Se
la filosofia oggi vuole riacquistare un compito nella società,
essa lo può avere soltanto mettendosi in sintonia con una
conoscenza scientifica del mondo, sapendo che esiste un unico
linguaggio, quello scientifico, che ci possa mettere in comunicazione
con la verità, chiudendo
per sempre il discorso sui valori morali,
che possono riguardare soltanto la virtù intesa come
perfezionamento personale, per porsi in una prospettiva che non sia
più antropocentrica, e riprendendo il discorso sui contenuti
del diritto naturale. Gli
altri discorsi nascono soltanto dalla paura del non senso della vita.
La filosofia potrà ancora continuare a cercare di dare un
senso alla vita costruendo “poemi” metafisici o alleandosi con
credenze religiose. Ma rimarranno sempre gli interrogativi “perché
l’essere piuttosto che il nulla?”, “l’universo nella sua
attuale fase di espansione ha avuto un inizio assoluto, e perciò
avrà una fine, oppure non esiste un inizio assoluto?”. E’
difficile pensare che la scienza un giorno possa rispondere con
certezza a quest’ultima domanda. I modelli cosmologici, fondati
sulla relatività generale di Einstein, come si è visto,
propendono oggi per la maggior parte a favore di una successiva fase
di contrazione dell’universo, dopo che si è scoperta
recentemente l’esistenza di una materia oscura, la cui quantità
è assai maggiore di quella visibile. Essa giustificherebbe la
possibilità di una inversione dell’espansione per il
prevalere della forza di gravitazione dovuta alla presenza della
materia oscura dopo l’esaurimento della forza di espansione.
Pertanto non si può ritenere che la risposta alla domanda
circa l’origine dell’universo possa provenire da un linguaggio
“ispirato”. Soltanto coloro che non sono capaci di porsi le
domande che sono ai confini della conoscenza, o perché vivono
nella banalità quotidiana o perché si affidano alla
religione per non cadere nella disperazione, possono dichiararsi
contenti di essere nati.
Le
verità sul mondo non si guadagnano con l’arroganza o con la
presunzione dei linguaggi “ispirati”, compresi quelli di molta
filosofia, ma con l’umile e faticosa ricerca della conoscenza
scientifica, al di là della quale nascono i conflitti morali e
mortali delle soggettive visioni del mondo.
Ciò
bisogna tenere per certo e di ciò bisogna accontentarsi,
perché ognuno soltanto dopo la propria morte potrebbe
dimostrare, ma solo a se stesso, il contrario, non potendo pretendere
di condizionare la vita degli altri sulla base di ciò che non
è provabile...
Nell’interpretazione
di Popper la relatività di Einstein avrebbe falsificato la
meccanica di Newton,1
mentre, al contrario, lo stesso Einstein aveva spiegato perché
essa, rispetto alla relatività, dovesse essere concepita come
verità parziale, valida nei limiti in cui “il moto della
materia che genera il campo gravitazionale è lento in
confronto alla velocità di propagazione della luce”,2
considerata nell’universo come velocità limite, di modo che
“gli elementi della teoria di Newton sono passati nella teoria
della relatività generalizzata”.3
Inoltre Popper ha mancato di rilevare che Einstein considerò
la stessa relatività ristretta valida parzialmente “per
regioni quadridimensionali infinitamente piccole…in modo tale che
non vi sia alcun campo gravitazionale”,4
con la conseguenza che “la metrica della teoria della relatività
ristretta per i piccoli campi può pretendere di essere ancora
valida nel caso generale”.5
La teoria della relatività ristretta, riguardante i moti
inerziali, veniva, in tal modo, a far parte della teoria più
ampia della relatività generale, riguardante anche i campi
gravitazionali, in base “all’eguaglianza numerica, constatata
dall’esperienza, della massa inerte e della massa pesante dei
corpi, fatto fondamentale al quale la meccanica classica non aveva
dato alcuna interpretazione”.6
Data l’equivalenza delle masse inerti e di quelle pesanti, cioè
di un sistema di coordinate inerziale e del campo gravitazionale,
“tutti i movimenti si producono analogalmente a quanto avviene in
assenza di un campo di gravitazione uniforme”.7
L’equivalenza dei sistemi di riferimento della relatività
ristretta veniva estesa al campo gravitazionale.
