Da un mio corrispondente mi è stata inviata la mail che chiarisce la natura del gufo. Renzi usa il termine "gufo" per significare un uccello del malaugurio, e in senso translato uno che porta jella. Ma è lui che porta jella.
17 aprile 2014
Oggetto: 'Gufi'.
Egregio Presidente,
precisamente un mese fa (17 marzo) Le inviai una lettera a proposito dell'utilizzo da Lei fatto del termine 'Somari', in occasione della Sua visita in Germania, per indicare (si presuppone) che gli italiani (o perlomeno il Governo che lei presiede) non sono 'allievi' che non imparano la 'lezione'. Oggi mi ripeto, in occasione del termie 'gufi' usato per indicare quanti hanno criticato le promesse da Lei fatte agli italiani in campo politico ed economico. Il che dimostra ancora una volta che Lei non si rende conto di utilizzare similitudini derivanti da un'abitudine inveterata di prendere a prestito concetti da tradizioni popolari senza curarsi di verificare se corrispondano alla realtà, e se sia opportuno diffonderle.
Il gufo comune (Asio otus), ordine degli Strigiformes (da 'strix', gufo in greco) è invece noto per essere, dopo l'orso, uno dei peluche più regalati ai bambini nei paesi occidentali: è simbolo di saggezza, con quei suoi grandi occhi, la faccia piatta, umanoide, la postura eretta, e lo sguardo serio e penetrante. E' di solito rappresentato nelle fiabe con grandi occhiali, tocco universitario, e un libro 'in mano'. E' un predatore silenzioso e notturno, i cui occhi vedono praticamente anche al buio. Ha un udito sensibilissimo, e un volo silenzioso. Nidifica nelle cavità degli alberi, è generalmente monogamo, e si nutre di piccoli mammiferi, uccelli, invertebrati. Dal lato ecologico è uno 'spazzino' dei boschi, come tutti i predatori lo sono nel loro ambiente. E' principalmente solitario, ma talvolta si appollaia con i suoi simili sugli alberi, in quanto appena smette di cacciare individualmente pare senta la necessità di socializzare e comunicare.
La fama che lo contraddistingue in certe antiche culture (indù, nativi americani, cinesi) di portatore di morte e sfortuna, è ovviamente associata al suo verso, considerato da molti non molto allegro, e alle abitudini notturne. In India è però anche chiamato 'gufo' uno stupido, o un buffone.
"BEPPEGUFO, DITATTORE". LA CAMPAGNA È ANTIGRILLO
Notare nel titolo "ditattore" (non è sbaglio di battitura)
Oggetto: 'Gufi'.
Egregio Presidente,
precisamente un mese fa (17 marzo) Le inviai una lettera a proposito dell'utilizzo da Lei fatto del termine 'Somari', in occasione della Sua visita in Germania, per indicare (si presuppone) che gli italiani (o perlomeno il Governo che lei presiede) non sono 'allievi' che non imparano la 'lezione'. Oggi mi ripeto, in occasione del termie 'gufi' usato per indicare quanti hanno criticato le promesse da Lei fatte agli italiani in campo politico ed economico. Il che dimostra ancora una volta che Lei non si rende conto di utilizzare similitudini derivanti da un'abitudine inveterata di prendere a prestito concetti da tradizioni popolari senza curarsi di verificare se corrispondano alla realtà, e se sia opportuno diffonderle.
Il gufo comune (Asio otus), ordine degli Strigiformes (da 'strix', gufo in greco) è invece noto per essere, dopo l'orso, uno dei peluche più regalati ai bambini nei paesi occidentali: è simbolo di saggezza, con quei suoi grandi occhi, la faccia piatta, umanoide, la postura eretta, e lo sguardo serio e penetrante. E' di solito rappresentato nelle fiabe con grandi occhiali, tocco universitario, e un libro 'in mano'. E' un predatore silenzioso e notturno, i cui occhi vedono praticamente anche al buio. Ha un udito sensibilissimo, e un volo silenzioso. Nidifica nelle cavità degli alberi, è generalmente monogamo, e si nutre di piccoli mammiferi, uccelli, invertebrati. Dal lato ecologico è uno 'spazzino' dei boschi, come tutti i predatori lo sono nel loro ambiente. E' principalmente solitario, ma talvolta si appollaia con i suoi simili sugli alberi, in quanto appena smette di cacciare individualmente pare senta la necessità di socializzare e comunicare.
La fama che lo contraddistingue in certe antiche culture (indù, nativi americani, cinesi) di portatore di morte e sfortuna, è ovviamente associata al suo verso, considerato da molti non molto allegro, e alle abitudini notturne. In India è però anche chiamato 'gufo' uno stupido, o un buffone.
Nella cultura ebraica (v. Levitico 11, 13-17), è classificato tra
gli animali 'ripugnanti', assieme a molti altri volatili, ed alla lunga
lista di animali immondi, da tenere 'in abominio'. Nel passato, anche nel
nostro Paese, grazie a tale fama, poteva accadere che fosse addirittura
'crocifisso'
come altri rapaci notturni, alle porte delle case.
La scelta tra queste 'credenze' e la realtà dipende
ovviamente
dalle singole persone, e dalla influenza che su di loro hanno
esercitato racconti dell'inizio e fiabe narrate da tutori più o meno 'amanti'
degli
animali. Non meraviglia quindi che ognuno possa vedere nel gufo un
simbolo di sventura o di saggezza, a seconda della propria cultura o della
propria convenienza, al di là della realtà.
Resta il fatto che il riferirsi ad animali non umani per indicare comportamenti disdicevoli o caratteristiche negative nasce da vecchie credenze che vedono in essi il simbolo del male, ed è oggi più che mai deplorevole riferirsi agli animali non umani con espressioni che ne denigrano la dignità: induce il continuare a considerare gli animali non umani come gli esseri di più basso livello nella scala dei valori morali, e contribuisce a radicare nelle popolazioni l'odio e la paura per il "diverso", motivando le conseguenti violenze. Tali espressioni sono inoltre offensive dei "sentimenti dell'uomo per gli animali" tutelati (al posto dei diretti interessati) dalla legge sui maltrattamenti n. 189 del 2004.
Resta il fatto che il riferirsi ad animali non umani per indicare comportamenti disdicevoli o caratteristiche negative nasce da vecchie credenze che vedono in essi il simbolo del male, ed è oggi più che mai deplorevole riferirsi agli animali non umani con espressioni che ne denigrano la dignità: induce il continuare a considerare gli animali non umani come gli esseri di più basso livello nella scala dei valori morali, e contribuisce a radicare nelle popolazioni l'odio e la paura per il "diverso", motivando le conseguenti violenze. Tali espressioni sono inoltre offensive dei "sentimenti dell'uomo per gli animali" tutelati (al posto dei diretti interessati) dalla legge sui maltrattamenti n. 189 del 2004.
Mi auguro pertanto che Lei rifletta sulle conseguenze dell'utilizzo
disinvolto di certe similitudini (considerata la diffusione che le
Sue parole hanno per effetto dei media) specialmente per quanto
riguarda
l'educazione dei bambini, la cui morale non dovrebbe essere influenzata da
credenze e
luoghi comuni appartenenti ad un oscurantismo culturale ormai
superato.
Cordiali saluti
Massimo Terrile
Movimento Antispecista www.antispec.org
Cordiali saluti
Massimo Terrile
Movimento Antispecista www.antispec.org
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