Zettel.2 - Nulla
Prof. Ferraris (maurizio.ferraris@unito.it)
Le scrivo una lettera saggio. Non so se avrà la pazienza di leggerla sino alla fine. Se l'avrò annoiata mi scuserò con la frase del Manzoni (a chiusura de I promessi sposi): non si è fatto apposta.
Nella mia insonnia ho ascoltato
lei ed altri parlare del nulla in Heidegger nella trasmissione
ZETTEL. (Dica a Mario De Caro di stare attento all'uso del
congiuntivo. Ha detto: è più probabile che vinco
(invece di vinca) io alla lotteria o milioni di persone? Possibile
che si sia ammazzato il congiuntivo anche da parte di chi non
dovrebbe mai incorrere in simili errori?).
Nello stesso mio testo ho scritto di lei:
Recensione di un mio inedito, ancora da rifinire. L'editore sta aspettando. Il sottotitolo é: Sette giudici uccisi in sette giorni.
E' strano che in contrapposizione a Heidegger sia stata riportata
la famosa argomentazione in contrario di Carnap, mentre ha taciuto
della "soluzione" identica già data da Platone, su cui se, non
ricordo male (ho controllato i suoi ultimi corsi) ha tenuto
lezione in riferimento al Sofista e dopo (o l'anno precedente?)
sul Teeteto. Il non-essere come essere diverso in Platone, che
riconosceva di avere commesso un "parricidio" nei confronti del
"venerando e terribile" Parmenide. Ma non è una soluzione. Rimane
sempre la domanda di Parmenide: perché l'essere piuttosto che il
nulla? Parmenide: il nulla non può essere nemmeno pensato perché
il pensiero è pensiero dell'essere. Ma nemmeno questa risposta è
convincente. Infatti bisogna chiarire che cosa si intenda per
essere. Se per essere si intende l'universo nessuna spiegazione
teologica che faccia riferimento alla creazione dal nulla è
accettabile. Anche per S. Tomaso, sa bene, la creazione dal nulla
era solo una verità di fede. Leibniz ha scritto che, essendo Dio
il luogo di tutti i mondi possibili, non sarebbe stato Dio se non
ne avesse creato uno come il migliore mondo COMPOSSIBILE tra tutti
i mondi possibili (perché non tutti i possibili sono
compossibili). E della compossibilità leibniziana ci si dimentica.
Ma, a parte ciò, il cervellone Leibniz non si accorse che in
questo modo era costretto ad ammettere la coeternità di Dio e del
mondo pur essendo egli cristiano. Se infatti lasciamo perdere la
creazione dal nulla rimane la "soluzione"di Platone e di Plotino:
la coeternità di Dio (demiurgo in Platone e Uno-Intelletto-Anima
del mondo in Plotino) e della materia. Ma allora Dio è qualcosa in
più, non necessario se trascendente. Se è immanente si cade nel
panteismo che è l'altra faccia dell'ateismo. Come quello di Hegel,
che all'inizio della Scienza della logica scrive che non
si ha il tempo di alzare un dito che il nulla si è trasferito
nell'essere e non si ha il tempo di abbassarlo che l'essere si è
ritrasferito nel nulla. Da cui il divenire come risultato della
dialettica tra essere e nulla. Puri giochi linguistici che dicono
NULLA. Se, invece, per nulla si intende, non l'universo nella sua
materialità, ma la vita, allora ha ragione Heidegger. Per
chi muore è come se il mondo si annientasse. Ho
scritto alla fine del prologo di un mio libro, parafrasando Kant:
il cielo stellato sopra di me, la legge del nulla dentro
di me, il nulla del mondo dopo di me.
Fatta questa premessa, io sono giunto ad un'età in cui si incomincia a vivere nel nulla. Andato in
pensione nel 2009 come professore di storia della filosofia nella
Facoltà di Scienze della formazione di Cagliari mi sono accorto
che tutto ciò che ho studiato mi è servito a NULLA. Sono preda da
alcuni anni del senso del NON SENSO DELLA VITA. Forse lei non può
avere ancora questo senso perché non ha ancora l'età giusta per
averlo. Se mi avessero offerto un contratto per continuare ad
insegnare dopo la pensione avrei rifiutato. Anche se, stando tra i
giovani, forse non avrei sentito così pesantemente la presenza
incombente del nulla. Ho provato con gli antidepressivi e sono
peggiorato. Li ho buttati. Io non sono depresso. Sono addolorato
per essere nato. E contro questo dolore non esiste cura.
