Prima di tutto non si capisce se la responsabilità civile riguardi anche le sentenze civili.
Non si capisce ancora se si possa ricorrere anche contro una
sentenza non ancora passata in giudicato. E se fosse errata anche
una sentenza della Cassazione chi giudicherà che sia errata per
travisamento dei fatti, per errore inescusabile e negligenza?
Bisogna considerare che i magistrati fanno carriera per anzianità e
non per merito. Pertanto l'ignoranza e la negligenza possono arrivare
anche in Cassazione. E poi bisogna aspettare che lo Stato si muova
entro due anni prima che condanni il giudice al risarcimento. Campa
cavallo. La legge avrebbe dovuto costringere i giudici ad
assicurarsi perché non sia lo Stato a pagare rifacendosi solo
parzialmente sullo stipendio di un giudice (al massimo metà dello stipendio annuale). Si è obiettato che in questo modo i tribunali verrebbero ancora di più intasati perché vi sarebbero migliaia di cause contro i giudici. Ma l'obiezione è mal posta proprio perché la renziata non ha previsto che non siano dei giudici togati a giudicare le malefatte (tali sono gli errori gravi di una sentenza causati da palese negligenza ed ignoranza) di altri giudici. Si sa che i giudici difficilmente avrebbero il coraggio di condannare altri giudici, appartenendo alla stessa casta. Ognuno sarebbe indotto a pensare: domani potrebbe toccare a me. I corvi tra loro non si mangiano. Il traditore Alfano, quando era ministro della giustizia del governo Berlusconi, aveva formulato un disegno di legge che prevedeva l'istituzione di un'Alta Corte di giustizia formata per metà da giuristi (studiosi del diritto) e per l'altra metà da giudici (manovali del diritto, che, da quando mettono piede nei palazzacci dopo avere, magari fortunosamente, superato un concorso di ingresso nella magistratura, possono anche, con il permesso della legge, non aprire più un libro di diritto, potendo ignorare per il resto della vita quella dottrina che, tuttavia, avevano dovuto studiare da quando erano studenti universitari e hanno dovuto ristudiare per presentarsi al concorso per la magistratura, l'unico concorso della loro vita perché poi vanno avanti per progressione di carriera e di stipendio solo per anzianità). Assurdo. Alfano fu poi tolto dal ministero della giustizia per essere nominato segretario del partito (PDL) da Berlusconi (che non ne ha combinato una giusta). Che fine ha fatto quel disegno di legge? Dovrebbe invece essere istituita un'Alta Corte di giustizia formata solo da giuristi e da avvocati di chiara fama per evitare un conflitto di interessi all'interno della casta dei giudici togati. In modo che questi non si sentano più degli irresponabili padroni della giustizia. Negli Stati Uniti esiste un'Alta Corte di giustizia che pone sotto accusa i giudici, ma i suoi componenti vengono eletti dal popolo, come avviene nelle giurie popolari per i Tribunali penali.
Sto per ricorrere in Cassazione civile contro una sentenza che è un cumulo di contraddizioni. Una sentenza aberrante della Corte d'Appello di Cagliari. Premetto che il Collegio di fatto non esiste e che gli altri due giudici non conoscono nemmeno la causa. Il terzo poi non ha nemmeno l'obbligo di firma. Altrimenti dovrei pensare che mi sono trovato di fronte a tre giudici schizofrenici. Per esempio. A p. 6 della sentenza si legge che il 15 settembre 1997 ho presentato ricorso con provvedimento cautelare contro la nomina illegittima di un liquidatore. A p. 13 si dice esattamente il contrario. Avrei sbagliato perché avrei dovuto fare ricorso al Tribunale contro la nomina del liquidatore. Ma se è proprio ciò che avevo fatto! INCREDIBILE. Non basta. In una pagina si dice che la mia successiva domanda di revoca ai sensi dell'art. 742 c.p.c. della nomina del liquidatore era infondata perché il presidente del Tribunale non ha il potere di revocare il proprio decreto. FALSO. Vi è stata una violazione della legge e della costante giurisprurdenza perché il presidente del Tribunale può in ogni tempo revocare il proprio decreto. Ma poi la sentenza, contraddicendosi, ammette che la revoca (da me ottenuta, ma purtroppo dopo la vendita illegittima che ha preceduto di pochi giorni la revoca pur essendo ancora in corso il procedimento) ha comunque valore ex nunc e non ha efficacia retroattiva (ex tunc). Falso anche questo. Si sa per giurisprudenza costante che la revoca ha sempre valore retroattivo quando sia fondata su un vizio di illegittimità, salvi i diritti dei terzi in buona fede. E la revoca della nomina del liquidatore avvenne a causa della sua riconosciuta "abnormità". Abnorme significa che la nomina del liquidatore stava fuori dei poteri giurisdizionali del presidente del Tribunale che l'aveva nominato nonostante fosse documentato in causa il mio dissenso. Il presidente del Tribunale può nominare un liquidatore per una società di persone solo quando vi sia il consenso di tutti i soci (art. 2272 C.C., n. 3). Altrimenti è necessario un giudizio ordinario. La sentenza ha anche omesso di esaminare la documentata malafede sia del liquidatore che dell'acquirente. Non basta. In Corte d'Appello è stato ripetuto in sentenza l'errore del "giudice" monocratico del Tribunale che ha scritto che il liquidatore ha agito in buonafede vendendo perché era confortato dal fatto che vi era stata una precedente sentenza definitiva (sic!) con cui ero stato revocato dalla carica di amministratore. Incredibile. Sentenza definitiva è la sentenza che decide su tutte le domande, altrimenti si tratta di una sentenza parziale. "Definitiva" non significa affatto che sia passata in giudicato. Tanto è vero che questa sentenza fu poi annullata dalla stessa Corte che mi reintegrò nella carica di amministratore con sentenza passata in giudicato. Ma confondere una sentenza definitiva dandole il significato di sentenza passata in giudicato è un errore assolutamente ingiustificabilie, dettata da negligenza e/o ignoranza inescusabile. Di fronte ad errori così gravi non vi è ragione che tenga. Ora mi domando. Debbo sperare che la Cassazione rilevi queste contraddizioni ( e non le ho dette tutte) e riformi la scriteriata sentenza della Corte di Cagliari per chiedere che almeno il giudice relatore in Corte d'Appello (una donna: Donatella Aru) sia ritenuto colpevole di una sentenza così scriteriata? O deve pagare tutto il Collegio anche se di fatto inesistente?
