E' la solita storia. Esiste un inizio assoluto dell'universo quale sarebbe il Big Bang e dunque esiste la creazione divina dell'universo. Ma la premessa non concorda con la conclusione. Andiamo per ordine. I cosmologi ci dicono che il Big Bang avrebbe avuto inizio circa 17 miliardi di anni fa. La Terra con il sistema solare avrebbe incominciato a formarsi circa 4 miliardi e mezzo di anni fa. Se la creazione è avvenuta dal nulla (creazione dal nulla introdotta per la prima volta nella storia da Filone l'ebreo e recepita dal cristianesimo) vi è da domandarsi: che faceva Dio prima del Big Bang? Agostino scrisse che preparava l'inferno per coloro che si fossero posti questa domanda. Da precisare che nel Genesi (e non la Genesi come dice il papa perché per Genesi deve intendersi il titolo del primo libro della Bibbia) non si dice affatto che Jahweh (detto anche Elohim) abbia creato il mondo dal nulla giacché al termine ebraico corrisponde il termine "fece" nel senso di "ordinò." Dunque nel Genesi è esclusa la creazione dal nulla, in conformità con tutta la tradizione antica, dai miti mesopotimici (che influenzarono la Bibbia) alla fisica e alla filosofia greca.
Alla famosa astronoma Margherita Hack dopo una conferenza nella Facoltà dove ero allora giovane assistente di ruolo e professore incaricato, non ancora di ruolo, di storia della filosofia (ma da allora già studioso di cosmologia) domandai circa 40 anni fa: e prima del Big Bang? Mi rispose: la domanda scientificamente non ha alcun senso. Le risposi che la domanda non poteva essere evitata. Stephen Hawking nel suo libro L'universo in un guscio di noce ha scritto che domandarsi che cosa vi sia stato prima del Big Bang equivale a domandarsi che cosa vi sia a nord del polo nord. Anche questa risposta lascia insoddisfatti perché non vuole affrontare di petto la domanda evitandola. Ciò che segue è tratto liberamente dal mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica.
Eppure il cattolico Antonino Zichichi ha scritto in Il vero e il falso. Passaggiando tra le stelle e a casa nostra che dopo la fine dell'espansione per esaurimento della forza di esplosione avrebbe potuto prevalere la forza di gravitazione che avrebbe potuto portare ad una contrazione dell'universo sino al Big Crunch o grande implosione. Egli ha scritto: “Tra 50 miliardi di anni (forse), raggiunto il massimo di espansione, avrà inizio la compressione, che si concluderà con il collasso gravitazionale. E poi? Niente. Nessuno può fare previsioni”. Ma poi Zichichi cita l’astrofisico Efim S. Fradkin, secondo cui la carica gravitazionale nella fase della contrazione si spegnerebbe evitando il collasso gravitazionale. Allora si giustificherebbe una serie illimitata di espansioni cosmiche.1 Il che manderebbe Dio in soffitta. Questo modello – aggiungiamo noi - è oggi prevalente in considerazione della recente scoperta dell’esistenza della materia oscura, di cui quella visibile delle stelle sarebbe soltanto il 2%. Essa giustificherebbe la fase successiva di contrazione dell’universo per il prevalere della forza di gravitazione, una volta esauritasi quella di espansione dopo il Big Bang.
Alla famosa astronoma Margherita Hack dopo una conferenza nella Facoltà dove ero allora giovane assistente di ruolo e professore incaricato, non ancora di ruolo, di storia della filosofia (ma da allora già studioso di cosmologia) domandai circa 40 anni fa: e prima del Big Bang? Mi rispose: la domanda scientificamente non ha alcun senso. Le risposi che la domanda non poteva essere evitata. Stephen Hawking nel suo libro L'universo in un guscio di noce ha scritto che domandarsi che cosa vi sia stato prima del Big Bang equivale a domandarsi che cosa vi sia a nord del polo nord. Anche questa risposta lascia insoddisfatti perché non vuole affrontare di petto la domanda evitandola. Ciò che segue è tratto liberamente dal mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica.
