mercoledì 4 novembre 2015

SE IL PAPA FOSSE COME JEAN MESLIER? NON CI CREDO MA PER MESTIERE DEBBO DIRE CHE E' VERO

Jean Meslier (1664-1729), che per tutta la vita fu un canonico di campagna, apparentemente dedito unicamente al compimento del suo ufficio pastorale, è un caso unico nella storia perché egli, in realtà, fu per tutta la vita un ateo che ritenne sempre che la religione fosse soltanto un cumulo di menzogne. Soltanto dopo la sua morte fu trovato il Testamento1  di circa mille pagine, dove si dice che l’inferno esiste soltanto sulla terra. Egli rimase famoso per la frase che dice: “ Che tutti i grandi della terra e tutti i nobili siano strangolati con le budella dei preti”. Egli considera la follia umana che ha attribuito a Dio l’abitudine di sacrificargli esseri innocenti quali sono gli animali, e passa in rassegna vari libri del Vecchio Testamento. Il suo bersaglio preferito sono i cartesiani per “la ridicola opinione, massimamente perniciosa, detestabile dottrina che tende manifestamente a soffocare nel cuore degli uomini tutti i sentimenti di bontà, di dolcezza e di umanità che potrebbero avere per questi poveri animali”. Contro la tesi cartesiana che la materia non implichi di per sé il movimento e che esso sia stato aggiunto da Dio, Meslier afferma che il movimento è una proprietà della materia, di cui sono fatti gli uomini e gli altri animali. “Il pensiero non è un essere autonomo e assoluto, ma solo una modifiazione, un’azione vitale dell’essere che pensa...Bisogna dire necessariamente la stessa cosa della vita corporea, sia di quella degli uomini, sia di quella degli animali e delle piante.”2 Da qui l’esigenza di un ordine di giustizia che si estenda a tutti i viventi, perché il diritto di non soffrire non può essere soltanto dell’uomo: “Benedette siano le nazioni che trattano benignamente e favorevolmente gli animali, che compatiscono le loro miserie e i loro dolori. Maledette siano le nazioni che li trattano crudelmente, che li tirannizzano, che amano spargere il loro sangue, che sono avide di mangiare la loro carne”.3

Voltaire ebbe conoscenza dell’opera di Meslier e ne pubblicò un breve estratto nel 1762 in funzione antireligiosa, ma preoccupandosi anche di non citare alcuna delle frasi in cui Meslier faceva appello ad una rivoluzione sociale. Voltaire scrive in Le philosophe ignorant: “ E’ fuor di dubbio che un cane da caccia ha l’idea del suo padrone quando gli obbedisce e l’idea della selvaggina che gli porta. Quindi, se il pensiero dell’uomo è in pari tempo l’essenza della sua anima, il pensiero del cane è parimenti l’essenza sua; e, se l’uomo ha sempre idee, è necessario che anche gli animali ne abbiano sempre”.4

In questo modo Voltaire ritorceva contro Cartesio l’identificazione dell’essenza dell’uomo con il suo pensiero, trasformato in sostanza pensante. Nel Dizionario filosofico (alla voce bestie) Voltaire scrive: “Che vergogna, che miseria, aver detto che le bestie sono macchine prive di conoscenza e di sentimento, che fanno sempre tutto ciò che fanno nella stessa maniera, che non imparano niente, non si perfezionano I barbari uomini prendono questo cane che suol vincerli così facilmente nell’amicizia: lo inchiodano su una tavola e lo sezionano vivo per mostrarti le vene mesenteriche. Tu scopri in lui gli stessi organi di sentimento che sono in te. Rispondimi, o meccanicista, la natura ha dunque combinato in lui tutte le molle del sentimento affinché egli non senta? Il cane ha dei nervi per essere impassibile? Non fare più di queste balorde supposizioni...Le anime degli animali sono forme sostanziali, ha detto Aristotele...Le anime delle bestie sono materiali, gridano altri filosofi. E questi non hanno avuto più fortuna degli altri...Ascoltate qualcun’altra di queste bestie che ragionano sulle bestie: la loro anima è un essere spirituale, ma che muore col corpo. E che prova ne avete? ...Ma le bestie più grosse son stati quelli che hanno sostenuto che l’anima animale non è corpo né spirito. Questo è un bel sistema! Noi non possiamo intendere come spirito se non qualche cosa di ignoto che non è corpo: così il sistema di questi signori si riduce a questo, che l’anima delle bestie non è corpo, e neppure qualcosa che non sia un corpo. Quale può essere la causa di tanti errori così contrastanti? L’abitudine che hanno sempre avuto gli uomini di mettersi a esaminare che mai sia una certa cosa prima di appurare se quella tal cosa esista”. Voltaire si scagliò contro i barbari giansenisti di Port-Royal (agostiniani), di cui faceva parte Pascal, che crocifiggevano i cani su una tavola di legno praticando la vivisezione per vederne le vene, convinti cartesianamente che essi fossero soltanto macchine.

Nel 1772 in Il faut prendre un parti ou du Principe d’action 5 Voltaire scrive: “C’è forse qualcosa di più abominevole del nutrirsi continuamente di cadaveri? Eppure, io non vedo tra noi nessun moralista, nessuno dei nostri loquaci predicatori, nessuno nemmeno dei nostri Tartufi, che abbia mai fatto la minima riflessione su quest’orrenda abitudine, divenuta in noi natura. Bisogna risalire sino al buon Porfirio, ai compassionevoli pitagorici, per trovare qualcuno che abbia cercato di farci vergognare della nostra cruenta ghiottoneria; oppure bisogna recarsi tra i brahmani. Infatti i nostri monaci, costretti dal capriccio dei fondatori dei loro ordini, a rinunziare alla carne, sono assassini di sogliole e di rombi, quando non lo sono di pernici e di quaglie. E né tra i monaci né nel Concilio di Trento né nelle nostre assemblee del clero né nelle nostre accademie si è mai pensato di chiamare un male quella carneficina universale. Nei concilii non vi si è mai pensato più che nelle taverne”.
1 Testamento, Rimini 1972. L’edizione completa è nei tre volumi delle Oeuvres Complètes, Editions Anthropos, Paris 1970.

2 Testamento, op. cit. pp. 234 sgg.

3 Oeuvres, op. cit. t. I, p. 205.

4 Voltaire, Opere, Laterza, vol. II, p. 509.


5 Oeuvres, Paris 1959, p. 427.

1 commento:

  1. Non sapevo che Voltaire fosse vegetariano (almeno così sembra dalle sue frasi citate). Ciò me lo rende ancora più simpatico essendo da sempre un volterriano (ma con qualche riserva, preferisco il barone d'Holbach).
    Quanto a Meslier ci sarebbe da ridire. Ha infatti ingannato tutta la vita i suoi parrocchiani. Ciò che dice è sacrosanto, ma doveva spretarsi. Ovviamente anche lui doveva vivere in qualche modo, e anche se non teneva famiglia (almeno ufficialmente) la congrua o l'elemosina che davano ai preti gli conveniva. Dunque un opportunista. Ma lo stesso mi sta simpatico per quel che ha scritto. Tre secoli dopo dobbiamo vedercela con gli atei devoti (che non credono un piffero delle verità di fede, ma si dicono comunque cattolici come Sgarbi). Anche Fellini era profondamente cattolico. Anche Pasolini. Fottono tutti alla grande ma - come dicevano bene Croce e Bertrand Russel - "non possiamo non dirci cristiani". Invece a me Gesù non piace, è un sadico, altro che misericordioso.

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