martedì 4 marzo 2014

EINSTEIN E L'UNIVERSO . DAL MODELLO DELL'UNIVERSO STAZIONARIO AL MODELLO DELL'UNIVERSO IN ESPANSIONE

Dal mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica
Se la filosofia oggi vuole riacquistare un compito nella società, essa lo può avere soltanto mettendosi in sintonia con una conoscenza scientifica del mondo, sapendo che esiste un unico linguaggio, quello scientifico, che ci possa mettere in comunicazione con la verità, chiudendo per sempre il discorso sui valori morali, che possono riguardare soltanto la virtù intesa come perfezionamento personale, per porsi in una prospettiva che non sia più antropocentrica, e riprendendo il discorso sui contenuti del diritto naturale. Gli altri discorsi nascono soltanto dalla paura del non senso della vita. La filosofia potrà ancora continuare a cercare di dare un senso alla vita costruendo “poemi” metafisici o alleandosi con credenze religiose. Ma rimarranno sempre gli interrogativi “perché l’essere piuttosto che il nulla?”, “l’universo nella sua attuale fase di espansione ha avuto un inizio assoluto, e perciò avrà una fine, oppure non esiste un inizio assoluto?”. E’ difficile pensare che la scienza un giorno possa rispondere con certezza a quest’ultima domanda. I modelli cosmologici, fondati sulla relatività generale di Einstein, come si è visto, propendono oggi per la maggior parte a favore di una successiva fase di contrazione dell’universo, dopo che si è scoperta recentemente l’esistenza di una materia oscura, la cui quantità è assai maggiore di quella visibile. Essa giustificherebbe la possibilità di una inversione dell’espansione per il prevalere della forza di gravitazione dovuta alla presenza della materia oscura dopo l’esaurimento della forza di espansione. Pertanto non si può ritenere che la risposta alla domanda circa l’origine dell’universo possa provenire da un linguaggio “ispirato”. Soltanto coloro che non sono capaci di porsi le domande che sono ai confini della conoscenza, o perché vivono nella banalità quotidiana o perché si affidano alla religione per non cadere nella disperazione, possono dichiararsi contenti di essere nati.

Le verità sul mondo non si guadagnano con l’arroganza o con la presunzione dei linguaggi “ispirati”, compresi quelli di molta filosofia, ma con l’umile e faticosa ricerca della conoscenza scientifica, al di là della quale nascono i conflitti morali e mortali delle soggettive visioni del mondo.

Ciò bisogna tenere per certo e di ciò bisogna accontentarsi, perché ognuno soltanto dopo la propria morte potrebbe dimostrare, ma solo a se stesso, il contrario, non potendo pretendere di condizionare la vita degli altri sulla base di ciò che non è provabile...
Nell’interpretazione di Popper la relatività di Einstein avrebbe falsificato la meccanica di Newton,1 mentre, al contrario, lo stesso Einstein aveva spiegato perché essa, rispetto alla relatività, dovesse essere concepita come verità parziale, valida nei limiti in cui “il moto della materia che genera il campo gravitazionale è lento in confronto alla velocità di propagazione della luce”,2 considerata nell’universo come velocità limite, di modo che “gli elementi della teoria di Newton sono passati nella teoria della relatività generalizzata”.3 Inoltre Popper ha mancato di rilevare che Einstein considerò la stessa relatività ristretta valida parzialmente “per regioni quadridimensionali infinitamente piccole…in modo tale che non vi sia alcun campo gravitazionale”,4 con la conseguenza che “la metrica della teoria della relatività ristretta per i piccoli campi può pretendere di essere ancora valida nel caso generale”.5 La teoria della relatività ristretta, riguardante i moti inerziali, veniva, in tal modo, a far parte della teoria più ampia della relatività generale, riguardante anche i campi gravitazionali, in base “all’eguaglianza numerica, constatata dall’esperienza, della massa inerte e della massa pesante dei corpi, fatto fondamentale al quale la meccanica classica non aveva dato alcuna interpretazione”.6 Data l’equivalenza delle masse inerti e di quelle pesanti, cioè di un sistema di coordinate inerziale e del campo gravitazionale, “tutti i movimenti si producono analogalmente a quanto avviene in assenza di un campo di gravitazione uniforme”.7 L’equivalenza dei sistemi di riferimento della relatività ristretta veniva estesa al campo gravitazionale.

