domenica 29 gennaio 2012

SCALFARO: FU IL PEGGIORE. MA DOPO NAPOLITANO

Si leggano i commenti. Non fu mai al di sopra delle parti. Fu quello del ribaltone che impedì che si tornasse alle urne per dare il governo alla sinistra con la complicità di Bossi che da cretino diede ragione a Scalfaro che lo convinse a dissociarsi da Berlusconi facendogli credere che Berlusconi fosse ormai finito politicamente dopo 8 mesi di governo quando gli arrivò un avviso di garanzia dalla magistratura per farlo fuori in combutta con Scalfaro, che nominò capo del governo quell'analfa(e)beta di D'Alema, che poi, servo dell'America, prestò le basi italiane per bombardare vigliaccamente la Serbia che difendeva i suoi confini storici nel Kossovo. Scalfaro, residuo fossile della DC, fu il peggiore capo dello Stato, ma dopo Napolitano. Almeno Scalfaro fu coerente con il suo squallido passato democristiano e non pontificava ogni giorno distribuendo perle di saggezza come fa oggi colui che sta al Quirinale e che è stato un trasformista per rimanere al potere. Non mi stancherò di ripetere chi è Napolitano: è colui che nel 1956, servo di Togliatti nella segreteria del P.C.I. , disse che "i carri armati sovietici avevano portato la pace in Ungheria". Con 20.000 morti e l'impiccagione del legittimo capo del governo Imre Nagy. Ricordiamoci tutti chi è questo camaleonte che parla ogni giorno fuori delle sue competenze stabilite dalla Costituzione. Questo fetido disonesto liberticida ha addirittura chiesto una legge contro il negazionismo. Gli ha risposto a dovere Marcello Veneziani su Il Giornale del 29 gennaio. Scrive Veneziani:

Nella giornata della Memoria il presidente Napolitano ha chiesto di stroncare il negazionismo, seppur marginale, sulla Shoah. C’è invece un fenomeno ben più massiccio, che non riguarda sparuti epigoni ma interi movimenti, aree culturali, uomini ai vertici delle istituzioni: è il «dimenticazionismo ».

Ovvero quanti dimenticano il principale orrore del Novecento di cui non sono stati estimatori postumi ma militanti ed esponenti: il comunismo.
Dico orrore principale per dati oggettivi: è durato più a lungo, ha oppresso più popoli in più continenti, ha mietuto più vittime e in tempo di pace, è più vicino nel tempo ed è ancora vivo in altre forme (per esempio Cina o Cuba). Nessuna giornata ricorda i suoi orrori; e coloro che furono dalla parte di Stalin o di Mao, dei carri armati di Budapest, Praga e Danzica se ne dimenticano. Lo capirei se mettessero una pietra tombale sugli orrori del passato; invece, gli stessi ci ricordano ed esecrano altri orrori.
Sin qui Veneziani

Ma ricordiamoci anche chi fu Scalfaro, uomo di parte che usò la presidenza della Repubblica per i suoi fini politici sapendo solo coltivare odio per Berlusconi, di cui non sono affatto difensore (non voto più dal 1994). Non posso fare a meno di ricordare un episodio per tratteggiare l'individuo, anche bigotto, Scalfaro. In ristorante schiaffeggiò una donna perché aveva un vestito secondo lui scollato: «È uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino!». Sempre secondo questa fonte, Scalfaro sarebbe uscito dal locale e vi sarebbe rientrato con due poliziotti. L'episodio terminò perciò in questura, ove la donna, militante del Movimento Sociale Italiano, querelò Scalfaro ed il collega Sampietro per ingiurie.

La vicenda tenne banco sui giornali e riviste italiane per lungo tempo: la stampa laica accusava Scalfaro di "moralismo" e "bigottismo", quella cattolica lo difendeva. Intervennero nella polemica molti personaggi noti, come il giornalista Renzo Trionfera, il latinista Concetto Marchesi, ed altri. Alla Camera furono presentate interrogazioni parlamentari nell'attesa di una delibera sull'autorizzazione a procedere (della cui competente Giunta Scalfaro stesso era membro) contro i due parlamentari a seguito della querela sporta dalla signora. Peraltro, poiché la Mingoni aveva dichiarato la sua militanza politica, nella richiesta di autorizzazione a procedere si afferma che dai parlamentari sarebbe stata chiamata "fascista" e minacciata di denuncia per apologia del fascismo. L'episodio fu raccontato dalla stampa anche in una versione secondo la quale Scalfaro avrebbe dato uno schiaffo alla signora.

