Dopo averla sentita alla trasmissione VIRUS le dico: lei,
filoislamico, antisraeliano e noto filosofo pederasta, vada a predicare il suo
relativismo del "pensiero debole" negli Stati arabi, e provi a dire
che metterla o prenderla in culo è normale. Poi mi racconti. Lei
sputa sul piatto dove mangia approfittando di questo Occidente
corrotto. Lei è un filosofo ignorante che per tutta la vita è rimasto entro il filone Nietzsche-Heidegger-Gadamer (di cui è stato traduttore) coltivando solo letture letterarie e ignorando le conoscenze scientifiche, senza le quali la filosofia può esprimere solo cazzate antropocentriche intrise di relativismo. Ha voluto essere originale scrivendo Il pensiero debole, con cui voleva depotenziare la conoscenza della realtà riducendola alla sua interpretazione, secondo il modo di dire di Nietzsche, secondo cui non esistono verità ma solo interpretazioni. Non accorgendosi della patente contraddizione dell'affermazione di chi pretende di asserire una verità dicendo che non esistono verità ma solo interpretazioni per indebolire il concetto di essere inteso come verità esterna. Si vede che lei di conoscenze scientifiche non ne ha mai masticato. Ha navigato sempre in un vuoto relativismo ignorando ciò che hanno detto su questo tema grandi scienziati come Bohr (I quanti e la vita), Heisenberg (Fisica e filosofia) e Einstein (Come io vedo il mondo), tutti orientati verso una concezione realistica della verità scientifica intesa come conoscenza per vari gradi progressivi dell'essere e non come interpretazione umana, e soggettiva, dell'essere.
Io ho avuto come professore, quando sono stato per tre anni a Cagliari suo giovane assistente sotto i trent'anni, il grande Carlo Augusto Viano, di orientamento illuministico, che, benché non sia mai stato un personaggio televisivo come lei (ma solo per ragioni politiche, non per meriti filosofici) aveva ed ha ancora una mente con cui lei non può nemmeno confrontarsi. Viano al suo Pensiero debole rispose con un noto pamphlet intitolato Va' pensiero. Un modo garbato per dirle: ma va' affanculo. Ecco le poche righe che dovuto dedicarle nel mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica.
G.
Vattimo, traduttore di Verità
e metodo di Gadamer,
si è reso in Italia propagatore de La
fine della modernità
(1985) intesa come concezione della storia fondata sull’idea di
progresso, incentrata sulla superiorità dell’uomo europeo,
nonché formulatore de Il
pensiero debole
(1983), tratto da una commistione di Nietzsche, di Heidegger ( ma
decapitato della trascendenza dell’essere), di Wittgenstein e di
Gadamer per arrivare a giustificare una temporalizzazione
dell’essere, da cui trarre la conclusione di una mancanza di
fondamenti di ogni sapere, che deve indebolire la ragione per
lasciare spazio ad una conoscenza intesa come pluralismo
dell’esperienza storica, per cui non esistono verità ma solo
interpretazioni (come disse Nietzsche).1
Pertanto non rimane che un dialogo tra culture. Quando l’ignoranza
delle conoscenze scientifiche, come quella di Vattimo, impregnato di
sole conoscenze letterarie, viene portata in cattedra si arriva ad un
pensiero che, più che essere debole, è spento. E’
evidente che all’omosessuale Vattimo fa comodo ritenere che la
distinzione tra eterosessuale ed omosessuale sia solo un fatto
culturale e non naturale perché per lui la natura, intesa come
verità oggettiva, non esiste, essendo solo un’interpretazione.
1
La sciocchezza pronunciata da Nietzsche si ritorce contro il suo
autore. Infatti anche le sue affermazioni, che vorrebbero essere
vere, sarebbero soltanto interpretazioni. E sarebbero soltanto
interpretazioni l’affermazione “dio è morto” o la
definizione della natura come “volontà di potenza. E se la
storia della filosofia è per Nietzsche una storia di
menzogne, egli non poteva che aggiungerne delle altre. Ciò
vale anche per lo spento Vattimo (opinionista de La
Stampa!), che in una
lettera indirizzata a chi scrive, si risentì accusandolo di
voler denigrare il movimento di liberazione sessuale per essere
stato definito un “errore della natura, che, essendo molto
imperfetta nella sua evoluzione biologica, a causa dell’incidenza
della casualità, spesso genera dei mostri”.
Aggiungo ora che il Vattimo mi rispose facendo finta furbescamente che non fossi stato io a scrivergli ma un altro che aveva scritto usando il mio nome e cognome. E mi pregava di indagare per sapere chi fosse stato colui che si era presentanto al mio posto.
Un'altra cosa - diciamo così strana - è che Vattimo sia cattolico, creda cioè nella divinità di un fantomatico personaggio di nome Jesciuà di cui si narra in antichi opuscoletti pieni di strane cose, detti vangeli.
RispondiEliminaRicordo un suo giudizio di sconcerto su *Pensieri sul cristianesimo" di Severino. Ora Severino è anche lui un filosofo letterario (ma ha una figlia matematica) però ha lo stesso ben chiara la differenza tra verità e non verità, credere e non credere. Per Severino credere è violenza, perché si pretende che il contenuto della fede sia verità (e quanti orrendi delitti ha commesso il cristianesimo in nome della sua fede, quanti ne commette l'islam oggi). Purtroppo anche Severino dà i numeri (quando asserisce che la massima violenza immaginabile è credere che le cose vengano dal nulla e ritornino nel nulla, mentre invece - dice lui - sono eterne, anche uno scarafaggio, anche un colpo di tosse - indubbiamente fenomeni, enti anch'essi, per quanto minori o infimi).
Fede = violenza dunque. Il cristianesimo si è ammansito, ma non di spontanea volontà, vi è stato costretto.