Ricevo da Green Peace
FERMIAMO
L’INDUSTRIA
DEI VIRUS
Allevamenti intensivi, deforestazione e inquinamento sono gli ingranaggi del sistema di produzione industriale del nostro cibo, che devasta gli equilibri della natura.
Il prezzo di questa distruzione lo stiamo pagando ora, anche con la nostra salute.
Il Covid-19 non è un evento isolato. Al Governo Italiano chiediamo di fermare le fabbriche di carne e il sistema globale che le alimenta.
Non può esserci salute in un Pianeta malato!
STOP ALLEVAMENTI INTENSIVI E DEFORESTAZIONE
Chiedi al Governo Italiano di agire subito per frenare le conseguenze disastrose degli allevamenti intensivi.
Mentre il nostro governo e l’Unione Europea sono impegnati a lottare contro le conseguenze della pandemia, non sembrano voler affrontare le vere cause della distruzione della biodiversità e, quindi, delle zoonosi. Continuano a investire milioni di fondi pubblici in allevamenti intensivi in Italia, e ad importare dal Sudamerica carne e soia destinata alla mangimistica.
LA CAMERA
A GAS D’ITALIA
La più alta concentrazione di allevamenti
intensivi in Italia si trova in Pianura Padana, in particolare in Lombardia, dove si trova il la metà di tutti i maiali allevati in Italia (4,3 milioni) e un quarto dei bovini (1,5 milioni).
Qui la grande quantità di letame e liquami, causa preoccupanti livelli di inquinamento da polveri fini, le PM2.5: pericolose perché, essendo minuscole, penetrano più profondamente nel nostro organismo.
Studi scientifici stanno
mostrando che esiste una correlazione tra inquinamento atmosferico e un
peggioramento delle problematiche legate al Covid-19.
Cosa aspetta il nostro Governo ad intervenire?
FORESTE
AL MACELLO
Ogni due secondi, nel mondo, un’area di foresta grande come un campo da calcio viene rasa al suolo soprattutto per far spazio agli allevamenti di bovini o coltivare soia destinata alla mangimistica. E così, un albero abbattuto e un incendio dopo l’altro, specie uniche e equilibri naturali rimasti inalterati per migliaia di anni rischiano di sparire per sempre.
L’Italia è uno dei principali importatori di carne
e soia dal Sudamerica, prodotti a scapito di ecosistemi antichi e
preziosi come la Foresta Amazzonica.
Ma le conseguenze sono anche sanitarie: l’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che il rischio di epidemie virali e il salto di specie (spillover) possono verificarsi con più probabilità quando gli equilibri naturali vengono messi a rischio.
CON QUESTI FONDI,
ANDIAMO A FONDO
Tra il 2004 e il 2016 in Italia 320mila piccole aziende agricole hanno chiuso i battenti. E la situazione è destinata a peggiorare con la crisi economica post-Covid.
Oggi le piccole aziende che producono cibo in modo
ecologico, non riescono a competere sul mercato: i fondi pubblici e la
grande distribuzione premiano le aziende agricole di stampo intensivo e
industriale, che così producono sempre più carne a basso costo, ma che
ci servono sul piatto un futuro ad alto rischio.
Mentre i consumatori chiedono trasparenza in
etichetta e garanzie di benessere animale, le istituzioni rispondono con
confuse “certificazioni” o edulcorate campagne pubblicitarie.
L’industria del virus è il nostro stesso sistema produttivo, fondato ancora su allevamenti intensivi, deforestazione e inquinamento che alterano gli equilibri naturali.
Non siamo superiori alle regole della natura: dal benessere animale e dalla protezione degli habitat naturali dipende la salute di tutti noi.