Eppure il cattolico Antonino Zichichi ha scritto in Il vero e il falso. Passaggiando tra le stelle e a casa nostra che dopo la fine dell'espansione per esaurimento della forza di esplosione avrebbe potuto prevalere la forza di gravitazione che avrebbe potuto portare ad una contrazione dell'universo sino al Big Crunch o grande implosione. Egli ha scritto: “Tra 50 miliardi di anni (forse), raggiunto il massimo di espansione, avrà inizio la compressione, che si concluderà con il collasso gravitazionale. E poi? Niente. Nessuno può fare previsioni”. Ma poi Zichichi cita l’astrofisico Efim S. Fradkin, secondo cui la carica gravitazionale nella fase della contrazione si spegnerebbe evitando il collasso gravitazionale. Allora si giustificherebbe una serie illimitata di espansioni cosmiche.1 Il che manderebbe Dio in soffitta. Questo modello – aggiungiamo noi - è oggi prevalente in considerazione della recente scoperta dell’esistenza della materia oscura, di cui quella visibile delle stelle sarebbe soltanto il 2%. Essa giustificherebbe la fase successiva di contrazione dell’universo per il prevalere della forza di gravitazione, una volta esauritasi quella di espansione dopo il Big Bang.
1
A. Zichichi, Il vero e il falso. Passeggiando tra le stelle e a casa nostra,
IL Saggiatore 2003, pp. 290 sgg
Il modello della contrazione è uno dei tre modelli affacciati dal russo Alexandr Fridman sulla base della relatività generale di Einstein, che tuttavia aveva supposto un universo stazionario e non in espansione.
Era
stato il fisico russo Alexandr Fridman (1885-1922) a ipotizzare,
sulla base della relatività di Einstein, tre modelli di
universo: 1) universo in espansione per eccesso della forza di
espansione originata dal Big Bang rispetto alla gravità; 2)
universo in espansione al limite della velocità di fuga
rispetto alla forza di gravità, con velocità che
rallenta senza mai annullarsi; 3) universo in contrazione per eccesso
di forza di gravità. Nel secondo modello rientra quello di
Einstein-De Sitter (1932).
Dell'errore del modello dell'universo stazionario Einstein fece ammenda quando Hubble sperimentò nel 1929 (effetto doppler della luce con spostamento sul rosso nello spettro della banda della luce) l'espansione dell'universo verificando quando già aveva presupposto teoricamente l'astronomo belga il prete Georges Lemaître . Già il fatto che sia stato un prete ad affermare l'espansione dell'universo ci dice che anche all'interno della Chiesa si erano affacciate delle idee che contrastavano nettamente con la Bibbia. Ma l'evoluzione dell'universo a partire da un inizio assoluto sembrava tuttavia non contrastare con un inizio assoluto coincidente con la creazione dal nulla. Pertanto non è il Big Bang che può mettere in crisi l'esistenza di una creazione divina (a parte la domanda che facesse Dio prima di 17 miliardi di anni fa).
Il fatto è che la teoria del Big Bang è ormai superata dalla teoria del pluriverso o universi paralleli (Alex Vilenkin, Un solo mondo o infiniti? Alla ricerca di altri universi). E non poteva non essere così se si voleva superare l'incomprensibile inizio assoluto di un universo. Il Big Bang spiega solo l'origine dell'universo visibile. Nel pluriverso si formano CASUALMENTE delle "bolle" o concentrazioni di energie che esplodono dando origine all'espansione. E' possibile che il nostro universo visibile sia stato attraversato da un altro universo dato l'enorme spazio vuoto che si può riscontrare nella nostra galassia.