Un'angoscia del nulla che covava sempre sotto le ceneri, sino a
costringermi a dire una volta a mio padre: come ti sei permesso di
farmi nascere senza prima chiedermi il permesso? E per coerenza
non ho voluto figli per non far nascere altri condannati a morte.
Si abolisca il non senso della frase che dice che si nasce
dall'amore. Io ho scritto (in IO NON VOLEVO NASCERE) che si nasce
per sbaglio o per egoismo dei genitori, che vogliono sottrarsi
all'inconscio del non senso della vita creandosi delle
responsabilità nei riguardi dei figli con l'illusione di
sopravvivere in essi. E così continua la corsa a staffetta con la
consegna ai figli del testimone della morte, cioè del nulla. Sono
per gli animali non umani, ho scritto, la vita ha un senso perché
non si pongono la domanda: che senso ha la vita? Heidegger
distinse tra morire e perire. Morior ha dentro di sé il suo
contrario (orior). Gli animali, dice Heidegger, non muoiono, ma
per periscono perché la loro vita è un per-ire, un andare per
senza dover pro- gettare (porre di fronte a sé) la vita. Non mi
consola il secondo Heidegger in cui l'uomo, ma non nella sua
individualità, appare non un ente casuale ma un ente necessario
per mezzo del quale l'essere si rivela a se stesso ed è
considerato custode dell'essere, nel gioco a nascondino (dico io)
dell'essere che si rivela sempre parzialmente nascondendosi
contemporaneamente. E il nulla diventa non più un nulla assoluto
(quello dell'uomo) ma un nulla relativo come conoscenza sempre
parziale dell'essere nel suo disvelarsi storico. Baggianate
metafisiche.
Rimane da riflettere su una frase di Ludwig
Buchner (Forza e materia): è più angosciante il pensiero
del nulla o non è più angosciante il pensiero che, divenendo
immortali, non possiamo più morire? (ho citato a memoria). Forse è
spaventosa anche un'eternità di spirito a cui non ci si può
sottrarre. D'altronde, un aldilà di soli spiriti umani mi
ripugnerebbe. Non potrei più ritrovare i miei più grandi affetti
che sono stati i miei cani e gatti, e sarebbe una grave
ingiustizia per tutti gli animali su cui si è esercitata la
crudeltà umana, pur essendo gli animali non umani gli unici veri
innocenti della Terra anche quando sono predatori. E come
giustificare l'immortalità della sola specie umana data
l'evoluzione biologica da una comune forma di vita? I teologi su
questo punto si sono recentemente arrampicati sugli specchi. Ho
trattato anche di questo argomento in due miei libri. Leibniz,
evoluzionista, con una delle sue tante fantasie teologiche, ha
scritto che l'anima immortale fu infusa da Dio alla specie umana
quand'era giunta ad un certo grado dell'evoluzione del cervello.
Sapeva che questa fu anche la soluzione data da Alfred Russel Wallace,
corrispondente di Darwin e coscopriotore (autonomamente, come gli
riconobbe lo stesso Darwin) dell'evoluzione naturale fondata sulla
selezione naturale? Ma Wallace pensò che sulla base dei piccoli
mutamenti graduali postulati da Darwin non si giustificasse una
evoluzione così relativamente rapida del cervello umano. E così
fece intervenire Dio. Ma non era ancora sviluppata la
paleontologia perché Wallace potesse sapere dell'esistenza
dell'homo erectus convissuto per centinaia di migliaia di anni con
l'homo sapiens, derivante dall'erectus. Anche l'homo erectus aveva
l'anima immortale? Comunque, Darwin scrisse a Wallace: tu hai
ucciso il nostro comune figlio. Dopo di che Wallace si diede allo
spiritismo. Praticarono lo spiritismo anche filosofi come il
pragmatista William James e lo spiritualista Henri Bergson. Oltre
a scienziati come sir Oliver Lodge.
