mercoledì 20 gennaio 2016

IL DOVERE DI NASCERE

A tutti gli imbecilli che parlano di diritto alla paternità o alla maternità (per gli omosessuali diritto folle alla genitorialità) dico: poiché ad ogni diritto corrisponde un dovere se ne deduce che esiste il dovere di nascere. Poiché la conclusione è assurda vuol dire che è assurda anche la premesa. Io non ho voluto figli per non complicarmi l'esistenza. Fu domandato a Indro Montanelli (che aveva sposato Colette Rosselli nota come Donna Letizia nelle sue rubriche famose sui settimanali Grazia e Gente) perché non avesse voluto figli. Rispose: non si sa mai chi ci si mette in casa. Non ho mai capito perché la gente non sappia vivere senza figli. Nascono dall'egoismo dei genitori per dare un senso illusorio alla loro esistenza creandosi delle responsabilità nei loro confronti. E così pensano meno alla morte, pensando inoltre di avere il supporto dei figli nella vecchiaia, come dovuta restituzione del tempo, della fatica e del danaro ad essi dedicati e sacrificati. Si aggiunga la paura della solitudine nella vecchiaia. Si nasce dall'egoismo anche dal punto di vista biologico, come ha dimostrato lo scienziato Richard Dawkins nel libro  Il gene egoista.  Vi è la tendenza animale a sopravvivere trasmettendo i propri geni. E poi si tratta di non lasciare ad estranei la propria eredità, piccola o grande. Sopravvivenza illusoria. Disse Napoleone al suo luogotenente a S. Elena: caro Gourgot, quando siam morti siam ben morti.  Solo per gli animali non umani la vita ha un senso: perché non possono porsi la domanda "che senso ha la vita?". Nessuno. La vita è una corsa a staffetta in cui i genitori consegnano ai figli il testimone della morte.    
Se quei due non si fossero fatti una scopata a mio danno non mi avrebbero costretto a nascere in questo mondo crudele e senza senso, fatto di isole di apparente felicità sempre sommerse da un mare di infelicità.  La vita di ognuno è costellata di funerali. Sartre (L'essere e il nulla) scrisse che la morte è sempre la morte degli altri perché non fa parte del progetto di vita. Ma prima di lui Heidegger (Essere e tempo) scrisse che l'uomo è l'esserci come essere per la morte. Gli uomini, dice Heidegger, muoiono, mentre gli altri animali periscono, non trascorrendo la vita con il pensiero della morte. Periscono perché il loro vivere, essendo privo di progettualità, e un per-ire, un "andare per" senza una precisa meta o un preciso scopo nella vita. L'uomo muore perché progetta la propria morte, essendo coscienza del nulla. Quelli che non la progettano e cercano di rimuovere la morte dal pensiero sono al livello della pura animalità. Questo non significa per Heidegger  predicare l'inerzia e annullare qualsiasi progettualità. Ma ogni progetto deve essere accompagnato dalla coscienza del nulla per non essere prede delle  cose del mondo, cose tra le cose, a cui si dà un'importanza da cui poi far dipendere la vita anche quando esse non hanno un gran significato. Progetto significa per Heidegger pro-getto, cioè gettare il mondo di fronte (pro) a noi, senza farsi dominare dal mondo, ma nella consapevolezza che poi ogni progetto, una volta realizzato, ci fa ricadere dentro il mondo, come una cosa tra le cose. Per evitare questa ricaduta nel mondo bisogna che ogni progetto sia accompagnato dalla coscienza del nulla, perché solo il nulla non si fa ricomprendere nel mondo (nella contrapposizione tra essere e nulla) e ci permette di trascenderlo. Ci si libera così dalla schiavitù delle cose del mondo, dalla vita inautentica del "si dice" e "si fa".  Infatti la coscienza del nulla ci libera dalla schiavitù del mondo di una umanità inautentica. Esserci per la morte non significa predicare il suicidio ma annullare tutto ciò che rende la vita inautentica nel rincorrere cose di nessuna importanza. L'angoscia è il sentimento autentico che rende autentica la vita perché nasce dalla coscienza che siamo nulla.  La coscienza del nulla eviterebbe ogni sorta di fanatismo. A iniziare da quello religioso.
Alla luce del pensiero di Heidegger debbo pertanto considerare inautentici, anzi spregevoli, tutti coloro che vivono per accumulare danaro o per rincorrere il potere politico ad ogni costo, considerato come fine della loro esistenza e non come servizio pubblico, funzionale alla necessità di rendere meno dura l'esistenza di tutti. 
Gli uomini che fanno figli si pongono al livello dell'animalità. Nasciamo tutti in lista di attesa. Si dice da scriteriati "donare la vita" perché non si ha il coraggio di dire "donare la morte". "Donare la vita" è un non senso linguistico (una stronzata, direbbe il filosofo americano Harry G. Frankfurt, Stronzate, Rizzoli 2005) perché per donare qualcosa occorrono un donatore e un ricevente. La vita non si può donare perché manca il ricevente. La vita non si dona. Si riproduce. Io sono stato coerente nella mia vita. Non ho voluto dare la morte rifiutando di avere un figlio. Provenire dal nulla per tornare nel nulla. E' questo il senso della vita?
In attesa di un'altra sofferenza.

