Sarebbe necessaria perché la carne, soprattutto quella rossa, fornisce proteine nobili, ferro, zinco e vitamina B. E io domando a questi disonesti (che hanno solo come fine il profitto) o a questi ignoranti, compresi molti oncologi, che certamente minimizzano adesso il pericolo della carne rossa perché anch'essi hanno sempre mangiato carne: da dove prendono le proteine, il ferro, lo zinco, la vitamina B animali come i tori, i gorilla, i cavalli, i buoi, tutti noti per la loro forza? Si sa che solo gli animali carnivori sono soggetti a tumori, come i cani e i gatti. Rispondete ignoranti o disonesti, compresi molti professoroni. Ditemi perché la specie homo appartenga all'ORDINE dei primati, notoriamente vegetariani. Tutta la sua struttura è rimasta dopo milioni di anni quella dei primati, dopo l'evoluzione dall'australopithecus. L'uomo è un'aberrazione della natura perché diventato animale culturale con l'homo abilis ponendosi in concorrenza con i carnivori della arida savana africana per motivi di sopravvivenza. La sua dentatura, la grande lunghezza dell'intestino, il numero dei capezzoli sono quelli dell'animale non carnivoro. Già Rousseau (in due note del Discorso sull'origine e sui fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini) aveva fatto notare queste simiglianze. L'uomo è l'unico mammifero che cammini su due gambe, ed è l'unico animale che dopo lo svezzamento beva latte di altri animali. Spiegatemi tutto questo e anche altro. Altrimenti tappatevi la bocca e anche altro perché ciò che vi esce dalla bocca è come se vi uscisse dal culo.
Traggo dal mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica quanto segue.
Se esistono i diritti
fondamentali degli uomini, considerati come individui, tali diritti, in quanto
naturali, non possono essere soltanto umani.
Non vi è da meravigliarsi
che nel mare del soggettivismo, del pluralismo e del relativismo della
filosofia contemporanea soltanto Robert Nozick, tra i filosofi che non si siano
in modo specifico dedicati alla questione dei diritti animali,[1]
abbia sostenuto, nel proporre un modello di spiegazione dell’origine della
società, il diritto naturale, estendendolo coerentemente agli animali non
umani, anche se ne tratta in poche pagine dell’opera principale Anarchia, Stato e utopia, 1974). Tale
diritto consegue coerentemente dall’avere superato i vincoli morali, e perciò
antropocentrici, del diritto. Scrive Nozick: “ Se ci fossero esseri provenienti
da un’altra galassia e se stessero rispetto a noi nella posizione in cui stiamo
di solito rispetto agli animali, questi esseri sarebbero giustificati a
trattarci come mezzi alla maniera utilitaristica? Gli organismi sono forse
collocati su una scala ascendente, in modo che uno qualsiasi di essi può essere
sacrificato o fatto soffrire perché quelli che non sono più in basso nella
scala conseguano un maggior vantaggio totale? ...Questi esseri proclamano che
noi possiamo essere sacrificati per il loro benessere...Le nostre dottrine
morali permettono il nostro sacrificio a profitto delle superiori capacità di
questi esseri? ...Le conseguenze non riguardano unicamente la questione se
esseri superiori possano sacrificarci a loro vantaggio. Riguardano anche la
questione di quel che noi dovremmo
fare”.[2]
Osserva Nozick che non è possibile ammettere che abbia significato soltanto la
vita di coloro che siano capaci di regolare la propria vita secondo un piano
globale per darle un significato. Si potrebbe infatti sostituire
all’espressione “significato della vita” il termine “felicità”. Non è infatti
un imperativo categorico pretendere che la vita umana debba avere un significato.
