venerdì 25 ottobre 2013

VITO MANCUSO E LA SUA FANTASCIENZA TEOLOGICA

Il Dio di Mancuso, non più onnipotente

Un teologo cristiano dissidente si confronta con il problema del male



Di fronte all’interrogativo circa le ragioni per cui trabocca d’ingiustizie e di dolore un mondo creato, secondo la fede cristiana, da un Dio onnipotente e infinitamente buono, la dottrina tradizionale si è sempre trovata in forte difficoltà. A tal proposito Vito Mancuso, teologo di matrice cattolica, ma alquanto eterodosso, denuncia un «invecchiamento irreversibile» della visione del mondo cui si richiama il magistero della Chiesa di Roma. E ne mette in rilievo lacune e contraddizioni (persino una stridente divergenza sul tema del male tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) nel suo nuovo saggio Il principio passione (Garzanti).
Non è questo però l’aspetto più importante di un’opera che non sfida soltanto le autorità ecclesiastiche, ma anche e molto di più il materialismo ateo, poiché si propone di ricavare una concezione religiosa dell’universo dalle attuali conoscenze scientifiche. E al tempo stesso ambisce a spiegare la presenza del male senza rinunciare all’idea di un Creatore che ha con il mondo «un rapporto di comunione, di alleanza, di amore». Il Dio di Mancuso resta infatti quello del Vangelo, anzi lo è più che mai, poiché si tratta di una divinità che, come Gesù sulla croce, «patisce gli stessi patimenti della creazione».
In parole povere, Mancuso ritiene che la convivenza di ordine e disordine, letizia e sofferenza, ragione e follia, insomma logos e caos, sia inerente alla struttura dell’essere. Nello stesso Dio (Realtà primaria) vi è «un fondo oscuro», poiché egli ha immesso nel mondo (realtà secondaria) il caos «quale unica condizione per il darsi della libertà». Se non ci fosse il male, non avremmo la facoltà di scegliere tra di esso e il bene. Non potremmo quindi giungere, attraverso l’amore disinteressato, al grado di perfezione della «mente consapevole e giusta», che è per Mancuso «lo scopo dell’Universo».
Ciò comporta, riconosce l’autore, i tormenti indicibili cui tanti esseri viventi sono sottoposti. Orrori che si possono giustificare, continua, solo a patto «che Dio si assuma le sofferenze del processo cosmico in prima persona». Dunque il Creatore, nel momento in cui crea, rinuncia ad essere assoluto e, scrive Mancuso, «non può essere né onnipotente né onnisciente». Anzi diventa «un Dio che si pone al servizio del mondo», rovesciando la dialettica usuale della dottrina cattolica.
Viene però da domandarsi allora che cosa rimanga di un Dio presentato come «vittima egli stesso del processo storico» di evoluzione del cosmo. Non è il processo in quanto tale che si eleva in tal caso a vero assoluto? Non siamo, in altri termini, dinanzi a una forma di panteismo? Mancuso per la verità parla di «pan-en-teismo», poiché il suo Dio «fa muovere il processo stando sia fuori sia dentro». Ma se di quella dialettica tra logos e caos il Creatore subisce davvero le conseguenze, è evidente che essa si muove in larga misura fuori del suo controllo. E infatti Mancuso ammette che «non è garantito in alcun modo che l’evoluzione raggiunga il suo fine di rendere la realtà secondaria pienamente conforme alla Realtà primaria», cioè il mondo conforme a Dio.
Non è più semplice a questo punto, si chiede ancora l’osservatore laico, fare a meno di Dio e vedere all’opera semplicemente una natura impersonale, impasto di logos e caos, di cui l’uomo è uno dei tanti prodotti, prezioso quanto fragile e provvisorio? Bisogna certo rinunciare anche all’«ottimismo ontologico» di Mancuso e all’idea che il bene sia insito nella logica della creazione, lasciando soltanto all’uomo la terribile responsabilità di definirlo, sceglierlo e perseguirlo. Sembrerebbe tuttavia l’ipotesi più plausibile, nel momento in cui si negano l’onnipotenza e l’onniscienza di Dio.
Vito Mancuso, Il principio passione, Garzanti, pagine 495, € 18,80
Antonio Carioti