E a che serve credere nella reincarnazione se non si ha memoria
alcuna delle vite precedenti? Forse bisognerebbe approfondire i
racconti di quelli che, sottoposti ad ipnosi, sono capaci di
descrivere luoghi ed esperienze che non fanno parte della loro
vita ma risultanti veri alla verifica, oppure capaci di parlare
correttamente, in stato di ipnosi, lingue mai imparate. Se questo
fosse vero come si spiegherebbe?
Dopo l'andata in pensione ho continuato a scrivere ma
allontanandomi per sempre dai temi paludati del sapere accademico.
Già alla sua età avevo unito lo studio della filosofia con lo
studio della biologia evoluzionistica (con un libro di 518 pagine
sepolto nel quaderno n.43 degli Annali della Facoltà). Ne ho
ricavato la conclusione che è antiscientifica qualsiasi concezione
antropocentrica, riflettentesi anche nell'ambito del diritto. Da
qui la condanna di ogni concezione giuspositivistica (come quella
contraddittoria di Kelsen, di Croce e di Bobbio) che voglia
prescindere dall'evoluzione biologica da una comune origine di
tutte le forme di vita. Se non esiste il diritto naturale (che, in
analogia con il primo principio della dinamica, si può chiamare
anche "principio naturale della tendenza di ogni essere vivente ad
autoconservarsi in vita, se si vuole evitare il termine
antropomorfico "diritto") allora tutto diventa convenzionale e non
esistono nemmeno i diritti umani se non come pura convenzione.
Quando dico da una vita queste cose mi sembra di avere scoperto
l'acqua calda, ma pare che i filosofi siano ancora rimasti
all'acqua fredda. L'Occidente è vittima della cultura del
relativismo e pretende di parlare di diritti umani. MA SU CHE COSA
SIANO FONDATI questo non viene detto. Sulla dignità della persona
umana? Ma non facciamo ridere. Allora anche i peggiori criminali
della storia avrebbero una dignità umana? La dignità bisogna
meritarsela, non è iscritta nel DNA umano. Ecco subito la spia
dell'antropocentrismo. Il diritto naturale o è di tutte le specie
o è di nessuna. Questa è una conclusione terribile di cui non si
vuole prendere coscienza. Il predatore non uccide per crudeltà
come fa l'uomo, ma per motivi di sopravvivenza (cioè per il suo
diritto naturale all'autoconservazione). Io sono coerentemente
vegetariano dall'età di 10 anni perché, a parte la non necessità
di mangiare carne, non avrei mai il coraggio di uccidere l'animale
da mangiare. Legga o ripassi di Rousseau il Discorso
sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini
alle note V-VIII-XII, dove si rimarca la natura di animale
vegetariano dell'uomo. L'umanità vive tremendamente nell'ipocrisia
perché, se dovesse, almeno una volta nella vita, ricavarsi da sé
la bistecca in un mattatoio, molta umanità che adesso mangia
carne, diventerebbe vegetariana. E questo vale anche per lei se
mangia carne. E dunque che lezione di coerenza morale può dare
agli studenti nelle sue lezioni? Tenga presente che Platone, ogni
volta che dà la lista dei cibi agli ateniesi esclude sempre la
carne. Ora non ricordo precisamente in quale altro dialogo dia
lista oltre che nella Repubblica e nelle Leggi. I
neoplatonici Plutarco e Porfirio (non si sa se lo fosse Plotino,
maestro di Porfirio) erano vegetariani.
Da più di vent'anni leggo la Domenica de Il Sole24Ore, con tutti i
numeri conservati. Il resto del giornale non mi interessava e lo
buttavo e lo butto via. Perciò seguo da qualche anno i suoi
articoli. L'ho anche citata in un mio libro del 2006 perché
anch'io sono un realista come lei, sostenitore dell'oggettività
del mondo esterno. Le sedie (come lei ha scritto in un artocolo)
esistono indipendentemente dal fatto che vengano pensate.
