Mussolini fu e rimase socialista anche quando inventò il fascismo
con l'aiuto della borghesia. Vi fu un comunista, Nicola Bombacci, che
lo capì. Egli fu cofondatore del P.C.I. con Antonio Gramsci e fu delegato del
partito alle onoranze funebri di Lenin a Mosca nel 1924. Poi fu espulso dal P. C.
I. essendo stato ritenuto un apostata da Gramsci per il suo essersi
avvicinato al fascismo. Come mai? Gramsci, che certamente non era
antifascista perché fosse democratico (e non poteva esserlo se era
vicino ideologicamente ai bolscevichi), non capì mai che vi erano
affinità tra il fascismo e il comunismo che non potevano invece
sussistere tra il liberismo e il comunismo. Infatti il fascismo, andato
al potere con il capitalismo delle grandi imprese, che egli sfruttò solo per ragioni di potere, rimanendo anticapitalista, impose una
legislazione statalistica con una legislazione sociale che, definita da
Churchill la migliore del mondo, controllava il profitto delle grandi
imprese. Ricordiamo L'INPS, la BNL (banca statale per contrastare le
banche private), l'Istituto Nazionale Case Popolari, l'Istituto
Nazionale Case Impiegati dello Stato, le colonie estive gratuite per
tutte le scuole, l'Agip, la bonifica della paludi pontine, il
rafforzamento della lira (che faceva aggio sull'oro), la costruzioni di
nuove bellisime città secondo uno stile classico razionale dovuto a
grandi architetti, che usavano la pietra e non il calcestruzzo. Ancora oggi si riconoscono subito le costruzioni risalenti all'epoca fascista, con una bella piazza al centro su cui si affacciano gli edifici pubblici. Contro il degrado delle costruzioni odierne. Il danaro statale fu investito in grandi opere di
infrastrutture, che i governi di oggi, schiavi della dittatura
dell'Unione Europea, non possono o non sono capaci di attuare. Lo
statalismo è ciò che accomuna fascismo e comunismo senza le distorsioni
del comunismo. Con la R.S.I., apparentemente creatura del nazismo
(giacché dopo l'8 settembre 1943 Hitler volle salvare Mussolini imponendogli
la costituzione della R.S.I. (Repubblica Sociale Italiana) Mussolini
nominò ministro dell'economia l'ex comunista Nicola Bombacci (ex solo
perché espulso dal P.C.I. ma rimasto sostanzialmente comunista). Infatti
provvide subito alla socializzazione delle imprese. Il che comportava che
fine ultimo delle imprese non fosse l'aumento del profitto (come oggi
nel capitalismo) ma la salvaguardia dei posti di lavoro degli operai,
resi partecipi degli utili dell'impresa, e perciò comproprietari di essa. Questo significava un ulteriore
passo verso il socialismo. Bombacci entrava nelle fabbriche chiamando
gli operai "compagni" e non camerati. Eppure i fanatici comunisti di
allora non lo compresero e non risparmiarono a Dongo nemmeno la vita di
Nicola Bombacci quando vigliaccamente, senza nemmeno una farsa di
processo, lo fucilarono insieme ad altri gerarchi fascisti. Bombacci
morì gridando: VIVA IL SOCIALISMO!
L'infamia storica ricada sui suoi
assassini.
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