LE NOSTRE
RICHIESTE
Al Governo Italiano chiediamo:
1 Non destinare più fondi pubblici ad allevamenti intensivi per la produzione di carne e di prodotti lattiero-caseari
2 Utilizzare i fondi pubblici per sostenere gli allevatori in una radicale transizione del sistema zootecnico intensivo, che porti a dimezzare il numero di animali allevati e a ridurre gli impatti ambientali dei metodi di allevamento
3 Promuovere un sistema di certificazione dei prodotti di origine animale che includa l’indicazione del metodo di allevamento in etichetta, e che garantisca tracciabilità e trasparenza sull’intera filiera
4 Adottare politiche che promuovano diete principalmente a base vegetale, al fine di ridurre drasticamente (in Ue del 70% al 2030) la domanda di prodotti di origine animale
5 Non destinare più fondi pubblici a campagne promozionali che incoraggino il consumo di prodotti di origine animale provenienti da allevamenti intensivi
6 Evitare le importazioni di materie prime come la soia destinata alla mangimistica, la cui produzione intensiva è legata alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani.
Il rispetto e la protezione della Natura sono l’unico vaccino in grado di proteggerci da nuove e future pandemie.
FERMIAMO L’INDUSTRIA DEI VIRUS
Firma la petizione
GREENPEACE ONLUS
Via della Cordonata, 7 - 00187 Roma
Tel: 800.969.834 | Fax: 06 45439793
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la colpa e' ESCLUSIVAMENTE degli imprenditori commerciali dei supermercati , delle GDO , e delle multinazionali . Basterebbe massacrarli tutti e ritornare al negozietto che faceva da intermediario INDISPENSABILE fra produttore e consumastore . Ora nel commercio si sono inserite porcherie di figure quali manager commerciali , avvocati , finanziatori , affaristi e merdacce simili. Pubblicitari che sui prodotti fanno gravare i costi del calcio , dei cantanti e filibustieri tatuati che si confondono con i pirati dei secoli scorsi. Nonche' aziende alla berlu che da decenni producono nulla di necessario ed utile , fanno solo parole per beoti ma si ingrassano durante il tragitto del prodotto che dalla terra del contadino arriva al piatto del cittadino.
RispondiEliminaMi pare che Lei non abbia letto attentamente quanto scritto da Greenpeace. E' sottointeso che non si tratta di favorire i negozietti o le macellerie vicini a casa. Si tratta di un invito a chiudere i mattatoi rinunciando a mangiare carne. L'invito di Greenpeace a non finanziare nemmeno le industrie casearie significa invitare a non mangiare tutti i prodotti del latte (e a non bere latte). Sa come viene ricavato il latte dalle mucche? Il latte viene prodotto dalla mucca solo dopo il parto. Se nasce un vitello maschio questo viene sottratto subito alla madre e allevato artificialmente per pochi mesi sino alla sua destinazione al macello. La madre dopo cinque anni fa la stessa fine perché non produce più abbastanza latte (minimo 25 litri al giorno). Greenpeace si riferisce agli allevamenti intensivi per non apparire estremista propagandando una dieta vegana.Purtroppo non basta una dieta vegetariana per evitare quanto descritto sopra.
RispondiEliminaho capito benissimo , ma intendevo dire che la grande industria ha esasperato quel sistema di sfruttamento degli animali in modo assurdo. E le mucche da latte le spingono fino a 40 litri al giorno fino ad indebolirle e dopo 5 anni come dice lei hanno valore commerciale di 100 euro come macero ( concime ) .il vitello nato da una madre cosi ridotta ai minimi termini sono generalmente ammalati fin dalla nascita. qui in piemonte i vitelli a 12 mesi arrivano a 600kg, mentre 50 anni fa' impiegavano 2 anni per arrivare a 500kg.... in ogni caso da quando sento le sue considerazioni sui macelli e' da 6 anni che non mangio piu' carne....anche se penso che la natura si nutre di se stessa senza guardare nessuno in faccia..non riesco piu' a mangiarla.
RispondiEliminaHo smesso di mangiare carne quando avevo 10 anni dopo aver visto dei buoi correre impazziti per una via centrale di Cagliari dove allora si trovava il mattatoio. Nonostante ciò ebbi una vita normale giungendo all'altezza di 1,80, superando in altezza due fratelli carnivori. Ho praticato sport ed ebbi più "fidanzate" contemporaneamente perché non me ne bastava una alla volta. Per appagare l'impostura di chi mangia carne i mattatoi furono posti lontani dalle città. Disse Tolstoij (cacciatore pentito) che se i mattatoi fossero posti in palazzi di vetro al centro delle città la gente smetterebbe di mangiare carne.
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