3 Commenti


  1. pietromelis
    25 ottobre 2013 - 15:48
    Con la fantasia si può dire tutto e il contrario di tutto. Mi fa ridere uno, come Mancuso, che, come in generale i teologi, pretende di porsi nella mente di un Dio (ammesso che esista). E'forse Mancuso in corrispondenza con Dio? E quale Dio? Visto che per le altre religioni vi una diversa concezione di Dio. Io ho affrontato il dilemma teologico nei ultimi libri dimostrando che non è risolvibile. Mi sono cimentato solo per una sorta di sfida linguistica. Ho paragonato il Dio cristiano al Demiurgo di Platone (Timeo). Ma il Demiurgo è ordinatore e non creatore della materia dal nulla. Essendo ordinatore, e perciò coeterno con la materia, il Demiurgo non è onnipotente perché la materia si oppone alla razionalità del Demiurgo, il quale si limita a dare alla materia il migliore ordine possibile. Concezione che si ritroverà nel cristiano Leibniz, il quale scrive che questo è il migliore dei mondi possibili (con la conseguente ironia di Voltaire nell'opera Candido o dell'ottimismo). Ma la soluzione di Leibniz non tiene conto dell'incidenza determinante della casualità nell'evoluzione biologica, come dimostrato oggi sia dalla cosmologia che dalla biologia evoluzionistica. La casualità (sin dal Big Bang, superato oggi dalla teoria degli universi paralleli o pluriverso)rende impossibile il concepire la presenza di un nascosto disegno intelligente nell'universo. I teologi cattolici hanno accettato l'evoluzione biologica ma non possono spiegare in quale momento l'uomo avrebbe assunto l'anima immortale. Leibniz scrive che sarebbe stata infusa in una certa fase dell'evoluzione per "folgorazione". Ma questa è solo fantasia metafisica. E perché Dio avrebbe infuso l'anima immortale solo agli uomini e non anche agli altri animali, veri innocenti della Terra? Dal momento in cui si accetta la creazione dal nulla Dio non può non essere onnipotente. E dunque è autore anche di tutte le imperfezioni della natura, comprese tutte le malattie genetiche delDNA. Poiché io riesco a concepire una natura migliore mi dovrei concepire migliore di Dio. E poiché non sono Dio, Dio non può esistere. In conclusione, il dilemma teologico "se dio è onnipotente è malvagio, se non è malvagio non è onnipotente" non è risolvibile se non contravvenendo alla logica e affidandosi alla fantascienza sostenuta dalla fede, che vuole ad ogni costo manipolare arbitrariamente la scienza. Perché quella di Mancuso è solo fantascienza teologica.
  2. Ho trattato ampiamente il dilemma telogico nel mio ultimo libro E giustizia infine fu fatta nella parte finale in cui si svolge un dialogo tra il protagonista morente in ospedale e il cappellano che inutilmente cerca di portarlo alla fede, rimanendo infine lui arreso di fronte alle contro argomentazioni concludendo che la natura è un mistero irrisolvibile di fronte alla fede. In realtà è la fede religiosa che è un mistero. Se un Dio esiste, è meglio non credere ma rispettare le norme della giustizia fondate sul diritto naturale per avere maggiori meriti di fronte a Dio. Infatti i credenti possono apparire solo degli opportunisti, mentre non lo sono i non credenti che rispettino il diritto naturale, che, in quanto naturale, non può non essere anche il diritto di tutti gli animali, data l'evoluzione biologica da una comune origine di tutte le forme di vita. Purtroppo io non sono un personaggio televisivo come Mancuso e debbo portarmi dietro il rammarico di non potergli smontare in un dibattito pubblico le sue pseudo argomentazioni che ultimamente ha ripetuto nel libro Il principio passione, con cui vuole dare una speranza di immortalità umana cercando di convincere alla fede religiosa coloro che non l'hanno. Ma, parafrasando Don Abbondio, si deve dire che uno, se la fede non ce l'ha, non se la può dare. E non valgono tutte le fumisterie teologiche per convertirlo. E tanto meno valgono se esse si mascherano dietro argomentazioni che pretendono di dare un'interpretazione finalistica dell'evoluzione dell'universo visibile, che è solo uno degli universi del pluriverso. Pensare che il pluriverso esista in funzione dell'uomo significa propagandare una concezione estrema di antropocentrismo, che è la malattia mortale della Terra in quanto alimenta la superbia umana  che è il supporto della credenza che l'uomo sia padrone della vita degli animali non umani. La materia visibile (quella delle stelle) è solo il 5% di tutta la materia, essendo il resto della materia (o energia, data l'equivalenza einsteiniana tra materia ed energia) costituita dalla materia oscura, che genera un campo di gravitazione e perciò di contrazione dell'universo visibile contrastata dall'energia del vuoto che causa un'accellerazione dell'espansione dell'universo visibile. Ora, stando al limite della conoscenza scientifica, sembra ridicolo volerla superare cercando di conciliare la scienza con la fede. Siamo tutti qui su questa Terra senza sapere che ci stiamo a fare.            
  3. Marcel Proustdevacar
    23 ottobre 2013 - 23:52

