venerdì 9 febbraio 2018

LO STATO PER LA NAZIONE E NON LA NAZIONE PER LO STATO. PROGRAMMA POLITICO-PEDAGOGICO...

...del Mein Kampf di Hitler. Credo di fare cosa utile alla conoscenza esporre le frasi più significative del secondo e del terzo capitolo del Mein Kampf, indipendentemente da ogni giudizio storico. Il secondo capitolo espone un programma politico-pedagogico.
 
Ai funzionari di Stato sembra più facile riconoscere nello Stato un'organizzazione che esiste solo per mantenersi in vita. E' più comodo vedere nello Stato nient'altro che un'organizzazione piuttosto che la più alta rappresentazione della tendenza di un popolo alla propria conservazione sulla terra. Lo Stato è l'arma adatta alla lotta per la sopravvivenza di un popolo. Non è lo Stato che forgia un determinato grado di civiltà. La condizione preliminare della vita di una umanità superiore non è lo Stato ma la Nazione, unica capace di portarla. Lo Stato non è un fine ma un mezzo per raggiungere un fine. Uno Stato deve essere giudicato dal grado di bontà delle sue istituzioni verso la stessa Nazione. Uno Stato può essere ritenuto perfetto se corrisponde allo stato di vita della Nazione che deve rappresentare e se conserva in vita quella Nazione: qualunque sia il valore culturale di questo Stato riguardo al mondo. Però lo Stato non ha la mansione di creare capacità. Sua missione è quella di facilitare la via alle capacità già esistenti. Lo Stato non è un contenuto ma una forma. La civiltà di un popolo non spiega la bontà di uno Stato in cui vive questo popolo. E' chiaro che un popolo che abbia raggiunto un alto grado culturale ha maggior pregio di una tribù di negri: però l'organizazione statale di quello riguardo l'attuazione dei suoi fini, può essere meno valida di quella di una tribù di negri. Il miglior organismo statale non è capace di trarre da un popolo le qualità che non ha e che non ebbe mai. Al contrario, uno Stato cattivo può distruggere qualità che in principio esistevano permettendo o agevolando l'annientamento dei produttori della civiltà di un popolo. Il giudizio sulla validità di uno Stato può essere stabilito dal vantaggio che ha per un determinato popolo. Ma un giudizio assoluto sulla validità dipende anche dal livello morale di una Nazione. Il supremo compito dello Stato si trova unicamente nella Nazione. Le frontiere aperte agli stranieri non hanno permesso che si attuasse una totale fusione. Vicino a individui nordici vi sono individui orientali, vicino a individui orientali  individui occidentali, e fra tutti mescolanze umane. Nell'intrico di caratteristiche di popoli che non si fusero si trova la base di quello che definiamo super individualismo: esso nei periodi di pace può essere vantaggioso e ci portò alla supremazia nel mondo. Una completa fusione delle caratteristiche di un popolo causa una minor forza di incivilimento. Nei tempi oscuri in cui il valore di un uomo sembrava simile a quello di un altro mancava il preciso discernimento del differente valore delle singole caratteristiche di base. Invece oggi sappiamo che la totale fusione impedirebbe l'attuarsi dell'ultimo fine dell'umanità che è la conservazione e l'aumento delle caratteristiche migliori di tutta l'umanità. Il compito dato  dalla bontà di Dio è quello di mantenere e far progredire un'umanità superiore. 
Lo Stato in sé rappresenta solo una forma. Una forma può distruggersi troppo facilmente. Perciò non resta che la consueta istruzione patriottica. Non si è saputo scegliere nelle diverse materie d'insegnamento ciò che ha più valore per la Nazione per accedere all'orgoglio nazionale. Lo Stato nazionale dovrà combattere per la propria sopravvivenza. La migliore difesa non consisterà nelle armi ma nei suoi cittadini; lo proteggeranno non le mura delle fortezze ma i viventi bastioni di uomini e donne spinti dal patriottismo. Lo stato nazionale deve incrementare l'orgoglio nazionale. L'insegnamento deve essere svolto prendendo come fondamento questi principi. Un sentimento nazionale che tenda solo al profitto non esiste. E non esiste un nazionalismo che comprenda solo delle classi. Vi è ragione di essere orgogliosi del proprio popolo soltanto nel momento in cui non ci si deve vergognare di nessuna classe. Ma una nazione di cui metà è misera, mal ridotta, dà un quadro talmente cattivo che nessuno può esserne orgoglioso. Nell'animo dei giovani bisogna imprimere la cognizione del nazionalismo con la giustizia sociale. Le maggiori rivoluzioni non sarebbero state concepibili se avessero avuto non passioni ma valori borghesi.
