domenica 21 febbraio 2016

UMBERTO ECO E IL SUO IMBROGLIO DELLA SEMIOTICA. MOLTI DEMERITI E POCHI MERITI

Con ciò non voglio criticare solo Eco ma tutti coloro che, privi di cultura scientifica, hanno preteso di considerare il linguaggio come scisso dal referente che è il mondo oggettuale. La semiotica scinde la parola dalla realtà in quanto la considera alla luce di un interpretante. Ma vi è di più. Non soltanto si scinde la realtà dal significante che è la parola, ma la stessa parola viene sottoposta a sua volta all'interpretazione di un secondo interpretante, che non interpreta la realtà ma il significato della parola alla luce di una sua particolare capacità soggettiva. In questo modo si giustifica un relativismo al quadrato perché ogni parola assume una pluralità di significati a seconda del processo interpretativo del lettore interpretante. Dunque la semiotica, che vorrebbe essere la scienza dell'interpretazione del linguaggio è solo una falsa scienza. La semiotica tradisce la cultura puramente letteraria dei cosiddetti studiosi di semiotica, dei perfetti ignoranti in fatto di linguaggio scientifico. Non per nulla Umberto Eco è noto al grosso pubblico solo per i romanzi. Era il naturale sbocco di un ignorante in fatto di conoscenza scientifica del mondo.  Infatti basta aver letto ciò che hanno scritto i maggiori scienziati del XX secolo nel campo della fisica per capire che individui come Eco hanno solo stravolto il significato del linguaggio, identificato con il linguaggio letterario che subisce le metamorfosi dovute alle influenze di natura sociologica. Ma la scienza fisica trascende ogni limite sociologico.  In questi giorni si va dicendo che Eco  aveva una cultura enciclopedica. Non si può avere una cultura enciclopedica. Chi pretende di averla è un superficiale che pretende di discettare su tutto. Mi ricordo a memoria di una frase di Hegel (Scienza della logica): "Chi vuol qualcosa di grande si limiti. Chi vuol troppo vuol niente e si riduce al niente". Ma Eco non ebbe una cultura enciclopedica. Ebbe solo una cultura filosofico-letteraria scissa completamente dalla conoscenza scientifica, dove vengono superate tutte le ambiguità del linguaggio comune che si riflette in quello letterario, che è culturale in quanto determinato sociologicamente. La conoscenza scientifica del mondo non è culturale ma metaculturale in quanto transnazionale, nel senso di transculturale. Si tratta di un linguaggio universale in quanto ha come fondamento il linguaggio matematico.   
Dal mio libro Io non volevo nascere.

Peccato che Gadamer abbia voluto competere con scienziati come Niels Bohr e Werner Heisenberg, Il primo, uno dei grandi protagonisti della meccanica quantistica, scrisse che il linguaggio scientifico non è un linguaggio artificiale, ma un raffinamento del linguaggio comune...L'uso dei simboli matematici, evitando i riferimenti al soggetto cosciente che permeano il linguaggio quotidiano assicura la non ambiguità delle definizioni richiesta da ogni descrizione oggettiva”.1 Heisenberg, formulatore del principio di indeterminazione, ha scritto: “Le decisioni circa il valore di un determinato lavoro scientifico, su ciò che è giusto o sbagliato nell'opera, non dipende da alcuna autorità umana. Le questioni verranno decise, e non sarà questo o quest'altro gruppo a decidere, ma la natura stessa. Le idee scientifiche si diffondono perché sono vere. Esistono criteri oggettivi e precisi per determinare l'esattezza di una teoria scientifica”.2


1 I quanti e la vita, Boringhieri 1969, p.59. A Bohr è dovuto il principio di complementarità tra onda e corpuscolo introdotto per spiegare il comportamento dell’elettrone nell’irradiazione dovuta a un fascio di elettroni.