Se avessi la speranza di una recensione sua o di altri le invierei i miei ultimi testi, ma senza fare richieste ad alcuno. Scoprirebbe comunque che ho demolito tutta la filosofia contemporanea. Salvo soltanto l'immaturamente scomparso Robert Nozick, ma solo in quanto autore di Anarchia, Stato e Utopia. Infatti fu coerente nel difendere i diritti degli animali in quanto sostenitore del diritto naturale quale fondamento dello Stato minimo e contro il convenzionalismo contraddittorio dell'immeritatamente più noto John Rawls. Tra gli italiani non risparmio nemmeno il concittadino Remo Bodei (ci conosciamo da quando eravamo studenti e passava l'estate a Cagliari pur studiando a Pisa). Il suo migliore libro rimane GEOMETRIA DELLE PASSIONI. E' senz'altro un pozzo di erudizione, dal pensiero brillante che affascina l'uditorio, ma sostanzialmente vuoto. E comunque, non si salva nemmeno lui dal relativismo, come risulta anche da un suo articolo compreso ne Il Sole24Ore del 3 aprile 2005 in occasione della morte di Giovanni Paolo II. Ho commentato questo articolo scrivendo in un mio libro:
Se avessi la speranza di una recensione sua o di altri le invierei i miei ultimi testi, ma senza fare richieste ad alcuno. Scoprirebbe comunque che ho demolito tutta la filosofia contemporanea. Salvo soltanto l'immaturamente scomparso Robert Nozick, ma solo in quanto autore di Anarchia, Stato e Utopia. Infatti fu coerente nel difendere i diritti degli animali in quanto sostenitore del diritto naturale quale fondamento dello Stato minimo e contro il convenzionalismo contraddittorio dell'immeritatamente più noto John Rawls. Tra gli italiani non risparmio nemmeno il concittadino Remo Bodei (ci conosciamo da quando eravamo studenti e passava l'estate a Cagliari pur studiando a Pisa). Il suo migliore libro rimane GEOMETRIA DELLE PASSIONI. E' senz'altro un pozzo di erudizione, dal pensiero brillante che affascina l'uditorio, ma sostanzialmente vuoto. E comunque, non si salva nemmeno lui dal relativismo, come risulta anche da un suo articolo compreso ne Il Sole24Ore del 3 aprile 2005 in occasione della morte di Giovanni Paolo II. Ho commentato questo articolo scrivendo in un mio libro:
Bodei, volendo sottrarre i
valori al relativismo, sa offrire una medicina che è peggiore
del male che vorrebbe guarire. Infatti scrive: “tutti i valori
poggiano su scelte
di fondo oscure o, in ultima istanza, indecidibili in maniera
assoluta, ma sentiamo di doverne propugnare alcuni contro
altri, non perché fondati sul diritto naturale, su premesse
date, ma perché progettati. Non aiuta molto, nel combattere il
relativismo…il ricorso al ‘paradigama perduto’ della ‘natura
umana’, all’esistenza di leggi immutabili e oggettive, la cui
essenza rimane costante”. Secondo Bodei “un corpo di regole e
di leggi ha valore proprio perché esse non esistono
naturalmente, perché si deve plasmare un mondo che non c’è
ancora, dove la sofferenza e l’ingiustizia siano battute e le
opportunità di una vita migliore (le ‘capacità’ e i
‘funzionamenti, come li chiama Amarya Sen) siano
incrementate”.
Bodei non si rende conto delle banalità che ha scritto e della
contraddittorietà del voler trarre i valori morali da "scelte di
fondo oscure". Dunque anche i valori morali in cui egli crede
nascono dalle sue personali scelte di fondo oscure. Ognuno ha le
sue scelte di fondo oscure. E così si rimane nell'oscurità del
relativismo. Il fatto è che anche Bodei non ha capito la lezione
di Max Weber della "lotta mortale tra valori morali", da cui si
può uscire solo con il diritto naturale non antropocentrico. Cosa
che per altro nemmeno Max Weber, da sociologo, potè mai
capire.
