Questo articolo riproduce in parte ciò che ho scritto nel blog di Odifreddi, che si è meravigliato del fatto che il teologo islamico sia stato criticato sulla base della considerazione che anche l'aria che circonda la Terra gira intorno al suo asse trascinando gli aerei, mentre si sarebbe dovuto ricorrere unicamente al principio di inerzia. Il teologo islamico aveva detto che un aereo che sia diretto in Cina (viaggiando secondo il verso di rotazione della Terra, da ovest a est) non raggiungerebbe la Cina per il fatto che la rotazione dell'asse terrestre allontanerebbe la Cina dall'aereo con una velocità superiore a quella dell'aereo. Al limite, un corpo che rimanesse fermo in alto non avrebbe bisogno di andare verso la Cina perché la rotazione della Terra gli porterebbe la Cina al di sotto. Ma all'ignoranza dell'islamico si è aggiunta l'ignoranza (sentita anche nella trasmissione Leonardo di Rai3 di martedì scorso) di coloro che hanno affermato che è l'aria che gira intorno alla Terra che coopera a far avanzare l'aereo verso la Cina. Odifreddi giustamente ha osservato che l'aereo (sin dal momento del decollo) conserva per inerzia la velocità LINEARE che ha la Terra nella località da cui parte l'aereo ad una determinata latitudine. Ma Odifreddi ha aggiunto un inutile riferimento a Newton per spiegare il fatto che i corpi terrestri (sia quelli che stanno sulla superficie terrestre, sia quelli che se ne allontanano) non schizzino via lontani dalla Terra a causa del moto rotatorio della Terra. Evidentemente non schizzano via se non riescono a superare la forza di gravità terrestre. Ma non vi era bisogno per questo di riferirsi a Newton. Bastava considerare una serie di errori commessi da Galileo, tra cui quello di ritenere che i corpi terrestri siano per NATURA pesanti. Errore che comunque di fatto sostituisce la legge di gravità di Newton. Ecco il mio commento (in parte qui da me tagliato) nel blog di Odifreddi.
La risposta datami dal prof. Odifreddi, con riferimento a Newton, mi sembra
integrare ciò che egli ha scritto nel suo articolo, dove infatti si
fa riferimento solo all'inerzia intesa in senso galileiano,
prescindendo dalla forza di gravità. Ma in effetti non era
necessario riferirsi a Newton perché bastava precisare il pensiero
dello stesso Galileo. Egli, infatti, come osservò Koyré (Studi galileiani), non riuscì
mai a prescindere dal peso dei corpi, come se la pesantezza facesse
parte della natura dei corpi(conservò l'errore di Aristotele) e non
fosse dovuta alla forza di gravità della Terra. Da qui la necessità
di Galileo di riferirsi ad un piano infinito per spiegare il moto
rettilineo uniforme. Cosa di cui non ebbe bisogno Cartesio. Galileo
non si riferiva solo all'inerzia ma, errando, anche alla naturale pesantezza
dei corpi la cui gravità intrinseca (e non estrinseca) doveva
congiungersi con il movimento di caduta sulla Terra. Infatti sulla
base del solo riferimento al movimento inerziale (rettilineo) non
poteva rispondersi all'obiezione del teologo islamico.
