lunedì 25 luglio 2011

L'INFINITA IDIOZIA DI CLAUDIO MAGRIS. IO STO CON LE BALENE.

Questo saccente individuo, propagatore del multiculturalismo e del relativismo, non si accorge di tutte le contraddizioni in cui cade scrivendo stronzate. Il male dell'Occidente è la corruzione in cui esso vive spacciandola per democrazia. Se avesse letto il Trattato generale di sociologia di Vilfredo Pareto avrebbe capito che la democrazia non esiste. Sotto questa maschera si nasconde il potere delle élites politiche che favoriscono modelli di comportamento (a cui soggiace il popolo bue) soltanto per continuare a conservare il potere. Così in base ad una farsa di democrazia si accettano da parte della politica tutte le pretese che provengono da consorterie, da lobby di potere, i miti della società multirazziale e multiculturale (identificata con la democrazia), il mito della condanna dell'omofobia (neologismo inventato dai pederasti) con la conseguente pretesa di annullare la distinzione naturale tra il culo e la vagina. In tutto questo caos in cui ormai l'Occidente è immerso, trasformantesi per di più in un'EURABIA (e questo lo diceva Oriana Fallaci) non ci si deve poi meravigliare che qualcuno "impazzisca" lucidamente e in rivolta contro questo caos faccia una strage di gente appartenente ad un partito di sinistra, laburista, che propaganda con la maschera della democrazia il caos in cui l'Occidente vive. E allora hanno ragione altri, se pur fanatici, gli islamici, dicendo che l'Occidente è corrotto e che essi debbono risanarlo. Aggiungendo ad un male un male peggiore. Ma l'infinita idiozia di Claudio Magris, l'opinionista che si erge a maestro, mentre è solo un cattivo maestro di relativismo, non può arrivare a comprendere ciò essendo anch'egli prodotto della degenerazione in cui vive l'Occidente. La Norvegia è uno di quei tre Stati (con l'Islanda e con il Giappone) che rifiuta di aderire all'accordo internazionale per por fine al massacro delle balene. Ma delle balene all'antropocentrico Magris gliene importa un cazzo.E a me me ne importa un cazzo dei norvegesi. Essi, come Magris, valgono meno delle balene.

Alle radici dell'orrore

L'infinita idiozia del Male

Il dolore, il cordoglio del mondo

Alle radici dell'orrore

L'infinita idiozia del Male

Il dolore, il cordoglio del mondo

di CLAUDIO MAGRIS

Finché non emergeranno inoppugnabili - per ora altamente improbabili - prove di una cospirazione terroristica, l'inaudito massacro norvegese va considerato un fatto di cronaca nera, ancorché di immani proporzioni. Esistono certo nel mondo tante e antitetiche associazioni terroristiche capaci di qualsiasi efferatezza, ma esiste anche il crimine - ancor più misterioso e più inquietante proprio perché spesso apparentemente immotivato - che nasce,
si organizza e si consuma nella mente di un solo individuo, all'infuori di ogni pur delirante progetto politico.

Come ha scritto sul Corriere Pierluigi Battista, cercare sempre il complotto (a suo modo razionale pur nella sua perversità), la spiegazione politica e sociologica, un preciso disegno collettivo, è un modo inconsapevole di rassicurarsi, identificando un ordine pur abbietto; un modo di abbandonarsi a fantasticherie su trame enigmatiche, fondamentalmente paurose ma anche involontariamente gratificanti, come è spesso gratificante soffermarsi sulle vaghe immagini dell'incubo, dell'orrore e della paura. Interpretare o cercare di interpretare dà sempre conforto, quando non addirittura supponente compiacimento; dinnanzi a tanti delitti ancora insoluti i pareri sulle loro più o meno nascoste motivazioni sembrano più importanti (e occupano più spazio nei giornali) delle indagini, che invece sono in quel momento la prima e forse l'unica cosa che conti.
Certamente, come diceva uno strombazzato e spesso pappagallesco ma veritiero slogan sessantottesco, «tutto è politico». Nessun individuo arriva dalla luna. Ognuno è intessuto del mondo in cui vive, sia egli un solitario misantropo o il più socievole degli uomini; vive nel mondo e almeno in parte lo assorbe, mescola al proprio dna ciò che penetra consapevolmente o inconsapevolmente in lui dalla realtà esterna. Non c'è idea, passione, abitudine, desiderio, paura, comportamento che sia unicamente nostro; è vero che, come dicevano i filosofi Scolastici, l'individuo è ineffabile o almeno che c'è in ognuno qualcosa di ineffabile, ma anche questa imprendibile e mobile ombra del nostro cuore è intessuta di socialità.