Che la stessa formazione dell'universo visibile sin dal Big Bang sia contrassegnato da una CASUALITA' che demolisce qualsiasi interpretazione divina dell'universo è dimostrato dall'esistenza dell'antimateria (verificabile negli esperimenti dove le particelle vengono sottoposte ad alte energie). Già nelle prime frazioni del primo secondo del Big Bang non potevano non esistere sia la materia che l'antimateria (con protoni negativi ed elettroni positivi). Perché prevalse la materia sull'antimateria sino ad annullarne gli effetti? Nessuno lo può spiegare. Deve essere stato un fatto CASUALE. Se fosse prevalsa l'antimateria certamente non si sarebbe formato l'universo visibile così come si è formato dando origine sempre casualmente al nostro sistema solare. Vi è dunque la presenza DETERMINANTE di una casualità sin dall'origine dell'universo visibile. E la casualità demolisce qualsiasi interpretazione finalistica dell'universo, quasi che questo fosse il risultato di un progetto intelligente facente capo ad un Dio. Ma non basta. Le argomentazioni più forti contro ogni progetto intelligente dell'evoluzione scaturiscono dall'evoluzione biologica da una comune origine di tutte le forme di vita. Il papa ha detto che Dio ha creato l'universo lasciando che poi esso evolvesse secondo le sue leggi NATURALI. Quali leggi naturali? Se si tratta delle leggi della fisica queste non possono condizionare completamente la formazione degli organismi viventi sulla Terra. E' ormai oltre la teoria, per essere diventata verità scientifica, l'origine di tutti gli esseti viventi da una comune origine di tutti gli organismi, sia animali che vegetali.
La
natura, dopo almeno 3 miliardi di anni dalla comparsa delle prime
cellule procariotiche (cioè dei batteri e delle alghe
monocellulari che hanno prodotto l’ossigeno nell’atmosfera e che
si riproducevano per gemmazione), ha prodotto la differenziazione
sessuale, senza la quale non vi sarebbe stato il rimescolamento dei
geni, con la conseguente possibilità di mutazioni che hanno
dato origine a tutta l’evoluzione biologica.
Che ogni forma di vita abbia avuto origine dalla simbiosi di tre diversi tipi di cellula procariotica – che hanno dato origine alla cellula eucariotica animale – e dagli stessi tre tipi in aggiunta ad un quarto tipo – che hanno dato origine alla cellula eucariotica vegetale – è oggi una teoria ormai accreditata scientificamente. 1 La stessa cellula umana conserva un residuo di tale origine nel DNA mitocondriale, deputato principalmente alla produzione della molecola ATP che fornisce energia alla cellula nel metabolismo ossidativo. Senza la casuale formazione della cellula eucariotica non sarebbe stata possibile l’evoluzione, perché il batterio era già destinato a veder fallire in partenza ogni tentativo di costituire un organismo pluricellulare, non potendo le sue dimensioni ridotte contenere nuove attività biosintetiche diversificate.
Che ogni forma di vita abbia avuto origine dalla simbiosi di tre diversi tipi di cellula procariotica – che hanno dato origine alla cellula eucariotica animale – e dagli stessi tre tipi in aggiunta ad un quarto tipo – che hanno dato origine alla cellula eucariotica vegetale – è oggi una teoria ormai accreditata scientificamente. 1 La stessa cellula umana conserva un residuo di tale origine nel DNA mitocondriale, deputato principalmente alla produzione della molecola ATP che fornisce energia alla cellula nel metabolismo ossidativo. Senza la casuale formazione della cellula eucariotica non sarebbe stata possibile l’evoluzione, perché il batterio era già destinato a veder fallire in partenza ogni tentativo di costituire un organismo pluricellulare, non potendo le sue dimensioni ridotte contenere nuove attività biosintetiche diversificate.
1
Tale teoria fu formulata dalla biologa Lynn Margulis. La teoria
della Margulis è stata esposta in Simbiosi
ed evoluzione, Le Scienze, settembre 1987. I tre procarioti della cellula animale sono il mitocondrio, il mycoplasma e la spirocheta, che si aggiungono ai cloroplasti nella cellula vegetale. Su questo argomento cfr. Freeman
Dyson, Le origini
della vita, Bollati
Boringhieri 1985, pp. 27 sgg.
Fine della citazione del mio libro.
