E'
da una vita che mi ossessiona questa domanda. Non mi soddifece mai la soluzione
di Parmenide: l'essere è e il non essere non è perché il non essere non può
nemmeno essere pensato. Dopo circa 2500 anni Heidegger (Essere e tempo) rispose: il nulla
esiste. E' l'anticipazione della morte come pensiero di essa. Per chi muore è
come se il mondo si annientasse. Ma nemmeno Heidegger riuscì a rispondere alla
mia domanda: è vero che il mondo si annulla per chi muore, ma non si annulla
per chi continua a vivere. E anche se tutta l'umanità scomparisse, e con essa
tutti gli esseri viventi sulla Terra, non rimarrebbe forse l'universo? Se è
eterno come si giustifica la sua eternità?
L'esperienza personale ci mostra che niente, assolutamente niente, dura: prima o poi persone, animali, cose, stelle, si dissolvono, muoiono.
RispondiEliminaÈ l'evidenza stessa. Ma qualcosa permane e va a formare altri esseri. Le forme della materia, gli enti, si susseguono, ma la materia o l'universo permangono, sono eterni come il famoso Dio. Ma l'eternità si estende nel passato e nel futuro? O cosa significa eterno? Noi siamo intrappolati nel tempo e non possiamo non pensare a un prima e a un dopo, a un inizio e a una fine, ma la materia, l'universo semplicemente sono, senza causa e perché (come il famoso Dio fuori del tempo). Dobbiamo constatarlo e ... basta! La famosa domanda: perché l'essere invece che il nulla non ha senso, non possiamo andare al di là del fatto che tutto (l'universo e tutti gli enti al suo interno) è.
Cosa è invece il nulla che non può essere nemmeno pensato e che invece esisterebbe? L'universo o il pluriverso si espandono in uno spazio o nel nulla? Che cosa c'è al di là del pluriverso? Niente, il nulla? O è l'universo che crea lo spazio, al di là del quale non c'è davvero nulla?
Tutto il suo commento non risponde alla domanda. Perché esiste l'universo? Notare che, al contrario di quanto si crede, il Genesi non dice che Jahweh abbia creato dal nulla l'universo. Si è limitato ad ordinare la materia informe coeterna con lui. Come il Demiurgo nel "Timeo" di Platone, il quale per affrontare il problema posto da Parmenide nel terribile e difficile dialogo "Parmenide" affronta proprio questa domanda: come si può nominare il nulla se il nulla non esiste e dunque non può essere nemmeno pensato? Platone nel dialogo successivo "Il Sofista" risolve la questione relativizzando il nulla per giustificare l'espressione "NON Essere". Soluzione banale perché riduce il "NON Essere" assoluto sul piano puramente linguistico. "NON Essere" non esprime il nulla ma il non essere di una cosa. Nel senso che ogni cosa è e allo stesso tempo non è tutte le altre cose. Con ciò aggirando la domanda "perché l'essere invece che il nulla"? Per Platone l'universo (finito)è eterno come il Demiurgo e pare che porsi la domanda perché esiste invece che il nulla non abbia senso. La creazione dal nulla fu inventata dal filosofo Filone alessandrano (detto anche Filone l'ebreo) e ripresa poi dal cristianesimo. Ma che faceva Dio prima di creare il mondo? Rispose Agostino: preparava l'inferno per chi si sarebbe posto questa domanda. Il che è tutto dire.
RispondiEliminaMa è un po' come se Dio si chiedesse: perché esisto invece di non esistere? Domanda naturalmente assurda. Dio alias la materia, l'universo e il pluriverso esistono. Non possono non esistere, sono eterni. Piuttosto mi chiederei perché sorge questa domanda: perché l'essere invece del nulla? Io penso che sorga dalla nostra esperienza di veder sparire uno dopo l'altro tutti gli esseri o enti che via via appaiono. La loro scomparsa ci affligge e allora ci poniamo quella strana domanda. Ma, come dice Severino, tutto è da sempre e per sempre. Anche la comparsa dell'idea di Dio, del Dio cristiano, è un ente, un fenomeno necessario che fa la sua apparizione in un momento preciso dell'evoluzione del cosmo. Severino era ateo (ma respingeva questa definizione pur essendo stato dichiarato tale dalla Chiesa cattolica che lo costrinse alle dimissioni dalla Cattolica), ma aveva per così dire risolto il suo problema esistenziale con la scoperta della pietra filosofale, l'eternità del tutto. Questa scoperta l'aveva appagato o addirittura salvato (dal terrore del nulla). Chiama Platone il vero Salvatore del mondo (non Gesù) perché salva il mondo con le sue idee eterne. Noi non possiamo seguire Severino che ci appare fissato, esasperante (ha ripetuto questa sua trovata in una cinquantina di libri semi incomprensibili e noiosi). Ma direi che l'eternità della materia è l'evidenza stessa, non possiamo negarla.
RispondiEliminaQualche considerazione intorno al commento di Sergio. Per Severino Dio è uno dei principali modi con cui l'uomo ha inventato la potenza che può tirare fuori le cose dal nulla e riportarcele, cioè Dio è un errore. Ed è un errore perché per Severino, come Lei ben sa, le cose non possono essere scalfite dal nulla. Severino era appagato dalla consapevolezza dell'eternità del tutto? Qui ci andrei cauto, egli aveva dichiarato che a volte era rallegrato dall'eternità di tutte le cose, altre volte impensierito. Andiamo Avanti. Sì, Platone è il salvatore del mondo, egli compie il celebre parricidio, tenta di uccidere Parmenide, ma anche per Platone le cose che ci circondano prima non sono, poi dimorano provvisoriamente nell'esistenza, e alla fine tornano a non essere, cioè oscillano tra l'essere e il nulla (le idee platoniche sono, sì, eterne, ma lo sono in quanto determinazioni privilegiate). Lei afferma che l'eternità della materia è l'evidenza stessa. Che cosa vuol dire «evidente»? Vuol dire che l'eternità della materia non può essere negata? E perché mai non può essere negata? Ecco, queste domande ci conducono al saggio del filosofo bresciano intitolato Ritornare a Parmenide, il tremendo par. VI.
RispondiEliminaAd ogni modo, colgo l'occasione per salutare il prof. Melis, il quale continua sacrosantamente a denunciare le atrocità commesse dagli uomini contro i poveri animali.
Mario
Dico il mio parere:se ogni forma di vita sulla Terra scomparisse; dalla più semplice, tipo la forma unicellulare, fino alla più complessa ed evoluta, tipo l'uomo, automaticamente anche l'universo cesserebbe di esistere, perché non ci sarebbe più nessuno che lo vedrebbe o solamente lo immaginasse.
RispondiEliminaL'universo (meglio: il pluriverso) non esiste per essere visto. E tanto meno per essere pensato. Lo possono dire solo i filosofi idealisti (anche se atei, come Fichte, Schelling, Hegel,Giovanni Gentile e Benedetto Croce), malati di antropocentrismo.
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