Einstein non ha mai considerato la relatività, ristretta e generale, come una congettura. Al contrario, nella relatività ristretta, per esempio, la quarta dimensione del tempo, che forma un continuo indivisibile con lo spazio, si dilata, cioè rallenta fisicamente, anche nei processi biologici, e non soggettivamente, in misura direttamente proporzionale alla velocità con cui si muove un osservatore, che, misurando la durata di un evento sul sistema in movimento di cui fa parte, otterrà un valore diverso rispetto a quello superiore misurato da un osservatore esterno in quiete che misuri la durata dello stesso evento. Per quest’ultimo il tempo dello stesso evento risulta fisicamente, e non soggettivamente, maggiore.8 Pertanto “lo spazio a quattro dimensioni (comprendente cioè il tempo) è altrettanto rigido e assoluto quanto lo spazio di Newton”.9 Conseguentemente la mancanza di una simultaneità assoluta non è una costruzione del pensiero che renda soggettivo il tempo, ma una teoria che ha “un massimo di contenuto sperimentale”.10

Ha scritto Einstein: “Se le leggi naturali che servono di base alle costruzioni del pensiero del fisico teorico hanno la pretesa di essere valide per tutti gli avvenimenti di deduzioni rigorosamente logiche, si dovrebbe giungere a dare un’immagine rigorosamente esatta, vale a dire una teoria, dei fenomeni naturali, ivi compresi quelli della vita…Non si rinuncia interamente e per principio all’interezza dell’immagine fisica del mondo”.11 “La natura è la realizzazione di tutto ciò che si può immaginare di più matematicamente semplice. Sono persuaso che la costruzione puramente matematica ci permette di scoprire questi concetti che ci danno la chiave per comprendere i fenomeni naturali e i principi che li legano fra loro…Credo ancora alla possibilità di un modello della realtà, vale a dire di una teoria che presenti le cose stesse e non soltanto la probabilità della loro apparizione”.12

Impiegando coerentemente il criterio di falsificabilità Popper non avrebbe potuto ritenere l’evoluzione biologica una teoria scientifica, pur nell’errata analogia che egli trovò tra il progresso delle teorie scientifiche e l’evoluzione naturale, interpretata antropomorficamente come procedimento per tentativi ed errori, su cui agirebbe la selezione naturale.13 Infatti l’evoluzione biologica non è più una congettura, ma, indipendentemente dall’interpretazione di essa, è ormai un fatto, e dunque non più falsificabile. Come non è più falsificabile il moto rotatorio della Terra dopo l’esperimento condotto da Foucault nel 1850 nel Pantheon di Parigi. Inoltre da una serie indefinita di non falsità o congetture (cioè di teorie valide in quanto provvisoriamente non falsificabili) non può dedursi, come pretende Popper, un’approssimazione migliore alla verità assoluta, anche se intesa come idea regolativa. Si può dire che Popper, interpretando falsamente il significato della legge di Newton e della relatività di Einstein, considerandole come congetture, ha interpretato anche tutta la storia della fisica come storia di congetture, con il risultato di falsificare il suo criterio di falsificabilità.14


1 Congetture e confutazioni, op. cit., p. 328. Cfr. inoltre La ricerca non ha fine, op. cit., p. 39 sgg.; I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza (razionalismo ed empirismo), 1979, Il Saggiatore1987, pp. XIX sgg.

2 A. Einstein, Come io vedo il mondo. La relatività generale, Newton 1993, p. 178. Il libro comprende il testo de La relatività generale, 1916 (pp. 113-185). Nella relatività ristretta la massa e il tempo subiscono un incremento dei loro valori proporzionalmente alla velocità della predetta massa.

3 Evoluzione della fisica: Kepler e Newton, in Come io vedo il mondo, op. cit., p. 49.

4 La relatività generale, in op. cit., p. 122.

5 Caratteri della teoria della relatività, in op. cit., p. 72.

6 Ibid., p. 71.

7 Origine della teoria della relatività generalizzata, in op. cit., p. 98.

8 Per lo stesso motivo per l’osservatore esterno in quiete la massa del corpo in movimento risulterà fisicamente maggiore e la lunghezza del corpo in movimento accorciata, mentre l’osservatore interno al sistema del corpo in movimento non può accorgersi della differenza se non confrontando i suoi dati con quelli dell’osservatore esterno.