I figli dei genitori che hanno alte posizioni sono erroneamente ritenuti anche loro degni di un'educazione superiore. Le capacità vengono poste qui in una posizione subordinata. Ma vi è da obiettare che un giovane contadino può avere più qualità di un figlio di genitori occupanti alte cariche da molte generazioni, anche se ha meno cultura generale del figlio di borghesi. La maggiore condizione di quest'ultimo non ha niente a che vedere con le capacità più o meno grandi perché ha la sua base nella maggiore sollecitazione che il bambino riceve grazie alla sua educazione e all'ambiente in cui vive. Se anche il dotato figlio di contadini fosse cresciuto in tali condizioni, diverse sarebbero le sue facoltà intellettuali.  Oggi c'è un solo settore in cui abbia meno importanza la nascita che le qualità innate: il settore dell'arte. In questo caso non è sufficiente imparare ma bisogna avere già capacità insite, che in seguito si svilupperanno più o meno felicemente. Il danaro e il capitale dei genitori non contano quasi. Il talento non è legato con gli altri ceti sociali e con la ricchezza. Spesso i più grandi artisti appartenevano a famigie povere. I più credono che ciò che non si può negare nell'arte non si può negare per le branche scientifiche. All'uomo si può impartire una conoscenza scientifica senza tener conto di inclinazioni diverse. Ma sono acquisizioni aride e non fertili.  Ci saranno uomini pozzo di scienza, ma questo tipo di conoscenza passiva è sufficiente solo ad occupare posti statali. Generalmente opere creative si hanno solo quando la genialità si unisce alla cultura.  Se negli ultimi decenni si incrementò nell'America del Nord la quantità delle scoperte importanti uno dei motivi è questo, che colà un numero di geni superiore che in Europa, provenienti da classi basse, è in grado di ricevere un'educazione superiore. Per inventare occorrono cognizioni rese vive dall'ingegno. Lo Stato nazionale deve scegliere da tutti i componenti della Nazione i cervelli migliori e portarli agli impieghi e alle cariche. Deve permettere a tutti i geni di frequentare gli istituti statali dell'insegnamento qualunque sia la classe sociale da cui gli studiosi escono.  Ma lo Stato da troppo tempo ha distrutto il legame tra intellettuali e la massa. Essi, benchè dotati di erudizione scientifica, come dirigenti statali furono inadeguati a dirigere il popolo. Lo Stato ha il dovere di trarre dal suo popolo gli uomini meglio dotati dalla natura e metterli al servizio della comunità. Un motivo di grandezza della nazione è che si riesca a scegliere e a istruire i dotati per il servizio della Nazione. Se due popoli competono avrà la vittoria quello che trova nella sua guida spirituale i suoi migliori talenti. Si contesterà che il figlio di un alto funzionario statale diventi artigiano. Questo può essere valido vista l'attuale valutazione del lavoro manuale. Ma lo Stato nazionale distruggerà l'insensata abitudine di disprezzare l'opera manuale. Apprezzerà l'uomo non dal tipo della sua attività ma dal valore del lavoro fornito. Ciò sembra inconcepibile in un tempo in cui il più stupido riempitore di pagine di giornali ha più valore di un intelligente meccanico solo perchè lavora con la penna. Qualunque attività ha un duplice pregio, materiale e spirituale. La necessità materiale di una invenzione può essere maggiore di quella di una prestazione manuale, ma la comunità si fonda tanto sulla piccola prestazione che su quella grande. Ma idealmente si deve dare un eguale valore a tutte le attività. Il giudizio sul pregio di un uomo deve basarsi su ciò, non sul compenso accordato.  Lo Stato nazionale deve operare in modo che all'uomo venga assegnato quel lavoro che corrisponde alle sue capacità, ma il talento non può essere educato perchè è un dono della natura, non una facoltà acquisita. Perciò l'attività che l'uomo fa non è il fine della sua vita ma il mezzo. Egli come uomo deve continuare ad imparare a migliorarsi ma solo all'interno della sua comunità di cultura, che deve sempre fondarsi sulla base di uno Stato. La forma di questo contributo è assegnata dalla Nazione. Il compenso materiale può essere dato a quello che con il suo lavoro giova alla comunità; ma il compenso ideale sta nella stima che ognuno può avere se mette al servizio della propria Nazione le qualità che la natura gli donò e che la collettività nazionale educò e sviluppò. In questo modo non è più biasimevole essere un bravo artigiano: invece è biasimevole un funzionario incapace e rubare al buon Dio il tempo e al buon popolo il pane quotidiano. I nostri tempi si distruggono da soli: parlano di eguaglianza di diritti ma non trovano una base etica di ciò. L'eguaglianza consta sull'attività dei singoli in sè nel momento in cui ciascuno fa il proprio determinato dovere. Nella nostra epoca in cui interi gruppi di uomini sanno solo stimarsi secondo lo stipendio che ricevono queste cose non si capiscono. Si contesterà che non è facile dividere la valutazione materiale da quella ideale e che la minore stima del lavoro manuale è il risultato del minor compenso che esso riceve. Ma proprio per questo