martedì 13 gennaio 2015

IL DIRITTO NATURALE ALLA DISSACRAZIONE (O BLASFEMIA)

Dal mio libro Io non volevo nascere (1) 
Gustavo Zagrebelsky, professore emerito di diritto costituzionale all'Università di Torino, ex presidente della Corte Costituzionale, opinionista del quotidiano La Repubblica, è stato relatore (il 20 novembre 2000) di una sentenza pazzesca.

Egli, partendo “dai principi fondamentali di eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione (art.3 Costituzione) e di eguale libertà davanti alla legge di tutte le confessioni religiose – ma i costituenti , ignoranti, avrebbero dovuto scrivere “religioni” perché le confessioni sono interne ad una religione – aggiungendo che “non può assumere alcuna rilevanza il dato quantitativo della adesione più o meno diffusa a questa o a quella confessione, religiosa”, e precisando che la posizione di equidistanza e imparzialità è il principio di laicità” dello Stato, “caratterizzato in senso pluralistico”, ha concluso assurdamente, in contrasto con il principio della laicità dello Stato – e senza percepire minimamente la contraddizione – che “il ripristino dell'eguaglianza violata (con l'art.402 del Codice Penale) possa avvenire non solo abolendo del tutto la norma che determina quella violazione, ma anche estendendone la portata per ricomprendervi i casi discriminati”, convinto che “il principio di laicità non implichi indifferenza e astensione dello Stato dinnanzi alle religioni, ma legittimi interventi legislativi a favore della libertà di religione”.

Sulla base di questa scriteriata sentenza firmata da 15 idioti, Dio, anche se per gli atei non esiste, è stato trasformato in una pluralità di soggetti giuridici, diverso per ogni religione, e i seguaci di ogni religione sono stati riconosciuti, per dirla con Montesquieu, avvocati di Dio, che in tal modo, nella sua pluralità giuridica, avrebbe bisogno degli uomini per difendersi con denunce. “Il male in questo caso è venuto dall'idea che bisogna vendicare la divinità”, scrive Montesquieu (Lo spirito delle leggi, XII, 4). E ancor prima il giusnaturalista cristiano Samuel Pufendorf separando il diritto naturale dalla teologia morale della religione rivelata, rivendicava il diritto di essere atei e di bestemmiare (De habitu religionis christianae ad vitam civilem, 1686, par. 7).

Zagrebelsky e gli altri 14 deficienti della Corte Costituzionale non hanno capito che con la loro sentenza anche la setta religiosa più pazza avrebbe diritto ad una tutela penale. D'altra parte i 15 hanno mancato di citare il II comma dell'art. 8 della Costituzione che recita: “Le confessioni religiose diverse da quella cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano”.

Da cui si evince che l'islamismo, non potendo non trarre un suo statuto dai comandamenti del Corano – compresi quelli che, ampiamente citati nel florilegio del cap. 5, sono una patente istigazione a delinquere (art.414 Codice Penale) in quanto predicano la violenza contro gli infedeli sino all'omicidio di massa - avrebbe uno statuto contrario all'ordinamento giuridico italiano. Hanno mai letto il Corano i 15 scriteriati che hanno firmato la sentenza? Se non l' hanno letto sono degli ignoranti che hanno preteso di giudicare su ciò che ignorano. Se l'hanno letto hanno riconosciuto pari dignità ad una religione il cui libro giustifica il terrorismo islamico. Il terribile pasticcio a cui sono pervenuti i 15 scriteriati è causato da due motivi: 1) l'avere contraddetto il principio della laicità dello Stato attribuendo una tutela penale ad ogni religione, mentre avrebbero dovuto ignorarle tutte per quanto riguarda le credenze religiose in senso stretto, non potendo esistere il reato di vilipendio di una religione, anche perché il termine “sacro” non può far parte del linguaggio della politica in uno Stato laico e liberale; 2) l'avere ignorato che ogni religione nei suoi statuti, cioè in quei principi che riguardano, non i dogmi religiosi in senso stretto, ma l'esercizio del culto esterno nell'opera di proselitismo, non deve essere in contrasto con l'ordinamento giuridico.

