giovedì 9 maggio 2019

LA DITTATURA DELL'ANTIFASCISMO


La buriana sollevata dai cosiddetti antifascisti, i soliti radical chic nemici della libertò di pensiero, hanno voluto impedire che fosse presente l'editore ALTAFORTE  in quanto ritenuto vicino a Casa Pound. Ed hanno presentato con la sindaca di Torino, una destinata a scomparire, un esposto contro l'editore Francesco Polacchi per avere dichiarato: «Io sono fascista», «l’antifascismo è il vero male di questo Paese», «Mussolini è il miglior statista italiano». Dove sta il reato? Si vuole persino abolire la libertà di pensiero. Il reato esisterebbe soltanto in presenza di atti di violenza. Ma è proprio la violenza degli antifascisti che cade nel reato. Non può esistere il reato di opinione quando ci si limiti a manifestare il proprio pensiero. Anche quando questa manifestazione si traduca in una apologia di una concezione politica che sia contraria all'attuale sistema dei partiti, che si presentano come portatori di democrazia nonostante le quotidiane notizie di corruzione che nasce inevitabilmente quando essi siano alla ricerca del voto con tutti i mezzi nella ricerca del potere per il potere. La democrazia nega se stessa quando vuole impedire la parola e lo scritto a quello che essa dichiara come suo nemico. Per essere coerente la democrazia deve lasciare libertà di pensiero al suo nemico purché l'apologia del nemico non si valga della violenza. Ma allora i cosiddetti democratici si ricordino che il fascismo e il nazismo andarono al potere con le elezioni, mentre furono i comunisti ad andare al potere con la violenza nell'Unione Sovietica (facendo fuori, pur essendo minoranza, l'opposizione liberale di Kerensky), e poi  introducendo, dopo la seconda guerra mondiale, i sistemi comunisti in tutta l'Europa orientale, dove fu esclusa la libertà di pensiero con la persecuzione dei non comunisti. Ci si ricordi dei morti della rivolta ungherese del 1956, repressa nel sangue, e di quella cecoslovacca del 1968 che fece cadere con i carri armati sovietici il legittimo governo di Alexander Dubček dopo la "primavera di Praga". Dopo la guerra era calata su tutta l'Europa orientale, come disse Churchill (con pianto da coccodrillo), "la cortina di ferro". Quello stesso Churchill che negli anni '30 disse che la legislazione sociale del fascismo era la migliore del mondo. Legislazione demolita pezzo per pezzo dai governi "democratici". Facciamo il processo anche a Churchill post mortem? E oggi abbiamo il segretario del PD ROMETTI (cioè ZINGARETTI, perché non si deve più dire zingari ma rom) ha fatto l'elogio dell'Unione Sovietica. Notare che gli antifascisti di professione evitano sempre di fare i conti con la storia quando ad essi non conviene. Il comunismo fece più morti di quanti ne fece il nazismo. Dico questo per verità storica, senza per questo dichiararmi fascista, e tanto meno nazista. Ma l'onestà mi fa odiare questi disonesti che vedono il male solo dove fa loro comodo. Come mai, invece, non vengono considerate fuori legge le moschee dove si predica il Corano con la sua propaganda della violenza contro tutti i miscredenti (vedi per esempio la Sura V)?  Questo è il vero pericolo di cui i sinistronzi tacciono con la complicità di uno sciagurato papa che chiama i musulmani "nostri fratelli". Ciò che è sconcertante è il fatto che la falsa sinistra, abbandonata dalla classe operaia, rimanga padrona dei mezzi di comunicazione, come i maggiorni giornali e le TV, con La 7 che, peggio della Rai, è un vero scandalo di partigianeria e di falsità.   
Riporto ora quanto scrissi in un mio libro.  


Il poeta John Milton (autore del poema Il paradiso perduto), che, esponente del movimento puritano, giustificò l’esecuzione del re, fu autore anche di diversi scritti politici, in cui, muovendo dalla constatazione che, in base al diritto naturale, ognuno nasce libero, e soltanto in quanto tale conferisce ad altri il potere che gli appartiene per realizzare la giustizia, considerò le leggi umane un’invenzione successiva al diritto naturale, che si pone al di sopra di qualsiasi legge, intercorrendo tra il re e il popolo un contratto che deve essere fondato su principi fondamentali, essendo il potere derivato soltanto dal bene comune del popolo. Appellandosi al cristianesimo come religione della libertà, che esclude l’obbedienza passiva, Milton si pose anche contro la Chiesa presbiteriana, che, nata dal movimento puritano, divisosi tra presbiteriani e indipendenti (tra i quali si riconosceva Milton), era riuscita a farsi riconoscere come Chiesa di Stato pretendendo quelle stesse prerogative di cui prima la Chiesa anglicana aveva goduto contro i puritani, ed aveva richiesto una preventiva censura su un suo testo (The Doctrine and discipline of Divorce, 1644), accusato di essere sedizioso. In difesa della libertà di pensiero e di stampa Milton scrisse l’Areopagitica,[1] in cui non riconobbe allo Stato il diritto di esercitare la censura sulla base della distinzione tra teorie che professano il bene e teorie che professano il male, giacché tale distinzione, spiega Milton, non può valere nella ricerca della verità, che comporta la conoscenza e la confutazione degli errori, possibile soltanto con il confronto anche con quei libri che sono ritenuti cattivi. Il male non può essere eliminato senza il libero uso della ragione, e il bene non può essere conosciuto senza la conoscenza del male. Nessun potere politico può arrogarsi il diritto di monopolio del bene. Pertanto, continua Milton, è inutile cercare di impedire la diffusione di scritti che si ritengano contrari alla verità, perché la storia dimostra che le dottrine si sono diffuse nonostante i provvedimenti censori, che servono solo ad alimentare il conformismo, che maschera la pigrizia intellettuale e l’imbecillità, per cui “la mondana accortezza, l’essere ignavi, l’essere un qualunque solennissimo balordo sarà l’unica vita piacevole”.

[1]Trad. e pref. a cura di S. Breglia, Laterza 1933.


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