Il padre della Mingoni in Toussan (un colonnello pluridecorato dell' aeronautica militare a riposo), ritenendo offensiva nei confronti della figlia una frase pronunciata da Scalfaro durante un dibattito parlamentare, lo sfidò a duello. Al padre subentrò poi come sfidante il marito della signora, anch'egli ufficiale dell'aeronautica. La sfida - che avrebbe violato la legge vigente - fu respinta, la qual cosa, risaputa pubblicamente, fece indignare il "principe Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis", in arte Totò, del quale il quotidiano socialista Avanti! pubblicò una vibrante lettera aperta a Scalfaro. Nella missiva, il comico napoletano rimproverava a Scalfaro un comportamento prima villano e poi codardo.

Il processo per la querela non fu mai celebrato per l'amnistia di tre anni dopo (Decreto del presidente della Repubblica 19 dicembre 1953, n. 922).


Non basta. Torniamo al suo passato. Dopo la laurea in giurisprudenza fece giuramento al fascismo per poter partecipare al concorso per la magistratura. Ma subito dopo la guerra salì sul carro dei vincitori diventando antifascista per fare carriera, trovandosi a far parte addirittura della Costituente nel 1946. Incredibile. Ma leggete (da Wikipedia) che cosa fu capace di fare: "

Dal primo maggio 1945 fu «consulente tecnico giuridico» del Tribunale d'emergenza di Novara, definito da Scalfaro stesso «un tribunale militare di partigiani», successivamente, quando le Corti di Assise speciali di Novara si trovarono con una quantità insufficiente di magistrati, Scalfaro si trovò a rivestirvi anche il ruolo di pubblico ministero.

Nel luglio 1945 sostenne con altri due colleghi la pubblica accusa al processo che vedeva imputati per «collaborazione con il tedesco invasore» l'ex prefetto di Novara Enrico Vezzalini e i militi Arturo Missiato, Domenico Ricci, Salvatore Santoro, Giovanni Zeno e Raffaele Infante. Dopo tre giorni di dibattimento venne chiesta per i sei la condanna a morte, eseguita il 23 settembre successivo: i condannati non vennero uccisi alla prima maldestra raffica dell'inesperto plotone di esecuzione e sui corpi si accanì poi un gruppo di donne.

In veste di pubblico ministero presso queste corti, Scalfaro ottenne un'altra condanna capitale. La condanna tuttavia non fu eseguita a causa dell'accoglimento del ricorso in cassazione del condannato Stefano Zurlo. Ricorso suggerito, a quanto sostenne Scalfaro, da lui stesso.

Posta la fondatezza delle accuse, messa in dubbio dallo stesso Scalfaro decenni dopo, trattandosi di crimine sul quale stando alcodice penale di guerra in vigore era prevista la pena capitale, la richiesta di condanna a morte era l'unica pena propugnabile da chi rappresentava l'accusa, a meno di un proprio rifiuto o dimissione dall'incarico.

Successivamente egli stesso ha manifestato dubbi sulla fondatezza dei processi, influenzati dall'incandescente clima e dall'emozione popolare, affermando tra l'altro di «non aver elementi per rispondere» alla figlia di Domenico Ricci, che gli chiedeva di esprimersi sulla innocenza o colpevolezza del padre.

Scalfaro fu colui che con quell'altra merdaccia di Fanfani (inventore della incostituzionale tassa di possesso sull'auto) fu strenuo e trombato oppositore della legge sul divorzio nella campagna referendaria. Un rudere della politica è stato definito in una videointervista su Il Giornale da Vittori Feltri. Un rappresentante del peggiore vecchiume della politica.

E ORA PASSIAMO ALLO SCANDALO DEI FONDI NERI A CUI SCALFARO CREDETTE SI SOTTRARSI CON IL FAMOSO RIDICOLO "NON CI STO", COME SE CIO' BASTASSE A DIFENDERSI.