Il papa, del tutto scriteriato, è giunto al ridicolo affermando che Dio alle leggi naturali avrebbe aggiunto la libertà per l'uomo. Ma come può dire una simile sciocchezza? Se l'uomo è derivato dall'australopithecus (più di 3 milioni di anni fa) vi è da domandarsi: aveva già l'australopithecus l'anima immortale pur non avendo alcuna capacità di pensiero che lo rendesse individuo moralmente responsabile e perciò libero? Perché senza la responsabilità morale non esiste peccato, e senza peccato non esiste differenza per la dottrina cristiana tra uomini ed altri animali. Quando dunque l'uomo divenne individuo moralmene responsabile capace di distinguere il bene dal male? Forse soltanto con il sapiens sapiens? Cioè a partire da circa 150.000 anni fa? E come avvenne il salto dall'uomo puramente animale all'uomo dotato di responsabilità morale coincidente con l'anima immortale (giacché solo all'anima immortale dell'uomo la Chiesa attribuisce responsabilità morale e viceversa)? Quando e come ad una certa fase dell'evoluzione della specie homo Dio avrebbe aggiunto all'uomo l'anima immortale separandolo da resto del mondo animale? Qui frana più che in ogni altro luogo ogni spiegazione teologica dell'origine dell'uomo.
E' il caso di dire: o di tutti o di nessuno. Data la comune origine di tutte le forme di vita o tutti gli organismi viventi hanno un 'anima immortale o non ce l'ha alcuno. Non basta. In che sarebbe consistito il peccato originale senza il quale cade tutta la cristologia. Già alcuni decenni fa i teologi cristiani, accettando l'evoluzione naturale, cercarono di superare questa enorme difficoltà ipotizzando che una comunità di uomini si fosse ribellata a Dio peccando e che il peccato si fosse esteso a tutta l'umanità per partecipazione ad una stessa natura di specie. Ma in che epoca sarebbe avvenuto questo peccato? Non lo si dice. Gli stessi teologi ammettono che si tratta solo di ipotesi. Ma è evidente che è un arrampicarsi sugli specchi.
Quando la religione vuole porre d'accordo le sue fantasie dottrinali con la scienza è costretta anche a contraddirsi cercando di nascondere le sue contraddizioni. E allora alla sua antiscientificità si aggiunge la disonestà, che è anche più grave.
Anche l'uomo comune può essere indotto a pensare: è mai possibile che un Dio abbia creato un universo (pluriverso) infinito avendo come unico scopo quello di creare l'uomo su questa Terra facente parte di un sistema solare che nell'universo visibile fa parte di circa 200 miliardi di stelle in una galassia da ricomprendere in circa 300 miliardi di galassie?
Ciò che segue è tratto dal mio libro Io non volevo nascere.
Di fronte a simile sproporzione
Roger
Penrose, matematico di fama mondiale, nel suo libro di più di
mille pagine intitolato La
strada che porta alla realtà
(2004) ha svolto anche riflessioni riguardanti il principio
antropico, scrivendo: “Se la vita senziente è possibile, ci
dobbiamo aspettare la sua presenza in un universo spazialmente
infinito, anche se è estremamente improbabile che le
condizioni per la sua esistenza siano soddisfatte in qualsiasi
regione finita dell’universo. In un universo spazialmente infinito
la nostra previsione è che vi dovrebbe essere qualche luogo
nella sua infinita estensione dove appare la vita senziente, se non
altro per una fortuita riunione di tutti gli ingredienti necessari.
Ciò avverrebbe soltanto per caso, anche se in modo
straordinariamente raro…È persino difficile immaginare che
sia necessario qualcosa al di fuori della nostra galassia. Ma
potrebbe essere che la vita intelligente sia molto rara e che quindi
sia meglio avere a disposizione un più po’ di spazio.