8 commenti:

  1. Non sono del tutto d'accordo. Perché gli animali figliano? Perché è nella loro natura, non si possono sottrarre alle loro pulsioni.
    Anche il sapiens è un animale e soggiace anche lui alle stesse pulsioni. Mettere al mondo dei figli non è un atto d'egoismo - per darsi uno scopo nella vita, per non pensare alla morte ecc. - ma un comportamento istintuale, anche nell'uomo. La gente aveva dei bambini perché così doveva essere e inoltre i bambini sono anche graziosi, allietano l'esistenza, "ti tirano su", ti senti responsabile per loro (e con ciò anche importante). Ci si sposava per metter su famiglia, avere cioè dei figli, dei discendenti: così era scritto (nei geni - egoisti o meno, che importa?), così desiderava il gruppo, la società (è questo anche il motivo dell'importanza del matrimonio che assicura la sopravvivenza della società). Certo oggi siamo tanti, troppi su questo povero pianeta, non sappiamo come finirà, forse in un'immane tragedia. Non si può escludere che la diffusione e la promozione dell'omosessualità sia stata decisa da qualcuno (la massoneria?) per frenare il micidiale incremento demografico.
    La vita è stata forse per la maggior parte dei viventi umani una schifezza, la valle di lacrime appunto, e lo è ancora per molti.
    Tuttavia qualche miglioramento c'è stato, oggi in occidente per esempio non ci spezziamo più la schiena per lavori pesanti, non scendamo più in miniera ecc.
    L'uomo però al contrario degli altri animali, e per sua disgrazia, ha coscienza della fine inevitabile dell'esistenza, forse anche per la lunghezza della sua vita (per i giovani la morte non esiste, non li concerne, è un evento che tocca agli altri). "Due cose belle ha la vita - dice Leopardi -: amore e morte." Ma la morte fa paura, non piace a nessuno. Non ho mai capito bene l'esserci per la morte di Heidegger, mi piace di più l'espressione di Platone: la vita è una preparazione alla morte. Una buona vita rende probabilmente accettabile anche la fine, una buona morte. Se nessuno morisse saremmo alla fine un po' troppi, la vita sarebbe impossibile per mancanza di spazi e altro.
    Eppure nonostante tutto viviamo, siamo attaccati alla vita che ci offre delle belle consolazioni. La ricchezza del mondo animale per esempio è per noi motivo di gioia e la loro sparizione non può che rattristare. "Comunque sia stata la vita, è stato bello esserci" (Goethe).
    Si può però trovare la vita assurda e insopportabile e spezzare coscientemente la catena: non mettendo al mondo figli, suicidandosi (il suicidio filosofico di Michelstaedter). L'Italia e gli Europei sembra si stiano suicidando visto il calo demografico (dicono alcuni, non è la mia opinione). È certo però che si mettono al mondo meno figli dalle nostre parti, per le difficoltà dell'esistenza, ma anche per godersi di più la vita, cosa rispettabilissima e non egoistica come predicano i preti (chefigli, almeno ufficialmente non ne fanno).
    Ma è poi vero che gli animali stanno meglio di noi perché non si pongono la questione del senso della vita? Anche essi temono la morte, ne rifuggono (non parliamo poi dei tormenti che infliggiamo loro inutilmente). Fra parentesi, io non ho figli (sono dunque un asociale ...). Ma visto che siamo così tanti anche gli asociali hanno oggi diritto di cittadinanza (e paghino più tasse ...).
    P.S. Il "diritto alla genitorialità", presto anche per gli omosessuali e a carico della mutua, è ovviamente un'idiozia, perversione pura.

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  2. Però si è dimenticato dei figli nati "per caso"!
    I genitori sono talmente ignoranti che non conoscono le più elementari norme contraccettive, infatti non sarebbero in grado nemmeno di usare del limone come spermicida. Persino nel medioevo si trovavano metodi del genere. Questi, alla faccia del ministero dell'istruzione, probabilmente hanno idee vaghe anche su come avvenga la riproduzione.