E' quanto già Spinoza aveva spiegato nel suo Trattato teologico-politico (cap. XVI) distinguendo il culto interno da quello esterno, che deve rimanere sotto il controllo dello Stato, in quanto deve “accordarsi con la pace e la sicurezza dello Stato” (cap. XIX). Se poi si dicesse che la tutela penale riguarderebbe la difesa della sensibilità religiosa di un individuo o di una comunità, sarebbe ancora peggio. Chiunque, a maggior ragione, si sentirebbe in diritto di denunciare chi avesse “offeso” un sentimento soggettivo che deriva, non da un rapporto dell' offeso” con un altro soggetto giuridico, ma dal rapporto dell' offeso” con se stesso a causa di una sua particolare e personale credenza, che non può avere maggiore valore solo perché l' offeso” si ammanta di sacralità , anche quando dietro il “sacro” si riparano credenze che debbono essere ritenute menzogne, o comunque falsità, da un ateo, il quale, al contrario del credente, viene lasciato senza tutela penale nel suo diritto alla dissacrazione, in violazione dell'eguaglianza di fronte alla legge. La dissacrazione è stata l'arma che, facendo valere la libertà di pensiero, ha contribuito alla nascita della concezione laica e liberale dello Stato. D'altra parte, il cristianesimo non si è forse affermato dissacrando le divinità pagane? E se vi fosse qualcuno che dichiarasse – anche se in malafede – di credere ancora negli dei dell'Olimpo? Se offendesse Zeus offenderebbe la sensibilità di chi affermasse di credere in Zeus? Se si obiettasse che soltanto un pazzo potrebbe credere ancora nell'esistenza di Zeus l'ateo potrebbe rispondere che ci vuole una buona dose di pazzia tranquilla per credere in Gesù figlio di Dio, concepito verginalmente con lo Spirito Santo e morto e risorto per essere assunto in cielo con il corpo. E ci vuole una forte pazzia violenta per credere il Corano sia stato dettato ad un analfabeta (Maometto) da Allah tramite l'arcangelo Gabriele. E potrebbe aggiungere che il confine tra la sanità e la malattia mentale non è ben definito, trattandosi di questioni di fede. Per coerenza si dovrebbe riconoscere una tutela penale anche alla sensibilità religiosa di chi sia seguace delle sette religiose più pazze, compresa quella dei satanisti. Altrimenti dovrebbe essere la legge a stabilire, entrando in merito al contenuto delle credenze religiose, se una credenza religiosa, in quanto tale, sia buona o cattiva e il relativo sentimento religioso sia degno di una tutela penale. Per tutti questi motivi uno Stato non può riconoscere una tutela penale alle religioni. L'alternativa sarebbe - in contrasto con il citato art. 3 della Costituzione – la discriminazione tra diverse religioni. E' anche evidente che lo Stato non può riconoscere l'8 per mille alle organizzazioni religiose. Altrimenti dovrebbe riconoscerlo anche ai satanisti, se questi si riunissero in un'organizzazione nazionale sulla base di uno statuto i cui principi non comportassero, al contrario del Corano, atti di violenza ma si limitassero ad un culto incruento di Satana. Non basta: chi ateo dà l'8 per mille allo Stato, cioè a tutti – anche a coloro che non lo danno allo Stato – si trova ad essere discriminato rispetto a chi lo dà alle organizzazioni religiose, senza averne alcun ritorno, se non ha la possibilità di tenere per sé l'8 per mille, che pertanto è anticostituzionale.

Tutte queste conseguenze sono sfuggite ai 15 scriteriati della Corte Costituzionale .
(1)

  1. Io non volevo nascere, autobiografia di Pietro Melis

    www.recensionilibri.org/.../io-non-volevo-nascere-autobiografia-di-pietr...
    22 apr 2013 - Io non volevo nascere. Un mondo senza certezze e senza giustizia. Filosofi odierni alla berlina è l'autobiografia di Pietro Melis, edito da ...
  2. Recensione del libro “Io non volevo nascere” di Pietro Melis

    www.recensionelibro.it/io-non-volevo-nascere-pietro-melis-libri
    Io non volevo nascere” di Pietro Melis è un'analisi filosofica, scientifica sulla nascita, la vita e la morte.
 

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