martedì 8 marzo 2016

VOLTAIRE E LA RELIGIONE

Voltaire (Storia dell'affermazione del cristianesimo, cap. 25) ha scritto: “Se il cristianesimo ha principi esacrabili, l’ateismo non ha alcun principio. Gli atei possono essere briganti senza leggi, come i cristiani e i maomettani sono stati briganti con leggi. Vediamo se non sia più ragionevole e più consolante vivere come deisti”. Il deismo di Voltaire è una religione naturale: “E’ naturale riconoscere un Dio, da quando si aprono gli occhi; l’opera annuncia l’artefice”.  Probabilmente nemmeno Voltaire credette in tale Dio, soprattutto dopo il terremoto di Lisbona, considerando che egli, ironizzando su Leibniz, non ritenne mai che questo fosse il migliore dei mondi possibili. Dunque come potrebbe un Dio esserne l’artefice? La sua concezione scientifica del mondo, poggiantesi sul sistema meccanicistico di Newton, autosufficiente, insieme con l’affermazione di una eguale origine naturale della vita umana e di quella non umana, in opposizione al dualismo cartesiano,[1] gli offriva tutte le premesse per arrivare a concepire un diritto naturale come unico fondamento delle leggi umane. E’ il diritto naturale, in quanto naturale, non ha bisogno di Dio, se deve vincolare anche Dio. E’ strano – e vi è da rammaricarsi del fatto - che Voltaire non sia giunto a percepire ciò, anche considerando che egli negò sempre si potesse dimostrare l’immortalità dell’anima (Trattato di metafisica, 6). Diversamente non avrebbe scritto che l’ateo non ha alcun principio. La religione naturale appare in Voltaire una gentile concessione alla religiosità, mentre egli stesso pensava che la religione potesse avere un’utilità pratica soltanto per coloro che avevano bisogno del timore di una punizione divina per rispettare l’ordine pubblico. In questo senso scrisse: “Se dio non esistesse bisognerebbe inventarlo”. E in una lettera a d’Alembert (27 novembre 1771) scrisse: “Un’intelligenza ordinatrice della natura deve essere limitata quando si badi alle imperfezioni e alle miserie della natura stessa”.[2] Nella tragedia Henriade (VII, 87-92) Voltaire scrisse: “Iddio non li castiga per aver chiuso gli occhi alla conoscenza che lui stesso aveva posto sì lungi da loro; non li giudica da padrone ingiusto in base a leggi cristiane che essi mai hanno conosciuto, in base allo zelo insensato dei loro santi furori, ma in base alla legge semplice che parla a tutti i cuori".    
Il papa Benedetto XVI, rivolgendosi agli atei (19 agosto 2005), ha dichiarato a Colonia: “Concedete a Dio il diritto di parlarvi”. Quale Dio? Il dio biblico? Come si permette di proporre ancora menzogne bibliche, cioè ebraiche, pensando che tutti siano imbecilli o ignoranti? Leggano i cristiani la breve Storia dell’affermazione del cristianesimo di Voltaire – che spiegò chiaramente come tale affermazione fosse fondata sulle menzogne, come il cristianesimo sia nato soprattutto dalla predicazione di un pluriassassino, opportunista ed impostore, quale fu S. Paolo, ebreo rinnegato, che, cittadino romano, avendo ereditato la cittadinanza romana dal padre per le sue benemerenze come commerciante di pelli, pur contro le leggi romane si era prima mosso in vari luoghi, tra cui Damasco nel 38, per arrestarvi i cristiani su incarico dal “sommo sacerdote” di Gerusalemme, avendo avuto gusto a partecipare alla condanna a morte per lapidazione di Stefano, alla lapidazione del nazareno Sebastiano, ad assassinare San Giacomo il minore, poi ancora Oblia il Giusto, ritenuto fratello di Gesù.[3]Questo individuo, che riconosce di avere promosso stragi, imprigionamenti e condanne a morte di cristiani andando a scovarli in città straniere (Atti degli apostoli, 9, 1; 25, 10), per cui non si capisce come sia sfuggito sin d’allora alla pena capitale secondo la legge romana, tanto più in quanto era cittadino romano, si inventò improvvisamente la resurrezione di Gesù senza averlo mai conosciuto. Aggiunge Voltaire: “Solo un fanatico insensato o un furfante molto maldestro può dire che San Paolo cadde da cavallo per aver visto della luce in pieno mezzogiorno; che Gesù Cristo gli gridò da una nube: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?", e che Saulo cambiò subito il suo nome in Paolo e da ebreo persecutore e omicida com’era ebbe la gioia di diventare cristiano perseguitato ed ucciso. Solo un imbecille può credere a un racconto del genere” (op. cit., cap. 8).
Aggiungiamo noi: solo un ebreo poteva inventarsi tale racconto. Su quale soggetto da galera il dio cristiano avrebbe fondato il cristianesimo! S. Paolo trasferì nel cristianesimo lo stesso fanatismo con cui precedentemente aveva perseguitato i cristiani. Se fosse vissuto dopo Costantino avrebbe promosso la caccia ai pagani e il loro sterminio in caso di mancata conversione. 
[1] Il filosofo ignorante, in Opere, Laterza, vol. II, pp. 509 sgg. Cfr. anche la voce “bestie” in Dizionario filosofico.
[2] Cfr. Theodore Besterman, Voltaire (1969), Feltrinelli 1971, pp. 177-91; p. 468.
[3] Queste notizie vengono date da Abdias, uno dei primi discepoli di Gesù e preteso vescovo di Babilonia, secondo quanto riportato nello scritto citato di Voltaire.
 