Tengo a precisare che nel 1984 scrissi un saggio (sepolto negli Annali della Facoltà di Magistero di Cagliari, vol. VIII, parte I) intitolato Aspetti logici e teologici della rivoluzione astronomica. Da Buridano a Keplero. E feci una grossa fatica per leggere le parti che mi interessavano dell' Astronòmia nova di Keplero. Altri autori citati nel mio saggio sono Copernico e Cusano. Saggio che fu lo sviluppo di una relazione che ero stato invitato a tenere alla Domus Galilaeana di Pisa (2-3 dicembre 1982) nel contesto di un convegno organizzato dal prof. Ludovico Geymonat in occasione del IV centenario della riforma gregoriana del calendario. In questo stesso saggio feci notare in una nota come sia stato Giordano Bruno (La Cena delle Ceneri, III, 5) a spiegare la relatività del moto, anticipando di molti anni Galileo, che dunque non scoprì alcunchédi nuovo. Il Bruno affermò chiaramente l'equivalenza dei sistemi meccanici (compresi i sistemi tolemaico e copernicano, benché fosse copernicano e fosse andato oltre Copernico postulando l'infinità dell'universo, concordemente con il Cusano, che definisce "il divino Cusano). La spiegazione di Galileo, per quanto riguarda la caduta di un grave, fu invece alquanto confusa perché nel Dialogo (Opere, UTET, vo. II, p. 182), quando si tratta di spiegare perché l'aria segua il movimento di rotazione della Terra Galileo attribuisce lo spostamento del grave verso il senso di rotazione della Terra anche alla forza di trascinamento dell'aria che a causa del contatto con la superficie terrestre ruota con la Terra. A proposito di Copernico Galileo scrive: " Egli dice, e a mio parer dice bene, che la parte dell'aria vicina alla Terra, essendo più presto evaporazione terrestre (errore nel considerare l'aria evaporazione terrestre,n.d.r.), può aver la medesima natura, e naturalmente seguire il suo moto, o vero, per essergli contigua, seguirla in quella maniera che i Paripatetici dicono che la parte superiore e l'elemento del fuoco seguono il moto del concavo della Luna" (ibid., p. 295). Notare come Galileo conservi ancora qui, nel Dialogo, un errore aristotelico, nel ritenere che l'aria segua la rotazione della Terra anche perché sono della stessa natura. Forse non convinto di questa sua spiegazione, a questo punto Galileo che fa? Si sposta da sopra la nave dentro la stiva della nave, dove l'aria è imprigionata e si muove con tutta la nave. Allora soltanto gli è facile affermare che una goccia d'acqua cadrà sempre nello stesso punto (dentro il collo di una bottiglia) perché è come se la nave fosse ferma. Ma anche qui aggiunge una cosa inutile. L'aria dentro la stiva, muovendosi con la nave, coopera a trascinare la goccia dentro la bottiglia.
Galileo prima di arrivar a capire che nel vuoto una piuma e una palla di ferro hanno la stessa velocità fece fatica a liberarsi del suo aristotelismo. Aristotele pensava che la velocità di caduta fosse proporzionale al peso (P) e inversamente proporzionale alla resistenza dell'aria (R). La conseguenza era che il vuoto non poteva esistere. Infatti se fosse stata R=0 la velocità sarebbe stata infinita. Un commentatore cristiano di Aristotele, Giovanni Filopono, sostituì a P/R P-R. Ne conseguiva che il moto era possibile anche nel vuoto ma con velocità proporzionale al peso. Altro errore. Baliani (XVII secolo), molto più giovane di Galileo, con un esperimento ideale, divise idealmente un mattone in due mattoni per concluderne che non era il peso di un mattone a rendere due volte più veloce il peso di mezzo mattone. Ebbene, Galileo, quello giovane di Pisa, nel De motu rimase legato all'affermazione di Baliani, che riteneva tuttavia che due corpi di diverso peso avessero la stessa velocità di caduta purché fossero della stessa sostanza. Altrimenti avrebbero avuto velocità diverse anche nel vuoto. Prima del Dialogo Galileo cercò di dimostrare la legge della caduta dei gravi, che ormai circolava in tutta Europa. Ma fece un pasticcio enorme. Partì da due premesse errate (che qui non posso esporre perché sarebbe troppo lungo): ma fu fortunato perché le due premesse di elidevano a vicenda dando una conclusione giusta: la velocità di caduta è proporzionale al quadrato dei tempi. Come si vede, non vi è alcuna legge fisica che sia attribuibile a Galileo. Nonostante i manuali di fisica gli attribuiscano erroneamente la legge di caduta dei gravi. E il povero olandese Isaac Beeckman, che arrivò per primo nel 1618 all'enunciazione della legge di caduta dei gravi sulla base di una dimostrazione puramente geometrica, che prescindeva da qualsiasi esperimento, rimane dimenticato. Fu un fisico dilettante che lasciò in manoscritto il suo Journal, che fu pubblicato per la prima volta da Cornelis de Waard nell'arco di molti anni (1939-53). Come rimane dimenticato Giordano Bruno per il suo merito di avere anticipato chiaramente il principio di relatività dei moti e dell'equivalenza dei sistemi meccanici.