9 Lo spazio, l’etere e il campo, in op. cit., p. 87.

10 Ibid.

11 La ricerca scientifica, in op. cit., p. 35.

12 La questione del metodo, in op. cit., pp. 44-47.

13 Conoscenza oggettiva (1972), Armando 1975. Cfr. sul tema le pp. 209-217; 341-76.

14 Da notare come molti filosofi, avendo soltanto orecchiato la relatività, senza averla mai studiata, ne abbiano travisato il significato deducendone il relativismo della conoscenza, ossia esattamente il contrario di ciò che significa la relatività di Einstein. Da ciò hanno tratto motivo, come M. Cacciari (Krisis, Feltrinelli 1976, p. 7), per asserire una “crisi del sistema classico, sia economico che fisico” , o per scrivere, come A. Gargani (nel volume collettivo Crisi della ragione, Einaudi 1979, p. 20), che “il modello classico della razionalità scientifica è stato messo in crisi” . In realtà si trattava della crisi della ragione di tali filosofi, causata dall’ignoranza in fatto di conoscenze scientifiche per il prevalere della filosofia alla moda del filone Nietzsche-Heidegger, cioè da una filosofia letteraria, unita al convenzionalismo della teoria dei giochi linguistici di Wittgenstein. 

Dal mio libro IO NON VOLEVO NASCERE

Eppure mi sono domandato sempre: se l’universo ha avuto origine dal Big Bang, vi è stata un’origine assoluta di esso. E allora scappa fuori Dio. Ma pare che non sia così se è valido il modello cosmologico di un universo che, giunto alla sua massima espansione, è destinato poi a contrarsi sino al Big Crunch (grande implosione), a cui segue un nuovo Big Bang. E così via per l’eternità. Tuttavia questo modello appare oggi in crisi dopo la scoperta dell’energia del vuoto, che pare porti ad una accelerazione della velocità della materia che si trova ai confini dell’universo visibile. Se così fosse rimarrebbe valida l’ipotesi del Big Bang, con la relativa domanda, che gli scienziati vogliono rimuovere perché ritenuta antiscientifica: e prima del Big Bang? Voi la potete rimuovere perché vi disturba. Ma la domanda rimane. Molti anni fa, avendo già fatto delle letture circa i modelli cosmologici, posi la stessa domanda alla nota astronoma Margherita Hack, che era venuta a Cagliari per una conferenza nell’allora Facoltà di Magistero, oggi Facoltà di Scienze della formazione, dove ho insegnato sino all'anno scorso storia della filosofia. Mi rispose che dal punto di vista scientifico la domanda non aveva senso. Le ribattei che in questo modo lei, pur atea, era costretta a porsi la domanda: e prima del Big Bang?

E tuttavia lo stesso Big Bang già nelle frazioni del suo primo secondo indicherebbe una casualità che escluderebbe un progetto finalistico.

Si consideri, in primo luogo, che è sperimentalmente dimostrata l'esistenza dell'antimateria, cioè di atomi aventi particelle di carica opposta nei suoi protoni, elettroni, sino ai quark. Nel primo secondo a partire dal Big Bang vi sarebbero state insieme la materia e l'antimateria. Poi, per cause che gli scienziati non sono ancora riusciti a spiegare, e forse non potranno mai spiegare, prevalse una certa quantità di materia in più rispetto all'antimateria, che avrebbe portato alla quasi scomparsa dell'antimateria, che ancora si riscontra nei raggi cosmici e negli esperimenti che vengono fatti sottoponendo le particelle ad alti energie. Non viene escluso dai cosmologici che, oltre l'universo esistano altri universi con galassie formate da antimateria, anche se ciò non è riscontrabile sperimentalmente perché l'eventuale collisione tra galassie di materia e di antimateria dovrebbe produrre il loro annichilimento con una produzione di energia così grande da rendere sperimentabile la sua propagazione sino all'universo visibile. Tutto ciò considerato, vi è da domandarsi se si possa considerare un “Dio che gioca ai dadi”, secondo una famosa espressione che Einstein attribuiva alla meccanica quantistica, fondata su leggi probabilistiche, che egli rifiutava, ritenendo che la meccanica quantistica fosse una rappresentazione provvisoria delle leggi che riguardano la fisica subatomica. Ma se l'universo visibile è nato dalla casuale prevalenza della materia sull'antimateria scappa fuori un Dio che gioca ai dadi, e lo stesso Big Bang perde la connotazione di un inizio assoluto, se questo ci conduce a pensare che esso comportasse un disegno prestabilito. Si sarebbe formata con l'antimateria una stella quale il sole con tutti i suoi pianeti, tra i quali la Terra? Dunque nemmeno il Big Bang, anche a prescindere dalla possibile esistenza di altri universi oltre quello visibile, può essere un forte appiglio per un inizio assoluto, se all'assolutezza si unisce la contingenza nella formazione delle galassie costituite casualmente di materia, e non di antimateria.