Einstein
non ha mai considerato la relatività, ristretta e generale,
come una congettura. Al contrario, nella relatività ristretta,
per esempio, la quarta dimensione del tempo, che forma un continuo
indivisibile con lo spazio, si dilata, cioè rallenta
fisicamente,
anche nei processi biologici, e non soggettivamente,
in misura direttamente proporzionale alla velocità con cui si
muove un osservatore, che, misurando la durata di un evento sul
sistema in movimento di cui fa parte, otterrà un valore
diverso rispetto a quello superiore misurato da un osservatore
esterno in quiete che misuri la durata dello stesso evento. Per
quest’ultimo il tempo dello stesso evento risulta fisicamente, e
non soggettivamente, maggiore.8
Pertanto “lo spazio a quattro dimensioni (comprendente cioè
il tempo) è altrettanto rigido e assoluto quanto lo spazio di
Newton”.9
Conseguentemente la mancanza di una simultaneità assoluta non
è una costruzione del pensiero che renda soggettivo il tempo,
ma una teoria che ha “un massimo di contenuto sperimentale”.10
Ha
scritto Einstein: “Se le leggi naturali che servono di base alle
costruzioni del pensiero del fisico teorico hanno la pretesa di
essere valide per tutti gli avvenimenti di deduzioni rigorosamente
logiche, si dovrebbe giungere a dare un’immagine rigorosamente
esatta, vale a dire una teoria, dei fenomeni naturali, ivi compresi
quelli della vita…Non si rinuncia interamente e per principio
all’interezza dell’immagine fisica del mondo”.11
“La natura è la realizzazione di tutto ciò che si può
immaginare di più matematicamente semplice. Sono persuaso che
la costruzione puramente matematica ci permette di scoprire questi
concetti che ci danno la chiave per comprendere i fenomeni naturali e
i principi che li legano fra loro…Credo ancora alla possibilità
di un modello della realtà, vale a dire di una teoria che
presenti le cose stesse e non soltanto la probabilità della
loro apparizione”.12
Impiegando
coerentemente il criterio di falsificabilità Popper non
avrebbe potuto ritenere l’evoluzione biologica una teoria
scientifica, pur nell’errata analogia che egli trovò tra il
progresso delle teorie scientifiche e l’evoluzione naturale,
interpretata antropomorficamente come procedimento per tentativi ed
errori, su cui agirebbe la selezione naturale.13
Infatti l’evoluzione biologica non è più una
congettura, ma, indipendentemente dall’interpretazione di essa, è
ormai un fatto, e dunque non più falsificabile. Come non è
più falsificabile il moto rotatorio della Terra dopo
l’esperimento condotto da Foucault nel 1850 nel Pantheon di Parigi.
Inoltre da una serie indefinita di non falsità o congetture
(cioè di teorie valide in quanto provvisoriamente non
falsificabili) non può dedursi, come pretende Popper,
un’approssimazione migliore alla verità assoluta, anche se
intesa come idea regolativa. Si può dire che Popper,
interpretando falsamente il significato della legge di Newton e della
relatività di Einstein, considerandole come congetture, ha
interpretato anche tutta la storia della fisica come storia di
congetture, con il risultato di falsificare il suo criterio di
falsificabilità.14
1
Congetture e
confutazioni, op.
cit., p. 328. Cfr. inoltre La
ricerca non ha fine,
op. cit., p. 39 sgg.; I
due problemi fondamentali della teoria della conoscenza
(razionalismo ed
empirismo), 1979, Il Saggiatore1987, pp. XIX sgg.
2
A. Einstein, Come io
vedo il mondo. La relatività generale,
Newton 1993, p. 178. Il libro comprende il testo de La
relatività generale,
1916 (pp. 113-185). Nella relatività ristretta la massa e il
tempo subiscono un incremento dei loro valori proporzionalmente alla
velocità della predetta massa.
