giovedì 11 febbraio 2016

UNA GRANDE SCOPERTA SCIENTIFICA CHE SERVE A...NULLA


"Vi spiego cosa sono
le onde gravitazionali"


Negli ultimi anni della vita Einstein cercò di unificare matematicamente le tre forze fondamentali (di cui scrivo nel mio libro) con la forza di gravità di cui aveva previsto la manifestazione in onde speciali. La scoperta sperimentale di tali onde non può portare ancora ad una unificazione  sotto una legge fisico-matematica delle tre forze fondamentali con la forza di gravità. Ma anche se si arrivasse a ciò (con la teoria del TUTTO) a che servirebbe tale legge? Ci porterebbe ad una migliore conoscenza dell'universo circa la sua origine? NO. Infatti è stata superata la teoria del Big Bang come origine di tutto l'universo, essendo stato ridotto il Big Bang a spiegazione del solo universo visibile. Ormai i cosmologi si sono affacciati concordemente alla teoria del PLURIVERSO, di cui quello visibile  farebbe parte come uno dei tanti universi. Le pagine che qui riporto di un mio libro affrontano anche questo argomento.  
DA UN MIO LIBRO (IO NON VOLEVO NASCERE)
Lo stesso Big Bang già nelle frazioni del suo primo secondo indicherebbe una casualità che escluderebbe un progetto finalistico.

 Si consideri, in primo luogo, che è sperimentalmente dimostrata l'esistenza dell'antimateria, cioè di atomi aventi particelle di carica opposta nei suoi protoni, elettroni, sino ai quark. Nel primo secondo a partire dal Big Bang vi sarebbero state insieme la materia e l'antimateria. Poi, per cause che gli scienziati non sono ancora riusciti a spiegare, e forse non potranno mai spiegare, prevalse una certa quantità di materia in più rispetto all'antimateria, che avrebbe portato alla quasi scomparsa dell'antimateria, che ancora si riscontra nei raggi cosmici e negli esperimenti che vengono fatti sottoponendo le particelle ad alti energie. Non viene escluso dai cosmologi che oltre  l'universo visibile esistano altri universi con galassie formate da antimateria, anche se ciò non è riscontrabile sperimentalmente perché l'eventuale collisione tra galassie di materia e di antimateria dovrebbe produrre il loro annichilimento con una produzione di energia così grande da rendere sperimentabile la sua propagazione sino all'universo visibile. Tutto ciò considerato, vi è da domandarsi se si possa considerare un “Dio che gioca ai dadi”, secondo una famosa espressione che Einstein attribuiva alla meccanica quantistica, fondata su leggi probabilistiche, che egli rifiutava, ritenendo che la meccanica quantistica fosse una rappresentazione provvisoria delle leggi che riguardano la fisica subatomica. Ma se l'universo visibile è nato dalla casuale prevalenza della materia sull'antimateria scappa fuori un Dio che gioca ai dadi, e lo stesso Big Bang perde la connotazione di un inizio assoluto, se questo ci conduce a pensare che esso comportasse un disegno prestabilito. Si sarebbe formata con l'antimateria una stella quale il sole con tutti i suoi pianeti, tra i quali la Terra? Dunque nemmeno il Big Bang, anche a prescindere dalla possibile esistenza di altri universi oltre quello visibile, può essere un forte appiglio per un inizio assoluto, se all'assolutezza si unisce la contingenza nella formazione delle  galassie costituite casualmente di materia, e non di antimateria.

  In secondo luogo, dal 1975 si è affacciato con Alan Guth il modello dell’universo inflazionario partendo dall’ipotesi che le quattro forze fondamentali (interazioni forti tra quark, deboli tra elettroni, elettromagnetiche e gravitazionali) fossero distinte all’origine del Big Bang e in frazioni di un secondo si siano fuse in modo diverso dando luogo a disomogeneità in diverse regioni che, non avendo all’inizio relazioni causali, avrebbero prodotto delle galassie come risultato di fluttuazioni casuali di densità della materia. La configurazione dell’universo è pertanto dovuta ad una casualità vincolata però da leggi fondamentali di interazione della materia. Vi sarebbero stati, dunque, tempi diversi (pur ridotti a frazioni di secondo) nella fusione delle quattro forze fondamentali, che sarebbero state soggette a fluttuazioni primordiali, che, se abbastanza forti, avrebbero dato luogo a regioni di maggiore densità della materia, da cui sarebbero sorte le galassie, mentre le fluttuazioni residue di energia sarebbero andate a riempire un falso vuoto, o “bolla”, che sarebbe all’origine dell’espansione attuale dell’universo. Se tale energia residua è superiore ad una certa densità, definita critica, della materia dell’universo, questo rimarrà in espansione, mentre, se è inferiore, l’universo è destinato a contrarsi per il prevalere della forza di gravitazione.[1]

