Che significa: Nel nuovo Reich non vi può essere crudeltà verso gli animali. Questa schifosa Europa deve ancora imparare dal nazismo in fatto di leggi a protezione della vita degli animali.
Un così orrido e crudele trasporto sarebbe stato vietato dalla legge a protezione degli animali voluta da Hitler
LA DENUNCIA
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Traggo quanto segue dal mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica. Esso riporta alcune pagine di un libro del 1938 da me tradotto e contenente il commento scritto da due autori nazisti in merito alle leggi volute da Hitler a protezione degli animali. Sulla legge hitleriana a protezione degli animali una mia studentessa svolse la sua tesi di laurea con 110/110 in una cornice di pensiero che fa riferimento al secondo Heidegger, il quale considera l'uomo come custode dell'essere, contro la concezione biblica del dominio umano sulla natura.
"Anche
nella passata legislazione sulla protezione animale tedesca possono
essere stabilite le diverse fasi di questo sviluppo…Ci sono la basi
per un ulteriore sviluppo affinché il maltrattamento animale
sia vietato e sanzionato per amore dell’animale, poiché gli
devono essere risparmiate inutili sofferenze…Le circostanze di
tortura e di brutale maltrattamento non erano in passato sufficienti
per la comminazione di una pena, l’atto doveva infatti avvenire
pubblicamente ed in maniera tale da provocare disappunto…Questo era
lo stato delle cose al momento dell’avvento al governo del Partito
tedesco Nazionalsocialista dei lavoratori all’inizio dell’anno
1933. Tramite questa nuova legge…il maltrattamento animale non è
più punito partendo dal punto di vista che la sensibilità
e i sentimenti umani debbano essere protetti dalla vista del
maltrattamento animale; non sono più gli interessi dell’uomo
ad essere in primo piano, ma si riconosce che l’animale deve essere
protetto in quanto tale…La maggiore protezione concessa all’animale
dalla legislazione nazionalsocialista ha sollevato la seguente
questione: se l’animale sia da considerarsi persona giuridica,
avente diritto soggettivo alla protezione. A questa domanda si deve
rispondere negativamente, in quanto solo
l’uomo o gli esseri umani possono essere soggetti di diritto.
Dal punto di vista giuridico l’animale è considerato un
oggetto…Questa constatazione non significa una limitazione o una
riduzione della protezione animale, piuttosto, nella questione sulla
protezione animale rimane il significativo passo avanti che ha
portato l’animale con la legge del 1933 ad essere considerato non
già soggetto di diritto, ma, per lo meno, oggetto di una
protezione, che va ben oltre le disposizioni finora esistenti;
inoltre la violazione dei doveri che l’umanità ha nei
confronti dell’animale è punita con una pena ben più
consistente”.
Si
vede come nella legge nazista a protezione degli animali perdurasse
una concezione etica, cioè antropocentrica, della protezione
animale. E questo non poteva non scaturire da uno Stato etico, come
quello nazista, che prescindeva dal diritto naturale. E’
contraddittorio riconoscere dei doveri nei riguardi di qualcuno se
quest’ultimo non è anche soggetto giuridico, e pertanto
portatore di diritti. Altrimenti il dovere di rispettarlo sarebbe un
puro riflesso di qualcos’altro, come nel caso del rispetto della
proprietà altrui, che deriva dal rispetto del proprietario.
Allo stesso modo l’animale potrebbe essere rispettato soltanto
perché proprietà di qualcuno, mentre la legga nazista,
contraddittoriamente, riconosceva un dovere di protezione
indipendentemente dal fatto che l’animale avesse un padrone.
Ribaltando il discorso di molti filosofi benpensanti che non
riconoscono l’esistenza del diritto naturale si può dire che
essi, se si porta all’estrema coerenza il loro pensiero, sono dei
potenziali nazisti perché non possono condannare i “crimini
contro l’umanità” se non facendo appello alla solita
retorica umanistica della dignità umana, mettendo insieme
innocenti e criminali.
