Se mi dichiarassi ateo sarei un dogmatico. Vivente in un pianeta che gira intorno ad una stella che è una dei 200 miliardi di stelle facenti parte di una dei 200 miliardi di galassie dell'universo visibile, come posso pretendere di dire tutta la verità sull'universo? Certamente non si può dimostrare scientificamente l'esistenza di un essere che sia l'origine dell'universo. Tuttavia, se ci limitiamo all'universo visibile, dopo la scoperta dell'energia del vuoto, che è all'origine dell'accelerazione delle masse galattiche ai limiti dell'universo, con velicità di accelerazione che si aggirano sui 25 km al secondo, possiamo dire che, partendo da un inizio assoluto dell'espansione dell'universo visibile, cade il modello cosmologico che prevedeva che l'universo in espansione sarebbe andato espandendosi con velocità sempre decrescente per esaurimento della stessa forza di espansione dovuto al prevalere, con il tempo, della forza di gravitazione, che avrebbe portato l'universo a contrarsi sempre di più sino al punto del Big Crunch (grande implosione), dopo il quale vi sarebbe stata una nuova esplosione dovuta al prevalere (nel momento dell'implosione) delle forze repulsive della materia (risoltasi nel Big Crunch in pura energia dante luogo ad un nuovo Big Bang). Sulla base del modello del Big Bang escludente il Big Crunch (a causa, ripeto, della recente scoperta dell'energia del vuoto) si dovrebbe arrivare a concepire un inizio assoluto senza ritorno alle condizioni originarie del Big Bang. Domandai una volta a Margherita Hack (dichiaratamente atea) dopo una sua conferenza a Cagliari (Facoltà di Magistero, ora Facoltà di Scienze della formazione): e prima del Big Bang? Mi rispose che la domanda scientificamente non aveva senso. Ma la domanda aveva comunque senso, le ribattei, perché se si dà un inizio assoluto scappa fuori Dio. Questo è il limite della scienza ai confini della conoscenza. Ma oggi si sta facendo avanti la teoria cosmologica del pluriverso, secondo cui l'universo visibile sarebbe soltanto uno dei tanti universi paralleli, e il Big Bang sarebbe solo un episodio marginale all'interno del pluriverso, in cui si formano delle bolle di energia che esplodono dando luogo a delle espansioni dell'energia che, nella sua espansione, si raffredda dando luogo alla materia (equivalenza tra materia e energia, secondo la nota formula di Einstein E=MC, con C, velocità della luce, al quadrato. L'esistenza di Dio dipende dunque da un modello cosmologico. Quasi certamente la cosmologia, stando ai confini della conoscenza dell'universo, non potra mai stabilire se esista un solo universo o esista un pluriverso.
Per questo motivo è meglio essere prudenti e non avere la presunzione di dire quale sia stata l'origine dell'universo, o che esso, in alternativa (teoria del pluriverso) non abbia avuto alcuna origine e sia sempre esistito. Ma allora salta fuori la domanda filosofica suprema: PERCHE' L'ESSERE PIUTTOSTO CHE IL NULLA? Ignorabimus. Ecco perché non si può essere atei se non si è dogmatici. Chi (come me) non è credente si deve coerentemente (per motivi scientifici) DICHIARARSI AGNOSTICO. Come si dichiarò Darwin, nonostante l'evoluzione biologica (da una comune origine di tutte le forme di vita) congiuri tutta contro l'esistenza di un progetto divino a causa del prevalere della selezione naturale sulla CASUALITA' delle mutazioni che hanno dato origine a tutte le forme di vita.
Una sola certezza si ha, che, se un Dio esistesse, non sarebbe quello antropomorfico e miserabile delle religioni cosiddette rivelate, perché un Dio simile non potrebbe mai esistere, essendo ridicolo, quando non sia anche schifoso. La Bibbia (specialmente l'Antico Testamento) costringe a pensare che Dio non esista. Meglio non essere mai nati quando si è costretti a vivere con domande che non avranno mai risposte circa l'origine dell'universo e il senso della vita, che scientificamente non ha alcun senso. Si è costretti a vivere o da ebeti (non ponendosi alcuna domanda sul mondo e vivendo nel presente e nella banalità del quotidiano) o da disperati.
All'anonimo (ma io so chi è) che ha osservato che il nulla non poteva esistere perché non può essere nemmeno pensato considerando che "l'essere è e il non-essere non è" (Parmenide), per cui l'essere non poteva non esistere, essendo necessario e dunque eterno, rispondo che anche l'eternità dell'essere increato è un pensiero da capogiro. Direbbe Leopardi (L'infinito) che in esso si è destinati a naufragare. La mente scientifica è costretta a trovare sempre la causa di un fenomeno fisico. Ma, come osservava già Aristotele, la catena delle cause e degli effetti non può andare all'infinito. Bisogna arrivare ad una causa ultima. A questo punto è più facile ammettere che la causa ultima sia l'essere stesso inteso come universo, piuttosto che ricorrere ad una causa divina che avrebbe creato l'universo dal nulla perché ciò contrasta con il concetto di causa scientifica (Nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma. Questo era già il pensiero di Eraclito, ripreso su base scientifiche dal fondatore della chimica moderna Lavoisier).