2 Fisica moderna e pensiero contemporaneo. In Fisica e filosofia, Il Saggiatore 1961. 


Karl Popper (Logica della scoperta scientifica,1959; Congetture e confutazioni, 1963; Conoscenza oggettiva, 1973) ha creduto di sottrarsi al soggettivismo e al relativismo concependo il progresso della conoscenza scientifica come indirizzato verso la verità assoluta, secondo una curva asindotica, ma ha preferito sostituire il criterio di verificabilità con quello di falsificabilità. Una teoria è scientifica è valida, ma non per questo è vera, quando resiste ai tentativi di falsificarla, 1) perché le asserzioni-base su cui si fonda non sono in contraddizione con altre asserzioni-base e 2) le sue asserzioni-base superano hanno un'ulteriore conferma superando il controllo empirico. Nell'interpretazione di Popper la relatività di Einstein avrebbe falsificato la meccanica di Newton1 mentre, al contrario, lo stesso Einstein aveva spiegato che essa, rispetto alla relatività ristretta e generale doveva essere concepita come una verità parziale, valida nei limiti in cui “il moto della materia che genera il campo gravitazionale è lento in confronto alla velocità della luce,2 considerata come velocità limite, di modo che “gli elementi della teoria di Newton sono passati nella teoria della relatività generalizzata”.3 Inoltre Popper non ha tenuto conto del fatto che esistono ormai verità scientifiche non più falsificabili. Infatti l'evoluzione biologica non è più una congettura, ma, indipendentemente dalla sua interpretazione, un fatto, come non è più falsificabile il moto rotatorio della Terra dopo l'esperimento condotto da Foucault nel Pantheon do Parigi nel 1850.

Ha scritto Einstein: “Se le leggi naturali che servono di base alle costruzioni del pensiero del fisico teorico hanno la pretesa di essere valide per tutti gli avvenimenti di deduzioni rigorosamente logiche, si dovrebbe giungere a dare un’immagine rigorosamente esatta, vale a dire una teoria, dei fenomeni naturali, ivi compresi quelli della vita…Non si rinuncia interamente e per principio all’interezza dell’immagine fisica del mondo”.4 “La natura è la realizzazione di tutto ciò che si può immaginare di più matematicamente semplice. Sono persuaso che la costruzione puramente matematica ci permette di scoprire questi concetti che ci danno la chiave per comprendere i fenomeni naturali e i principi che li legano fra loro…Credo ancora alla possibilità di un modello della realtà, vale a dire di una teoria che presenti le cose stesse e non soltanto la probabilità della loro apparizione”.5


1 Congetture e confutazioni, Il Mulino 1972, p.328.

2 Come io vedo il mondo. La relatività generale, Newton 1993, p. 178.

3 Evoluzione della fisica: Kepler e Newton, in Come io vedo il mondo, op. cit., p. 49.

4 La ricerca scientifica, in op. cit., p. 35.

5 La questione del metodo, in op. cit., pp. 44-47.
 
  Dunque che si può dire di Umberto Eco? Che non ha saputo distinguere il linguaggio letterario da quello scientifico. Fu un presuntuoso nella sua ignoranza derivante da una cultura meramente letteraria. Quali meriti ebbe? Quello di avere capito che il Medievo, di cui fu un serio studioso, non fu solo un periodo buio come quasi sempre lo si rappresenta. Fu un periodo di grandi discussioni sul piano logico e filosofico. Non per nulla Eco capì la grandezza del pensiero filosofico di S.Tomaso d'Aquino, che giustamente, come egli disse, lo convertì all'ateismo. Sono qui d'accordo con lui. Ma anche qui, per la solita ignoranza della storia della scienza, Umberto Eco non ha considerato i grandi apporti scientifici del Medievo nel campo della fisica con la scuola parigina di Buridano, di cui fu allievo il vescovo di Parigi Nicola di Oresme (che introdusse per primo il moto rotatorio della Terra intorno al suo asse) e la scuola dei matematici di Oxford (i calculatores) che affrontarono il problema degli infinitesimali nella ricerca della legge della caduta dei gravi. Testo classico su questo argomento è quello di Marshall Clagett, La scienza della meccanica nel Medioevo. Il Rinascimento sotto questo aspetto fu una involuzione rispetto al Medioevo a causa del prevalere di una cultura filosofico-letteraria che portò ad una concezione antropocentrica del mondo, come nella scuola fiorentina di Marsilio Ficino e di Pico della Mirandola. Il Ficino, pur fondatore dell'Accademia platonica, interpretò Platone adattandolo ad una concezione antropocentrico-cristiana che vedeva nell'uomo il fine della natura, prescindendo dalla concezione matematica della natura in Platone. Nessuno scienziato si ebbe nel Rinascimento, tutto dedito all'esaltazione dell'uomo. Concezione antropocentrca da cui rimase immune persino S. Tomaso, che non considerò la natura in funzione dell'uomo.  Paradossalmente la teologia medievale scisse la filosofia dalla conoscenza scientifica, giungendo con S. Tomaso a separare la fede dalla scienza con l'affemare che era possibile solo dimostrare l'esistenza di Dio (le famose cinque vie di S. Tomaso) ma che non fosse dimostrabile che il mondo fosse stato creato dal nulla, contro l'articolo di fede del cristianesimo. E con i filosofi frati francescani Duns Scoto e Guglielmo di Ockham (che con S. Tomaso furono i maggiori filosofi del Medioevo), si accentuò la scissione tra fede e ragione scientifica, con il ridurre la fede ad una questione di etica sino a negare che si potesse dimostrare con la ragione l'esistenza di Dio.      
E per finire. Eco ha detto giustamente che tutto il pensiero occidentale è un commento a Platone. Frase grandiosa. Ma Eco non si è  reso conto che ciò è dovuto al fatto che fu il platonismo, nel suo ritenere che il mondo fosse strutturato matematicamente, il fondamento della rivoluzione scientifica del '600. Rivoluzione che avvenne sul presupposto che al linguaggio fisico-matematico corrispondesse una realtà OGGETTIVA.  Dunque in contrasto con la semiotica di Eco. D'altronde, lo stesso Platone sostenne sempre una concezione oggettivistiva del linguaggio, combattendo contro il relativismo dei sofisti (soprattutto nel Parmenide, l'opera più difficile di Platone per le sue articolate e strette argomentazioni logiche sul significato oggettivo del termine "essere", che hanno una conclusione nell'opera successiva il Sofista). 
Non posso concludere senza stigmatizzare una frase di Eco che ha detto che in musica esiste una soladistinzione, tra musica bella e musica brutta. Con ciò mettendo insieme musica colta (impropriamente detta classica) e musica leggera, come se anche questa fosse arte e non prodotto commerciale, più espressione di costume che di arte. Altrimenti bisognerebbe mettere insieme Bach e Beethoven con i cantautori di musica leggera, che non fanno parte della storia della musica.   Questa stronzata di Eco è il risultato del relativismo linguistico della semiotica.

