mercoledì 24 aprile 2019

DECIDETE: O LUCREZIO O CRISTO

Sono andato a riprendere la lettura di alcune parti del De rerum natura di Lucrezio. Poiché non ricordavo esattamente in quali dei sei libri si trovassero le frasi che cercavo ho dovuto riprendere in mano la storia della filosofia antica (in due volumi) del grande storico del pensiero greco-romano che fu Francesco Adorno. Mi sono chiesto come sarebbe stata migliore la storia se l'insegnamento di molti filosofi greci avesse prevalso sulle religioni. Si può dire che le radici storiche del pensiero occidentale siano rappresentate dai sette P: Pitagora, Parmenide, Platone, Plutarco, Plotino, Porfirio e Proclo. Pitagora e Parmenide precedono cronologicamente tutti gli altri, e furono assorbiti tutti e due nel pensiero di Platone  e nel neoplatonismo degli altri P. Il cristianesimo vinse perché assorbì la filosofia di Platone e del neoplatonismo traendo da esso la trinità. Senza la trinità il cristianesimo sarebbe rimasto una setta ebraica. Ma non colse da Platone e dal neoplatonismo il concetto dell'unitarietà della natura che in Platone si espresse nella unità di tutti gli esseri viventi sino a concepire la reincarnazione di tutti gli animali, non solo dell'uomo.  E la reincarnazione dell'uomo in altre forme di vita significava una sorta di punizione dei mali commessi in una vita precedente, dopo la quale un animale si sarebbe potuto reincarnare nuovamente in un uomo.  Una sorta di karma. Disse Pitagora: "non picchiare l'asino. Potrebbe esservi l'anima di un tuo parente". Ma vi fu un filosofo che venne osteggiato perché, al contrario dei filosofi neoplatonici, affermò che gli dèi esistevano ma non si occupavano affatto delle vicende umane, perché altrimenti sarebbero rimasti corrotti dai vizi umani. Egli pensava, seguendo l'atomismo materialistico di Democrito, che non esistesse l'anima immortale e che l'anima non fosse scindibile dal corpo. Questo filosofo fu Epicuro. L'opera di Lucrezio riprende il pensiero di Epicuro, che venne osteggiato perché demoliva ogni forma di religione e ogni concezione che facesse riferimento ad un disegno intelligente, e perciò divino, della natura. Ma paradossalmente il primo editore dell'opera di Lucrezio fu il suo acerrimo avversario Cicerone. Tolte di mezzo tutte le religioni, considerate forme di superstizione, venivano condannati tutti i sacrifici degli animali. E' vero che anche alcuni filosofi neoplatonici, riprendendo il pensiero di Pitagora, come Plutarco e Porfirio, condannarono l'uccisione degli animali e propagandarono una dieta vegetariana. Plutarco del De esu carnium e Porfirio  nel De abstinentia carnibus. Ma Lucrezio, più di ogni altro, si ritrasse inorridito di fronte alle stragi di animali nelle pratiche religiose nei templi pagani. A confronto di Lucrezio appare veramente miserevole la figura di Gesù che rimase ebreo per la sua totale indifferenza di fronte alle sofferenze patite dagli animali per mano degli uomini. Rimase un ebreo. Considerava il tempio di  Gerusalemme (in realtà un grande mattatoio) "casa del Signore". Un dio che abita in un mattatoio. L'ultima cena fu una cena pasquale, cioè a base di cadavere di agnello.  In tutti i vangeli non si spende una parola a difesa della vita degli animali. Dunque che insegnamento morale può trarsi da un individuo simile? Si leggano invece i versi di Lucrezio che sotto riporto. Quanta sensibilità nel descrivere una madre privata del figlio mandato al macello e che essa continua a cercare non sapendo dove il figlio sia finito. 

Spesso davanti agli splendidi templi degli dèi un vitello
cade immolato presso gli altari su cui brucia l'incenso,
esalando dal petto un caldo fiume di sangue.
E la madre orbata, vagando per verdi pascoli,
cerca sul terreno le orme impresse dai piedi bisulchi,
fruga con gli occhi ogni luogo, per vedere se possa
in qualche parte scorgere la creatura che ha perduta; 

e riempie di lamenti il bosco frondoso, sostando; 
e sovente ritorna alla stalla, trafitta dal rimpianto del giovenco;
e i teneri salici e le erbe rinverdite dalla rugiada
e quelle sue acque, scorrenti a fior delle rive, non possono
dar diletto al suo animo e sviare l'affanno che l'ha presa,
né la vista di altri vitelli per i pascoli in rigoglio
può distrarre il suo animo e alleviarne l'affanno:
tanto essa ricerca qualcosa che è sua propria e che le è nota.
[De rerum natura, II]


E nel cielo collocarono le sedi e le regioni degli dèi,
perché nel cielo si vedono girare la notte e la luna,
la luna, il giorno e la notte, e le severe stelle della notte,
e le faci del cielo che vagano di notte, e le fiamme volanti,
le nubi, il sole, le piogge, la neve, i venti, i fulmini, la grandine,
e i rapidi fremiti e i grandi minacciosi fragori.
O infelice genere umano, quando agli dèi
attribuì tali azioni ed aggiunse ire acerbe!
Che gemiti allora a sé stessi, che piaghe a noi,
che lacrime cagionarono ai nostri discendenti!
Né è punto vera pietà farsi spesso vedere nell'atto di volgersi
velato a un sasso e accostarsi a tutti gli altari,
né gettarsi a terra prosternato e protendere le palme
innanzi ai templi degli dèi, né cospargere gli altari
con molto sangue di quadrupedi, né intrecciar voti a voti,
ma piuttosto il poter contemplare ogni cosa con mente tranquilla.
[De rerum natura, V]

1 commento:

  1. Queste Sono PERSONE, pur così distanti nel tempo da Noi...in fin dei conti, gli ebrei e de-rivati hanno fatto ai personaggi madonna maria di nazareth e figlio gesù quello che fanno alle Mamme dei Vitellini e degli Agnellini e di tutti gli Esseri Viventi che i maledetti si strafogano. Cessassimo di pagar loro l'acqua, l'energia con cui si procurano i cadaverini da strafogarsi, la Tari, la Tasi e tutte le estorsioni de li vivaccci e non più vivacci loro, dovrebbero smuovere il chiappon e guadagnarselo col sudore della fronte superiore il cadaverismo. Glie la do io l'eutopa !

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