domenica 25 dicembre 2022

MIGLIORI PLUTARCO E PORFIRIO RISPETTO AL GESU' EVANGELICO

Non si può festeggiare oggi (con una data presa in prestito dall'antichità romana che festeggiava il Sol Invictus) la nascita di un individuo che fu fatto passare come Dio incarnato nella seconda persona della trinità (il Verbo). Trinità desunta dalla trinità neoplatonica di Plotino: Uno-Intelletto-Anima del mondo. Nell'antichità precristiana, quella induista, si trova lo stesso mito del Dio che si incarna tramite la vergine Dvaki, da cui nacque Krisna. Nulla di nuovo. Traggo da un mio libro che, intitolato Scienza, filosofia e teologia e verrà pubblicato in gennaio dall'editore Rubbettino, quanto segue.    

Il maggiore pensatore neoplatonico prima di Plotino fu Plutarco, nato nel 46 d. C. Contro le argomentazioni degli stoici, secondo cui, se gli animali partecipassero della ragione naturale, e dunque del diritto, l’umanità perirebbe non potendo usufruire dei vantaggi provenienti dai “comodi avuti dalle bestie”, Plutarco ribatte che l’uomo può vivere senza uccidere animali indifesi o divertendosi con la caccia, che oltre che ingiustizia, è mancanza di equilibrio della mente. Plutarco rileva come la concezione stoica giustifichi  una forma di dominio dell’uomo sulla terra. Essa predica l’esistenza di un Logos universale, la virtù, ma poi non sente il dovere di offendersi di fronte a cadaveri presentati come cibo. Gli animali non umani sono migliori perché nessun cavallo rende schiavo un altro cavallo o un leone un altro leone. [1] Mentre gli altri animali si astengono dal cacciare ogni specie e “fanno la guerra soltanto per necessità di cibo”, l’uomo è l’unico animale che, cibandosi di tutto, rimane castigato da molte e lunghe malattie.[2] 

In Iside e Osiride Plutarco dimostra di avere  conoscenza di Zarathustra, oltre che di Platone,  e in Del mangiar carne scrive che non la guerra, come pensò Teofrasto, ma l’aridità della terra portò gli uomini a incominciare a cibarsi di cadaveri. Ed oggi i cuochi, dice Plutarrco, sono “pasticceri di cadaveri” con cui si adornano le mense, dopo averne mascherato con arte l’odore. La civiltà è dominata dalla follia. Si iniziò con gli animali selvatici “sino ad uccidere il bue nostro operaio, la pecora che ci veste, il gallo guardiano della casa, e così a poco a poco, cresciuta l’insaziabile cupidigia si pervenne al sangue, agli omicidi, alle guerre” (Del mangiar carne).[3] La mancanza di giustizia si accompagna sempre alla cultura dell’alimentazione carnea. Il messaggio di Plutarco ai posteri è: “ Combatterete uniti contro quelli che privano gli animali dell’uso della ragione e del discorso”.[4]  Il filosofo deve avere la funzione di ampliare l’ambito del riconoscimento della giustizia. Plutarco, vegetariano, visse 79 anni.

Fu il suo allievo prediletto Porfirio ad affrontare il tema riguardante la vita degli animali. Conoscitore dei Vangeli e in polemica con i cristiani, l’imperatore Costantino comminò la pena di morte per chi fosse stato trovato in possesso di un libro di Porfirio.[6] Dai libri superstiti dell’opera Contro i cristiani risulta un attacco di Porfirio nei confronti di S. Paolo, che nella Prima lettera ai Corinti aveva scritto che i cristiani non dovevano farsi scrupolo di mangiare tutto ciò che usciva dai mattatoi. In Sull’astinenza dalle carni Porfirio riprendeva la tradizione neopitagorica e neoplatonica della giustizia cosmica come mezzo del ritorno del mondo a Dio. Secondo Porfirio fu il massacro degli animali a predisporre gli uomini, ormai avvezzi ad uccidere, ad uccidersi tra loro in guerra, perché identiche furono le armi. La guerra nacque per la bramosia di possedere di più estendendo agli uomini l’ingiustizia già commessa nei confronti degli animali. Le guerre nacquero dopo la fase dell’agricoltura e coincise con quella successiva dell’allevamento, che portò ad impadronirsi contemporaneamente del bestiame e delle terre altrui. Così si è formata la civiltà del dolore.

La carne è il veicolo dei dèmoni malvagi che allontanano l’uomo dalla perfezione divina. Da ciò le colpe degli ebrei, contro cui devono ergersi i filosofi per liberare gli uomini dall’orrore del togliere la vita agli animali, capaci anche di un “discorso interiore”, perché più vive sono le sensazioni e più sensati sono gli animali, i quali sono “ragionevoli per natura”, non nascendo la loro ragione principalmente dall’apprendimento, come quella degli uomini. Ucciderli gli animali per divorarli significa sovrapporre un ordine umano a quello divino, riempiendo la terra di dolore inutile. Porfirio, vegetariano, nacque nel 233 e visse 72 anni.

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