Nello stesso mio testo ho scritto di lei:
Giustamente Maurizio Ferraris1 ha rilevato che chi dice che
“la carità è meglio della metafisica – e di fatti questa tesi
è stata ribadita da uno dei maggiori (?)2 filosofi italiani
contemporanei, Gianni Vattimo, e, nella variante per cui la
solidarietà è meglio che l’oggettività – è la tesi che
costituisce da un quarto di secolo il cavallo di battaglia di
un famoso filosofo americano, Richard Rorty, che ora la
riespone in un confronto tra lui e Vattimo intitolato Il futuro della religione. Il titolo richiama un po’ il
saggio di Freud sulla religione L’avvenire di una
illusione.
Tuttavia per Vattimo e per Rorty il fatto che la religione
possa risultare illusoria non conta. Anzi, può costituire un
vantaggio, perché i postmoderni sono persuasi che
l’oggettività e la verità siano un male…e che la metafisica
…sia non solo una cosa vecchia, falsa, varia; ritengono che
sia cattiva, appunto perché mira all’oggettività, la quale è
dispotica e malvagia…E’ poco ma sicuro: non dipendono dai
soggetti gli oggetti fisici, visto che sarebbe una ben strana pretesa quella di
sostenere che la neve sul Monte Bianco dipende dalla nostra
volontà. Che le sedie siano tali solo per uomo e probabilmente
per un gatto e i tabernacoli solo per un uomo non significa
che le loro proprietà fisiche siano determinate da uomini o da
gatti. I postmoderni mascherano in po’ la cosa sostenendo che
gli oggetti fisici si riducono a particelle subatomiche, e
dunque sono il frutto di costrutti teorici degli scienziati,
ma è certo che questi postmoderni non sarebbero contenti
qualora le diagnosi dei loro medici si rivelassero semplici
costrutti teorici: c’è un livello mesoscopico in cui gli
oggetti sono proprio solidi e indipendenti, e magari una
diagnosi è giusta. …In secondo luogo, ci sono gli oggetti ideali. Non sono costituiti, nel
senso che le proprietà di un triangolo, del principio di non
contraddizione o di un’operazione aritmetica non dipendono in
alcun modo, quanto alla loro essenza, dalla costruzione di un
matematico…Poi ci sono gli oggetti sociali.. Diversamente dagli oggetti
fisici, non possiedono un essere indipendente dal fatto che
qualcuno creda che ci siano…Diversamente dagli oggetti ideali,
sono dotati di un inizio nel tempo…Questo non significa che
gli oggetti sociali siano dipendenti dalla mia volontà…Da
queste semplici distinzioni mi sembra che emergano due
considerazioni. Primo:‘la notte in cui tutte le vacche sono
nere’3 è, letteralmente, la notte
in cui tutti gli oggetti sono eguali; se Hegel ha a buon
diritto liquidato l’inconsistenza dell’assoluto di Schelling,
non si capisce perché, a duecento anni di distanza, dovremmo
continuare a bearci nel brodo primordiale di una generica
oggettività cattiva, da sostituirsi con una non meno
indistinta carità. Secondo: il modo migliore per congedarsi
dal brodo primordiale del postmoderno è riabilitare la
metafisica, e in particolare la teoria dell’oggetto, che ne è
il lato più utile, vario e attraente, mentre i postmoderni
sono convinti, con Nietzsche e Heidegger, che la metafisica
sia solo una teologia mascherata, da sostituirsi con una
religione del cuore…dei pregiudizi antimetafisici di tanti
filosofi del Novecento”.4
Appare, tuttavia, ben strana
la conclusione - che si può trarre dalle pur giuste
considerazioni di Ferraris - che anche le verità oggettive che
la conoscenza scientifica può ormai documentare di avere in
molti ambiti della conoscenza siano da considerarsi anch’esse
metafisica. Tranne che ci si metta d’accordo sul significato
dei termini e si voglia affermare che tutto ciò che non ricade
nel soggettivismo delle teorie filosofiche sia da ritenersi
metafisica. In realtà Ferraris ha mancato di rilevare la
solita contraddizione dei filosofi postmoderni, soggettivisti,
propagatori della filosofia del dialogo in quanto non vi
sarebbero verità oggettive: essi, contraddicendosi, sostengono
in realtà una verità assoluta nel negare che non esistano
verità oggettive. E chi si contraddice è meglio che taccia per
sempre.