In secondo luogo, dal 1975 si è affacciato con Alan Guth il modello dell’universo inflazionario partendo dall’ipotesi che le quattro forze fondamentali (interazioni forti tra quark, deboli tra elettroni, elettromagnetiche e gravitazionali) fossero distinte all’origine del Big Bang e in frazioni di un secondo si siano fuse in modo diverso dando luogo a disomogeneità in diverse regioni che, non avendo all’inizio relazioni causali, avrebbero prodotto delle galassie come risultato di fluttuazioni casuali di densità della materia. La configurazione dell’universo è pertanto dovuta ad una casualità vincolata però da leggi fondamentali di interazione della materia. Vi sarebbero stati, dunque, tempi diversi (pur ridotti a frazioni di secondo) nella fusione delle quattro forze fondamentali, che sarebbero state soggette a fluttuazioni primordiali, che, se abbastanza forti, avrebbero dato luogo a regioni di maggiore densità della materia, da cui sarebbero sorte le galassie, mentre le fluttuazioni residue di energia sarebbero andate a riempire un falso vuoto, o “bolla”, che sarebbe all’origine dell’espansione attuale dell’universo. Se tale energia residua è superiore ad una certa densità, definita critica, della materia dell’universo, questo rimarrà in espansione, mentre, se è inferiore, l’universo è destinato a contrarsi per il prevalere della forza di gravitazione.1

“La materia di cui son fatti gli uomini e le stelle è il 5% della materia dell’universo. Un altro 25% è nella forma di “materia oscura”, che produce gravità ma che non possiamo vedere. Sembra che il 70% sia nella forma di “energia oscura” o “energia del vuoto”, misterioso tipo di materia che accelera l’espansione dell’universo, invece di frenarla, come fanno, invece, la materia primaria e la “materia oscura”.2

Il fisico Richard Feynman (Nobel 1965 per gli studi di elettromeccanica quantistica) affacciò l’ipotesi che l’universo abbia storie multiple e diverse. Anche secondo Stephen Hawking – a cui ingiustamente non è mai stato assegnato un Nobel nonostante i suoi studi sui buchi neri, che egli dimostrò non essere tali in quanto permettevano l’uscita di radiazioni – vi è la possibilità che l’universo sia la somma di innumerevoli universi, che, compresi tra quelli che erano possibili a partire dal Big Bang – momento della massima indeterminazione e della massima densità di energia – si sarebbero realizzati strutturandosi casualmente in galassie. Molti di essi, infatti non sono giunti alla formazione di galassie per esclusione delle condizioni atte a favorire lo sviluppo della vita, mentre altri, sempre casualmente – per diverse condizioni all’origine del Big Bang, e là dove la forza di espansione ha subito un rallentamento a causa della maggiore densità, e perciò della maggiore forza di gravitazione – hanno dato luogo alla formazione di galassie e alla probabile, non necessaria, formazione della vita in più di una galassia, con intelligenze aventi una forma diversa da quella umana. “Il genere umano non vanta certo ottimi precedenti in fatto di comportamento intelligente”.3 “Innumerevoli prove indicano che Dio è proprio uno che gioca a dadi”.4

Era stato il fisico russo Alexander Friedman (1885-1922) a ipotizzare, sulla base della relatività di Einstein, tre modelli di universo: 1) universo in espansione per eccesso della forza di espansione originata dal Big Bang rispetto alla gravità; 2) universo in espansione al limite della velocità di fuga rispetto alla forza di gravità, con velocità che rallenta senza mai annullarsi; 3) universo in contrazione per eccesso di forza di gravità. Nel secondo modello rientra quello di Einstein-De Sitter (1932).