3
Evoluzione della
fisica: Kepler e Newton,
in Come io vedo il
mondo, op. cit., p.
49.
4
La relatività
generale, in op.
cit., p. 122.
5
Caratteri della
teoria della relatività,
in op. cit., p. 72.
6
Ibid., p. 71.
7
Origine della teoria
della relatività generalizzata,
in op. cit., p. 98.
8
Per lo stesso motivo per l’osservatore esterno in quiete la massa
del corpo in movimento risulterà fisicamente maggiore e la
lunghezza del corpo in movimento accorciata, mentre l’osservatore
interno al sistema del corpo in movimento non può accorgersi
della differenza se non confrontando i suoi dati con quelli
dell’osservatore esterno.
9
Lo spazio, l’etere
e il campo, in op.
cit., p. 87.
10
Ibid.
11
La ricerca
scientifica, in op.
cit., p. 35.
12
La questione del
metodo, in op. cit.,
pp. 44-47.
13
Conoscenza oggettiva
(1972), Armando 1975. Cfr. sul tema le pp. 209-217; 341-76.
14
Da notare come molti filosofi, avendo soltanto orecchiato la
relatività, senza averla mai studiata, ne abbiano travisato
il significato deducendone il relativismo della conoscenza, ossia
esattamente il contrario di ciò che significa la relatività
di Einstein. Da ciò hanno tratto motivo, come M. Cacciari
(Krisis,
Feltrinelli 1976, p. 7), per asserire una “crisi del sistema
classico, sia economico che fisico” , o per scrivere, come A.
Gargani (nel volume collettivo Crisi
della ragione,
Einaudi 1979, p. 20), che “il modello classico della razionalità
scientifica è stato messo in crisi” . In realtà si
trattava della crisi della ragione di tali filosofi, causata
dall’ignoranza in fatto di conoscenze scientifiche per il
prevalere della filosofia alla moda del filone Nietzsche-Heidegger,
cioè da una filosofia letteraria, unita al convenzionalismo
della teoria dei giochi linguistici di Wittgenstein.
Dal mio libro IO NON VOLEVO NASCERE
Dal mio libro IO NON VOLEVO NASCERE
Eppure
mi sono domandato sempre: se l’universo ha avuto origine dal Big
Bang, vi è stata un’origine assoluta di esso. E allora
scappa fuori Dio. Ma pare che non sia così se è valido
il modello cosmologico di un universo che, giunto alla sua massima
espansione, è destinato poi a contrarsi sino al Big Crunch
(grande implosione), a cui segue un nuovo Big Bang. E così via
per l’eternità. Tuttavia questo modello appare oggi in crisi
dopo la scoperta dell’energia del vuoto, che pare porti ad una
accelerazione della velocità della materia che si trova ai
confini dell’universo visibile. Se così fosse rimarrebbe
valida l’ipotesi del Big Bang, con la relativa domanda, che gli
scienziati vogliono rimuovere perché ritenuta antiscientifica:
e prima del Big Bang? Voi la potete rimuovere perché vi
disturba. Ma la domanda rimane. Molti anni fa, avendo già
fatto delle letture circa i modelli cosmologici, posi la stessa
domanda alla nota astronoma Margherita Hack, che era venuta a
Cagliari per una conferenza nell’allora Facoltà di
Magistero, oggi Facoltà di Scienze della formazione, dove ho
insegnato sino all'anno scorso storia della filosofia. Mi rispose che
dal punto di vista scientifico la domanda non aveva senso. Le
ribattei che in questo modo lei, pur atea, era costretta a porsi la
domanda: e prima del Big Bang?
E
tuttavia lo stesso Big Bang già nelle frazioni del suo primo
secondo indicherebbe una casualità che escluderebbe un
progetto finalistico.