dobbiamo impedire in futuro una troppo grande differenza tra le retribuzioni. Le più grandi invenzioni, le più grandi scoperte, le attività scientifiche più nuove, i più meravigliosi monumenti dell'umana civiltà non furono dati al mondo dal desiderio di danaro. Oggi pare che il danaro sia diventato il solo padrone dell'esistenza: ma in futuro l'uomo tornerà ad adorare più alte divinità. Nella brama di danaro poche cose sono quelle che, se mancassero, renderebbero più misera l'umanità. La nostra organizzazione ha la missione di dare all'individuo il necessario per vivere, ma terrà ferma l'idea che la persona non vive solo per la gioia materiale. E non si affermi che questo è uno Stato ideale che non si può attuare in realtà. Sentiamo di non poter costituire in futuro un'epoca perfetta. Però dobbiamo lottare con forza verso l'ideale, così come nessuno può privarsi di una Giustizia solo perchè anche questa può sbagliare.           
Lo Stato deve servirsi delle più moderne scoperte mediche. Deve chiarire che l'essere malati non è scandaloso ma solo una sfortuna degna di pietà. E' finezza d'animo e perciò è crimine e vergogna mostrare egoismo perpetuando il male e i difetti in creature senza colpa. E' finezza d'animo sacrificarsi per non aver figli propri e ci si dedichi con amore e con benevolenza ad un piccolo sfortunato sconosciuto figlio della sua Nazione e nato sano perchè appartenga ad una forte comunità. Non bisogna permettere di procreare ai malati di corpo e di spirito per salvare l'umanità e portarla ad una condizione di sanità oggi quasi incredibile per una futura evoluzione della Nazione e dell'umanità.
La società borghese non può ostinarsi nella propria debolezza. Essa ha perso ogni pregio per qualsiasi missione dell'umanità. E' cattiva non volontariamente ma per pigrizia. La sua più alta missione è solo quella di operare in nome dei propri interessi. Per uno Stato nazionale un individuo poco colto ma sano di corpo e di carattere buono e forte vale più di un uomo colto ma fragile nella sua vontà. Lo Stato protegge gli interessi della comunità per quanto riguarda l'educazione scientifica ma deve fare attenzione perchè non venga educata una generazione di soli sgobboni.
E' illogico pensare che dopo la fine della scuola lo Stato non debba vigilare sui cittadini lasciando che la gioventù si depravi nelle strade e nei bordelli. Per quanto riguarda le cure mediche se una cura garantisce la guarigione anche solo nella percentuale dell'uno per cento di probabilità un uomo saggio la sperimenterà senza avere bisogno che le probabilità siano del 51%.  L'educazione scolastica non deve essere oberata di nozioni che nel 95 per cento sono inutili. Pertanto bisogna combattere il nozionismo nelle scuole popolari e medie. Nella mente di un funzionario statale poco rimane di ciò che apprese a scuola. Si dice che il nozionismo esercita la memoria. Ciò è giusto ma vi è il rischio che la mente del giovane sia oberata da nozioni che difficilmente riuscirà a dominare e di cui non sa capire il valore. E succede che venga messo in seconda linea l'essenziale. Milioni di uomini sono costretti ad apprendere due o tre lingue straniere di cui in seguito si serviranno solo pochi . Per favorire duemila persone a cui è utile la conoscenza di una lingua straniera 98.000 sono obbligate a sprecare tempo prezioso. E non si può dire che tale lingua eserciti al ragionamento come invece accade con il latino. Nessun popolo più del tedesco dovrebbe apprendere la storia, ma esso ne fa un cattivo uso. Se i politici avessero studiato la storia le cose andrebbero meglio. Ma bisogna restringere gli argomenti e riconoscere le grandi linee dell'evoluzione storica. Non si impara la storia solo per conoscere gli avvenimenti ma per trarne insegnamento per il futuro e per la conservazione del proprio popolo. Non per questo è necessario che tutti diventino professori di storia. Il nostro insegnamento è troppo ridotto per l'erudito di professione e troppo esteso per l'uomo comune. Basta che l'uomo comune riceva una cultura generale e sia istruito profondamente e in modo particolareggiato e specializzato solo in quell'argomento che potrà usare per il lavoro che svolgerà. Si avrebbe così una riduzione del programma scolastico per giovare ad una istruzione particolareggiata. Nell'insegnare la storia non si deve tralasciare lo studio degli antichi. La storia romana nei suoi caratteri generali è e resta la più grande maestra non solo per la nostra epoca ma per tutte le epoche. Anche l'ideale della civiltà greca non deve andare perduta nella sua rara bellezza. Le differenze dei singoli popoli non devono farci scordare la grande comunità di popoli. Una civiltà lotta per la sua sopravvivenza: una civiltà che comprende in sé millenni e che contiene insieme l'ellenismo e il germanesimo.               