Si legge in Wikipedia:

Nel 1993 scoppiò lo "scandalo SISDE", relativo alla gestione di fondi riservati. Partita dalla bancarotta fraudolenta di un'agenzia di viaggi i cui titolari erano funzionari del servizio segreto del Viminale, un'inchiesta della magistratura fece emergere fondi "neri" per circa 14 miliardi depositati a favore di altri 5 funzionari; ci furono l'intervento del Consiglio Superiore della Magistratura per dissidi fra il magistrato che indagava e il suo procuratore capo, quello della commissione parlamentare d'inchiesta sui servizi segreti, presieduta daUgo Pecchioli, e quello del ministro dell'Interno Nicola Mancino, e tutti si misero a indagare sull'operato del Servizio mentre a San Marino venivano individuati altri 35 miliardi di uguale sospetta provenienza. Nel frattempo la figlia di Scalfaro, Marianna, fu fotografata in compagnia dell'architetto Adolfo Salabé (la vera ragione dell'incontro era il suo progetto per l'arredamento del palazzo del Quirinale e l'appartamento di rappresentanza nella Palazzina del Presidente), sospettato di intrattenere affari per lui eccessivamente vantaggiosi con l'ente e che nel 1996 patteggiò la pena per le diverse imputazioni ricevute. I funzionari fornivano versioni di uso "regolare" dei fondi riservati, ma in ottobre uno degli indagati, Riccardo Malpica, ex direttore del servizio ed agli arresti da due giorni, affermò che Mancino e Scalfaro gli avrebbero imposto di mentire; aggiunse inoltre che il SISDE avrebbe versato ai ministri dell'interno 100 milioni di lire ogni mese.

La sera del 3 novembre 1993 Scalfaro si presentò in televisione, a reti unificate e interrompendo la partita di Coppa Uefa tra il Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor, con un messaggio straordinario alla nazione nel quale pronunciò l'espressione "Non ci sto", parlò di "gioco al massacro" e diede una chiave di lettura dello scandalo come di una rappresaglia della classe politica travolta da Tangentopoli nei suoi confronti. Nei giorni successivi i funzionari furono indagati per il reato di "attentato agli organi costituzionali", accusa dalla quale furono prosciolti nel 1996 per decorrenza dei termini (ma senza formula piena).

Nel 1994 i funzionari furono poi condannati, dimostrando la fondatezza della accuse di Scalfaro e nel 1999, concluso il settennato, Scalfaro fu denunciato da Filippo Mancuso per presunto abuso d'ufficio relativamente al suo periodo come Ministro dell'interno e sempre sull'ipotesi di illecita percezione dei detti 100 milioni al mese; circa l'effettiva percezione vi erano state diverse versioni di Malpica e la denuncia di Mancuso provocò numerose prese di posizione, come quella di Oliviero Diliberto, in quel momento Guardasigilli, il quale ricordò che la Procura di Roma aveva comunicato il 3 marzo 1994 che «...nei confronti dell'onorevole Scalfaro non sussiste alcun elemento di fatto dal quale emerga un uso non istituzionale dei fondi». Lo stesso Scalfaro, del resto, nel maggio 1994, durante una visita al santuario di Oropa, aveva ammesso la percezione di tali fondi: «Sfido chiunque a dimostrare che chi è stato ministro dell'Interno, e non solo io, ha dato una lira fuori dai fini istituzionali». La sortita aveva provocato una richiesta trasversale di spiegazioni da parte di esponenti di Alleanza Nazionale, Forza Italia e Partito democratico della Sinistra, ma il Quirinale, almeno nell'immediato, si tacque. Sin qui Wikipedia.

Aggiungo io:

Berlusconi nel 1994 fu sfiduciato a causa del fatto che Bossi da cretino autentico si fece convincere da Scalfaro a ritirare la fiducia a Berlusconi, mandando così al potere la sinistra (della disgrazia dell'euro), di cui si dovette pentire. Riprendo ora da Wikipedia.

Lo snodo decisivo per tale spostamento fu la sfiducia individuale votata al ministro della giustizia Filippo Mancuso: questi, accusato di aver dato corso ad una serie di ispezioni ministeriali nei confronti dei giudici che indagavano su Berlusconi, si difese in Senato con un feroce discorso in cui scelse come bersaglio proprio il Quirinale. Ripescando la vicenda SISDE, Mancuso affermò che Gaetano Gifuni avrebbe cercato di orientare la sua relazione nella precedente veste di presidente della commissione governativa di indagine: la relazione sarebbe dovuta cambiare, e l'affermazione della non illiceità della dazione mensile di danaro da parte del SISDE - a Scalfaro quando era ministro dell'interno - si sarebbe dovuta trasformare nell'affermazione dell'inesistenza del fatto storico di tale percepimento di somme. Qui finisce la citazione da Wikipedia.