Tuttavia la legge nazista a
protezione degli animali, pur contraddicendosi, andava oltre il
mancato riconoscimento di diritti naturali all’animale non umano.
Essa equiparava al maltrattamento “la negligenza nell’efficace
protezione degli animali contro trattamenti inadeguati”, come nei
sistemi di allevamento. A questo riguardo la legge nazista –
trascurando i tanti dettagli che qui non possiamo riportare -
imponeva, per esempio, al § 2, che le stalle non fossero
“prigioni per animali” non riparate dal freddo, ma fossero
abbastanza ampie in relazione al numero degli animali perché
l’anidride carbonica espirata non fosse maggiore dell’ossigeno,
secondo la richiesta “più luce nelle stalle”; che
l’alimentazione non fosse forzata allo scopo di favorirne
l’ingrasso, “perché il forzato afflusso di cibo e il
costante sovraccarico degli animali significano una tortura
ininterrotta e lunga settimane”; che un cane, se tenuto all’aperto,
dovesse avere una cuccia sollevata da terra e riparata dal freddo e
non potesse stare alla catena se non a condizione di poter correre
liberamente almeno due ore al giorno; che in orti di 300 mq animali
come i conigli non soffrissero il freddo e non potessero esservi più
di due coniglie con relativa prole e quattro galline; che gli
animali giovani o deboli non potessero essere portati al pascolo
nelle giornate fredde; che il mandriano non potesse costringere gli
animali a camminare forzandoli con il pungolo o con il bastone; che
gli uccelli in gabbia dovessero avere uno spazio sufficiente; che un
animale non potesse essere impiegato oltre le sue capacità
lavorative, dovendo un animale vecchio essere mantenuto per carità
o morire di morte indolore; che gli animali non potessero essere
sottoposti a maltrattamenti negli addestramenti “perché
l’ammaestramento richiede comprensione per le peculiarità e
per la psicologia dell’animale e deve essere affidato a persone che
agiscano umanamente, che hanno sensibilità nei confronti
dell’animale e comprensione per le capacità valorizzabili;
che cessasse pertanto l’impiego dell’orso danzante, come ogni
spettacolo fatto da ambulanti od ogni tipo di esposizione di animali
in gabbia come spettacolo; che cessasse ogni combattimento fra
animali (compreso quello tra galli). Veniva altresì
considerato reato l’abbandono di animali, a tal punto da ritenere
che fosse abbandono il semplice non curarsi di un cane o un gatto che
si avvicinasse ad un uomo, come pure sopprimere dei cuccioli senza
avere prima la certezza che potessero essere affidati e, in
subordine, il non averli portati da un veterinario per l’eutanasia
con il cloroformio.
Non
potendo dilungarci oltre nei dettagli veniamo al punto cruciale che è
il sistema di macellazione. Il commento alla legge nazista fa
esplicito riferimento al “rito
ebraico-islamico”, che viene fatto rientrare in un caso di grave
maltrattamento degli animali
in quanto privati di anestesia prima di essere abbattuti nei
mattatoi. La legge relativa è del 21 aprile 1933 e precede
dunque la legge a protezione degli animali (24 novembre 1933). Viene
rifiutata “come atrocità la macellazione eseguita secondo il
rituale ebraico, vale a dire l’abbattimento degli animali mediante
il dissanguamento ottenuto mediante recisione dei grandi vasi
giugulari senza previa anestesia”. Il commento riporta quanto nel
1910 ebbero a dichiarare 612 veterinari e 41 associazioni veterinarie
tedesche nel Reichstag tedesco: “sono riconducibili al
maltrattamento e estremamente angoscianti per gli animali già
gli indispensabili preparativi, l’immobilizzazione con le corde ed
il buttare l’animale a terra, così come il trasferimento
coercitivo del collo nel cappio…è senza dubbio riconducibile
al maltrattamento lo stesso taglio, praticato agli animali mentre
sono in pieno possesso della loro coscienza e della loro sensibilità
e che spesso, come in teoria erroneamente si suppone, non
diminuiscono progressivamente dopo pochi secondi, ma soltanto dopo
che per l’animale sono trascorsi atroci minuti. L’intero atto
della macellazione secondo il rituale ebraico ha un effetto
raccapricciante sullo spettatore imparziale ed è atto a
provocare un abbruttimento nella giovane generazione dei
macellatori”. Nel 1927 la Protezione Animale fece un’inchiesta
rivolta a tutti i professori di anatomia e fisiologia delle Scuole
Superiori di Veterinaria e delle Facoltà del Reich e 17 dei 20
professori risposero che il rituale ebraico era da ritenersi un
“maltrattamento per l’animale”, “barbarico”, “orrendo”,
“ripugnante”, “una cosa disumana”.