Si
consideri, in primo luogo, che è sperimentalmente dimostrata
l'esistenza dell'antimateria, cioè di atomi aventi particelle
di carica opposta nei suoi protoni, elettroni, sino ai quark. Nel
primo secondo a partire dal Big Bang vi sarebbero state insieme la
materia e l'antimateria. Poi, per cause che gli scienziati non sono
ancora riusciti a spiegare, e forse non potranno mai spiegare,
prevalse una certa quantità di materia in più rispetto
all'antimateria, che avrebbe portato alla quasi scomparsa
dell'antimateria, che ancora si riscontra nei raggi cosmici e negli
esperimenti che vengono fatti sottoponendo le particelle ad alti
energie. Non viene escluso dai cosmologici che, oltre l'universo
esistano altri universi con galassie formate da antimateria, anche se
ciò non è riscontrabile sperimentalmente perché
l'eventuale collisione tra galassie di materia e di antimateria
dovrebbe produrre il loro annichilimento con una produzione di
energia così grande da rendere sperimentabile la sua
propagazione sino all'universo visibile. Tutto ciò
considerato, vi è da domandarsi se si possa considerare un
“Dio che gioca ai dadi”, secondo una famosa espressione che
Einstein attribuiva alla meccanica quantistica, fondata su leggi
probabilistiche, che egli rifiutava, ritenendo che la meccanica
quantistica fosse una rappresentazione provvisoria delle leggi che
riguardano la fisica subatomica. Ma se l'universo visibile è
nato dalla casuale prevalenza della materia sull'antimateria scappa
fuori un Dio che gioca ai dadi, e lo stesso Big Bang perde la
connotazione di un inizio assoluto, se questo ci conduce a pensare
che esso comportasse un disegno prestabilito. Si sarebbe formata con
l'antimateria una stella quale il sole con tutti i suoi pianeti, tra
i quali la Terra? Dunque nemmeno il Big Bang, anche a prescindere
dalla possibile esistenza di altri universi oltre quello visibile,
può essere un forte appiglio per un inizio assoluto, se
all'assolutezza si unisce la contingenza nella formazione delle
galassie costituite casualmente di materia, e non di antimateria.
In secondo luogo, dal 1975 si è
affacciato con Alan Guth il modello dell’universo inflazionario
partendo dall’ipotesi che le quattro forze fondamentali
(interazioni forti tra quark, deboli tra elettroni, elettromagnetiche
e gravitazionali) fossero distinte all’origine del Big Bang e in
frazioni di un secondo si siano fuse in modo diverso dando luogo a
disomogeneità in diverse regioni che, non avendo all’inizio
relazioni causali, avrebbero prodotto delle galassie come risultato
di fluttuazioni casuali di densità della materia. La
configurazione dell’universo è pertanto dovuta ad una
casualità vincolata però da leggi fondamentali di
interazione della materia. Vi sarebbero stati, dunque, tempi diversi
(pur ridotti a frazioni di secondo) nella fusione delle quattro forze
fondamentali, che sarebbero state soggette a fluttuazioni
primordiali, che, se abbastanza forti, avrebbero dato luogo a regioni
di maggiore densità della materia, da cui sarebbero sorte le
galassie, mentre le fluttuazioni residue di energia sarebbero andate
a riempire un falso vuoto, o “bolla”, che sarebbe all’origine
dell’espansione attuale dell’universo. Se tale energia residua è
superiore ad una certa densità, definita critica, della
materia dell’universo, questo rimarrà in espansione, mentre,
se è inferiore, l’universo è destinato a contrarsi
per il prevalere della forza di gravitazione.1
“La materia di cui son fatti
gli uomini e le stelle è il 5% della materia dell’universo.