  “La materia di cui son fatti gli uomini e le stelle è il 5%  della materia dell’universo. Un altro 25% è nella forma di “materia oscura”, che produce gravità ma che non possiamo vedere. Sembra che il 70% sia nella forma di “energia oscura” o “energia del vuoto”, misterioso tipo di materia che accelera l’espansione dell’universo, invece di frenarla, come fanno, invece, la materia primaria e la “materia oscura”.[2]  

  Il fisico Richard Feynman (Nobel 1965 per gli studi di elettromeccanica quantistica) affacciò l’ipotesi che l’universo abbia storie multiple e diverse. Anche secondo Stephen Hawking – a cui ingiustamente non è mai stato assegnato un Nobel nonostante i suoi studi sui buchi neri, che egli dimostrò non essere tali in quanto permettevano l’uscita di radiazioni – vi è la possibilità che l’universo sia la somma di innumerevoli universi, che, compresi tra quelli che erano possibili a partire dal Big Bang – momento della massima indeterminazione e della massima densità di energia – si sarebbero realizzati strutturandosi casualmente in galassie. Molti di essi, infatti non sono giunti alla formazione di galassie per esclusione delle condizioni atte a favorire lo sviluppo  della vita, mentre altri, sempre casualmente – per diverse condizioni all’origine del Big Bang, e là dove la forza di espansione ha subito un rallentamento a causa della maggiore densità, e perciò della maggiore forza di gravitazione – hanno dato luogo alla formazione di galassie e alla probabile, non necessaria, formazione della vita in più di una galassia, con intelligenze aventi una forma diversa da quella umana. “Il genere umano non vanta certo ottimi precedenti in fatto di comportamento intelligente”.[3] “Innumerevoli prove indicano che Dio è proprio uno che gioca a dadi”.[4]

   Era stato il fisico russo Alexander Friedman (1885-1922) a ipotizzare, sulla base della relatività di Einstein, tre modelli di universo: 1) universo in espansione per eccesso della forza di espansione originata dal Big Bang rispetto alla gravità; 2) universo in espansione al limite della velocità di fuga rispetto alla forza di gravità, con velocità che rallenta senza mai annullarsi; 3) universo in contrazione per eccesso di forza di gravità. Nel secondo modello rientra quello di Einstein-De Sitter (1932).   

   In base alla legge di Hubble, che scoprì nel 1929 l’espansione dell’universo, le galassie si allontanano con una velocità proporzionale alla loro distanza dalla Terra. Velocità oggi misurata in 15 km al secondo per ogni milione di anni-luce di distanza, sì da arrivare a velocità distribuite tra 7000 e 20.000 km al secondo. Si era pensato che tale accelerazione dipendesse da una minore forza di gravitazione per densità minori causate dall’espansione. Ma dopo la recente scoperta della “materia oscura” e dell’opposta “energia del vuoto” – che ha sostituito la costante lambda introdotta da Einstein come forza repulsiva della materia per bilanciare quella di gravitazione ed impedire il collasso su se stesso dell’universo, che Einstein, prima della scoperta di Hubble, credeva fosse stazionario, per cui quello che egli definì il suo “grande errore” si tramutò in una vittoria -  non si può escludere che la densità totale della materia possa far prevalere la forza di gravitazione sulla forza di espansione dell’“energia del vuoto” causando una successiva contrazione dell’universo. Il fisico Leon Lederman (Nobel 1988) – che identifica “l’energia del vuoto” con l’energia rilasciata dal Big Bang sotto forma di particelle e radiazione di fondo (campo di Higgs) – ha ripreso i modelli di Friedman alla luce del problema del calcolo della massa gravitazionale dell’universo, non escludendo il terzo modello e precisando che le leggi della fisica sono valide ancor prima del Big Bang. Tra i sostenitori del terzo modello vi erano, già prima della scoperta della materia oscura, l’astrofisico Thomas Gold e il fisico Steven Weinberg (Nobel 1978), statunitensi. L’astrofisico Efim S. Fradkin ritiene che la forza gravitazionale nella massima contrazione dell’universo possa spegnersi permettendo alle forze subnucleari di riprendersi la libertà e di espandersi evitando il collasso cosmico.