Cerchiamo di essere generosi, chiedendo che una regione che abbia
come raggio un decimo della distanza fino al bordo dell’universo
osservabile debba rassomigliare all’universo che conosciamo, non
curandoci di ciò che avviene all’esterno di questa
regione”.1
Prosegue Penrose osservando: “Vedete quale incredibile spreco sia
stato per il Creatore il prendersi disturbo di produrre quest’altra
parte dell’universo, di cui non abbiamo effettivamente bisogno –
e di cui quindi non ha effettivamente bisogno il principio antropico
– per la nostra esistenza…Sarebbe stato molto più
economico in termini di probabilità avere mille di queste
regioni più piccole che soltanto un universo più
grande”. Tutto ciò serve a far capire come il Big Bang non
possa essere stato “una sorta di scelta iniziale” dovuta ad un
«atto di Dio», che sarebbe stato uno sprecone se avesse
voluto creare il mondo in funzione della creazione dell’uomo. In sostanza: Penrose afferma che Dio è stato uno sprecone nel creare un universo così grande solo per far nascere la vita su un sistema solare. Nel calcolo delle probabilità gli sarebbe bastato un universo più piccolo per creare le condizioni necessarie e sufficienti perché si formasse casualmente un sistema solare come il nostro con un pianeta come la Terra che contenesse la possibilità della vita. Se avesse creato universi più piccoli avrebbe creato, sempre per il calcolo delle probalità, le condizioni perché la vita sorgesse anche in altri universi. Dunque Dio non è stato affatto intelligente, è stato uno sprecone se voleva creare una vita intelligente soltanto in un universo.
Tali
argomenti possono essere integrati facendo riferimento alle ultime
ricerche riguardanti le leggi del caos e della complessità
esposte dal maggiore teorico della complessità e
dell’autorganizzazione in campo biologico che è Stuart
Kauffman, 2
il quale ha spiegato che in un regime ordinato al confine del caos,
cioè in una condizione di non equilibrio di un sistema
termodinamico aperto, dove vi è dissipazione di energia del
sistema e acquisizione di energia dall’esterno, è assai
probabile che si formi un ordine gratuito, secondo gli studi condotti
da Ilya Prigogine (Nobel 1977 per la chimica).3
Allo stesso modo, presupponendo un numero di “miscele
sufficientemente complesse di sostanze chimiche”, è assai
probabile che si formino “dei sistemi dotati della capacità
di catalizzare l’intricata rete di reazioni chimiche da cui sono
formate le molecole stesse”, cosicché le protocellule
sarebbero “il risultato non di una selezione naturale, ma piuttosto
dell’ordine spontaneo di sistemi auto-organizzati”.4
Se si ammette che in origine, data un’enorme rete di reazioni
chimiche, queste stesse reazioni fossero capaci di produrre anche una
sola molecola, ogni milione di molecole, capace di fungere da
catalizzatore per permettere una reazione chimica veloce, come fa
l’enzima nella cellula, si sarebbe formato nell’enorme rete di
reazioni chimiche un gruppo di molecole autocatalitico, cioè
“capace di autogenerarsi mediante reazioni catalizzate” sì
da rendere concepibile “l’origine della vita come proprietà
prevista del mondo fisico”, 5
ancor prima della formazione degli acidi nucleici dell’RNA, che
sono stati ritenuti sino ad oggi l’origine della capacità
riproduttiva della cellula. Facendo riferimento alla capacità
della materia non vivente di costituire casualmente dei composti
organici con la capacità di riprodursi ancor prima della
formazione dell’RNA non è più necessario postulare
una sorta di miracolo per spiegare il passaggio dalla materia non
vivente a quella vivente, mentre è possibile fare riferimento
a leggi generali della fisica che siano comuni alla fisica e alla
biologia. Poiché i sistemi viventi stanno tra l’ordine e il
caos, in un equilibrio instabile, si spiega la loro capacità
di evolversi anche per una piccola perturbazione del sistema di
riproduzione. A questo punto sulla casuale evoluzione dei sistemi
viventi ha agito sin dall’origine la selezione naturale darwiniana,
che non serve a spiegare come abbia avuto origine la vita, ma come
essa sia stata modellata nella coevoluzione dei sistemi viventi.