Poiché
gli ebrei ortodossi erano rimasti insoddisfatti anche della proposta
dell’uso dell’elettronarcosi, il governo tedesco volle sentire il
parere di scienziati ebrei (il prof. Jellinek di Vienna e il prof.
Lieben di Praga), che attestarono che le microscopiche modifiche del
cervello erano trascurabili e pertanto l’opposizione degli ebrei
ortodossi non era giustificata. La questione venne dibattuta anche
nel 1932 nella Prussia orientale e diversi istituti
anatomo-patologici studiarono anche gli effetti che aveva avuto la
corrente elettrica sul cervello in individui che erano sopravvissuti
ad incidenti. Furono riscontrate delle piccole emorragie visibili al
microscopio. Il governo nazista con una circolare del 21 gennaio 1935
mise al corrente i governi dei Laender di questi risultati. Dopo di
che si ritenne che l’insistenza degli ebrei ortodossi fosse “un
masso sulla via della regolamentazione giuridica della macellazione
ed in parte anche dello viluppo della Protezione Animale in Germania
e all’estero. Ma già il governo della Baviera aveva imposto
il 17 maggio 1930 la Legge sulla macellazione con anestesia.
Seguirono altri Stati tedeschi. Ormai il terreno era pronto per
vietare in tutta la Germania il rituale ebraico, e il governo
nazionasocialista ritenne che dovesse attribuirsi maggiore importanza
alle richieste della Protezione Animale piuttosto che a quelle degli
ebrei ortodossi. Era stata la Svizzera la prima nazione a mettere
fine alla macellazione senza anestesia nel 1893. Successivamente la
Sassonia nel 1892 e la Finlandia nel 1913, la Norvegia nel 1929. In
Polonia rimase limitata in alcuni mattatoi con legge del 1937 e nello
stesso anno in Svezia fu vietato il rituale ebraico. Il Congresso
internazionale della Protezione Animali del 1935 a Bruxelles,
consigliando una moderazione nell’uso dell’elettronarcosi e
volgendosi contro il rituale ebraico, per il resto richiese che gli
animali venissero prima anestetizzati. All’ultimo congresso
veterinario, tenutosi a Zurigo nel 1938 si consigliò a tutti i
governi di creare disposizioni sull’anestetizzazione degli animali
nei mattatoi.
Le obiezioni degli ebrei
ortodossi furono rintuzzate in Germania sulla base della
considerazione che una legge statale generale può porre limiti
anche alla libertà religiosa.
Gli
ebrei dell’Alta Slesia ottennero nel 1934 che fosse riamesso il
rituale ebraico in quella regione sulla base di un accordo del 1922,
e scaduto l’accordo nel 1937 nemmeno in Alta Slesia fu più
fatta eccezione per gli ebrei.1
Fa meraviglia che il governo nazista abbia rispettato un simile
accordo.
