E quanto al
rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che ha provocato due interpellanze parlamentari
contro noi, è bene che si sappia quanto questo individuo è stato
capace di scrivere: “ Nel pensiero biblico mangiare carne è
considerato non come un diritto scontato, e un fatto naturale,
ma come un atto che comporta la violazione di un ordine e che
può essere lecito solo a determinate condizioni…il permesso di
mangiare carne segnala la posizione dell’uomo al vertice della
scala del creato, dato che in natura ogni essere vivente si
nutre di alimenti che sono rispetto a lui in una posizione
gerarchicamente inferiore. In armonia con questa spiegazione un
principio rabbinico vieta agli ignoranti di mangiare carne; come
a dire che soltanto l’uomo che con la ragione dimostra la
superiorità sugli animali ha diritto di sfruttare (sic!) il
mondo animale”.[1]
Si dovrebbe
commentare dicendo che il rabbino capo di Roma per coerenza non
dovrebbe mangiare carne, avendo dimostrato di essere troppo
ignorante nel suo appellarsi ancora ad una concezione
gerarchica, e perciò antiscientifica, della natura ricavata dal
testo nefando della Torah. All’ignoranza si aggiunge una perfida
e smaccata ipocrisia tipica dell’ebreo osservante che può
giungere anche ad affermare che “l’uccisione di qualsiasi essere
vivente viene vissuta con un senso di colpa. Lo stesso sacrificio, alle sue
origini, avrebbe questo senso di colpa come uno dei suoi moventi
fondamentali. L’offerta dell’animale alla divinità non è il fine
ultimo dell’azione, ma il mezzo per consentire all’uomo il
consumo delle carni dell’animale”. Infatti, “se la morte
dell’animale è un dono alla divinità, non dà più origine ad un
senso di colpa. Successivamente il sacrificio avrebbe acquisito
significati più ampi, di espiazione non solo dalla morte
dell’animale sacrificato, ma di tutte le colpe commesse; ed è
con questi significati che fu accolto e celebrato dagli ebrei”.
Ciò significa,
incredibilmente, che l’ebreo osservante può persino convincersi
di soffrire meno delle sue colpe, scaricandole sul povero
animale, che certamente non soffre meno se viene immolato al dio
sanguinario dell’ebreo credente. A parte ciò, se nel terribile
passo citato non dominasse una spietata ipocrisia, che dominò
sempre il culto esterno nella ritualità degli ebrei osservanti,
tanto da costringere Gesù ad inveire contro di loro chiamandoli
“sepolcri imbiancati”, perché credevano di purificarsi la
coscienza dal peccato sacrificando animali, invece di
rigenerarsi moralmente, varrebbe, in alternativa, la buona fede
degli uomini primitivi, che, come si dirà meglio appresso, dopo
avere ucciso un animale o un nemico, giungendo anche a forme di
cannibalismo, credevano di poter farsi perdonare adorando gli
spiriti delle loro vittime. All’origine della Torah vi è la
stessa prassi del primitivo. Ciò che stupisce è che l’ignoranza
ancor oggi possa far credere che la Torah sia un testo degno di
rispetto nonostante le sue nefandezze.
Seguiamo ora
le istruzioni da macellatore del rabbino capo di Roma. Egli
scrive, sapendo di mentire, che la recisione delle arterie
carotidi e delle vene giugulari (senza previa perdita della
coscienza da parte dell’animale) “sospende immediatamente (sic!)
la maggior parte del flusso cerebrale e determina entro 5-6
secondi una brusca caduta della pressione arteriosa;…La perdita
della coscienza, che rende impossibile la sensazione del dolore,
si verifica quando il flusso cerebrale è del 50%. La pressione
nei ventricoli cerebrali si abbassa ancor più rapidamente
iniziando dalle aree corticali; entro 8-10 secondi dalla shechitah (cioè dal
“rituale” colpo di coltello) i centri regolatori
dell’equilibrio, che hanno sede nel cervelletto, cessano le loro
funzioni; la percezione del dolore, che è controllata dalla
corteccia cerebrale, cessa ancor prima. Per l’uomo si decide che
l’anossia (mancanza di ossigeno) nel cervello è un modo
piacevole di perdita di coscienza”.
Di fronte a
simile sconcertante considerazione dovrebbe ritenersi, allora,
che sarebbe stata altrettanto piacevole per il rabbino di Roma,
come per tutti gli ebrei osservanti,
la perdita di coscienza nelle camere a gas in meno di un minuto.