2 Punto interrogativo nostro. Che
Attimo sia uno dei maggiori filosofi dipende secondo
noi dal suo frequente apparire alla Tv e dall’essere
un opinionista su un quotidiano, oltre che dal suo
impegno politico come europarlamentare, non dai suoi
meriti filosofici.
3 Si tratta della nota espressione
impiegata da Hegel nella prefazione della Fenomenologia
dello Spirito, in cui,
riferendosi a Schelling, pur senza nominarlo, aveva
paragonato l’Assoluto (sintesi di natura e spirito)
di Schelling ad una notte in cui tutte le vacche
sono bigie, per evidenziare la mancanza della
distinzione tra natura e spirito in Schelling.
4 M. Ferraris si riferisce ai recenti
testi di Fréderic Nef, Qu’est-ce
que la métaphysique (Gallimard,
Paris 2004, pagg. 1.042) e L’objet
quelconque. Recherche sur l’ontologie de l’objet, Vrin, Paris
1998, pagg. 344.
Nel mese di febbraio del 2011 il cardinale Ravasi ha pubblicato
interamente una mia lunga lettera (insieme ad altre lettere)
dandole lui il titolo: Anche le formiche nel loro piccolo hanno
un'anima (per altro immortale)". Ha voluto scherzare? Perché se
non avesse scherzato, come ho scritto nel forum Animali e dintorni
del Corriere della sera, vi è da augurarsi che venga eletto papa.
Se fossi riuscito ad uscire dall'anonimato affacciandomi a qualche importante giornale forse avrei sentito meno il peso della mia nullità, avente come fondamento il nulla. Ma quale giornale avrebbe accettato una mia collaborazione se sono un dissacratore spietato dell'ipocrisia di quasi tutta l'umanità? Eppure vi sono molti opinionisti che godono di una immeritata notorietà. Ho lasciato inedito, sebbene già compiuto, quello che accademicamente sarebbe stato il mio libro più importante (avevo già un contratto con l'editore Franco Angeli): GEOMETRIA DEL DIRITTO NATURALE. LA MORALE COME OBLIO DELLA GIUSTIZIA . DALL'ANTICHITA' AD OGGI (900 pagine). Non ero convinto di avere capito bene la dottrina delle idee di Platone (non essendo Platone un autore sistematico), e quando finalmente l'ho capita nel suo dipanarsi ed evolversi dalla Repubblica al Sofista e al Timeo, sono stato distratto da altri interessi (lo studio dell'esegesi dell'Antico Testamento). E così il libro è rimasto inedito.
Si è detto spesso che la filosofia è morta. Certamente è morta, anche quella che sembra essere viva come quella dello zombie Emanuele Severino con la sua teoria dell'eternità degli enti (andando oltre l'eternità dell'essere parmenideo) e del suo continuo ripetere da tutta una vita la cantilena che il divenire non esiste perché sarebbe un provenire dal nulla per tornare nel nulla. Eppure uno che ha sempre scritto queste allucinazioni ha fatto per tanti anni l'opinionista su importanti giornali (soprattutto nel Corriere della sera), giungendo a ritenere solo apparente l'evoluzione biologica, e giungendo a porsi (in Gli abitatori del tempo) contro scienziati come Lorenz, Monod e Jacob.