5 commenti:

  1. Io credo che il successo e la popolarità mondiale di Umberto Eco sia dovuto soltanto alla sua attività di romanziere. Ha avuto infatti il merito di avere riportato in Italia un genere di romanzo, quale il thriller di ambientazione medievale, quando in quegli anni in Italia gli scrittori importanti scrivevano soltanto romanzi di attualità. Dando un colorito storico tale da rendere la trama quasi un resoconto di un immaginario reporter del passato; come se per mezzo di
    una macchina del tempo egli fosse giunto fino a noi per raccontarci con dovizia di particolari qualche fatto sconosciuto ai libri di storia. Tale genere di romanzo nei primi anni 80 del secolo scorso, quando Eco ottenne il suo primo successo di vendite e dal quale fu tratto immediatamente un film prodotto dagli USA, che ha contributo enormemente ha rinforzare la sua popolarità di scrittore mondiale. Allora era appannaggio esclusivo di alcuni romanzieri statunitensi che sono rimasti, a differenza del nostro Eco, per evidenti limiti stilistici, solo degli autori minori, pur avendo avuto anch'essi un notevole successo di cassetta.
    Anton

    RispondiElimina
  2. professore,
    non ho letto Eco, l'ho conosciuto principalmente tramite il film con Sean Connery, tratto da "il nome della rosa".
    beh, che dire...i monaci culatoni erano una trovata fantastica ! da sbellicarsi dalle risate !
    per il resto, un po' lento. il libro mi dicono addirittura un mattone.
    va bè, si sa che quando si muore le proprie opere acquisiscono valore !
    saluti,
    marco

    RispondiElimina
  3. Caro Professore
    sbaglio o Umberto Eco era uno dei tanti raccomandati dal partito comunista...?
    Saluti cordiali

    Agostino

    RispondiElimina
  4. Non mi risulta. Fu solidale con Lotta continua in una lettera firmata anche da Eco in cui si accusava il commissario Calabresi di essere stato l'assassino di Pinelli. Calabresi fu assassinato l'anno successivo. Ma fu assolto dall'accusa perché fu dimostrato che era assente dalla stanza quando Pinelli cadde (?) o fu buttato dalla finestra. Fu assolto post mortem. Mentre la verità è che Adriano Sofri era un mandante dell'assasinio di Calabresi. La verità giudiziaria no corrisponde sempre alla realtàdei fatti.

    RispondiElimina
  5. Errata corrige: 1) contribuito anziché contributo; 2) a rinforzare anziché ha rinforzare.
    Mi scuso ma sono solo degli svarioni di digitazione.
    Anton.

    RispondiElimina