mercoledì 6 agosto 2014

LA PAZZIA DELLL'ACCANNIMENTO INNATURALE NEL VOLER FIGLI E SENZA CONOSCERE IL PADRE BIOLOGICO O LA MADRE BIOLOGICA

La nuova legge permette l'inseminazione eterologa con anonimato dei donatori di sperma (da considerare degli scellerati). Ma la stessa legge aggiunge che bisogna aggiungere la tracciabilità del donatore. Che significa tracciabilità? Potrà un giorno il figlio conoscere il suovero padre biologico? Ci si mette di mezzo una politica da pazzi. Ricordiamo il caso storico di Totò, che nacque da padre anonimo (N.N.) e che insistette per sapere dalla madre chi fosse suo padre, che alla fine riconobbe il figlio sposando la madre. Era figlio del marchese Giuseppe De Curtis. Lasciamo perdere il suo successivo accanimento nell'essere riuscito, tramite una ricostruzione araldica, a farsi riconoscere giudiziariamente come discendente da una famiglia di principi di Bisanzio.

UN CELEBRE PRETENDENTE AL TRONO DI BISANZIO: IL ...

 Questa legge è da pazzi perché costringe una donna a non sapere quale sia il patrimonio genetico del padre biologico, e scellerata la donna che accetta di avere un figlio da uno sconosciuto senza sapere chi sia il vero padre biologico e le eventuali malattie genetiche che il figlio possa avere ereditato dallo sconosciuto padre biologico. E' già una disgrazia il nascere, e se ne vogliono aggiungere altre. Impedendo così al figlio di avere una anamnesi medica. Si dice che si nasce dall'amore. Questa è più grossa stronzata (non senso linguistico) che si possa dire. Si nasce o per sbaglio o dall'egoismo (specialmente della donna, che vuole riempire l'utero almeno una volta per sentirsi realizzata. Infatti l'80% delle separazioni avviene per richiesta delle mogli, che dopo avere avuto un figlio, giungono a considerare il marito un estraneo, uno stallone di cui si sono servite). Nessuno ha mai chiesto di nascere. Nasciamo tutti da una dura selezione naturale di milioni di spermatozoi che corrono verso l'ovulo per suicidarsi tranne uno (o due per raro parto gemellare). Ammesso e non concesso che sia giustificabile l'inseminazione eterologa (con donazione di spermatozoi o di ovuli da parte di uomini o donne sconosciuti) è ancora più pazzesco che non si abbia diritto di scegliere le caratteristiche del futuro nascituro con un esame del DNA. Cosicché non si potrà nemmeno sapere a quale razza appartenga lo sconosciuto padre biologico. Anche questo è il risultato dell'ideologia della società multiculturale e multirazziale. La cosa mi fa ricordare la storiella di un soldato americano, bianco, che, trovandosi in missione di guerra, riceve un telegramma dalla moglie:
Nato figlio.stop.
soldato: O.K.
Nome John.stop.
soldato:O.K.
Peso 3kg. stop.
soldato:O.K. 
Pelle nera.stop.
soldato: O Kazzo!

Io mi domando se la politica abbia il dovere di seguire le pretese di quei pazzi di seminare decine o centinaia di figli che non conosceranno mai. 
Già nel 2006 pubblicai un libro in cui affrontai anche questo argomento (Scontro tra culture e metacultura scientifica). Ecco il testo.      
Si vede come la morale, che vorrebbe che gli embrioni non venissero distrutti, in quanto individui in potenza, si sostituisce al diritto, che vuole che non si provochino dei danni al nascituro facendolo nascere da un embrione possibile portatore di malattie ereditarie. La politica, corrotta dalla morale, può arrivare persino a queste forme di follia. La premessa di tale follia è che la vita sia comunque un bene, se pur non richiesto, anche se si nasce già segnati da malattie. Oppure che si debba rispettare nell’embrione la dignità della persona umana, per cui la legge ha voluto in Italia la follia dell’impianto di tre embrioni, non potendosene distruggere alcuno. Ma a tal proposito noi abbiamo immaginato, come si fa in fisica, una condizione ideale. Si immagini che con mente divina si possa avere conoscenza del futuro dei tre embrioni. Che il primo sia destinato a diventare un grande scienziato, il secondo un grande filantropo, e il terzo un grande criminale. Dal punto di vista di una morale utilitaristica, facendo il rapporto costi\benefici, si potrebbe preferire far diventare individui tutti e tre gli embrioni, se, per esempio, la scoperta scientifica della cura di una grave e diffusa malattia può giovare ad un numero altissimo di persone o se l’opera del grande filantropo apporterà dei benefici a moltissimi individui. Ma ciò comporterebbe l’accettazione a priori di un crimine, anche se la vittima del criminale non avrebbe il dovere di sacrificarsi per la vita degli altri, in base alla considerazione che il suo diritto naturale alla vita non può essere inferiore a quello dello scienziato e a quello del filantropo. E’ evidente che chi attribuisce dignità di vita all’embrione per il solo fatto di essere umano attribuirebbe a priori dignità di vita anche al criminale, non importando che egli sia la negazione del diritto alla vita della sua vittima. Quando si continua a parlare di dignità dell’uomo, che non può esistere in astratto, ma in concreto, perché la dignità, con il rispetto, bisogna meritarsela, si continua ad alimentare una vuota retorica umanistica che ha fatto il suo tempo. . .