5 commenti:

  1. In che cosa credeva Voltaire? René Pomeau, gran studioso di Voltaire, pretende in "La religion de Voltaire" che il Nostro credesse davvero in un Dio, anche se non era ovviamente il Dio di Gesù. Difficile dire in che cosa credesse davvero. È comunque certo che abbia fatto una "concessione" al sentimento religioso che riteneva persino necessario per tenere a bada la populace. A Ferney (Ginevra), sua ultima residenza, fece addirittura erigere una chiesetta con la sua futura tomba, "mezza dentro e mezza fuori". Infatti la tomba "sporge" fuori da una navata laterale. Sul frontone fece incidere la scritta "Deo erexit VOLTAIRE" (spiritoso, si riteneva piì importante di Dio). Si dice anche che prima di morire manifestasse paura dell'inferno. Un ricordo e retaggio dell'educazione dei gesuiti. Mozart, che era a Parigi in quei giorni, scrisse al padre: "Quel porco è crepato." Mozart grande musicista, ma piccolo uomo (e non proprio di sentimenti cristiani).
    Resta il fatto che Voltaire detestava profondamente il barone d'Holbach per il suo ateismo. Doveva sembrargli pericoloso. In effetti d'Holbach è molto più radicale di Voltaire. Nonostante la simpatia che ho sempre avuto per Voltaire debbo dire che d'Holbach gli è superiore. Meno artista di Voltaire, autore di piacevoli racconti - non solo "Candido" -, di tragedie e opere storiche (Il secolo di Luigi XIV - un gran libro per l'ateo devoto Ferrara) d'Holbach è molto piÙ filosofo di lui e deciso negatore di un Dio buono e misericordioso, Divina Provvidenza. Ma Voltaire non fu un vero filosofo, fu un brillante divulgatore delle idee filosofiche del tempo, e un bon viveur. Di d'Holbach è in commercio "Il buon senso" con un'ottima prefazione di Sebastiano Timpanaro. Un gran libro, anche per il francesista Giovanni Macchia.

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  2. Ma Voltaire fu sensibile al tema dei diritti degli animali, mentre il materialista D'Holbach, come Lamettrie e Helvetius, fu del tutto insensibile a questo tema pur avendo sostenuto una comune natura ed origine di tutti gli animali, umani e non umani. Su questo argomento Voltaire fu superiore. Egli si affacciò al diritto naturale esteso a tutti gli animali. Preferisco Voltaire nella sua religiosità da agnostico all'ateismo non coerente dei materialisti (i philosophes).

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  3. Professore, secondo me Lamettrie e D'Holbach non furono sensibili al tema dei diritti degli animali perché anche da atei furono forse condizionati dalla mentalità religiosa, che faceva dipendere tutto il valore della vita da Dio; di conseguenza, se per loro Dio non esisteva, anche la vita animale perdeva di significato e si riduceva ad oggetto per i bisogni dell'uomo. Almeno, questa è la mia interpretazione, ma potrei sbagliarmi.

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  4. http://www.uccronline.it/2016/03/05/letica-laica-messa-in-difficolta-da-un-semplice-esperimento-mentale/

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  5. uccronline, sito cattolico, scrive di valori morali, non capendo, come anche quasi tutti gli atei, che i valori morali sono culturali e dunque non esistono in natura. Tutti costoro non hanno mai capito la lezione di Max Weber sulla "lotta mortale tra valori morali".Anche i nazisti, dal loro punto di vista, ma anche Stalin, avevano i loro valori morali. I nazisti erano persuasi che fosse un valore morale la superiorità della razza ariana (e tutto sommato non aveva tutti i torti). Ma in questo modo si cade nel relativismo culturale. Gli animali non umani sono migliori dell'uomo proprio perché non sono culturali. Il predatore uccide solo per motivi di sopravvivenza e non per crudeltà come fa l'uomo. Non si fanno la guerra fra loro nei rapporti INTRA specifici. Tutte le guerre sono culturali. Se gli uomini fossero più animali non umani e meno umani sarebbero migliori. Che uccroline si redima scientificamente il cervello evitando di dire stronzate. E' la solita nefasta concezione antropocentrica della natura ricavata dalla Bibbia. Peggio ancora il Corano, che riprende tuttavia dalla Bibbia, peggiorandola.

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