In base alla legge di Hubble, che scoprì nel 1929 l’espansione dell’universo, le galassie si allontanano con una velocità proporzionale alla loro distanza dalla Terra. Velocità oggi misurata in 15 km al secondo per ogni milione di anni-luce di distanza, sì da arrivare a velocità distribuite tra 7000 e 20.000 km al secondo. Si era pensato che tale accelerazione dipendesse da una minore forza di gravitazione per densità minori causate dall’espansione. Ma dopo la recente scoperta della “materia oscura” e dell’opposta “energia del vuoto” – che ha sostituito la costante lambda (λ) introdotta da Einstein come forza repulsiva della materia per bilanciare quella di gravitazione ed impedire il collasso su se stesso dell’universo, che Einstein, prima della scoperta di Hubble, credeva fosse stazionario, per cui quello che egli definì il suo “grande errore” si tramutò in una vittoria - non si può escludere che la densità totale della materia possa far prevalere la forza di gravitazione sulla forza di espansione dell’“energia del vuoto” causando una successiva contrazione dell’universo. Il fisico Leon Lederman (Nobel 1988) – che identifica “l’energia del vuoto” con l’energia rilasciata dal Big Bang sotto forma di particelle e radiazione di fondo (campo di Higgs) – ha ripreso i modelli di Friedman alla luce del problema del calcolo della massa gravitazionale dell’universo, non escludendo il terzo modello e precisando che le leggi della fisica sono valide ancor prima del Big Bang. Tra i sostenitori del terzo modello vi erano, già prima della scoperta della materia oscura, l’astrofisico Thomas Gold e il fisico Steven Weinberg (Nobel 1978), statunitensi. L’astrofisico Efim S. Fradkin ritiene che la forza gravitazionale nella massima contrazione dell’universo possa spegnersi permettendo alle forze subnucleari di riprendersi la libertà e di espandersi evitando il collasso cosmico.

Hawking non aveva escluso il terzo modello prima di arrivare a considerare solo due modelli cosmologici, di cui il primo contempla un’espansione decrescente dell’universo, che non esclude – se la densità della materia supera una certa quantità critica – che le galassie comincino a convergere nel Big Crunch, in un’enorme implosione, mentre il secondo - se il valore della densità della materia è inferiore alla quantità critica - contempla la fine dell’universo per esaurimento dell’energia, con un conseguente spegnimento di tutte le stelle nell’allontanamento delle galassie.5. In una precedente opera6 Hawking non aveva escluso una gravitò con singolarità tali da impedire l’implosione finale. Egli aveva rinunciato a questa soluzione perché avrebbe comportato un’inversione del tempo anche nei fenomeni microscopici. Ma James Hartle e Murray Gell-Mann (Nobel 1969) – a cui si deve la teoria dei quark, con la scelta del nome – rilevarono la presenza di processi microscopici che rallentavano in previsione dell’arrivo dell’inversione, non in contrasto, dunque, con la contrazione dell’universo.

Anche Antonino Zichichi non è contrario al modello dell’universo oscillante tra espansione e contrazione. Egli ha scritto: “Tra 50 miliardi di anni (forse), raggiunto il massimo di espansione, avrà inizio la compressione che si concluderà con il collasso gravitazionale. E poi? Niente. Nessuno può fare previsioni”.7 Ma poi Zichichi cita l’astrofisico Efim S. Fradkin, secondo il quale la carica gravitazionale nella fase di contrazione si spegnerebbe evitando il collasso gravitazionale. Allora si giustificherebbe una serie illimitata di espansioni cosmiche. Il cattolico Zichichi avrebbe dovuto capire che in questo modo si manderebbe Dio in soffitta.