Un altro 25% è nella forma di “materia oscura”, che
produce gravità ma che non possiamo vedere. Sembra che il 70%
sia nella forma di “energia oscura” o “energia del vuoto”,
misterioso tipo di materia che accelera l’espansione dell’universo,
invece di frenarla, come fanno, invece, la materia primaria e la
“materia oscura”.2
Il fisico Richard Feynman (Nobel
1965 per gli studi di elettromeccanica quantistica) affacciò
l’ipotesi che l’universo abbia storie multiple e diverse. Anche
secondo Stephen Hawking – a cui ingiustamente non è mai
stato assegnato un Nobel nonostante i suoi studi sui buchi neri, che
egli dimostrò non essere tali in quanto permettevano l’uscita
di radiazioni – vi è la possibilità che l’universo
sia la somma di innumerevoli universi, che, compresi tra quelli che
erano possibili a partire dal Big Bang – momento della massima
indeterminazione e della massima densità di energia – si
sarebbero realizzati strutturandosi casualmente in galassie. Molti di
essi, infatti non sono giunti alla formazione di galassie per
esclusione delle condizioni atte a favorire lo sviluppo della vita,
mentre altri, sempre casualmente – per diverse condizioni
all’origine del Big Bang, e là dove la forza di espansione
ha subito un rallentamento a causa della maggiore densità, e
perciò della maggiore forza di gravitazione – hanno dato
luogo alla formazione di galassie e alla probabile, non necessaria,
formazione della vita in più di una galassia, con intelligenze
aventi una forma diversa da quella umana. “Il genere umano non
vanta certo ottimi precedenti in fatto di comportamento
intelligente”.3
“Innumerevoli prove indicano che Dio è proprio uno che gioca
a dadi”.4
Era stato il fisico russo
Alexander Friedman (1885-1922) a ipotizzare, sulla base della
relatività di Einstein, tre modelli di universo: 1) universo
in espansione per eccesso della forza di espansione originata dal Big
Bang rispetto alla gravità; 2) universo in espansione al
limite della velocità di fuga rispetto alla forza di gravità,
con velocità che rallenta senza mai annullarsi; 3) universo in
contrazione per eccesso di forza di gravità. Nel secondo
modello rientra quello di Einstein-De Sitter (1932).
In base alla legge di Hubble,
che scoprì nel 1929 l’espansione dell’universo, le
galassie si allontanano con una velocità proporzionale alla
loro distanza dalla Terra. Velocità oggi misurata in 15 km al
secondo per ogni milione di anni-luce di distanza, sì da
arrivare a velocità distribuite tra 7000 e 20.000 km al
secondo. Si era pensato che tale accelerazione dipendesse da una
minore forza di gravitazione per densità minori causate
dall’espansione. Ma dopo la recente scoperta della “materia
oscura” e dell’opposta “energia del vuoto” – che ha
sostituito la costante lambda (λ) introdotta da Einstein come forza
repulsiva della materia per bilanciare quella di gravitazione ed
impedire il collasso su se stesso dell’universo, che Einstein,
prima della scoperta di Hubble, credeva fosse stazionario, per cui
quello che egli definì il suo “grande errore” si tramutò
in una vittoria - non si può escludere che la densità
totale della materia possa far prevalere la forza di gravitazione
sulla forza di espansione dell’“energia del vuoto” causando una
successiva contrazione dell’universo. Il fisico Leon Lederman
(Nobel 1988) – che identifica “l’energia del vuoto” con
l’energia rilasciata dal Big Bang sotto forma di particelle e
radiazione di fondo (campo di Higgs) – ha ripreso i modelli di
Friedman alla luce del problema del calcolo della massa
gravitazionale dell’universo, non escludendo il terzo modello e
precisando che le leggi della fisica sono valide ancor prima del Big
Bang. Tra i sostenitori del terzo modello vi erano, già prima
della scoperta della materia oscura, l’astrofisico Thomas Gold e il
fisico Steven Weinberg (Nobel 1978), statunitensi. L’astrofisico
Efim S. Fradkin ritiene che la forza gravitazionale nella massima
contrazione dell’universo possa spegnersi permettendo alle forze
subnucleari di riprendersi la libertà e di espandersi evitando
il collasso cosmico.
Hawking non aveva escluso il
terzo modello prima di arrivare a considerare solo due modelli
cosmologici, di cui il primo contempla un’espansione decrescente
dell’universo, che non esclude – se la densità della
materia supera una certa quantità critica – che le galassie
comincino a convergere nel Big Crunch, in un’enorme implosione,
mentre il secondo - se il valore della densità della materia
è inferiore alla quantità critica - contempla la fine
dell’universo per esaurimento dell’energia, con un conseguente
spegnimento di tutte le stelle nell’allontanamento delle
galassie.5.
