Nel mio libro Biologia e filosofia. Origine della vita ed evoluzione biologica. Casualità e necessità (Annali della Facoltà di Scienze della Formazione (oggi Facoltà di studi umanistici), Università di Cagliari, Quaderno n. 43, 1999) avevo affrontato anche la dibattuta questione delle cause dell'estinzione del Neanderthal (regione della Germania occidentale). Non avevo mai preso in considerazione la tesi che il sapiens di Neanderthal (con un cranio di 1400 cm cubici, più grande di quello del sapiens sapiens di 1200 cm cubici, più basso ma di corporatura più robusta e più resistente ai climi freddi in un lungo periodo di glaciazione) si fosse estinto, dopo 500.000 anni, circa 40.000 anni fa a causa di una lotta tra sapiens di Neanderthal e sapiens sapiens, che avrebbe portato all'estinzione del Neanderthal. Poiché queste popolazioni non soffrivano certo a causa di un sovrappopolamento del territorio europeo comunemente abitato dopo l'arrivo successivo del sapiens sapiens potendo spostarsi in un territorio quasi disabitato bisognava approdare ad un'altra spiegazione. Notare poi che il sapiens di Neanderthal, data la sua maggiore corporatura, non poteva dare da pensare che in una ipotetica lotta (per la sopravvivenza) potesse avere la peggio nei confronti del sapiens sapiens. La tesi che io affacciavo nel mio libro era che il Neanderthal si fosse incrociato con il sapiens sapiens. Orbene, la trasmissione ULISSE (a cura di Alberto Angela) di oggi 19 maggio mi ha dato ragione, con una spiegazione che io non conoscevo e allora non potevo conoscere perché soltanto nel 2016 si è scoperto che il sapiens sapiens che popola oggi quasi tutta la Terra ha un DNA che per il 4% conserva il DNA del sapiens di Neanderthal. Perché ho detto quasi? Perché è risultato che soltanto il sapiens sapiens africano non si è incrociato con quello di Neanderthal. Dunque i negri non hanno il 4% del DNA del Neanderthal. Qualcosa questo dovrà pur significare.
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