venerdì 13 novembre 2015

IL DIRITTO DI NON NASCERE. CORTE COSTITUZIONALE DI SCHIZOFRENICI

La Corte Costituzionale (tra l'altro di composizione anticostituzionale, come ho spiegato più volte a causa della legge elettorale da essa stessa dichiarata anticostituzionale: medice, cura te ipsum) ha sentenziato che è costituzionale l'esame degli embrioni per verificare se vi siano malattie ereditarie. Ma da schizofrenici i suoi membri hanno aggiunto che è anticostituzionale distruggere gli embrioni che si siano rivelati portatori di malattie. Io dico che questa Corte è costituituita da pazzi.  Che fine dovrebbero fare questi ultimi embrioni portatori di malattie? Debbono essere conservati per sempre? E a che fine? Siamo all'incredibile.     
E' stato giustamente osservato che vi è anche il diritto di non nascere (Fabio Bacchini, Il diritto di non esistere, MacGraw-Hill, Milano 2002). L'autore riporta la sentenza di un tribunale francese che, su richiesta dell'interessato, che non voleva nascere, ha condannato i medici che non avevano saputo riconoscere negli esami prenatali la malattia ereditaria del denunciante. Ma il diritto di non esistere è stato limitato al diritto di non nascere già predisposti a determinate malattie. L'etica si è subito presentata con i suoi laceri panni per difendere in ogni caso la sacralità della vita umana, come vi era da aspettarsi nell'uso di un termine che appartiene al linguaggio religioso, che dovrebbe essere espunto dal linguaggio del diritto, se non si vuole considerare sacra anche la vita del peggiore criminale. L'autore del testo citato vorrebbe risolvere il paradosso affermando che in realtà non può esistere alcun diritto per chi ancora non esiste, altrimenti i genitori che trasmettono malattie ereditarie dovrebbero essere oggetto di sanzioni penali. A tale apparente paradosso si può rispondere che la legge non interviene normalmente soltanto per punire un reato quando esso sia stato già compiuto, ma anche per mancanza di applicazione di quella normale prudenza che avrebbe permesso di evitare che altri rimanessero vittime di un danno irreparabile. Ed è sempre la morale che, contrastando il diritto di un organismo di conseguire il suo benessere fisico con il recupero delle sue funzionalità normali compromesse da gravi malattie, sta oggi ritardando o impedendo la ricerca scientifica sulla utilizzazione delle cellule degli embrioni necessarie per riparare organi ormai compromessi. La morale giunge a considerare come individuo portatore di diritti un embrione, che, al contrario, non può considerarsi ancora individuo, essendo privo di quella completezza che sola può dar luogo all'esistenza di funzionalità naturali, e dunque al diritto di conservarle per la raggiunta condizione biologica di un organismo completo capace già di tendere al suo benessere. Inspiegabilmente l'opposizione all'impiego di embrioni viene anche da ambienti laici, dove tuttavia contraddittoriamente, si giustifica l'aborto legale, facendo prevalere l'interesse della madre, anche soltanto perché rimasta involontariamente incinta, e perciò anche quando non si tratti di un suo interesse alla salute, mentre ci si dimentica dell'interesse di milioni di individui malati che potrebbero essere curati con la coltivazione di cellule embrionali. Quanto all'opposizione proveniente da ambienti religiosi, essa si fonda sul dogma secondo cui già all'atto del concepimento vi sarebbe l'anima immortale. A questa opposizione si può replicare che essa parte dal presupposto che la vita sia un dono di Dio, pur in mancanza di un ricevente prima del concepimento.. In secondo luogo si dà per scontato che la vita sia un bene, anche se nessuno ha mai chiesto di nascere per essere costretto a fare l'esperienza della morte. E tuttavia si continua ad usare il non senso linguistico dell'espressione "donare la vita", non avendo il coraggio di dire "donare la morte". Pertanto si è convinti  che si faccia del bene a chi non ancora esiste e a chi non può desiderare alcun bene. Questo non senso linguistico è simile a quello in cui cade una massa di idioti che dicono di voler sfidare la natura, per esempio scalando una montagna: come se la natura potesse esistere come sfidante. In caso di infertilità il desiderio di avere un figlio appare una sorta di accanimento egoistico nel voler far nascere un altro individuo. L'inseminazione artificiale può giustificarsi soltanto nel caso in cui la coppia sia fertile ma voglia evitare con la terapia genica la trasmissione di malattie ereditarie. In ta caso  la scelta dell'embrione più adatto, ripulito geneticamente, non  può comportare la costrizione ad impiantare altri embrioni, che non chiedono di nascere, cioè di fare l'esperienza della morte. La politica, corrotta dalla morale, può arrivare persino all'insipienza del ritenere che la vita sia comunque un bene, se pur non richiesto, anche se si nasce già segnati da malattie.  La vita non può essere considerata un bene prima di nascere. Essa appare un bene solo perché, come dice Hobbes (De cive), una volta nati la  morte appare "il massimo dei mali naturali".  La vita è la condizione naturale che porta a conseguire dei beni, ma essa di per sé non è un bene. Appare un bene perché la morte, una volta nati, è la perdita di tutto.   
Deve essere proibita l'inseminazione eterologa, se rimane anonimo il vero genitore. Infatti il nascituro, non potendo avere conoscenza del padre o della madre naturale, verrebbe danneggiato perché   privato del suo diritto naturale di conoscere il patrimonio genetico di ambedue i genitori in relazione alla necessità di una anamnesi medica che faccia riferimento ad esso. Si aggiunga il danno psicologico, in alternativa alla menzogna perpetua avallata dalla legge, derivante dalla scoperta da parte del figlio, di non poter conoscere il suo vero pade o la sua vera madre. E ciò in conseguenza dell'egoismo di chi vuole un figlio ad ogni costo accampando un falso diritto alla paternità o alla maternità. Un diritto può esistere nei confronti di chi esiste, non nei confronti di chi non esiste. 

Deve essere proibito alla madre di abbandonare in ospedale  il neonato sotto la garanzia dell'anonimato, dovendosi  sempre garantire al figlio la possibilità di conoscere i suoi genitori, anche ai fini di una anamnesi medica. La madre deve essere costretta dalla legge ad indicare il padre del neonato, da sottopporre, se necessario, alla prova del DNA. Anche se ciò non comporterebbe da parte del padre e della madre naturali l'onere di provvedere materialmente al neonato abbandonato, da affidare successivamente ad altra coppia, potendo nell'adozione avere una vita migliore.  

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