In una precedente opera6
Hawking non aveva escluso una gravitò con singolarità
tali da impedire l’implosione finale. Egli aveva rinunciato a
questa soluzione perché avrebbe comportato un’inversione del
tempo anche nei fenomeni microscopici. Ma James Hartle e Murray
Gell-Mann (Nobel 1969) – a cui si deve la teoria dei quark, con la
scelta del nome – rilevarono la presenza di processi microscopici
che rallentavano in previsione dell’arrivo dell’inversione, non
in contrasto, dunque, con la contrazione dell’universo.
Anche Antonino Zichichi non è
contrario al modello dell’universo oscillante tra espansione e
contrazione. Egli ha scritto: “Tra 50 miliardi di anni (forse),
raggiunto il massimo di espansione, avrà inizio la
compressione che si concluderà con il collasso gravitazionale.
E poi? Niente. Nessuno può fare previsioni”.7
Ma poi Zichichi cita
l’astrofisico Efim S. Fradkin, secondo il quale la carica
gravitazionale nella fase di contrazione si spegnerebbe evitando il
collasso gravitazionale. Allora si giustificherebbe una serie
illimitata di espansioni cosmiche. Il cattolico Zichichi avrebbe
dovuto capire che in questo modo si manderebbe Dio in soffitta.
Ma pare che anche la teoria del
Big Bang sia oggi superabile, perché incomincia a farsi strada
tra i cosmologici l’idea che il Big Bang sia soltanto un episodio
marginale riguardante l’universo visibile, che sarebbe a contatto
con altri universi, per cui l’universo visibile sarebbe soltanto
parte un multiverso, cioè di universi paralleli. come si può
arguire dal fatto che tra le galassie vi è un grande spazio
vuoto che proverebbe che l’universo visibile sarebbe stato
attraversato da un altro universo. Secondo Alexander Vilenkin8
“l'orizzonte cosmico oggi arriva a 13,7 miliardi di anni-luce, ma
oltre potrebbero esserci altri universi, sottoposti a leggi fisiche
diverse da quelle valide nel nostro. La teoria dell'inflazione non si
sostituisce a quella del Big Bang, ma, come disse Guth, è la
teoria del Bang del Big Bang”.9
Nel multiverso si produrrebbero delle “bolle” che darebbero
origine ad universi paralleli. Il nostro universo, quello visibile,
si starebbe avviando verso il suo termine, mentre al di là di
esso si produrrebbero altre “bolle”, che darebbero inizio ad
altri universi con altre espansioni. E così all'infinito.
1
Su questo argomento vedi
Lawrence M. Krauss, Il
cuore oscuro dell’universo. Alla ricerca della “quinta essenza”
(1989), Mondatori
1990, pp. 155sgg.: Leon Lederman, La
particella di Dio. Se l’universo è la domanda, qual’ è
la risposta? (1993),
Mondatori 1996, pp.412 sgg.; Steven Weinberg, I
primi tre minuti (1977),
Mondadori1980, pp. 117 sgg.; Paul Davies, I
misteri del tempo. L’universo dopo Einstein
(19995), Mondadori 1996, pp. 132 sgg.; pp. 242 sgg.
2
Da una conferenza tenuta a Padova (maggio 2006).
3
L’universo in un guscio di noce (2001),
Mondadori 2002, pp. 89-92.
4
Ibid., p.84
5
L’universo in un guscio di noce,
op. cit., pp.99-103.
6
Inizio del tempo e fine della
fisica (1980),
Mondatori 2003, p.94.
7
Il vero e il falso.
Passeggiando tra le stelle e a casa nostra,
Il Saggiatore 2003, pp. 290 sgg.
8
Un solo mondo o infiniti?
Alla ricerca di altri universi (2006), Cortina 2007.
9
Da una conferenza tenuta al Festival della scienza il 28 ottobre
2007.