Ma pare che anche la teoria del Big Bang sia oggi superabile, perché incomincia a farsi strada tra i cosmologici l’idea che il Big Bang sia soltanto un episodio marginale riguardante l’universo visibile, che sarebbe a contatto con altri universi, per cui l’universo visibile sarebbe soltanto parte un multiverso, cioè di universi paralleli. come si può arguire dal fatto che tra le galassie vi è un grande spazio vuoto che proverebbe che l’universo visibile sarebbe stato attraversato da un altro universo. Secondo Alexander Vilenkin8 “l'orizzonte cosmico oggi arriva a 13,7 miliardi di anni-luce, ma oltre potrebbero esserci altri universi, sottoposti a leggi fisiche diverse da quelle valide nel nostro. La teoria dell'inflazione non si sostituisce a quella del Big Bang, ma, come disse Guth, è la teoria del Bang del Big Bang”.9 Nel multiverso si produrrebbero delle “bolle” che darebbero origine ad universi paralleli. Il nostro universo, quello visibile, si starebbe avviando verso il suo termine, mentre al di là di esso si produrrebbero altre “bolle”, che darebbero inizio ad altri universi con altre espansioni. E così all'infinito.


1 Su questo argomento vedi Lawrence M. Krauss, Il cuore oscuro dell’universo. Alla ricerca della “quinta essenza” (1989), Mondatori 1990, pp. 155sgg.: Leon Lederman, La particella di Dio. Se l’universo è la domanda, qual’ è la risposta? (1993), Mondatori 1996, pp.412 sgg.; Steven Wein­berg, I primi tre minuti (1977), Mondadori1980, pp. 117 sgg.; Paul Davies, I misteri del tempo. L’universo dopo Einstein (19995), Mondadori 1996, pp. 132 sgg.; pp. 242 sgg.

2 Da una conferenza tenuta a Padova (maggio 2006).

3 L’universo in un guscio di noce (2001), Mondadori 2002, pp. 89-92.

4 Ibid., p.84

5 L’universo in un guscio di noce, op. cit., pp.99-103.

6 Inizio del tempo e fine della fisica (1980), Mondatori 2003, p.94.

7 Il vero e il falso. Passeggiando tra le stelle e a casa nostra, Il Saggiatore 2003, pp. 290 sgg.

8 Un solo mondo o infiniti? Alla ricerca di altri universi (2006), Cortina 2007.

9 Da una conferenza tenuta al Festival della scienza il 28 ottobre 2007.

Ho appreso dall'articolo sotto riportato che Einstein aveva supposto, in alternativa al modello dell'universo finito e stazionario, un modello dell'universo in espansione ma conservando la costante LAMBDA (λ o forza di repulsione) per evitare che l'universo collassasse su se stesso a causa della forza di gravitazione. Ma per questo dovette supporre anche che la quantità di materia rimanesse costante per una stessa estensione di spazio. Per questo egli precorse un modello che ebbe un successo, se pur effimero, negli anni '60, concepito dai cosmologi Fred Hoyle e Hermann Bondi (di origine ebraica ma ateo per sua stessa ammissione). Questo modello, che si definiva modello dell'universo stazionario, era contraddittorio perché presupponeva un universo eterno ma in espansione. Esso è stato ormai abbandonato da molti decenni. Infatti presupponeva che si creasse nuova materia dal nulla per conservare la stessa quantità di materia per una stessa estensione di spazio. Forse Einstein non ebbe il coraggio di rendere pubblico questo modello che comportava una creazione dal nulla, contraddicendo il principio fisico secondo cui "nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma".  Da notare come l'autore dell'articolo sotto riportato sia caduto in un errore marchiano scrivendo che il modello dell'universo in espansione sia in alternativa al modello del Big Bang. Infatti il modello dell'universo in espansione implica un inizio assoluto a partire dal Big Bang. Ma non si facciano più illusioni i teologi appellandosi al Big Bang per dimostrare un inizio assoluto dell'universo e perciò una creazione divina dal nulla. Si tratta infatti dell'inizio dell'universo visibile, da ricomprendere come episodio del tutto CASUALE nel pluriverso, in cui l'universo nato dal Big Bang è  da ricomprendere. Come sopra spiegato. Einstein disse di avere abbandonato il modello dell'universo in espansione per avere riscontrato un errore di calcolo. Ma vi è da supporre che non abbia mai voluto negare il contrasto con la legge fisica secondo cui nulla può derivare dal nulla, e che il suo modello dell'universo in espansione ma stazionario nella conservazione della densità di materia per una eguale estensione di spazio sia voluto essere solo un esercizio matematico.  





 

 

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