Non si può dunque pretendere che sia la qualità di esperienza di vita a
stabilire i limiti di ciò che l’uomo può fare agli animali. Quanto
all’argomento secondo cui, se gli uomini non mangiassero animali, questi non
verrebbero fatti nascere, ed è sempre meglio vivere, anche se poco, piuttosto
che non nascere, Nozick osserva che, se fosse valido l’argomento per gli
animali non umani, allora in uno Stato che imponesse limiti demografici una
coppia che avesse superato il limite stabilito di figli farebbe bene a farne
nascere altri per poi sacrificarli per qualche uso gastronomico giunto che
fosse ad una certa età. “Si supponga che mangiare animali non sia necessario
alla salute...Quindi il vantaggio di mangiare animali sta nei piaceri del palato...Il
problema è questo: questo piacere, o piuttosto l’aggiunta marginale a questo
piacere, supera in valore il valore morale che si deve dare alle vite e alle
sofferenze degli animali? Stabilito che gli animali devono contare qualche
cosa, il vantaggio supplementare ottenuto mangiandoli al posto di prodotti non
animali è maggiore del costo morale?...Potremmo esaminare il caso della caccia,
in cui suppongo che non sia giusto inseguire e uccidere animali per puro
divertimento”.[3]
Condannata in proposito
qualsiasi concezione utilitaristica, che giustificherebbe il rispetto degli
animali non umani sulla base della considerazione che anche gli animali non
umani hanno interessi, per cui la felicità totale deve essere calcolata
considerando tutti i viventi, Nozick precisa che gli animali non umani non
possono essere impiegati o sacrificati per il vantaggio umano, né è mai stato
dimostrato che mangiare carne sia necessario alla salute e non dipenda
piuttosto da una questione di palato. Ogni concezione etica dei diritti
presuppone una differenza radicale tra gli uomini e gli altri animali. Ma la
questione, come disse già Jeremy Bentham, non è se gli animali non umani siano
capaci di parlare, ma se siano capaci di soffrire. Pertanto nello Stato minimo
di Nozick la libertà e i diritti naturali non sono limitati agli esseri umani.[4]
Dobbiamo lasciare la filosofia per trovare
nomi noti o famosi di vegetariani nel XIX e nel XX secolo. Tra questi
ricordiamo Tolstoj che, divenendo vegetariano nel 1885, si fece promotore del
pacifismo vegetariano e Richard Wagner, che considerò il vegetarianesimo
l’alimentazione naturale, Einstein e Ghandi, che (in Le basi morali del vegetarianesimo) contrastò l’idea che la dieta
vegetale rendesse deboli, passivi e abulici, precisando: “Sono convinto che la
carne non sia alimento adatto alla nostra specie; il nostro errore è di imitare
gli animali inferiori perché noi siamo esseri superiori”. Anche Geroge Bernard
Shaw fu vegetariano (dall’età di 25 anni) e morì nonagenario. I medici che gli
avevano sconsigliato il vegetarianesimo morirono tutti prima di lui. In tarda
età rispose a chi gli domandava come facesse ad apparire giovane: “Io dimostro
la mia età. Sono gli altri che sembrano più vecchi. Stranamente troviamo anche
Isaac Bashevis Singer (Nobel per la letteratura), ebreo, che si rammaricò di
essere divenuto vegetariano soltanto a 55 anni. Egli disse che il
vegetarianesimo non era in contrasto con il suo essere ebreo, precisando che
siamo tutti creature di Dio e che non aveva senso chiedere a Dio clemenza e
giustizia continuando ad uccidere animali. Come potesse affermare una mancanza
di contrasto con la religione ebraica è inspiegabile. Mancano in questi uomini
citati le riflessioni sul diritto naturale, sostituito da considerazioni
morali, anche se non antropocentriche.
11. L’antropocentrismo alle
origini dello sfruttamento dissennato della natura e dei guasti ambientali
La natura si rivolta contro
gli uomini quando venga violato il diritto naturale all’autoconservazione e a
non soffrire. Come nel caso degli allevamenti intensivi, in cui gli animali
vengono tenuti in vita in condizioni innaturali, che favoriscono l’espandersi
di epidemie, con trasmissione dei virus dagli animali sofferenti agli uomini.
Se non fossero esposti alle stesse epidemie anche i vegetariani vi sarebbe da
auspicare una severa lezione naturale
a tutti coloro che, consumando carne, si rendono responsabili di tali allevamenti. Come
vi era da aspettarsi, di fronte alla recente influenza aviaria si nasconde
pubblicamente la verità, attribuendo alle specie emigratorie, trasformate in
capri espiatori, la causa di trasmissione del virus, non avendo il coraggio di
dire che, al contrario, il virus si è sviluppato e diffuso tra le specie degli
animali costretti crudelmente a vivere ammassati in poco spazio, anche se
all’aperto, in zone che sono a contatto con quelle dove sostano uccelli
emigratori, che vengono pertanto infettatti dagli animali da allevamento di
morte. Si aggiungano le inesistenti condizioni di igiene di tali allevamenti
di morte nei Paesi asiatici, soprattutto in Cina, da cui è una regola che
provengano quasi tutte le influenze, aviarie o non, che si spargono nel resto
della Terra. La Cina aveva negli ’50 del secolo scorso mezzo miliardo di
abitanti. Dopo 50 anni è giunta a 1.200 milioni! Ecco la causa maggiore delle
epidemie asiatiche:la folle antropizzazione della Terra. Se un’epidemia potesse
essere idealmente circoscritta all’Asia di area cinese e ad altri Paesi a forte
incremento demografico, come l’India,[5]
sarebbe un guadagno per il resto della specie umana la riduzione della
popolazione di tale area almeno alla metà. In Occidente gli allevamenti di
specie aviarie avvengono crudelmente in spazi chiusi, con luce artificiale
che altera il ciclo biologico trasformando una giornata di 24 ore in una di 12
ore con la distribuzione di luce artificiale in proporzione a tale
dimezzamento, in modo che sia maggiore la produzione di uova e minore il tempo
dello sviluppo e dell’ingrassamento. E per evitare epidemie si aggiunge
dell’antibiotico nel mangime, cosicché chi consuma carni ingerisce anch’egli ogni volta una buona dose di antibiotico per uso
veterinario, alimentando l’allevamento di animali che, innaturalmente, nascono
e vivono poco tempo senza aver mai conosciuto la luce del sole. La natura si
vendica sugli uomini con l’aumento del numero di decessi per cancro. E’ stato
dimostrato sperimentalmente che i topi in condizioni di scarsezza di cibo
smettono i riprodursi. Questa umanità pazza, peggio dei topi, meriterebbe di
morire di cancro o di pandemia, non meritando alcuna compassione.