“Spero di persuadervi del fatto che la vita è una proprietà
naturale dei sistemi chimici complessi, del fatto che quando il
numero di specie molecolari differenti in un brodo chimico supera una
certa soglia, deve apparire improvvisamente una rete di reazioni che
si autoalimentano – un metabolismo autocatalitico…Gli
impressionanti sviluppi della biologia molecolare rendono ora
possibile immaginare la creazione di sistemi molecolari in grado di
auto-riprodursi – vita sintetizzata. Credo che questo traguardo
verrà raggiunto entro uno o due decenni.”6
“La vita può essere una proprietà emergente
prevedibile della materia e dell’energia…L’ordine spontaneo è
stato altrettanto potente della selezione naturale nella creazione di
un mondo vivente”.7
È questione di tempo: la biotecnologia riuscirà a
riprodurre in laboratorio la vita producendo protocellule formantisi
da una rete complessa di reazioni chimiche casuali. 8
I
teologi, prima di interpretare finalisticamente l'evoluzione
biologica, dovrebbero riflettere sulla casuale formazione della
cellula eucariotica, comparsa dopo più di tre miliardi di anni
dalla formazione dei protorganismi procariotici.
Se
ci si domanda perché siano quattro i nucleotidi (disposti in
coppia) che formano la sequenza del DNA (Adenina-Timina,
Citosina-Guanina), si può rispondere oggi che per un numero
inferiore di nucleotidi il numero degli errori per gene (dovuti a
mutazioni casuali nella sequenza nel processo di duplicazione delle
due eliche del DNA e nel processo di trascrizione del DNA in RNA
messaggero) sarebbe aumentato di molto. Sembra dunque che sia stato
più vantaggioso un numero piccolo di nucleotidi, ma non ancor
più piccolo, tale da causare una variabilità così
alta da rendere allo stesso tempo impossibile la selezione naturale.
Con due soli nucleotidi gli organismi non avrebbero avuto la capacità
di adattarsi alle condizioni ambientali, mentre con più di
quattro nucleotidi la complessità del processo biosintetico
sarebbe stata troppo elevata. Anche in questo caso è
intervenuta la selezione naturale sulla formazione di un numero
superiore di nucleotidi prodottisi casualmente.
Se
ci si domanda perché siano 20 gli amminoacidi che compongono
la catena polipeptidica delle proteine e la natura abbia utilizzato
soltanto questi tra tutti i possibili amminoacidi che si erano già
originariamente e spontaneamente formati, la cui esistenza è
documentata anche in base al ritrovamento di amminoacidi di origine
extraterrestre, la risposta è che ciò dipende dal fatto
che soltanto questi erano riconosciuti dai nucleotidi dell'RNAt
(transfert), che ha il compito di disporre gli amminoacidi lungo
l'RNAm (messaggero), che si richiude poi dando luogo alla proteina.
Tutte
le malattie genetiche derivano dall'originaria costituzione casuale
dello stesso DNA e dal casuale costituirsi del riconoscimento di soli
20 amminoacidi da parte dell'RNA.
“In
origine vi era un solo gene che codificava per 110 amminoacidi.
Successivamente il gene, replicandosi attraverso una serie di errori,
diede luogo a sequenze indipendenti ciascuna dalle altre, con tassi
di mutazione diversi. Si innescò in tal modo una serie di
alternative costituite da catene (polimeri) di nucleotidi il cui
numero non poteva essere limitato dal fatto di dover costituire dei
polimeri misti con le catene di amminoacidi”.9
Ma poiché una proteina è costituita mediamente da 300
amminoacidi e questi sono 20, si può ritenere che nel “brodo
primordiale” vi fosse la possibilità teorica di 20 elevato
300 amminoacidi, un numero superiore a quello dei protoni e dei
neutroni dell'universo (10 elevato 80). In realtà si formarono
solo la catene più stabili, “nell'esplosione di vie
alternative”10,
tenendo conto della selezione avvenuta in base alla necessità
che ogni catena di amminoacidi si fissasse con una compatibile catena
di nucleotidi tramite la catena dei nucleotidi (in polimeri misti di
catene di DNA e di amminoacidi. Altrimenti sarebbe stato impossibile
il sistema riproduttivo tramite la catena dei nucleotidi (del futuro
DNA). Inoltre, catene di polimeri misti troppo lunghi sarebbero
risultate troppo complesse per essere conservate.
