Questo papa sta
demolendo la tradizione cristiana condannando la pena di morte. Ha detto che la
pena di morte è contraria al Vangelo. Questa è una grossa falsità. Nei Vangeli
non vi è una sola frase di condanna della pena di morte. Non vi è nemmeno un accenno
ad essa. Pertanto è falso il dire che i Vangeli siano contrari alla pena di
morte. Il cristianesimo non ha Gesù come fondatore, bensì S. Paolo. Fu lui a
propagandare il cristianesimo nell'impero romano ancor prima che venissero
scritti i Vangeli, giacché il primo Vangelo, quello di Marco, viene fatto
risalire ad un anno non precedente all'anno 50 (anche se gli studiosi ritengono
che la prima fonte di tutti i Vangeli sia il proto Vangelo di Matteo scritto in ebraico, da non
confondere con il successivo Vangelo di Matteo, scritto in greco, come tutti gli altri Vangeli, per cui è da escludere che i Vangeli siano stati scritti da Marco, Matteo, Luca e Giovanni, che certamente non conoscevano il greco). Senza S. Paolo il
cristianesimo sarebbe rimasto una setta religiosa all'interno della Palestina,
secondo l'intendimento dello stesso S. Pietro, che, volendo convertire solo gli
ebrei, per questo motivo si trovò in disaccordo con S. Paolo. S. Paolo
giustificò la pena di morte e dopo di lui anche il maggiore Padre della Chiesa,
S. Agostino, e il maggiore dottore di essa, S. Tomaso, giustificarono la pena
di morte. La storia della Chiesa è piena di condanne a morte, dai roghi del
Medievo sino alla ghigliottina (importata dalla Francia) impiegata nello Stato
pontificio di Pio IX. Il papa PioXII fu il papa che maggiormente giustificò la
pena di morte. Riporto quanto scrissi sull'argomento in Scontro tra culture
e metacultura scientifica.
[1] Carlo Nicoletti, Sì,
alla pena di morte?, Cedam 1997, p. 60.
L’autore soltanto per ragioni di
cautela ha preferito aggiungere il punto interrogativo al titolo del suo testo.
Egli ritiene che la concezione emendativa, cioè quella che pone come scopo
della pena il recupero del colpevole, sia profondamente utopica e ipocrita
perché non tiene conto delle condizioni e dei luoghi di pena, per cui “una
carceraria città del sole costituisce niente di più che una contraddizione in
termini” (p.9). Tale concezione è
soltanto una dichiarazione di intenti, in quanto “il ravvedimento è sempre e
comunque un fatto individuale” (p.11). Quanto alla concezione della pena come prevenzione, essa è cinica, perché, prescindendo da ogni implicazione
morale, ha come fine quello di isolare chi costituisce un attentato all’ordine
sociale. ||Tuttavia l’autore||, professore di diritto processuale civile a
Cagliari, ritiene che quest’ultima concezione
“è quella che perfettamente si attaglia alla pena di morte” ||(p. 16)||,
quando pare, invece, evidente che sia la concezione retributiva, per la
corrispondenza che essa richiede tra il delitto e la sua punizione. L’autore
precisa che la pena non può essere assimilata alla vendetta perché quest’ultima
può essere accompagnata dal piacere di restituire il male. Ma allora dovrebbe
escludersi anche il piacere della giustizia.
Tra
questi barbari dovrebbero essere inclusi allora anche il fondatore del
cristianesimo, S. Paolo (che nell’Episola
ai Romani riconobbe al governo, anche pagano, l’jus gladii, cioè il diritto di spada), nonché il maggiore Padre
della Chiesa, S. Agostino, il maggiore dottore di essa, S. Tomaso, il padre del
liberalismo moderno, Locke, il maggiore filosofo dell’Illuminismo, Kant, sino a
giungere a Pio XII, che, proposto per la beatificazione da Giovanni Paolo II,
difese una concezione vendicativa della pena e giustificò la pena di morte
vedendo nel disprezzo dell’ordine pubblico un’opposizione a Dio (Acta Apostolicae Sedis 47, 1955). Pio
XII. l’ultimo grande papa. Dopo di lui il caos nella Chiesa cattolica. Giovanni Paolo II, facendo visita ad un carcere, invitò i carcerati a
sopportare la loro croce, come se i delinquenti di ogni specie potessero essere
considerati vittime e non carnefici. Il buonismo che uccide la giustizia.
Nelle Lettere[1]Agostino
evidenzia come il perdono possa avere conseguenze negative su chi, invece di
correggere la propria condotta, incrudelisca nella sua arroganza, oppure,
correttosi nella sua condotta, induca tuttavia altri ad approfittare sperando
in eguale impunità. Riprendendo il pensiero di S. Paolo, Agostino scrive: “Se
fai il male, abbi paura, poiché l’autorità non senza ragione porta la spada;
essa infatti è strumento per infliggere punizione ai malfattori in nome di
Dio”. Inoltre S. Agostino scrisse nel De
libero arbitrio che “se l’omicidio consiste nel distruggere o uccidere un
uomo, talvolta si può si può uccidere senza commettere peccato; questo vale per
il soldato col nemico, per il giudice o il ministro con coloro che fanno del male”.