La nostra epoca materialistica pensa solo ad un onere finanziario. Essa pensa che per ottenere prima la cittadinanza è utile che l'aspirante sia un pagatore di tasse in avvenire. Considerazioni etniche non vi hanno la minima importanza. Ottenere la cittadinanza è come essere ammessi ad un elenco automobilistico. L'aspirante presenta la sua domanda, si indaga, la domanda viene accolta e un bel giorno gli si rende noto che è diventato cittadino dello Stato. E l'annuncio gli è dato in forma comica. A colui che finora è stato uno zulù si rende noto che è diventato tedesco. Questo miracolo viene fatto da un comune funzionario in pochissimo tempo. Questo funzionario fa ciò che neanche il cielo potrebbe fare. Un segno di penna e un mongolo diviene un vero tedesco. Non soltanto non ci si preocupa della diversità etnica di quel nuovo cittadino ma neanche della sua integrità fisica. Così ogni anno quell'essere orribile cosiddetto Stato  accetta elementi venefici che non può più allontanare. Il cittadino medesimo si distingue dallo straniero solo perchè può occupare uffici pubblici, deve in caso di bisogno fare il servizio militare e può partecipare in modo attivo e passivo alle elezioni. Non vi è nulla di più anormale e di più indignante dell'attuale diritto di cittadinanza. C'è uno Stato in cui si notano già le premesse di una idea superiore: l'unione americana, dove si cerca di ragionare. L'unione americana non accetta gli individui cattivi dell'immigrazione e rifiuta ad alcune etnie la concessione della cittadinanza. Lo stato nazionale divide i suoi membri in tre classi: cittadini, appartenenti allo Stato e stranieri. L'origine dà soltanto l'appartenenza allo Stato. Questa non rende la possibilità di occupare posti pubblici né  di esercitare un'opera politica partecipando alle elezioni. L'essere uno spazzino componente del Reich è un onore più grande che essere in uno Stato straniero.  A chi non ha valore né volontà, al volgare criminale, al traditore della patria può essere tolto questo privilegio, e così torna ad essere un comune componente dello Stato.       

1 commento:

  1. Non siamo fascisti, siamo STUFI ! Coloro che fingevano di essere Comunisti, hanno gettato Noi ed il “Simbolo” del Lavoro, la Falce ed il Martello, nella latrina. Il piano Kalergi dei primi anni del 1900 è stato attuato, se non del tutto solo perché l’Italia, fisicamente non può contenere tutta l’Africa. Considerando il tradimento dei cosiddetti “Comunisti” perché non dovremmo castigarli e votare Casa Pound o Forza Nuova? Forse questi sono diventati meno fascisti dei demoNIOcristiani che hanno inghiottito e defecato i Comunisti, almeno a parole hanno a cuore il “Popolo”, i “Non Abbienti” e l’indipendenza come fu ’Ideale Comunista. Certo devono sbarazzarsi di mazze, coltelli, pistole e violenza. Ricordiamoci del 4 dicembre 2016, facciamo come le due Coree e sbarazziamoci definitivamente del comune nemico: i magnacciari. Lo scrivo in anglocazzone: Italy and Italians, first !

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