1
Op. cit., Rizzoli 2005, pp. 760-63.
2
A casa nell’universo.
Le leggi del caos e della complessità
(1995), Editori Riuniti 2001.
3
La Nuova Alleanza.
Metamorfosi della scienza (con
Isabella Stengers), 1979, Einaudi 1981.
4
A casa nell’universo,
op. cit., pp. 41-.43.
5
Ibid., p. 92.
6
Ibid., p. 72.
7
Ibid., p. 101.
8
Ibid., p. 203.
9
M. Ageno, Dal
non vivente al vivente, Nuove ipotesi sull'origine della vita,
Theoria 1991, p.204.
10
Ibid., p. 133.
E' evidente, in conclusione, che il papa ha antiscientificamente rimosso la casualità che contrassegna l'evoluzione dell'universo sin dalla formazione delle galassie e delle stelle e ha rimosso la casualità anche nella formazione dei primi organismi. Ciò che appare guidato da un disegno finalistico è in realtà l'effetto di una selezione naturale, anch'essa rimossa sostituendola con una interpretazione teologica (finalistica) che va oltre ogni interpretazione scientifica dell'evoluzione. Rendiamo evidenti alcuni esempi di casualità determinante nella formazione della vita sulla Terra, che, se si fosse trovata ad una maggiore distanza dal sole (come Marte) sarebbe stata troppo fredda per consentire la vita, mentre, se si fosse trovata ad una minore distanza (come Venere), sarebbe stata troppo calda. Se si prescinde dalla casualità si arriva al ridicolo dell'attribuire a Dio la distanza giusta dal sole. Non basta. Circa 65 milioni di anni fa vi fu la scomparsa dei grandi rettili, senza la quale non vi sarebbe stata l'evoluzione dei piccoli mammiferi che vivevano infrattati e nascosti per non essere prede dei grandi rettili. La scomparsa dei grandi rettili fu dovuta alla caduta di un grande meteorite sulla penisola dello Yucatan (Messico) che sollevò un pulviscolo che oscurò tutta l'atmosfera rendendola quasi impenetrabile da parte della radiazione solare, con la conseguenza di una grande glaciazione. I rettili, animali a sangue freddo e privi di autotermoregolazione non furono in condizioni di sopravvivere al freddo, al contrario dei mammiferi, dotati di autotermoregolazione. E senza la scomparsa dei grandi rettili, pertanto, non vi sarebbe stata nemmeno l'evoluzione dei mammiferi sino all'uomo. Una concezione finalistica (teologica) della vita dovrebbe arrivare all'assurda affermazione che fu Dio a scagliare il meteorite sulla Terra per favorire l'evoluzione dei mammiferi.
Di fronte a tale ridicolo è meglio che il papa taccia invece di fare brutte figure pur di ingannare gli ignoranti e gli incapaci di riflettere anche sulla base di nozioni comuni.
L'estinzione di massa di molte specie a causa della selezione naturale è la migliore dimostrazione della mancanza di finalismo. Riporto qui quanto già scritto in Io non volevo nacere, che riprende le argomentazioni già esposte nel citato libro Biologia e filosofia
“Che
l'evoluzione non sia un processo prevedibile, deterministico, lo si
desume dalle molte catastrofi che hanno ripetutamente interrotto il
comodo procedere dell'evoluzione e hanno conferito agli eventi nuove
direzioni...L'evoluzione segue sempre una precisa direzione:
l'emancipazione dall'ambiente. Il fatto che questa direzione esista
non significa però minimamente che siamo in presenza di un
processo determinato. La via da seguire non era prescritta. Lo si
desume anche dai molti e diversi 'tentativi' intrapresi
dall'evoluzione. Non si può sicuramente desumere che l'uomo
fosse il suo traguardo. Però il profilarsi dell'uomo sulla
scena dell'evoluzione non è nemmeno il frutto di un puro caso,
anzi nemmeno un qualcosa di equiparabile a quella che Gould ha
definito 'contingenza'. Sono sempre sopravvissute nel corso
dell'evoluzione quelle forme che hanno ottenuto i maggiori progressi
in fatto di prestazioni del metabolismo e di capacità di
affrancarsi dai condizionamenti dell'ambiente”.1
Il 99% delle specie che si sono formate si è estinto nel corso
dell'evoluzione. Questo non è dipeso da catastrofi.