E che dire di Massimo Cacciari che, avendo iniziato a scrivere da marxista (Krisis) ha finito con il fare il teologo pretendendo di conoscere la vera natura di Dio andando oltre la teologia negativa in Della cosa ultima? Un testo dal linguaggio lussureggiante, su cui mi sono rotto la testa e che serve solo a coprire le sue allucinazioni da sveglio. Di Cacciari ho scritto tra altre cose:
Se fossi riuscito ad uscire dall'anonimato affacciandomi a qualche importante giornale forse avrei sentito meno il peso della mia nullità, avente come fondamento il nulla. Ma quale giornale avrebbe accettato una mia collaborazione se sono un dissacratore spietato dell'ipocrisia di quasi tutta l'umanità? Eppure vi sono molti opinionisti che godono di una immeritata notorietà. Ho lasciato inedito, sebbene già compiuto, quello che accademicamente sarebbe stato il mio libro più importante (avevo già un contratto con l'editore Franco Angeli): GEOMETRIA DEL DIRITTO NATURALE. LA MORALE COME OBLIO DELLA GIUSTIZIA . DALL'ANTICHITA' AD OGGI (900 pagine). Non ero convinto di avere capito bene la dottrina delle idee di Platone (non essendo Platone un autore sistematico), e quando finalmente l'ho capita nel suo dipanarsi ed evolversi dalla Repubblica al Sofista e al Timeo, sono stato distratto da altri interessi (lo studio dell'esegesi dell'Antico Testamento). E così il libro è rimasto inedito.
Si è detto spesso che la filosofia è morta. Certamente è morta, anche quella che sembra essere viva come quella dello zombie Emanuele Severino con la sua teoria dell'eternità degli enti (andando oltre l'eternità dell'essere parmenideo) e del suo continuo ripetere da tutta una vita la cantilena che il divenire non esiste perché sarebbe un provenire dal nulla per tornare nel nulla. Eppure uno che ha sempre scritto queste allucinazioni ha fatto per tanti anni l'opinionista su importanti giornali (soprattutto nel Corriere della sera), giungendo a ritenere solo apparente l'evoluzione biologica, e giungendo a porsi (in Gli abitatori del tempo) contro scienziati come Lorenz, Monod e Jacob.
E che dire di Massimo Cacciari che, avendo iniziato a scrivere da marxista (Krisis) ha finito con il fare il teologo pretendendo di conoscere la vera natura di Dio andando oltre la teologia negativa in Della cosa ultima? Un testo dal linguaggio lussureggiante, su cui mi sono rotto la testa e che serve solo a coprire le sue allucinazioni da sveglio. Di Cacciari ho scritto tra altre cose:
"Con
il suo solito linguaggio esoterico, che vorrebbe essere
espressione
di profondità, e che, in realtà, serve soltanto a
mascherare una totale artificiosità di argomentazioni vuote di
contenuto scientifico e ricche di affermazioni oniriche,
Cacciari
espone soltanto le escrescenze di una simbiosi tra
neoplatonismo,
esegesi biblica, cristianesimo, hegelismo e analisi del
secondo
Heidegger, pretendendo di rispondere filosoficamente, invece
che
scientificamente, alla domanda sull’inizio del mondo per
trovare in
esso le radici della libertà umana".
Certamente la filosofia è morta se pretende di andare oltre i
limiti della conoscenza sperimentale. Dico sperimentale, e non
scientifica, perché non tutto ciò che è sperimentabile può essere
spiegato scientificamente.
Io non volevo nascere. Un mondo senza certezze ... - Recensioni Libri
2
voti
11/apr/2011 – Io non
volevo nascere, volume di critica e di denuncia di Pietro
Melis le cui pagine scientifiche e filosofiche si uniscono e si
intrecciano con ...-
Pagine di libri - Saggistica
www.paginedilibri.com/saggistica.htmDISOBBEDIENZA CIVILE di Henry David Thoreau. Diventare genitori in Italia di Rossano Astremo e Maria Carrano. IO NON VOLEVO NASCERE di Pietro Melis ..
Addio a Dio con interventi del professor Pietro Melis - Recensioni ...
www.recensionilibrarie.com/.../addio-a-dio-con-interventi-del-profes...
23.07.2012 07:35. Addio a Dio”
Dialogo con Dio chiedente perdono. Autore Pietro Melis,
edizioni Zona, pagine 112, euro 13,00. Il prof. Melis nelle
vesti di Ivan ...Pietro Melis: Addio a Dio e Scontro tra culture - Recensioni Libri
www.recensionilibri.org/.../pietro-melis-addio-a-dio-e-scontro-tra-cul...