Non è giustificabile, al contrario, l’inseminazione artificiale eterologa perché il nascituro, non potendo avere conoscenza del padre o della madre naturale, verrebbe danneggiato perché privato del suo diritto naturale di conoscere il patrimonio genetico di ambedue i genitori in relazione alla necessità di una anamnesi medica che faccia riferimento ad esso. Si aggiunga il danno psicologico, in alternativa alla menzogna perpetua avallata dalla legge, derivante dalla scoperta da parte del figlio di non poter conoscere il suo vero padre o la sua vera madre, con le conseguenti possibili turbe psicologiche che durerebbero per tutta la vita. E ciò in conseguenza dell’egoismo di chi vuole un figlio ad ogni costo, accampando un falso diritto alla paternità o alla maternità.

Per questo motivo deve essere vietato alla madre di abbandonare in ospedale sotto la garanzia dell’anonimato il neonato, dovendosi sempre garantire al figlio la possibilità di conoscere la sua vera madre se egli lo richiedesse o fosse necessario sul piano di un anamnesi medica. Per lo stesso motivo la madre deve essere costretta dalla legge ad indicare il padre del neonato da sottoporre alla prova del DNA, anche se ciò non comporterebbe da parte del padre e della madre naturali l’onere di provvedere materialmente al neonato abbandonato, da affidare successivamente ad altra coppia, potendo nell’adozione avere anche una vita migliore.

Se si considerassero tutti questi aspetti non si farebbe tanto baccano sul diritto alla vita degli embrioni, che non chiedono certamente di nascere, come se la vita fosse un bene ancor prima di nascere (o di essere concepiti), e non lo fosse invece soltanto in relazione al fatto che, una volta nati, come dice Hobbes, la morte appare “il massimo dei mali naturali”. Si considera solo il passaggio dal nulla all’essere (cioè alla nascita o al concepimento), per trarre da ciò un bene (la vita) come guadagno, senza considerare il successivo passaggio dall’essere al nulla, con la perdita dell’asserito bene della vita. La somma totale è pari a zero. Anzi, considerando in più l’esperienza negativa della morte, che non nascendo si eviterebbe, la somma è qualitativamente negativa. Ma, una volta nato, ognuno si affanna, già dal momento del piacere della suzione del latte materno, a ricercare dei beni per la tendenza naturale di ogni organismo a conseguire il proprio benessere, come “ciò a cui ogni cosa tende” (Aristotele, Etica nicomachea, I, 1) e a “fuggire quel che per lui è male, specialmente poi il massimo dei mali naturali, cioè la morte” (Hobbes, De cive, I, 7). La vita è la condizione esistenziale che porta a conseguire dei beni. Essa, pertanto, non è di per sé un bene. Appare tale soltanto di riflesso, perché, una volta nati, la morte è certamente un male, perché perdita di tutto. Ma queste considerazioni, pur ovvie, non possono entrare nella testa dei cosiddetti esperti del Comitato nazionale di bioetica di nomina ministeriale. A maggior ragion non possono entrare nella testa della gente comune, plagiata dalla retorica dei mass media fondata sui luoghi comuni dei non sensi linguistici, che impongono di pensare che la vita sia di per sé un bene, e che dunque essa possa essere donata.1 Oltre tutto, se fosse di per sé un bene, non esisterebbero i suicidi. Chi si suicida non riesce più a conseguire dei beni dalla vita. Per lui si forma un corto circuito causato dall’impossibilità di conseguire ulteriormente dei beni, a causa del prevalere di un danno, che può essere anche la consapevolezza della mancanza di senso della vita. Le religioni pongono riparo alla disperazione che può nascere dal prevalere del sentimento oscuro della mancanza di senso della vita sulla naturale tendenza dell’organismo a conservarsi in vita. Infatti gli animali non umani non si suicidano.


1 Forse, proprio a causa della mancanza di senso dell’espressione “donare la vita”, Platone, per ovviare a ciò, recepì dalla tradizione pitagorica ed orfica la dottrina della metempsicosi, che presuppone, non soltanto che l’anima sia coeterna con il mondo e che essa sia soggetta a cicli di reincarnazione, ma che essa possa trasmigrare, per punizione, in forme di vita inferiori, entro uno stesso ciclo del mondo, per cui i genitori sono soltanto lo strumento involontario di un destino già segnato per l’anima. Sia Platone che Aristotele ripresero da Eraclito il concetto di grande anno (10. 800 anni), che rappresenta quel ciclo del mondo dopo il quale le cose e gli eventi si ripresentano e si ripetono come nel ciclo precedente, dovendo rinascere gli stessi individui. Tale pensiero fu conservato nel neoplatonismo di Plotino (III secolo .d. C) e della sua scuola, sino a Proclo (V secolo) . 
Giovedì il decreto in consiglio dei ministri

Fedecondazione eterologa al buio
il colore della pelle dei figli sarà segreto
Facci partorirai con colore / Vota

Fecondazione eterologa, scontro Lorenzin-medici
 

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