La follia politica si
commisura all’ignoranza dei dati che documentano la follia economica del
destinare a mangime per animali da allevamento un ettaro di terreno che
potrebbe produrre in un anno 2500 kg di proteine vegetali per uomini, mentre,
destinato a mangime, produce solo 250 kg di proteine animali, con un consumo di
acqua 70 volte maggiore. Si va predicando moralmente contro la fame nel mondo e
contro lo spreco delle risorse d’acqua perché non si rispettano le condizioni
di vita conformi al rispetto del diritto naturale, facendo del palato, e non
delle reali necessità dell’organismo, la base delle tradizioni alimentari. Ma,
variando di una parola un noto proverbio, si può dire che “ ne uccide più il
palato che la spada”.[6]
L’Occidente è
corresponsabile di tutte le crudeltà derivanti dalla tradizioni alimentari di
altri Paesi, soprattutto di area cinese, non avendole mai contrastate in sede
internazionale e non avendo mai promosso manifestazioni pubbliche di condanna.
In Cina, dove vige il detto che tutto ciò che si muove da sé è mangiabile, e
dove sia il buddismo che il marxismo non sono serviti a sradicare le crudeltà
causate da tradizioni alimentari e dall’antica “medicina”, è prevista la pena
di morte per l’uccisione di un panda, solo perché animale a rischio di
estinzione, ma nei mercati e nei ristoranti cinesi vengono esposti in gabbia
anche i cani, pronti per essere uccisi a scopo alimentare, prescindendo dalla
considerazione che la sofferenza di un cane è assai maggiore di quella di un
panda, proporzionalmente alla sua maggiore intelligenza e alla sua maggiore
capacità affettiva.[7] Ma
come può l’Occidente pretendere di essere maestro di diritto per il resto del
mondo se, per esempio, la legislazione del Canada permette le stragi delle
foche per alimentare il mercato delle pellicce, e la Norvegia e l’Islanda
(oltre al Giappone) rifiutano di aderire alla moratoria riguardante la caccia
alle balene o la Spagna non rinuncia al barbaro spettacolo di morte della
corrida?
[1] Se si prescinde
dall’ambito specifico della teoria dei diritti degli animali, in cui emergono i
nomi di Tom Regan (statunitense), autore di Diritti
animali (1983, Garzanti 1990) e
Peter Singer (australiano), autore di Liberazione
animale (1975, L.A.V. 1986) e di Etica
pratica (1979, Liguori 1989). Il primo fa riferimento al diritto naturale
mentre il secondo ad una concezione utilitaristica.
[2] Anarchia, Stato
e utopia (1974), Le Monnier 1981, pp.48 sgg.
[3] Ibid., p.39.
[4] Ibid., pp.
38-41.
[5] Il primo
ministro Indira Ghandi fu assassinato da fanatici religiosi che si opponevano
alla sua politica demografica che incoraggiava la sterilizzazione.
[6] E’ risaputo
ormai che la carne favorisce il sorgere di diverse specie di tumori. Il noto
oncologo Umberto Veronesi (vegetariano) ha dichiarato che essa favorisce in
particolar modo i tumori al pancreas, all’intestino e al colon. Attualmente un
milione e mezzo di italiani sta combattendo contro un tumore, aggravando le
spese sanitarie per tutti. Si sa che gli
animali erbivori non sono soggetti a tumori. Ma pare che questi argomenti non servano contro il potere del palato e dell’economia.
[7] Nei Paesi islamici i cani sono considerati animali
immondi e i gatti sono appena accettati solo perché si racconta che
Maometto ne avesse uno con sé.
"Si sa che solo gli animali carnivori sono soggetti a tumori, come i cani e i gatti."
RispondiEliminaQuesto non è affatto vero, TUTTI GLI ANIMALI SONO SOGGETTI A TUMORI, ad esempio nei cavalli i tumori della pelle(spesso benigni, ma in un 10-20% dei casi anche maligni)sono molto diffusi. Forse i cani e i gatti si ammalano di tumori maligni più spesso dei cavalli, ma nessun animale è totalmente immune al cancro!
Quale è la sua fonte? E poi dipende da che cosa si dà loro da mangiare e dai medicinali che sono costretti a prendere. Bisognerebbe considerare gli erbivori che vivono liberi e non in allevamenti.
RispondiEliminaUNA FONTE LA TROVA QUI(se non capisce l'inglese si aiuti con il traduttore di google):
RispondiEliminahttp://www.equinecancersociety.com/Types_of_Equine_Cancer.php
e qualsiasi veterinario potrà confermare!
Comunque per il resto sono d'accordo con lei, ormai è accertato che nell'uomo almeno un 30-40% dei tumori sono causati da alimentazione scorretta(tra cui carni rosse e salumi) e mancanza di attività fisica. Ma purtroppo non esistono mammiferi totalmente immuni al cancro, anche gli erbivori si possono ammalare di tumore!