La nascita è una condanna a morte. La vita è la malattia che ha il 100% di decessi. Nel suo Evangelium vitae Giovanni Paolo II rivolgendosi alle donne che avevano abortito disse che i loro mancati figli erano stati "accolti nella gloria di Dio". Dunque è meglio essere abortiti per non incorrere in punizioni dovute a comportamenti di vita condannabili. Io ho un figlio che dal 1976 mi ringrazia per non averlo fatto nascere. Ma la colpa o il merito non fu mio. Fu una ragazza a comprare un preservativo visto che si trattava di un periodo fecondo. Io volevo rinviare perché ero ricorso sempre alla marcia indietro e mi era andata sempre bene. Il preservativo si ruppe e nonostante tutti i lavaggi quei maledetti vermiciattoli riuscirono nel loro intento. L'aborto era ancora illegale e avvenne in una clinica privata. Ricordo che pagai 300mila lire. Mai soldi spesi così bene. Già nel concepimento si ha una tremenda selezione naturale perché milioni di spermatozoi corrono verso l'ovulo per suicidarsi tranne uno o due (se si tratta di parto gemellare). La vita è una staffetta in cui ciascuno consegna il testimone della morte. Se non fossi nato non sarei condannato a distrarmi dal pensiero del ritorno nel nulla. Posso provare invidia per coloro il cui nome è rimasto nella storia. Ma poi, ripensandoci, come posso avere invidia per coloro che non possono godere della loro fama perché la morte è come una livella (direbbe Totò nella sua nota poesia)?
Questo è il blog del prof. Pietro Melis, autore del testo intitolato "Scontro tra culture e metacultura scientifica: l'occidente e il diritto naturale. Nelle sue radici greco-romano-cristiane. Non giudaiche e antislamiche".
Lei mi è simpatico.
RispondiEliminaMi fa piacere che sia tornato. Come mai era sparito?
RispondiEliminaSiamo erranti.come donchisciotte.buone cose.e ottimo blog.
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