sabato 20 giugno 2020

IMBRATTATO DA UN NEGRO L'INNO NAZIONALE


Se c’è una cosa che abbiamo capito è che in Italia la razza è fondamentale. Parliamo della razza nera, ovviamente, perché è quella che, a prescindere dal merito, apre le porte del mondo dello spettacolo, non importa cosa un “artista” sappia o non sappia fare.

Abbiamo visto Miss Italia nere esteticamente parecchio discutibili, soprattutto se paragonate alle concorrenti perdenti, ma che avevano il pregio di avere la pelle nera, e quindi ben si prestavano all’operazione mondialista che già allora veniva messa in atto.

Ci siamo dovuti sorbire pagliacci che si esibivano al Festival di Sanremo con canzoni da malati di mente e da disadattati sociali, assolutamente estranee a qualunque melodia, metrica, testo, anche solo lontanamente associabili alla tradizione italiana che quel Festival, almeno in teoria, dovrebbe riproporre, ma avevano il merito di essere stranieri ed omosessuali dichiarati: una combo devastante che ti porta direttamente al primo posto, senza passare dal via e sovvertendo nettamente il giudizio della giuria popolare.

Ieri, dopo Miss Italia e Sanremo, è stato il momento di “violentare” un altro dei simboli di quest’Italia popolare che, nonostante tutto, continuano a resistere ad internet, a Facebook, ad Alexa, alle automobili a batterie: il calcio.

Ieri chi ha avuto l’ardire di guardare la Coppa Italia si è dovuto sorbire un cafone vestito come un gangster di Los Angeles, il cui solo merito è stato quello di vincere una trasmissione musicale per malati mentali, che nemmeno sapeva l’Inno d’Italia, facendo scena muta per metà dell’esibizione. Ma volete mettere il dimostrare di non aver studiato nemmeno l’Inno della Nazione che dici di amare, il verseggiare a metà strada tra un muezzin che richiama i fedeli alla preghiera ed un pappagallo, l’abbigliamento da mafioso americano e l’immancabile pugno chiuso a fine esibizione tipico dei terroristi del “Black lives matter” – quelli che stanno mettendo a ferro e fuoco una Nazione per una inesistente persecuzione razziale che i numeri smentiscono categoricamente – con quello che rimane il suo pregio fondamentale, cioè essere diversamente pigmentato?

Quando faremo sloggiare dalle tv, dalle aule parlamentari, dai giornali e dalle TV, dalle scuole, dai tribunali questi criminali, nemici e stupratori di ogni Tradizione, di ogni Sangue, di ogni Cultura, di ogni cosa che richiami la parola Italia?

Godiamoci il Nostro Inno, almeno finché non decideranno di censurarlo perché scritto da un bianco.
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