreversibilità del processo riformatore intrapreso. Tali prospettive ci appaiono ragionevoli in alcune recenti proposte della Commissione volte ad inserire in tutti i futuri negoziati la possibilità di sospendere in qualsiasi momento i negoziati nell’ipotesi di violazione dei criteri di Copenaghen e di procedere alla chiusura dei singoli capitoli negoziali solo dopo avere verificato l’effettiva attuazione da parte del Paese candidato degli impegni assunti. Paese che fa parte della NATO e che finora ha costituito, al di là della possibile, eventuale o futura adesione all’Unità Europea, uno dei capisaldi (sic!) per frenare l’integralismo e il fondamentalismo islamico e quindi uno di quei Paesi musulmani che più hanno contribuito a stabilizzare la regione e anche a rendere fattiva e vincente la sfida del terrorismo fondamentalista”.
Gibelli ha replicato: “L’Europa non può essere un ‘Europa di tecnocrati che si riferiscono esclusivamente al codice penale. L’Europa deve diventare una comunità identitaria, dove vi è una cultura di riferimento, e la Turchia non è un Paese di tradizione laico-cristiana. Quattro ragazze turche sono annegate e i propri compagni di scuola non le hanno salvate perché rischiavano di essere contaminati. Questo è un fatto culturale. Le persecuzioni di oggi, non di 1400 anni fa, alle minoranze cristiano-ortodosse e cristiano-armene in Turchia sono un fatto politico-culturale, non sono un fatto affidato ai codici penali di questi Paesi. Debbo constatare che l’Europa non vuole essere una comunità composta da Stati che identificano un perimetro culturale definito e mi spiace che dopo 500 anni dalla battaglia di Lepanto il primo Paese d’Europa (per popolazione: 70 milioni) sarà la Turchia con questo ingresso, e vi è il rischio che l’Europa diventi un’appendice della penisola anatolica compiendo ciò che non è successo nel 1571. Bisogna sottoporre il giudizio al popolo, al referendum. Giscard d’Estaing ha detto che con l’ingresso della Turchia in Europa sarà la fine del continente e la CDU tedesca ha individuato un’altra strada. Il nostro Paese sta compiendo un errore storico e sarà la gente attraverso il referendum a decidere se la Turchia entrerà nella Comunità Europea”.
Gibelli ha omesso di dire che proprio la richiesta europea di riduzione del ruolo dei militari, insieme con il riconoscimento dei “diritti culturali” delle minoranze etniche, in cui si annidano le spinte verso l’integralismo religioso, è la premessa di un rafforzamento dell’islamismo nello Stato turco, la cui costituzione laica, voluta da Kemal Ataturk, che vietò il velo negli uffici pubblici, è stata garantita proprio dai militari. Una democrazia non controllata dai militari, come dimostra l’Algeria, sarebbe lo strumento per la trasformazione della Turchia in una repubblica islamica, secondo le leggi della shari’a (o legge coranica). Non esistono dunque in Turchia le condizioni storiche di una democrazia fondata sui principi di uno Stato laico senza il controllo dei militari. E pertanto non esistono le condizioni di un suo ingresso nell’Unione Europea. La cultura islamica, con i suoi relativi costumi, è più forte di una Costituzione laica, non sufficiente ad arginare le credenze religiose dell’Islam. E l’islamismo turco sarebbe il ponte di ingresso in Europa dell’islamismo internazionale.
4 Si noti come nella cultura europea del disarmo intellettuale il termine “crociate” abbia un significato negativo. Come se le crociate non avessero avuto il compito di riacquisire all’Occidente le terre invase dagli arabi. Con totale insipienza l’Europa e gli Stati Uniti, pur senza averne titolo, hanno bombardato la Serbia che, bastione storico contro l’islamismo, non voleva che una sua regione, il Kossovo, diventasse indipendente nelle mani degli islamici albanesi, a favore dei quali si è mossa l’insipienza sconsiderata dell’allora segretaria di Stato americana, che aveva arbitrariamente, non avendone titolo, promesso l’indipendenza al Kosoovo. Da qui la giusta reazione della Serbia Gli islamici europei sono un nemico interno dell’Europa, sentendosi piuttosto islamici che europei. Essi sono il ponte in Europa dell’islamismo internazionale finanziato dall’Arabia saudita.
5 Democrazia in America (1835-40), in Scritti politici (a cura di N. Matteucci), Utet 1968-69, pp.340-4). Cfr. anche Giuseppe Bedeschi (a cura di), Il pensiero politico di Tocqueville, Laterza 1996.
6 Per la pace perpetua. Un progetto filosofico (1795),sez. II, Secondo articolo (a cura di Nicolao Merker, Editori Riuniti 1985, pp. 3-42). Cfr. anche Giuseppe Bedeschi (a cura di), Il pensiero politico di Kant, Laterza 1994.
7 E’ stato obiettato che l’argomento di Kant è debole (G. Bedeschi, op. cit. p. 68) perché, come osservava Hegel (Lineamenti di filosofia del diritto, par. 333) una federazione di popoli mancante di potere coattivo non potrebbe sussistere. Ma si può osservare che il potere non è coatto quando dipenda da una libera adesione dei popoli, e non degli Stati, cioè delle loro burocrazie, che sopprimono le libertà dei singoli popoli producendo all’interno della federazione una sorta di dispotismo o della alleanza degli Stati deboli, se più popolosi, o di quella degli Stati economicamente forti facendo prevalere i loro interessi. In ogni caso si riprodurrebbero in maggior grado le differenze economiche presenti all’interno di uno Stato.
8 Ibid., I supplem. Garanzia della pace perpetua.

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