    Hawking non aveva escluso il terzo modello prima di arrivare a considerare solo due modelli cosmologici, di cui il primo contempla un’espansione decrescente dell’universo, che non esclude – se la densità della materia supera una certa quantità critica – che le galassie comincino a convergere nel Big Crunch, in un’enorme implosione, mentre il secondo  - se il valore della densità della materia è inferiore alla quantità critica - contempla la fine dell’universo per esaurimento dell’energia, con un conseguente spegnimento di tutte le stelle nell’allontanamento delle galassie.[5]. In una precedente opera[6] Hawking non aveva escluso una gravità con singolarità tali da impedire l’implosione finale. Egli aveva rinunciato a questa soluzione perché avrebbe comportato un’inversione del tempo anche nei fenomeni microscopici. Ma James Hartle e Murray Gell-Mann (Nobel 1969) – a cui si deve la teoria dei quark, con la scelta del nome – rilevarono la presenza di processi microscopici che rallentavano in previsione dell’arrivo dell’inversione, non in contrasto, dunque, con la contrazione dell’universo. 

Ma pare che anche la teoria del Big Bang sia oggi superabile, perché incomincia a farsi strada tra i cosmologici l’idea che il Big Bang sia soltanto un episodio marginale riguardante l’universo visibile, che sarebbe a contatto con altri universi, per cui l’universo visibile sarebbe soltanto parte un multiverso, cioè di universi paralleli. come si può arguire dal fatto che tra le galassie vi è un grande spazio vuoto che proverebbe che l’universo visibile sarebbe stato attraversato da un altro universo. Secondo Alexander Vilenkin[1] “l'orizzonte cosmico oggi arriva a 13,7 miliardi di anni-luce, ma oltre potrebbero esserci altri universi, sottoposti  a leggi fisiche diverse da quelle valide nel nostro. La teoria dell'inflazione non si sostituisce a quella del Big Bang, ma, come disse Guth, è la teoria del Bang del Big Bang”.[2] Nel multiverso si produrrebbero delle “bolle” che darebbero origine ad universi paralleli. Il nostro universo, quello visibile, si starebbe avviando verso il suo termine, mentre al di là di esso si produrrebbero altre “bolle”, che darebbero inizio ad altri universi con altre espansioni. E così all'infinito.      

  Eterno ritorno! Anassimandro e Eraclito. Secondo Anassimandro ogni mondo organizzato proviene dalla materia indefinita e infinita, ed ogni mondo, disfacendosi, tornerà ad essa. Ogni elemento proviene da questa materia indefinita e in essa tornerà. E così da capo. Secondo Eraclito tutti i mondi nascono dal fuoco – paragonabile all’energia della fisica d’oggi – e nel fuoco torneranno. Gli elementi sono trasmutazioni del fuoco, come noi oggi diciamo che ogni elemento chimico, nella sua massa, è equivalente ad energia, secondo la nota formula della relatività ristretta di Einstein. (energia eguale alla massa per il quadrato della velocità della luce).                     
Non sapremo mai la verità sull’universo.
[1] Un solo mondo o infiniti? Alla ricerca di altri universi (2006), Cortina 2007.


[2]  Da una conferenza tenuta al Festival della scienza il 28 ottobre 2007.



[1] Su questo argomento vedi Lawrence M. Krauss, Il cuore oscuro dell’universo. Alla ricerca della “quinta essenza” (1989), Mondatori 1990, pp. 155sgg.: Leon Lederman, La particella di Dio. Se l’universo è la domanda, qual’ è la risposta? (1993), Mondatori 1996, pp.412 sgg.; Steven Wein­berg, I primi tre minuti (1977), Mondadori1980, pp. 117 sgg.; Paul Davies, I misteri del tempo. L’universo dopo Einstein (19995), Mondadori 1996, pp. 132 sgg.; pp. 242 sgg.

[2]  Da una conferenza tenuta a Padova (maggio 2006).

[3]   L’universo in un guscio di noce (2001), Mondadori 2002, pp. 89-92.

[4] Ibid., p.84

[5]  L’universo in un guscio di noce, op. cit., pp.99-103.


[6]  Inizio del tempo e fine della fisica (1980), Mondatori 2003, p.94.

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