    Samantha

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  3. professore,
    io ho un figlio.
    non ho mai pensato a me stesso, non volevo un aiuto per la vecchiaia.
    ho pensato che tutto sommato la vita vale la pena viverla.
    creare una vita è donare vita e morte nello stesso istante, sono d'accordo con lei.
    la vita può andare bene, male o malissimo, è come una lotteria, senza senso apparente.
    ma ho pensato che valeva la pena provarci.
    bisogna lottare nella vita ed è quello che sto insegnando a mio figlio.
    forse mi sbaglio, forse sarà del tutto inutile ma volevo provarci.
    il senso l'ho trovato al di là della ragione, nell'amore. la ragione ti dice che la vita non ha senso, l'istinto ti spinge a fare il contrario di quello che dice la ragione.
    razionalmente è assurdo fare figli.
    oggi non c'è più bisogno di braccia per l'agricoltura, il pianeta è sovraffollato, la scuola costa tanto e dunque chi te lo fa fare ?
    ma al di là dei ragionamenti, c'è l'amore. e non è egoismo. intendo l'amore come dono. in amore si dona e si riceve, al di fuori della logica matematica, e il bello a volte è proprio il donare, senza aspettarsi nulla in cambio.
    questo per me è il senso dei figli. amarli anche se a volte ti accoltellano alle spalle. è assurdo, lo so, ma è amore.
    in quanto averli o no è una scelta, con i suoi pro e i suoi contro, come tutte le scelte.
    dovrebbe anche essere frutto di un calcolo. i giapponesi dicono se non hai un lavoro stabile non dovresti fare figli. giustissimo. vallo a dire nei paesi africani !
    a presto,
    marco

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  4. Anche io mi sono spesso posta la domanda se gli animali non abbiano una certa coscienza della morte.
    Ce l'hanno anche loro, eccome, non ai nostri livelli, magari, ma sanno cosa sia, perché la sentono approssimarsi, anche più di noi, dotati di un sesto senso.
    A loro mancano certo tutte quelle impalcature che abbiamo noi umani, tutti quei castelli di pensieri che ci fanno crocefiggere di problemi(il lavoro, la casa, il mutuo, l'affitto, le rate,ecc.).
    Perché noi mettiamo al mondo figli, è un bel dilemma, sembra che sia un pungolo ancestrale che non ci togliamo di dosso, che è servito per cosa, poi? Per farci arrivare fin qua?
    Ecco l'assurdo.
    Migliaia di uomini cavernicoli sono morti prima di noi perpetuando la specie, ma per cosa? Per arrivare ad ora (e oltre)? Tutto assurdo.
    Era molto meglio se la Terra era popolata solo di fiumi, monti, rocce, e nessuna forma vivente,perché anche le piante soffrono, se manca l'acqua o se c'è un incendio.
    E' tutto tremendamente senza senso.
    Sarà anche un istinto, come dice Sergio, avere figli, ma trovo stupido da parte di certe coppie il volere a tutti i costi metterne l mondo anche quando la natura o il fisico non vorrebbe; ed ecco che l'ostinazione di certe persone scade nel ridicolo o peggio nell'imbecillità, portando della gente ad andare a farsi inseminare col seme di qualcun altro che manco sanno chi cazzo sia.
    Il tutto per appgare solo e qui concordo in pieno con Professore, un egoismo stratosferico.
    Che poi, certe coppie fanno di tutto per averne e poi quando si tratta di "tirarli su" (notti insonni, pianti, poppate, ecc), si rompono le balle e li scaricano appena possono a qualche baby sitter o qualche nonna.
    Io, ben conscia che mai avrei voluto attraversare una simile trafila, e mai avrei voluto dar vita a un individuo che appunto non mi ha chiesto di nascere, ho evitato di averne.
    Per qualcuno, poi, essendo io donna, sono una anti-femmina con le rotelle fuse.
    E io mi faccio una gran, amara risata.