Gli
ebrei ortodossi hanno sempre fatto valere la posizione secondo la
quale l’atto della macellazione secondo il rituale ebraico è
un doveroso atto religioso; la loro religione proibirebbe loro il
consumo di carni di animali che sono anestetizzati prima del
dissanguamento, e una disposizione che dovesse rendere impossibile la
macellazione secondo il rituale ebraico sarebbe un intervento
inammissibile nel diritto alla pratica libera e indisturbata della
religione garantita dalla costituzione e dalla libertà di
coscienza. Lo Stato precedente dimostrò, per questi desideri
del mondo ebraico e per le riflessioni nate dalla dottrina ebraica,
molta più attenzione che non alle pressanti richieste della
Protezione Animali, tanto più che, anche da parte degli ebrei,
furono presentate relazioni che definivano la macellazione secondo il
rituale ebraico come non più orrenda di altri modi di
abbattimento. Secondo le spiegazioni di parte ebraico-ortodossa le
leggi alimentari ebraiche, che sarebbero di origine divina e che
troverebbero la loro motivazione nei testi basati sulla Bibbia,
dicono che un animale può essere macellato soltanto se non è
in qualche modo ferito nei suoi organi principali…Sebbene il
comandamento fosse evidentemente una disposizione sanitaria, per fare
in modo che animali straziati e già mezzo morti fossero ancora
macellati, dagli ebrei ortodossi anche i chimici per
l’anestetizzazione degli animali (come il cloridrato, il
cloroformio, il cloruro di magnesio, etc.) furono rifiutati con
riferimento al fatto che l’organismo animale non si troverebbe più
nella forma datagli da Dio”. Spiegano i commentatori alla legge
che gli ebrei rifiutarono anche l’anestesia tramite elettronarcosi
perché anche questo metodo causerebbe danni agli animali da
macello, soprattutto nel cervello. Agli ebrei fu concesso con
circolare del 27 luglio 1933 di importare della carne di animali
macellati secondo il rituale ebraico.
La
legge sulla macellazione con il decreto del 21 aprile fu estesa alle
macellazioni casalinghe, nelle campagne. Pertanto anche gli animali
come i conigli e le galline dovevano essere prima privati dei sensi,
previa istruzione di coloro che effettuano la macellazione,
sorvegliati da ufficiali veterinari. Anche in tal caso dovevano
essere rispettate le norme che imponevano che la macellazione fosse
eseguita dopo un regolare corso professionale ed avere sostenuto un
esame che rilasciasse apposito certificato. Mentre, da una parte, si
risparmiavano inutili torture, la circolare voleva anche impedire che
i bambini e gli adolescenti subissero un abbruttimento assistendo
alla macellazione, che doveva avvenire al chiuso e fuori dei loro
sguardi. Con la circolare del 23 ottobre fu predisposta una
sorveglianza con particolare attenzione alle macellazioni casalinghe.
E lo stesso decreto al § 6 si riservava di ammettere altri
metodi di anestetizzazione. Al § 7 si precisava che “che gli
animali dovessero avere gli occhi bendati perché evitare una
loro irrequietezza.
Vi
è da riflettere su questo punto. Come può un uomo avere
sensibilità e rispetto per la vita se è capace di
macellare, come in una catena di montaggio, animali di ogni specie?
L’atto dell’uccidere è materialmente identico. Non esiste
violenza che non sia tale soltanto perché non indirizzata
contro gli uomini. Se
si ritiene che sia diseducativo assistere alla macellazione,
significa che l’educazione è fondata sull’ipocrisia.
Con
il successivo decreto del 14 gennaio 1936 si estendeva la
macellazione con anestesia anche ai pesci. Tale decreto recepiva
l’ordinanza del Ministro prussiano per l’agricoltura dell’11
settembre 1933, che, a sua volta, recepiva, unificandole le ordinanze
di vari Stati tedeschi che avevano già provveduto ad estendere
l’anestetizzazione ai pesci. Questi dovevano giungere vivi ai
mercati in contenitori d’acqua di mare. “Se i pesci che sono
tenuti in un contenitore d’acqua raggiungono in gran numero la
superficie dell’acqua, è evidente che…l’acqua deve
essere condotta sufficiente aria fresca; il pescivendolo, il
ristoratore etc. dovrà aggiungere acqua fresca oppure far
affluire per altra via ossigeno all’acqua”. “Il concetto della
Protezione Animali, che i pesci devono essere storditi, anche se
l’esecuzione dovesse comportare delle complicazioni per gli affari
del commercio del pesce, è stato messo in primo piano (nel
decreto). Con un po’ di buona volontà il commercio del pesce
ammetterà la necessità di questa disposizione ed
osserverà la norma…In caso di macellazione (del pesce) in
casa, l’acquirente, l’albergatore etc. deve eseguire lo
stordimento prima della macellazione…Bisogna ammettere che nel caso
dei pesci e di altri animali di classe inferiore la cosiddetta
attività di riflesso riguarda un ambito molto più ampio
rispetto all’attività determinata da sensazioni consapevoli.