Tengo a precisare che nel 1984 scrissi un saggio (sepolto negli Annali della Facoltà di Magistero di Cagliari, vol. VIII, parte I) intitolato Aspetti logici e teologici della rivoluzione astronomica. Da Buridano a Keplero. E feci una grossa fatica per leggere le parti che mi interessavano dell' Astronòmia nova di Keplero. Altri autori citati nel mio saggio sono Copernico e Cusano. Saggio che fu lo sviluppo di una relazione che ero stato invitato a tenere alla Domus Galilaeana di Pisa (2-3 dicembre 1982) nel contesto di un convegno organizzato dal prof. Ludovico Geymonat in occasione del IV centenario della riforma gregoriana del calendario. In questo stesso saggio feci notare in una nota come sia stato Giordano Bruno (La Cena delle Ceneri, III, 5) a spiegare la relatività del moto, anticipando di molti anni Galileo, che dunque non scoprì alcunchédi nuovo. Il Bruno affermò chiaramente l'equivalenza dei sistemi meccanici (compresi i sistemi tolemaico e copernicano, benché fosse copernicano e fosse andato oltre Copernico postulando l'infinità dell'universo, concordemente con il Cusano, che definisce "il divino Cusano). La spiegazione di Galileo, per quanto riguarda la caduta di un grave, fu invece alquanto confusa perché nel Dialogo (Opere, UTET, vo. II, p. 182), quando si tratta di spiegare perché l'aria segua il movimento di rotazione della Terra Galileo attribuisce lo spostamento del grave verso il senso di rotazione della Terra anche alla forza di trascinamento dell'aria che a causa del contatto con la superficie terrestre ruota con la Terra. A proposito di Copernico Galileo scrive: " Egli dice, e a mio parer dice bene, che la parte dell'aria vicina alla Terra, essendo più presto evaporazione terrestre (errore nel considerare l'aria evaporazione terrestre,n.d.r.), può aver la medesima natura, e naturalmente seguire il suo moto, o vero, per essergli contigua, seguirla in quella maniera che i Paripatetici dicono che la parte superiore e l'elemento del fuoco seguono il moto del concavo della Luna" (ibid., p. 295). Notare come Galileo conservi ancora qui, nel Dialogo, un errore aristotelico, nel ritenere che l'aria segua la rotazione della Terra anche perché sono della stessa natura. Forse non convinto di questa sua spiegazione, a questo punto Galileo che fa? Si sposta da sopra la nave dentro la stiva della nave, dove l'aria è imprigionata e si muove con tutta la nave. Allora soltanto gli è facile affermare che una goccia d'acqua cadrà sempre nello stesso punto (dentro il collo di una bottiglia) perché è come se la nave fosse ferma. Ma anche qui aggiunge una cosa inutile. L'aria dentro la stiva, muovendosi con la nave, coopera a trascinare la goccia dentro la bottiglia.
Galileo prima di arrivar a capire che nel vuoto una piuma e una palla di ferro hanno la stessa velocità fece fatica a liberarsi del suo aristotelismo. Aristotele pensava che la velocità di caduta fosse proporzionale al peso (P) e inversamente proporzionale alla resistenza dell'aria (R). La conseguenza era che il vuoto non poteva esistere. Infatti se fosse stata R=0 la velocità sarebbe stata infinita. Un commentatore cristiano di Aristotele, Giovanni Filopono, sostituì a P/R P-R. Ne conseguiva che il moto era possibile anche nel vuoto ma con velocità proporzionale al peso. Altro errore. Baliani (XVII secolo), molto più giovane di Galileo, con un esperimento ideale, divise idealmente un mattone in due mattoni per concluderne che non era il peso di un mattone a rendere due volte più veloce il peso di mezzo mattone. Ebbene, Galileo, quello giovane di Pisa, nel De motu rimase legato all'affermazione di Baliani, che riteneva tuttavia che due corpi di diverso peso avessero la stessa velocità di caduta purché fossero della stessa sostanza. Altrimenti avrebbero avuto velocità diverse anche nel vuoto. Prima del Dialogo Galileo cercò di dimostrare la legge della caduta dei gravi, che ormai circolava in tutta Europa. Ma fece un pasticcio enorme. Partì da due premesse errate (che qui non posso esporre perché sarebbe troppo lungo): ma fu fortunato perché le due premesse di elidevano a vicenda dando una conclusione giusta: la velocità di caduta è proporzionale al quadrato dei tempi. Come si vede, non vi è alcuna legge fisica che sia attribuibile a Galileo. Nonostante i manuali di fisica gli attribuiscano erroneamente la legge di caduta dei gravi. E il povero olandese Isaac Beeckman, che arrivò per primo nel 1618 all'enunciazione della legge di caduta dei gravi sulla base di una dimostrazione puramente geometrica, che prescindeva da qualsiasi esperimento, rimane dimenticato. Fu un fisico dilettante che lasciò in manoscritto il suo Journal, che fu pubblicato per la prima volta da Cornelis de Waard nell'arco di molti anni (1939-53). Come rimane dimenticato Giordano Bruno per il suo merito di avere anticipato chiaramente il principio di relatività dei moti e dell'equivalenza dei sistemi meccanici.