L'estinzione è la regola, mentre la sopravvivenza è
l'eccezione. Valutazioni prudenti dicono che 440 milioni di anni fa,
e poi 80 milioni di anni dopo, le forme di vita marine furono ridotte
del 70%. E 250 milioni di anni fa una percentuale di specie marine
compresa tra il 75% e il 90% si estinse.2
Ha
scritto Mario Ageno (che ebbe nel 1972 in Italia la prima cattedra di
biofisica): “Ciò che emerge è la mancanza di un
quadro progettuale, di un piano di lavoro predisposto. Una volta
imboccata una certa strada, si va avanti comunque per essa,
eventualmente mettendoci delle pezze. Se poi ciò si rivela non
più sufficiente, non è che venga riprogettata
completamente in modo razionale quella parte dell'organismo che è
chiamato in causa: semplicemente la specie si estingue e il suo posto
verrà preso prima o dopo da un'altra, che abbia tentato di far
fronte agli stessi problemi in altro modo. Un'idea sicuramente
sbagliata, ma ancora diffusa, è quella della straordinaria
perfezione di tutti i fenomeni di adattamento biologico. Si tratta,
come ormai è ben noto, soltanto di un mito. Gli esempi che si
possono portare per dimostrare il contrario sono moltissimi e a
portata di mano”. L'imperfezione della cellula si vede anche nei
circuiti chimici, in cui si instaurano circuiti parassitari che ne
riducono l'efficienza. Se ci si domanda come si sia potuto imporre
uno stato imperfetto della cellula, la risposta è che, presa
casualmente una certa direzione dall'evoluzione, quello era il
migliore funzionamento che si potesse ottenere. 3
Come
ha rilevato Gould, l'idea di progresso nell'evoluzione è un
errore di interpretazione, perché, considerando l'evoluzione
partendo dal batterio, paragonato ad un muro sinistro, l'evoluzione
non poteva che avvenire a destra, senza escludere regressioni e
involuzioni successive verso sinistra.4
E ciò esclude il finalismo a dispetto di tutte le
interpretazioni antropocentriche.
Ha
scritto Konrad Lorenz: “L'idea che l'uomo sia dall'inizio dei tempi
la meta prestabilita di ogni evoluzione naturale mi sembra il
paradigma della cieca superbia che precede la caduta. Se dovessi
credere che un Dio onnipotente ha creato intenzionalmente l'uomo
attuale, così come è rappresentato dall'esponente medio
della nostra specie, allora sì che dubiterei dell'esistenza di
Dio. Se questo essere, che spesso nelle sue azioni collettive è,
non solo così malvagio, ma anche così sciocco, dovesse
essere costituito a immagine e somiglianza di Dio, sarei costretto a
dire: quale misero Dio".5
'
2Ibid.,
pp. 134 sgg.
3
Mario Ageno, Le
radici della biologia,
Feltrinelli 1986, pp.205-6. Ho esposto il pensiero di Ageno,
formulatore di una nuova teoria riguardante l'origine della vita, in
Biologia e filosofia. Origine della vita ed evoluzione biologica.
Casualità e necessità, in Quaderno n.43 (1999) degli
Annali della Facoltà di Scienze della Formazione
dell'Università di Cagliari (per comprensive 518 pagine).
4
Stephen Jay Gould, Gli
alberi non crescono fino al cielo,
Mondadori 1977, pp. 190 sgg.
5
Il declino dell'uomo,
Mondadori 1984, p.232.