Ma, anche se con molta probabilità si potrebbe contestare loro
un sentire spirituale, si deve, comunque, fare in modo che, in caso
di uccisione di questi animali, si agisca nella maniera più
delicata possibile…L’elettronarcosi dei pesci è, di
conseguenza, stata ammessa nel decreto anche per lo stordimento dei
pesci”.
Quanto
al trasporto degli animali le norme dell’8 settembre 1938
richiedevano che fossero evitati sforzi e disagi. I vagoni dovevano
essere riparati internamente dal freddo e essere aerati vicino al
soffitto durante l’inverno perché non ristagnasse l’anidride
carbonica e dovevano avere delle porte aperte durante l’estate. La
ferrovia doveva impedire il trasporto di animali infermi o fragili se
ritenuti tali dal veterinario. Gli animali che si fossero ammalati
durante il viaggio dovevano essere curati, se era possibile. Ma non
potevano proseguire. I vagoni dovevano permettere a ciascun animale
di avere uno spazio sufficiente. Fu approntata a tal fine una tabella
riportante lo spazio necessario per ogni specie animale (per il
cavallo, per esempio, lo spazio era di mq 1,90 x 2, per il bue di mq
150 x 1,75). Se il trasporto durava almeno 36 ore gli animali, oltre
ad avere a disposizione, in qualsiasi caso, l’abbeveraggio,
dovevano avere anche alla nutrizione nelle stazioni di passaggio.
Nelle stazioni dove vi era un regolare traffico di spedizioni animali
bisognava approntare dei recinti dove gli animali potessero sostare
per l’abbeveraggio e per il nutrimento. Gli animali posti in
contenitori dovevano avere gabbie spaziose e aerate. Tali
disposizioni dovevano essere rispettate alla frontiera anche per gli
animali che provenivano da altro Stato, e quelli che fossero
risultati malati o deboli non avrebbero potuto continuare ad essere
trasportati. Ogni mucca con il suo vitello da latte doveva essere
separata dagli altri animali tramite recinzione e non doveva
sopportare un viaggio più lungo
di 18 ore. Ai cavalli dovevano essere tolti gli zoccoli. Il pavimento
dei vagoni doveva essere ricoperto di sabbia e fieno, terriccio
torboso o segatura.
Il
commento alla legge nazista per la protezione degli animali termina
con considerazioni molto interessanti ed attuali. “Nell’ambito
della protezione animale è nata in breve tempo un’opera
giuridica speciale di alto significato etico e culturale, della quale
possiamo essere orgogliosi, e che ha avuto risonanza ovunque e che
supera la regolamentazione degli Stati esteri. La Germania nel campo
della legislazione sulla protezione degli animali detiene il comando.
Ma anche nell’impostazione dell’uomo nei confronti dell’animale,
e nella posizione dell’animale stesso nella natura, si è
verificato un grande cambiamento. L’animale non è più
una parte della proprietà o un essere senza padrone come un
tempo, con il quale l’uomo può fare ciò che vuole, ma
una parte vivente della natura, nei confronti della quale l’uomo
deve mostrare rispetto e compassione per le sofferenze che potrebbe
provare. Adesso l’animale viene protetto di per se stesso; lo Stato
riconosce che, in qualità di essere vivente, esso ha diritto
ad essere protetto da maltrattamenti. Gli animalisti…vedono nella
generosa legislazione sulla protezione degli animali del governo del
Reich una ricompensa per il loro pluriennale, fedele e tenace lavoro.