Questi sono i punti più caratterizzanti della vita di un individuo che non dovrà lasciare alcun rimpianto nelle persone oneste.E chi oggi ne fa il panegirico è un disonesto perché in malafede o è della sua stessa stoffa.



NAPOLITANO: «un esempio di coerenza e di integrità morale». I funerali lunedì a Roma

È morto l'ex presidente Oscar Luigi Scalfaro (non sia pace all'anima sua)

Aveva 93 anni, è stato al Quirinale dal 1992 al 1999 e parlamentare per l'intera storia repubblicana

NAPOLITANO: «un esempio di coerenza e di integrità morale». I funerali lunedì a Roma

È morto l'ex presidente Oscar Luigi Scalfaro

Aveva 93 anni, è stato al Quirinale dal 1992 al 1999 e parlamentare per l'intera storia repubblicana

Il presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi ScalfaroIl presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro
MILANO - Il presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, è morto nella notte nella sua abitazione di Roma. Aveva 93 anni. La notizia del decesso è stata diffusa inizialmente via Twitter, alle 8.07, da Alberto Gambino, un giurista, che è stato anche collaboratore dell'ex capo di Stato: «Con un sorriso ci ha lasciato il presidente Scalfaro, grande uomo». I funerali avranno luogo in forma privata lunedì alle 14 nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, nel cuore della Capitale. Per consentire a chiunque lo vorrà di portare un proprio saluto, sarà allestita una camera ardente nella chiesa di Sant'Egidio, sempre lunedì, dalle 10.30 alle 13.30.

UNA VITA PER LE ISTITUZIONI - Nato a Novara il 9 settembre 1918, vedovo di Maria Inzitari dalla quale ha avuto una figlia, Marianna, si era laureato in Giurisprudenza nel 1941. E' stato capo dello Stato dal 1992 al 1999 e prima della nomina al Quirinale è stato ininterrottamente deputato per l'intera storia repubblicana, a partire dal primo Parlamento eletto nel 1948 e, prima ancora, dall'assemblea Costituente del 1946. Più volte ministro, non è mai stato presidente del Consiglio: nell’aprile del 1987, dopo le dimissioni di Bettino Craxi, l'allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga gli conferì l’incarico di formare il nuovo governo ma, constatata l’impossibilità di comporre un gabinetto di coalizione, Scalfaro rinunciò all’incarico dichiarandosi indisponibile a formare un governo monocolore democratico-cristiano. Così come era successo a due altri suoi predecessori, Pertini e De Nicola, ha ricoperto anche le altre due principali cariche dello Stato, ovvero la presidenza del Senato, seppure in via provvisoria all'inizio della XV legislatura, e quella della Camera. Sul banco principale di Montecitorio sedette dal 24 aprile 1992 al 25 maggio dello stesso anno, quando venne appunto eletto presidente della Repubblica. Nel ruolo di numero uno dell'Assemblea fu lui stesso a leggere ad alta voce lo spoglio delle schede della votazione delle Camere riunite in seduta comune che portò alla sua elezione al Quirinale.

Oscar Luigi Scalfaro, le immagini Oscar Luigi Scalfaro, le immagini Oscar Luigi Scalfaro, le immagini Oscar Luigi Scalfaro, le immagini Oscar Luigi Scalfaro, le immagini Oscar Luigi Scalfaro, le immagini

E UN GIORNO DISSE: «NON CI STO» - La sua presidenza è stata particolarmente significativa: eletto due giorni dopo la strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta. Nel corso del settennato dovette gestire il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica e la transizione dagli anni di Tangentopoli. Celebre la sua frase «non ci sto», pronunciata la sera del 3 novembre 1993 a reti unificate, per difendersi dalle accuse di avere gestito fondi neri ad uso personale nell'epoca in cui era stato ministro dell'Interno. In quell'occasione Scalfaro parlò di «gioco al massacro» e imputò l'esplosione dello scandalo Sisde ad un tentativo di infangare la presidenza della Repubblica come ritorsione della vecchia classe politica che le inchieste di «Mani Pulite» avevano decimato.