25/feb/2013 – Il bisogno
d'appagare un'azione tesa alla verità filosofica. È il comune
denominatore di Addio a Dio e Scontro tra culture e
metacultura ... Recensione di un mio inedito, ancora da rifinire. L'editore sta aspettando. Il sottotitolo é: Sette giudici uccisi in sette giorni.
Volevo umilmente lasciare un mio contributo sull'infinita questione dell'essere e del divenire ...
RispondiEliminaFosse anche una stupidaggine, la ringrazio per l'attenzione.
http://cronachebabilonesi.blogspot.it/2011/11/essere-e-divenire.html
Sulla forma: il congiuntivo mancato di De Caro non è un cappio al collo, dopo il che posso benissimo usare l'indicativo se voglio enfatizzare il carattere di realtà del mio enunciato, prevalente rispetto a quello di eventualità/possibilità. Non è un OBBLIGO, per quanto l'ossessione tutta italiana a iper-correggere voglia far credere.
RispondiEliminaSul contenuto:Non capisco perchè l'assunto di Bodei debba risultarle "banale" sol perchè afferma che tutti i valori poggiano su "scelte oscure" (dal che mi pare risultino importantissime conseguenze che non sto a trattare). A me la banalità ritrita sembra più la Sua quando dice che chi afferma il relativo principio che non esistono verità assolute si contraddice perchè afferma con ciò egli stesso che bla bla bla. E' un ritornello che conosciamo.
Non rispondo più di tanto a chi scrive anonimamente e non ha il coraggio di metterci la faccia. Posso avere solo il dubbio che sia lo stesso Ferraris. Allora non si accorge di essersi contraddetto nel suo sostenere il realismo, mentre i valori morali non esistono. Sono un'invenzione umana. Se non l'ha capito peggio per lui. Significa che non merita nemmeno di fare l'editorialista sul Sole24Ore. Chi si contraddice è meglio che taccia per sempre. Il ritornello è quello di coloro che sino alla nausea vanno predicando di valori morali, che sono sempre culturali,dipendenti da diverse tradizioni storiche. Più si è culturali e più si rimane nel relativismo.
RispondiEliminaQuanto al congiuntivo è evidente che chi ha obiettato il contrario non ha studiato il latino o l'ha dimenticato.Il latino è molto più logico e rigoroso dell'italiano. Il latino è un esrcizio severo di logica. Ed è dal latino che bisogna trarre l'uso corretto del congiuntivo. Dire "credo che tu sei"(invece di "credo che tu sia" è un orrore anche per l'orecchio bene educato.
Caro professore Melis, le assicuro che il divino Plotino era vegetariano, lo si può evincere dall'introduzione "sull'astinenza dagli essere animati " e da "vita di Plotino" dell'altrettanto divino Porfirio.
RispondiEliminaNon mi risulta dalla lettura delle Enneadi né dalla biografia di Plotino scritta da Porfirio che Plotino fosse vegetariano. Se lei è sicuro di ciò che dice mi citi un passo delle Enneadi da cui si deduca che Plotino fosse vegetariano. Plotino giustificava l'esistenza del male come Platone, in quanto causato dalla materia. D'altra parte la morte era un preludio per la reincarnazione, non solo degli uomini. "Prima si muore e prima ci si reincarna", ha scritto Plotino. Vegetariano era il suo allievo Porfirio.
RispondiEliminaIl titolo dell'opera di Porfirio non è "Dell'astinenza dagli esseri animati" ma "De abstinentia carnibus", cioè "Dell'astinenza dalle carni".
Scusi il ritardo per la risposta, avevo il pc fuori uso.L'astinenza delle carni di Porfirio è stata scritta appunto per far rinsavire Castricio Firmo, discepolo come Porfirio del divino Plotino,che alla morte del maestro aveva abbandonato la regola del vegetarianesimo.Nella vita di Plotino, sta riportato ,vado a memoria,(Plotino)non ha abbondanato l'astinenza dalle carni nemmeno quando era malato.Pure Proclo si asteneva dalle carni, come riportato nella vita del divino Proclo di Marino di Neapolis (in palestina).
RispondiElimina