Deve entrare in gioco l’istruzione del prossimo, ed inoltre la
comprensione per gli animali e l’amore per un essere muto, devono
essere risvegliati ed insegnati già a scuola nonché
resi bene comune di tutti i connazionali; gli uomini tedeschi devono
essere educati alla protezione degli animali fin dalla più
giovane età. Come ha detto Hermann Goering, “più
importante delle leggi per la protezione animale è
l’educazione degli uomini tedeschi alla tutela degli animali
stessa”. Partendo
da questa dichiarazione il Ministro per la scienza, l’educazione e
la formazione del popolo, su richiesta della Lega del Reich per la
protezione degli animali, ha ordinato di spiegare ed istruire nella
maniera adeguata sul significato di "protezione animale"
gli studenti e gli alunni delle scuole professionali e delle scuole
elementari e di fare in modo che in tutte le scuole i programmi
scolastici assicurino il diffondersi dell’effetto educativo della
Legge per la protezione degli animali…La società tedesca di
psicologia animale si è data il compito di esplorare i segni
di vita legati allo spirito degli animali e di illuminare l’uomo
sul suo naturale atteggiamento verso gli animali, e vuole rendere la
ricerca sulla psicologia animale utile per la protezione animale;
grazie a ciò essa svolgerà un lavoro preciso, in quanto
soltanto un chiaro, ben fondato atteggiamento dell’uomo nei
confronti dell’animale costituisce la base naturale per la
protezione animale a livello dell’uomo nei confronti dell’animale
costituisce la base per la protezione animale a livello pratico”.
Nonostante
non appaia il concetto di diritto naturale, quest’ultimo passo, nel
suo attribuire uno spirito agli animali, rappresenta un progresso
rispetto ad una frase precedente che, negando si potesse attribuire
all’animale un diritto soggettivo, identificava, si è visto,
l’animale con un oggetto avente un padrone, se pur con il relativo
dovere di proteggerlo, inspiegabile in mancanza di un diritto
dell’animale. Siamo di fronte ancora ad una concezione
antropocentrica, se pure caratterizzata dalla sostituzione del
termine biblico “dominio” con il termine “protezione”.
1
Da notare come questo fatto sembri contrastare l’immagine di una
persecuzione generalizzata degli ebrei, che si videro rispettare un
precedente, se pur barbaro, accordo.
Gentile prof., purtroppo, come nello scritto da lei citato anche nell'ambito di molte associazioni animaliste, permane una diffusa concezione moralistica della società. Questa concezione impone alcuni "doveri morali" che, in quanto morali, non sono nemmeno dei doveri. Infatti non è detto che ciò che è morale per alcuni lo sia anche per altri.
RispondiEliminaMolti riferiscono a tali "doveri" il rispetto degli animali ma in tal modo possono solo limitarsi a contestare il comportamento, ritenuto "immorale" di chi consuma carne, senza però poterne mettere in dubbio la legittimità. E' lo stesso discorso che ha fatto lei: non potendo la morale essere fondamento del diritto, non si capisce come gli animali possano essere oggetto di doveri se non sono loro stessi portatori di diritti. Non si può parlare di "diritti degli animali" senza riferirli al diritto naturale estraneo all'ambito della morale.
Diversamente io, vegano, CONDANNO il consumo di carne, in quanto contrario alla GIUSTIZIA NATURALE che IMPONE il rispetto di tutti gli animali (le piante meriterebbero un discorso a parte), perché basata sull'uguaglianza di tutti gli animali, data una comune origine "unicellulare" di tutti gli esseri viventi.
Caro Marcus
RispondiEliminapeccato che Hitler abbia commesso l'errore impedonabile di perseguitare TUTTI gli ebrei, anche quelli atei. Se si fosse limitato a distruggere tutte le sinagoghe sarebbe stato ricordato come Napoleone. Fece le stesse cose. Naoleone voleva unificare l'Europa sotto il dominio della Francia. Hitler invase l'Europa sotto il dominio della Germania. La storia è storia di invasioni.
La storia è scritta sempre dai vincitori.