Evidentemente l'anonimo mf non conosce Platone, che, affrontando il paradosso derivante da Parmenide, ne aveva dedotto paradossalmente che, se il falso corrisponde a ciò che non esiste, il falso non esiste, e dunque tutto è vero. Da qui la necessità, da parte di Platone, di commettere un "parricidio" nei confronti del "tremendo e venerabile" Parmenide. Poiché il nulla non esiste non se ne può nemmeno parlare. Ma poiché se ne parla è necessario dare esistenza anche al non-essere. Conseguentemente il nulla non è più ciò che si oppone all'essere (secondo Parmenide). Il non-essere perde in Platone il suo significato assoluto di opposizione all'essere per assumere un significato relativo. Il non-essere è ciò che un ente non è. Ogni ente è ciò che è e allo stesso non è un'infinità di altre cose. Il non-essere è il "diverso". Ogni ente è diverso da tutti gli altri enti. Da qui i 5 generi sommi di Platone: essere, eguale, diverso, quiete, movimento. Tramite questi 5 generi sommi tutte le idee sono connesse dialetticamente nel pensiero discorsivo. Come se un'idea fosse in quiete rispetto a se stessa e allo stesso tempo in movimento nel suo correlarsi a tutte le altre idee, in un rapporto sia di inclusione che di esclusione. Il falso dunque non consiste nel dire ciò che non esiste, ma nel dire ciò che è diverso dal suo essere. In parole povere, nel dire una cosa per un'altra.
Nulla di originale (notare il significato relativo di "nulla" che serve a negare l'originalità) espressero dopo i filosofi rispetto a quanto scritto da Platone. Spinoza scrive nell'Etica che ogni ente si definisce come negazione di ciò che non è (omnis determinatio est negatio), e Bergson ne L'evoluzione creatrice considera il nulla come negazione di una aspettativa (come dire: cercavo una certa cosa e ho trovato nulla di ciò che cercavo). Nello stesso senso l'analisi linguistica del termine "nulla" da parte del neopositivista Rudolf Carnap, che, criticando Heidegger, ritenne che il suo uso del termine "nulla" fosse privo di significato linguistico. Ma Carnap non capì il significato profondo del termine "nulla" da parte di Heidegger, che considerò il nulla come anticipazione della morte, con cui per chi muore il mondo si annulla. Da qui lo stato continuo di angoscia dell'esistenza autentica, a cui si sottraggono coloro che vorrebbero con giochi linguistici (a cominciare dallo stesso Platone) esorcizzare il nulla, anche se di fatto Platone lo esorcizzò con la dottrina della reincarnazione e della metempsicosi per sottrarre la coscienza al destino del nulla dopo la morte. Ma questa è solo poesia, non filosofia.
Gli ebeti, che conducono una vita inautentica, non possono capire Heidegger. Se lo capissero dovrebbero riconoscere che è meglio non nascere per evitare l'esperienza della morte (del nulla). Solo a causa di un non senso linguistico (filosoficamente una "stronzata") si dice che la vita è un bene. Se lo fosse dovrebbe poter essere donata. Ma non si può donare alcunché a chi non esiste. La si dona forse ad uno spermatozoo o ad un ovulo? E perché non si ha il coraggio di dire "donare la morte". Non si nasce dall'amore.Si nasce o per sbaglio (se non voluti) o per egoismo (se voluti). Nel secondo caso per coltivare l'illusione di continuare a vivere nella discendenza e /o per la necessità di distrarsi pensando meno a se stessi per caricarsi di responsabilità nei riguardi dei figli. Si confonde il bene con il benessere. E' chiaro che, una volta nato, ogni organismo tende naturalmente al suo benessere nella sua naturale tendenza all'autoconservazione (Aristotele, Etica nicomachea, I). Ma, come capì bene Hobbes (De cive, I), la vita appare un bene soltanto perchè, una volta nati, la morte appare il peggiore dei mali. Perciò IO NON VOLEVO NASCERE. Oltre tutto mi sarei risparmiato di vivere in mezzo ad un'umanità che detesto quasi tutta. Basta ripercorrerne la storia, fatta di violenza e di mancanza di certezze e di giustizia.
E che ora l'anonima mf mi lasci in pace evitando di replicare inutilmente.