Ho appreso dall'articolo sotto riportato che Einstein aveva supposto, in alternativa al modello dell'universo finito e stazionario, un modello dell'universo in espansione ma conservando la costante LAMBDA (λ o forza di repulsione) per evitare che l'universo collassasse su se stesso a causa della forza di gravitazione. Ma per questo dovette supporre anche che la quantità di materia rimanesse costante per una stessa estensione di spazio. Per questo egli precorse un modello che ebbe un successo, se pur effimero, negli anni '60, concepito dai cosmologi Fred Hoyle e Hermann Bondi (di origine ebraica ma ateo per sua stessa ammissione). Questo modello, che si definiva modello dell'universo stazionario, era contraddittorio perché presupponeva un universo eterno ma in espansione. Esso è stato ormai abbandonato da molti decenni. Infatti presupponeva che si creasse nuova materia dal nulla per conservare la stessa quantità di materia per una stessa estensione di spazio. Forse Einstein non ebbe il coraggio di rendere pubblico questo modello che comportava una creazione dal nulla, contraddicendo il principio fisico secondo cui "nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma". Da notare come l'autore dell'articolo sotto riportato sia caduto in un errore marchiano scrivendo che il modello dell'universo in espansione sia in alternativa al modello del Big Bang. Infatti il modello dell'universo in espansione implica un inizio assoluto a partire dal Big Bang. Ma non si facciano più illusioni i teologi appellandosi al Big Bang per dimostrare un inizio assoluto dell'universo e perciò una creazione divina dal nulla. Si tratta infatti dell'inizio dell'universo visibile, da ricomprendere come episodio del tutto CASUALE nel pluriverso, in cui l'universo nato dal Big Bang è da ricomprendere. Come sopra spiegato. Einstein disse di avere abbandonato il modello dell'universo in espansione per avere riscontrato un errore di calcolo. Ma vi è da supporre che non abbia mai voluto negare il contrasto con la legge fisica secondo cui nulla può derivare dal nulla, e che il suo modello dell'universo in espansione ma stazionario nella conservazione della densità di materia per una eguale estensione di spazio sia voluto essere solo un esercizio matematico.
Ho appreso dall'articolo sotto riportato che Einstein aveva supposto, in alternativa al modello dell'universo finito e stazionario, un modello dell'universo in espansione ma conservando la costante LAMBDA (λ o forza di repulsione) per evitare che l'universo collassasse su se stesso a causa della forza di gravitazione. Ma per questo dovette supporre anche che la quantità di materia rimanesse costante per una stessa estensione di spazio. Per questo egli precorse un modello che ebbe un successo, se pur effimero, negli anni '60, concepito dai cosmologi Fred Hoyle e Hermann Bondi (di origine ebraica ma ateo per sua stessa ammissione). Questo modello, che si definiva modello dell'universo stazionario, era contraddittorio perché presupponeva un universo eterno ma in espansione. Esso è stato ormai abbandonato da molti decenni. Infatti presupponeva che si creasse nuova materia dal nulla per conservare la stessa quantità di materia per una stessa estensione di spazio. Forse Einstein non ebbe il coraggio di rendere pubblico questo modello che comportava una creazione dal nulla, contraddicendo il principio fisico secondo cui "nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma". Da notare come l'autore dell'articolo sotto riportato sia caduto in un errore marchiano scrivendo che il modello dell'universo in espansione sia in alternativa al modello del Big Bang. Infatti il modello dell'universo in espansione implica un inizio assoluto a partire dal Big Bang. Ma non si facciano più illusioni i teologi appellandosi al Big Bang per dimostrare un inizio assoluto dell'universo e perciò una creazione divina dal nulla. Si tratta infatti dell'inizio dell'universo visibile, da ricomprendere come episodio del tutto CASUALE nel pluriverso, in cui l'universo nato dal Big Bang è da ricomprendere. Come sopra spiegato. Einstein disse di avere abbandonato il modello dell'universo in espansione per avere riscontrato un errore di calcolo. Ma vi è da supporre che non abbia mai voluto negare il contrasto con la legge fisica secondo cui nulla può derivare dal nulla, e che il suo modello dell'universo in espansione ma stazionario nella conservazione della densità di materia per una eguale estensione di spazio sia voluto essere solo un esercizio matematico.
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