Quando disse: «Io non ci sto»

«ESEMPIO DI INTEGRITA'» - Immediato il cordoglio espresso dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alla diffusione della notizia del decesso. «È con profonda commozione che rendo omaggio alla figura di Oscar Luigi Scalfaro nel momento della sua scomparsa, ricordando tutto quel che egli ha dato al servizio del paese, e l'amicizia limpida e affettuosa che mi ha donato - ha detto in una nota il capo dello Stato -. È stato un protagonista della vita politica democratica nei decenni dell'Italia repubblicana, esempio di coerenza ideale e di integrità morale. Si è identificato con il Parlamento - ha aggiunto Napolitano, che in mattinata ha reso visita alla salma -, cui ha dedicato con passione la più gran parte del suo impegno. Da uomo di governo, ha lasciato l'impronta più forte nella funzione da lui sentitissima di ministro dell'Interno. Da Presidente della Repubblica, ha fronteggiato con fermezza e linearità periodi tra i più difficili della nostra storia. Da uomo di fede, da antifascista e da costruttore dello Stato democratico, ha espresso al livello più alto la tradizione dell'impegno politico dei cattolici italiani».
«Si è battuto convintamente per tutta la vita per l'affermazione degli ideali in cui credeva e per una Italia sempre più forte, democratica e unita» ha detto invece il presidente della Camera, Gianfranco Fini. «Si è sempre impegnato a rafforzare la Repubblica fondata sulla Carta Costituzionale di cui fu costantemente strenuo difensore - ha aggiunto Fini -, nella convinzione che essa dovesse rappresentare in ogni circostanza la stella fissa su cui orientare l'azione nella contingenza delle scelte politiche». E il presidente del Senato, Renato Schifani: «Ha incarnato e presenta ai cittadini di oggi e di domani un'immagine della Repubblica cui tutti teniamo gelosamente: una Repubblica baluardo dei diritti dell'uomo e della pace, impegnata nel promuovere il protagonismo responsabile delle parti sociali, sollecita nel richiamare ciascuno all'adempimento dei propri doveri di solidarietà». Anche il premier Mario Monti nel ricordare Scalfaro ha fatto ricorso al termine «integrità»: «Fu esempio luminoso di coerenza ideale e di integrità morale». Poi un ricordo personale: «Nel novembre scorso, appena assunto l'incarico di presidente tenni ad esprimergli personalmente i sentimenti di gratitudune per l'esempio da lui offerto nel servire la cosa pubblica». Infine, un ricordo è arrivato dal Papa, Benedetto XVI, che lo ha definito un «illustre uomo cattolico di Stato», che «si adoperò per la promozione del bene comune e dei perenni valori etico-religiosi cristiani propri della tradizione storica e civile dell'Italia».

Redazione Online29 gennaio 2012 | 16:03

1 commento:

  1. Caro prof. Mielis,

    la sua è davvero una voce fuori dal coro (ma anche il Giornale ha messo i puntini sulle i). Che dire? Non conoscevo il passato di Scalfaro nei dettagli qui da lei riproposti (assolutamente risibile il suo comportamento con quella signora "scollacciata"). Incredibili le lodi tessute da Napolitano, Fini, Schifani ecc. Quando schiatterà Napolitano chissà cosa diranno i suoi amici e complici dell'ex PCI. Già adesso passa per salvatore della patria. E uno scrittore - per altro a me caro - ha detto nei giorni scorsi che "si capiva che quel ragazzo [Napolitano] avrebbe fatta molta strada".

    Eppure di Scalfaro voglio ricordarle qualcosa di positivo. Disse infatti che la politica non poteva e non doveva essere una professione: dopo un paio di legislature i politici dovevano tornare alle proprie professioni (se ne avevano una ...). Parole sante, no?
    Per cui sono piuttosto sorpreso nell'apprendere che Scalfaro ha passato ben 46 anni in parlamento: alla faccia della coerenza!
    Immagino che quelle parole sante fossero rivolte alle nuove generazioni (però Fini e d'Alema sono sempre lì - ma questi due una professione ce l'hanno? Mi sono anche sempre chiesto che mestiere abbia imparato Rutelli che nel frattempo ha i capelli bianchi e anche lui è ancora lì).
    Però ammetterà che la raccomandazione di Scalfaro era sacrosanta: offrire il proprio contributo alla patria per un paio di legislature e poi a casa ...

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