In Agostino prevale la
teoria della prevenzione come giustificazione della pena di morte. Una funzione
prevalentemente retributiva, oltre che emendativa e di prevenzione, ha, invece,
la pena di morte per S. Tomaso, che nella Summa
theologica (II, II, q. 68, a.1) giustifica la pena come vendetta che si
esercita sui malvagi in quanto questi usurpano i diritti di Dio e nella Summa contra Gentiles (III, cap. 146), dopo aver scritto che la
vita del delinquente deve essere sacrificata, allo stesso modo in cui “il
medico taglia a buon diritto e utilmente la parte malata, aggiunge che
“uccidere un uomo che pecca può essere un bene come uccidere un’animale nocivo.
Infatti un uomo cattivo è peggiore e più nocivo di un animale nocivo”. Vi è
dunque da domandarsi quale credibilità possa avere oggi la Chiesa, che,
rinnegando circa 2000 anni di dottrina, da S. Paolo ad oggi, ha abolito nel
1999 dal Catechismo la pena di morte.
La condanna della pena di morte vuole essere espressione di superiorità morale
(dettata dal sentimento), ma è di fatto espressione di inferiorità giuridica,
causata dalla corruzione del diritto da parte della morale.
Papa Francesco: «La pena di morte è contraria al Vangelo» - Avvenire
https://www.avvenire.it/papa/.../pena-di-morte-contraria-al-vangelo-papa-francesco
Papa Francesco, appello contro la pena di morte: "Sospendete le ...
www.ilfattoquotidiano.it › Cronaca
Sono sempre stato contrario alla pena di morte, per ragioni estetiche più che morali, e consideravo perverso il parere di Kant sulla necessità di eseguire una pena capitale ad ogni costo, cascasse il mondo. Perché non eseguirla sarebbe stata un'offesa alla giustizia (Kant dice che anche se incombesse la fine del mondo sarebbe lo stesso necessario eseguire prima una condanna a morte decretata). Ultimamente sto cambiando idea in merito alla pena di morte, visto che filosofi contemporanei - tra cui Melis - invece la sostengono con buoni se non ottimi argomenti. Trovo poi insopportabili il moralismo e la melensaggine degli abolizionisti a cui sembra interessare soprattutto il recupero dei delinquenti. Questi infliggono quotidianamente ovunque nel mondo la pena di morte a vittime innocenti, a volte con una efferatezza e crudeltà inaudite. Le vittime ammazzate non hanno più diritto di replica, assistiamo invece alle ridicole sceneggiate dei parenti delle vittime che - bontà loro - perdonano gli assassini (vogliono esser buoni e moralmente superiori perdonando). Quanto alla Chiesa cattolica essa ha sempre sostenuto la pena di morte fino all'altro ieri, vedasi il Nuovo Catechismo supervisionato da Ratzinger allora cardinale. Ma Francesco, in cerca disperata di popolarità, si accoda al corrente moderna di pensiero che aborre la pena di morte (che i delinquenti infliggono giornalmente alle vittime). Il delinquente è considerato oggi una vittima da recuperare, da reinserire nella società (con tanti saluti alle vittime sottoterra). Ai tempi di Gesù la pena di morte era un fatto normale (era comminata non solo da parte dei Romani, anche gli ebrei la infliggevano ai blasfemi come Gesù - "ha bestemmiato, è reo di morte"). Papa Francesco dopo una visita a un carcere ha detto: "Perché sono loro lì dentro e non io?" È vero che non pochi delinquenti hanno delle attenuanti per i loro crimini - che del resto il diritto considera. Ma se seguiamo il ragionamento di Bergoglio fino alle ultime conseguenze dovremmo addirittura abolire il diritto e i tribunali, visto appunto che i criminali sono in ultima analisi innocenti (è tutta colpa della società o della famiglia o di chissà che diavolo se sono stati costretti a delinquere). "Chi sono io per giudicare?" - le ultime parole famose di un papa eretico e sciocco. Sull'eresia di Francesco non ci piove: ha praticamente abolito la teologia, i dogmi, la tradizione, puntando esclusivamente sulla misericordia. Ma non ci può essere misericordia senza giustizia. È vero che Gesù ha detto: non giudicate se non volete essere giudicati. I giudizi affrettati e ingiusti sono in effetti da deplorare, ma non si può non giudicare. A Bergoglio bisognava replicare: be', se non vuoi giudicare hai sbagliato mestiere perché un'autorità giudica sempre.
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