Detto questo, resta una netta differenza tra il gesto individuale di una persona e un progetto, collettivo anche se messo in atto individualmente, di un'organizzazione. L'omicida norvegese sembra assimilabile, con alta probabilità, ai Landru o a Jack lo Squartatore - pure essi, come tutti, figli del loro tempo - piuttosto che agli assassini dell'Italicus o di Piazza Fontana. Sarebbe infame usarlo per infangare l'uno o l'altro movimento politico. Il suo gesto atroce mostra la continua latenza del male, la sua possibilità di scatenarsi in qualsiasi inatteso momento; rivela la nostra convivenza quotidiana, gomito a gomito, con il male, sempre in agguato e talora spaventosamente in azione. Quella macelleria di esseri umani mostra pure l'infinita banalità e idiozia del male e della violenza, che tante volte ci vengono invece mostrati quasi avvolti di seduzione, espressioni di chissà quali infere ma profonde verità; il coltello di Jack lo Squartatore sembra aver affascinato come la spada di un angelo diabolico tante persone, anche se non certo il ventre squarciato e le sofferenze delle donne da lui uccise, le uniche, vere protagoniste di quella tragica storia, in cui lui è una sia pur sciagurata comparsa. È una vergogna, pur inevitabile, mandare a memoria il nome dell'assassino norvegese e non quelli delle sue vittime.

Quel meccanico e ripetuto premere il grilletto fa assomigliare quell'assassino al meccanismo di una mostruosa catena di montaggio. Naturalmente anch'egli è un uomo la cui umanità non si esaurisce nei suoi crimini, uomo che va perseguito ma anche tutelato secondo la legge uguale per tutti, anche per gli efferati assassini; un uomo che probabilmente avrà avuto le sue ossessioni, le sue sofferenze, le sue paure. Si può e si deve avere rispetto - a parte la qualificazione giuridica dei suoi atti e la pena da essi richiesta - perfino per lui, ma non - secondo la banale retorica del male - perché è un assassino, bensì nonostante sia un assassino. Il suo delitto è la cosa non solo più orrenda, ma anche più stupida, più meccanica, più ottusa della sua vita. L'omicida di oltre 90 persone pare si sia definito «un fondamentalista cristiano», termine privo di qualsiasi senso. Spesso, fra l'altro, si identifica erroneamente il fondamentalismo con l'integralismo, specialmente religioso, di una o di un'altra fede (oggi soprattutto quella islamica), e in generale con una forma particolarmente intollerante di tradizionalismo religioso. Il fondamentalismo ha poco o nulla a che fare con la tradizione, anche con quella più gelosamente custode dell'osservanza e dell'immobilità di un credo. Il fondamentalismo non è un fenomeno tradizionale, radicato nel passato, ma è un fenomeno squisitamente moderno, caratteristico delle società di massa e della globalizzazione, così come - per fare un esempio - il fascismo è un fenomeno totalitario moderno radicalmente diverso dagli autoritarismi del passato.

Quel dito meccanicamente omicida non dovrebbe indurre a riflessioni sulle società ricche e tranquille come quella norvegese o a disquisizioni del genere. Altre forme del male - queste sì politiche, sociali, collettive - giungono non solo da società arretrate e barbariche, bensì pure da società aperte e civili, considerate modelli di democrazia quali ad esempio l'Olanda o certi Paesi scandinavi in cui avanzano aggressivi movimenti xenofobi in aperto contrasto con la tradizione dei loro Paesi. Se la xenofobia è più forte in Olanda che in Spagna, ciò deriva forse dal fatto che la cultura di quest'ultima, come di altri Paesi, ha conservato più a fondo quel senso sacro della vita che distingue fortemente i molti, moltissimi valori che devono essere messi in discussione da quei due o tre valori essenziali (per esempio l'uguaglianza di tutti i cittadini a prescindere dall'appartenenza sessuale, etnica, religiosa o di altro genere) che dobbiamo considerare come assoluti, non più discutibili e non più negoziabili. Molto, quasi tutto, deve essere optional , ma non tutto. Quando «tutto è possibile», come scriveva con orrore Dostoevskij, il mondo diventa orribile. Ma non si può fare di questo una colpa all'assassino norvegese, né fondamentalista né cristiano; è sufficiente addebitargli oltre 90 omicidi.


25 luglio 2011 16:54

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