    Dio onniscente e non-Dio

    Mancuso già in "L'anima e il suo destino" aveva tentato l'impossibile convergenza fra un panteismo sostenuto da una filosofia scientificheggiante e una tradizione creazionista basata sul Dio dotato di personalità e volontà e sulle "verità" della fede cristiana. Scoprire che esiste ed è dilagante il male (in fondo anche Gesù con l'adultera ammise che nessuno fosse senza peccato!), realtà inspiegabile a fronte di un Dio creatore perfetto ed onniscente, spinge Mancuso a includere anche in Dio il caos, espressione aulica ed edulcorata del male. Ha uno scopo il male nel mondo? Sì -ci dice-. Introdurre il caos-male nella creazione è il modo per dare alla creatura umana "consapevole e giusta" la possibilità di scegliere ed elevarsi verso la perfezione. E chi non si eleva? Come può parlarsi di onniscenza e di perfetta giustizia, paradossalmente unita anche a perfetta misericordia, se anche una sola -una sola!- delle creature è destinata ad essere punita per le sue scelte? Qual'è il senso d'una creazione ad opera d'un Dio perfetto che dà origine al creato, stabilendone le regole, se poi constatiamo che la maggior parte delle creature sceglie il male, il non-Dio? A che cosa è servito dunque il meccanismo logico di sapore scientifico secondo cui "la materia è energia, l'energia è divinità diffusa, Dio è in ogni cosa, il mondo si evolve verso la complessità ed il bene" se non a cercar di sedurre il pensiero laico? Credo che Mancuso scriverà ancora altri libri, cercando di affrontare e risolvere le irrazionalità della fede, prima di gettare la spugna nelle sue rielaborazioni teologiche.
  4. 1il vuoto perfetto
    23 ottobre 2013 - 20:35

    Il non-problema

    La Teodicea è una questione puramente occidentale. Il Vedanta dice che il Male non esiste (e quindi neanche il Bene), se non nella prospettiva limitata di un essere che soffre e che, ingenuamente, chiede conto dell'esistenza di tale sofferenza. Solo un Dio primitivo come quello dei nostri monoteismi, che è solo bontà e mai peccato, dolore e morte, può incappare in assurdità logiche come il "problema del male". Questo è un non-problema. Tutto ciò che accade è permesso dalle leggi del cosmo (o dalla volontà del loro fattore). Per cui tutto è giustificato. L'Essere è pecora e lupo. Bastava Eraclito, o Buddha, per capirlo.

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