Non contento di ciò il rabbino capo di Roma fa riferimento ai
“potenziali elettrici cerebrali” che sarebbero stati misurati
con l’elettroencefalogramma (EEG) subito dopo la shechitàh, per
concludere che essi “perdono il loro aspetto normale e
continuano per un certo periodo; ma lo stesso avviene con altri
metodi di macellazione, compresi quelli che ledono direttamente
il cervello…Alcuni valutano che la mancanza di coscienza si
verifichi dopo 7,5 secondi (notare la precisione!) dalla shechitàh”. Ma stupidamente egli
riconosce che “i potenziali evocati – registrati in aree
particolari del cervello in risposta a determinati stimoli,
visivi tattili, etc.) – persistono dopo la shechitàh almeno per
20 secondi, talora fino a 120”. E di fronte alla possibilità che
qualcuno ritenesse crudele tale pratica anche nel caso di una
perdita di coscienza che durasse, per dissanguamento, 2 minuti,
l’ineffabile rabbino capo si appresta a precisare che “la
presenza di una risposta (tattile e visiva) – e, aggiungiamo
noi, con disperati tentavi di movimento del povero animale
legato per terra su un fianco destro, come impone l’altra
barbarie, purtroppo più frequente, degli islamici, assai più
numerosi in Occidente, ed eredi anch’essi della barbarie della
Torah – non significa necessariamente presenza di coscienza, né
tanto meno di percezione del dolore…oggi non c’è alcun metodo
scientifico per poterla accertare o negare con sicurezza”. E
così il rabbino capo di Roma crede di salvarsi con il beneficio del dubbio,
credendo di rivolgersi a degli idioti.
Ma i racconti
fatti da chi ha assistito, anche professionalmente, da
veterinario, ai lamenti e al disperato tentativo dell’animale di
sottrarsi a simile inenarrabile crudeltà bastano a provare
quanto possa la superstizione religiosa falsificare la realtà e
portare all’obnubilamento del cervello, come disse Schopenhauer,
rimarcando il “foetor
Iudaicus” sulla stessa questione.[2]
E ci risulta
da una nostra documentazione[3]
che un’associazione di veterinari di Torino ha dichiarato in un
documento del 20 ottobre 1998 che “in situazioni normali la
morte sopravviene nel corso di 5 minuti: passato il primo
momento di stupore e sorpresa, l’animale, quando incomincia a
perdere forze e vitalità, compie tentativi spasmodici e si
dibatte per cercare di liberarsi. Questo comportamento
rappresenta la regola, anche quando tutte le operazioni sono
condotte seguendo i migliori canoni operativi. I veterinari che
operano nei macelli ammettono che tale macellazione rappresenta
un evento a suo modo impressionante.
Il tutto peggiora nel momento in cui le macellazioni si
susseguono a ritmo elevato, condizione che facilita l’errore
umano, in seguito al quale il taglio non riesce a recidere
completamente i vasi sanguigni e determina una agonia prolungata
e maggiori dibattimenti e spasmi dell’animale…Nel complesso non
si può negare che le macellazioni senza stordimento configurano
una situazione di eccitazione, dolore e sofferenza per gli
animali…Vi sono buone ragioni per rivedere le normative in tema
di macellazione, anche per evitare la perpetuazione di metodi
cruenti e dolorosi per gli animali e che offendono la
sensibilità di larga parte della popolazione italiana”.
Altro che
scrivere che la coscienza viene persa dopo pochi secondi. Foetor Iudaicus!
[1] Riccardo Di Segni, Guida alle regole
alimentari ebraiche, Ed. Lamed Roma 2000. Le pagine
illustranti la sconcertante difesa della macellazione
ebraico-islamica, tratte dal testo citato del rabbino capo di
Roma, sono comprese
nella documentazione giuntaci dall’associazione Animalisti italiani.
[2] Il fondamento della
morale, §19, 7.
[3] Inviataci
dall’associazione
Animalisti italiani, insieme con il Documento
approvato nella Seduta Plenaria del 19 settembre 2003 dai
codini ministeriali del Comitato Nazionale per la Bioetica che hanno anteposto il rispetto della fanatica tradizione alimentare ebraica alle sofferenze degli animali, facendo passare la macellazione ebraica come rispetto di una tradizione religiosa e perciò come rispetto della corrispondente macellazione halal degli islamici.
da credente ad Atea, da magnacadaveri a Vegana...una bella evoluzione...complimenti a Me Stessa. Questi d'io solo maschi, sempre fra maschi sono dei copiaincollati del già derivata giovè d'io degli eserciti, da cui dopo 1000 anni hanno copiato d'io d'"amore" [re amo] che ne ha fatte di tutti i colori, da cui hanno copiato dopo 1600 anni ndostà? stallah! Tutti e tre maschilisti che odiano le Donne e si pappano gli animali.
RispondiEliminaCi sono le prove: d'io re amo alla sua prediletta, la Ma Donna [non quella che canta] non ha fatto conoscere uomo, l'ha fatta partorire vergine, le ha ammazzato il figlio, l'hanno dipinta morta per ignoranza di pittori alla caravaggio. Ed era la sua prediletta. Gli fosse stata antipatica? Per accorgersi di questa "discrepanza" gli intelligenti$$imi catt'olici, hanno impiegato ben 250 anni e p'io nonno dogmò l'immacolata concezione. Giovè poi era talmente magnacadaveri, insieme al suo preferito abele, che gli procurava gli agnellini da sgozzare e pappare, che con il suo in fame bullismo verso Caino, agricoltore, provocò l'uccisione di abele. Io sto con Caino!
Monia