Sto per ricorrere in Cassazione civile contro una sentenza che è un cumulo di contraddizioni. Una sentenza aberrante della Corte d'Appello di Cagliari. Premetto che il Collegio di fatto non esiste e che gli altri due giudici non conoscono nemmeno la causa. Il terzo poi non ha nemmeno l'obbligo di firma. Altrimenti dovrei pensare che mi sono trovato di fronte a tre giudici schizofrenici. Per esempio. A p. 6 della sentenza si legge che il 15 settembre 1997 ho presentato ricorso con provvedimento cautelare contro la nomina illegittima di un liquidatore. A p. 13 si dice esattamente il contrario. Avrei sbagliato perché avrei dovuto fare ricorso al Tribunale contro la nomina del liquidatore. Ma se è proprio ciò che avevo fatto! INCREDIBILE. Non basta. In una pagina si dice che la mia successiva domanda di revoca ai sensi dell'art. 742 c.p.c. della nomina del liquidatore era infondata perché il presidente del Tribunale non ha il potere di revocare il proprio decreto. FALSO. Vi è stata una violazione della legge e della costante giurisprurdenza perché il presidente del Tribunale può in ogni tempo revocare il proprio decreto. Ma poi la sentenza, contraddicendosi, ammette che la revoca (da me ottenuta, ma purtroppo dopo la vendita illegittima che ha preceduto di pochi giorni la revoca pur essendo ancora in corso il procedimento) ha comunque valore ex nunc e non ha efficacia retroattiva (ex tunc). Falso anche questo. Si sa per giurisprudenza costante che la revoca ha sempre valore retroattivo quando sia fondata su un vizio di illegittimità, salvi i diritti dei terzi in buona fede. E la revoca della nomina del liquidatore avvenne a causa della sua riconosciuta "abnormità". Abnorme significa che la nomina del liquidatore stava fuori dei poteri giurisdizionali del presidente del Tribunale che l'aveva nominato nonostante fosse documentato in causa il mio dissenso. Il presidente del Tribunale può nominare un liquidatore per una società di persone solo quando vi sia il consenso di tutti i soci (art. 2272 C.C., n. 3). Altrimenti è necessario un giudizio ordinario. La sentenza ha anche omesso di esaminare la documentata malafede sia del liquidatore che dell'acquirente. Non basta. In Corte d'Appello è stato ripetuto in sentenza l'errore del "giudice" monocratico del Tribunale che ha scritto che il liquidatore ha agito in buonafede vendendo perché era confortato dal fatto che vi era stata una precedente sentenza definitiva (sic!) con cui ero stato revocato dalla carica di amministratore. Incredibile. Sentenza definitiva è la sentenza che decide su tutte le domande, altrimenti si tratta di una sentenza parziale. "Definitiva" non significa affatto che sia passata in giudicato. Tanto è vero che questa sentenza fu poi annullata dalla stessa Corte che mi reintegrò nella carica di amministratore con sentenza passata in giudicato. Ma confondere una sentenza definitiva dandole il significato di sentenza passata in giudicato è un errore assolutamente ingiustificabilie, dettata da negligenza e/o ignoranza inescusabile. Di fronte ad errori così gravi non vi è ragione che tenga. Ora mi domando. Debbo sperare che la Cassazione rilevi queste contraddizioni ( e non le ho dette tutte) e riformi la scriteriata sentenza della Corte di Cagliari per chiedere che almeno il giudice relatore in Corte d'Appello (una donna: Donatella Aru) sia ritenuto colpevole di una sentenza così scriteriata? O deve pagare tutto il Collegio anche se di fatto inesistente?
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