    Cecilia

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  5. A Sergio. Le sue considerazioni concordano sostanzialmente con le mie. Platone aveva superato la coscienza del nulla perché, essendo allievo spirituale di Pitagora,credeva nella reincarnazione. Per quanto riguarda gli animali la loro vita è peggiore di quella degli uomini, dovendo ogni giorno lottare per sopravvivere, sia i predatori che le prede. Ma non progettano l'esistenza. Hanno l'istinto naturale della sopravvivenza.
    A Marco. E' difficile superare i non sensi linguistici del pensiero comune.Ha detto che tutto sommato vale la pena di vivere. Io non ho detto il contrario. Io sono così attaccato alla vita che non sarei mai preso dall'idea del suicidio. Perché prima che uomo sono animale.E gli animali non si suicidano. Una volta nati ci si trova in ballo e bisogna ballare. Ognuno tende ad evitare la morte come il male naturale peggiore (Thomas Hobbes, De cive). Lei ha aggiunto che ha trovato un senso nell'amore. Ma non si è accorto che l'amore per suo figlio è espressione massima di egoismo. Infatti non poteva fare un figlio per amore, non potendosi dare amore a chi ancora non esiste. Lei usa i luoghi comuni. Non si può donare la vita perché manca il ricevente del dono, tranne che si intenda dire assurdamente che lo si stia dando ad uno spermatozoo o ad un ovulo. Ma nemmeno gli spermatozoi e gli ovuli tendono a congiungersi se rimangono separati nel maschio e nella femmina. Gli spermatozoi nella eiaculazione corrono tutti verso il suicidio, tranne uno o due (per parto gemellare non monovulare). La vita non si dona. Abolire questo non senso linguistico usato da chi si vuole rendere benemerito nei confronti di chi non ha chiesto di esistere e pretende anche gratitudine dal figlio.
    A Cecilia. Niente da aggiungere perché siamo in perfetta sintonia.

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  6. professore,
    i figli pongono anche una sfida e una riflessione.
    se mio figlio - parlo per assurdo, ma neanche tanto - fosse in pericolo, magari in mezzo ad una banda di spacciatori, che vogliono accoltellarlo, tu cosa fai ?
    se vado là magari mi becco una coltellata, però gli salvo la vita.
    beninteso che spero che mai ciò accada, è questo che intendo per altruismo o amore : io sarei disposto a rischiare la vita per salvare quella di mio figlio ?
    le confesso che neanche io so rispondere a questa domanda.
    probabilmente agirei d'istinto. e forse l'istinto mi dirà di sacrificare me stesso per mio figlio, forse...
    a presto,
    marco

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  7. C'è anche un altro aspetto da considerare. L'uomo secondo me vuole mettere al mondo figli non solo per continuare i suoi geni, ma anche per affermare il proprio Ego e per vedere rispecchiato se stesso nei figli, c'è molto narcisismo dietro. Infatti spesso succede che i genitori vogliano indirizzare la vita dei figli in una ben precisa direzione, inculcano loro gli ideali e i valori in cui credono, ma tutto questo nasce dall'esigenza di vedere rispecchiato il proprio Io nell'altro e di affermare quindi la propria superiorità. E' come se dicessero ai figli:"Tu dipendi da me, la tua vita è nelle mie mani, senza di me non esisteresti ed io decido di plasmare la tua vita come credo". Ebbene, a me tutto questo non piace, mi sembra pura manipolazione, ovviamente la chiamano "educazione", ma molto spesso i due concetti si confondono, anche perché il bambino di per sé è plasmabile in quanto si fida naturalmente dell'adulto.La vera educazione secondo me sarebbe possibile solo dando al fanciullo piena libertà come aveva affermato Rousseau nell'Emile, ma è pura utopia.

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  8. @ Alessio

    Ci sarebbe tanto da dire a proposito del tuo post delle 11:45. Mi limito all'affermazione "La vera educazione secondo me sarebbe possibile solo dando al fanciullo piena libertà come aveva affermato Rousseau." Ma questa non sarebbe affato educazione perché educazione è sempre correzione, indirizzamento dei comportamenti in base alla propria visione del mondo che è in genere quella della società e del tempo in cui si vive. Ora quest'opera di educazione - per quanto blanda e benevola sia, in fondo non vogliamo che il bene dei nostri figli - costituisce pur sempre una certa violenza: obblighiamo i figli a essere in un certo modo che è poi il nostro. Ma di nuovo: lo facciamo a fin di bene, perché i figli possano crescere nell'ambiente, nella società del tempo, si rendano utili e possano guadagnarsi la vita decentemente. Viene poi sempre il momento in cui i figli cercano di scrollarsi almeno in parte di dosso il giogo loro imposto - è il momento della ribellione, delle tensioni in famiglia, il che è normale. Il giovane cerca di affermare la propria personalità, persino contro le persone che gli sono più vicine e che gli vogliono sicuramente bene.
    Ci sono alberi che senza un sostegno crescono storti. Lasciare i figli completamente liberi non è nel loro interesse. Però che l'educazione sia la più blanda e amorevole possibile (senza arrivare agli eccessi scandinavi: in Svezia i genitori rischiano persino la galera se danno uno schiaffo ai figli - però, effettivamente, perché prenderli a schiaffi? Se ci sappiamo fare, se abbiamo tempo per loro non dovremo ricorrere alle punizioni corporali che sono sempre umilianti). I figli hanno bisogno di una mano ferma, di una guida, non di genitori oppressivi - che possono essere tali anche imponendo ai figli certe attività, una carriera perché realizzino certe loro ambizioni.

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