giovedì 28 giugno 2018

ANGELO CANNATA': ESEMPIO DI COME L'IDEOLOGIA POSSA ARRIVARE PERSINO A FALSIFICARE IL PENSIERO DI ARISTOTELE

E' stato usato Aristotele da un insegnante di storia e filosofia nel liceo per portare acqua al mulino dell'ideologia della società multirazziale e multiculturale. Si tratta di un certo Angelo Cannatà, che ha un blog nel quotidiano il Fatto Quotidiano. Costui dovrebbe essere portato ad esempio di  corruttore dei cervelli dei giovani, in una scuola pubblica ormai ridotta a un cesso pubblico. 
 Se l'articolista difende quella merda di Saviano significa che non ha capito una cipolla dell'Etica nicomachea, che è appunto etica e non diritto, e che egli quasi certamente non conosce, mentre io ne ho fatto oggetto di studio in un corso annuale e nei miei libri. Del diritto Aristotele scrive nell'opera Politica. E tuttavia anche nell'Etica nicomachea (V,7) Aristotele scrive di "un giusto per natura" quale fondamento delle leggi di uno Stato, che richiede un equilibrio tra le classi sociali tramite la medietà tra due opposti, cioè una piccola borghesia molto diffusa che diventi maggioranza tra gli estremi della ricchezza e della povertà. In concordanza con "Politica", IV, 11. E nella stessa Etica nicomachea vi è un libro (libro V) intitolato La giustizia, dove Aristotele scrive che "il giusto sarà il rispettoso della legge" e "ingiusto totale chi trasgredisce la legge". Poi Aristotele aggiunge che "non è la stessa cosa essere un uomo buono ed essere un buon cittadino", intendendo dire che è uomo buono colui che è virtuoso, mentre il buon cittadino  è colui che rispetta le leggi, non dovendo per questo avere l'obbligo di essere  virtuoso. Distinzione importante al fine distinguere nella politica la morale dal diritto. Ma qual'è la legge giusta? (in "qual'è" io uso sempre al femminile l'elisione e non il troncamento) Giusta è la legge che proibisce che uno si avvantaggi a danno degli altri (cap.4), andando oltre il giusto mezzo, che implica che nello scambio uno non abbia da perderci. Esiste poi secondo Aristotele (cap. 5 del V libro)una giustizia particolare, che è la giustizia intesa in senso stretto, secondo cui bisogna usare "la legge del taglione". "Perciò l'ingiustizia è propria dell'eccesso di ciò che è utile mentre l'ingiustizia per difetto è propria di ciò che è dannoso". "Del giusto civile una parte è di origine naturale mentre un'altra si fonda sulla legge. Naturale è quel giusto che mantiene ovunque lo stesso effetto" (cap.7). Sembra dunque che per Aristotele esista una legge naturale che sta al di sopra delle mutevoli leggi. Quando una legge non contempla un caso particolare perché non previsto da essa "è cosa retta il correggere la lacuna" (cap.10). In sostanza, per Aristotele la giustizia in senso stretto non deve essere confusa con l'etica in senso stretto, che riguarda la virtù in senso stretto, anche se Aristotele definisce la giustizia "virtù perfetta". La giustizia in senso stretto riguarda il rispetto delle leggi, anche se queste debbono  orientarsi verso un giusto per natura, al di là delle diverse leggi relative a diversi Stati. Ma una cosa Aristotele mette in evidenza: l'ingiustizia consiste nel causare un danno agli altri. E questo concetto di ingiustizia sembra rientrare nel concetto di giustizia naturale. Il giureconsulto romano Ulpiano introdurrà dopo tanti secoli il concetto di giustizia naturale consistente nel rispettare la norma universale "NEMINEM LAEDERE" (Non danneggiare alcuno). Usare l'etica di Aristotele per giustificare i doveri morali traducendoli in doveri giuridici è una menzogna usata ad uso e consumo della falsa sinistra di oggi che naviga nella confusione tra morale e diritto. Nessuno può essere accusato di non fare del bene, mentre tutti debbono essere accusati di danneggiare gli altri. Non si finisce in tribunale per non aver fatto del bene, ma per aver fatto del male inteso come danno. Non possono pertanto esistere corridoi cosiddetti umanitari, che riguardano l'etica e non il diritto. Comunque, Aristotele, considerando la virtù come medietà tra due contrari, non confonde la virtù con l'umanitarismo, la carità, la benevolenza, il perdono e via dicendo, che sono piuttosto virtù cristiane. Ma ha scritto Hegel (Scritti giovanili sul cristianesimo) che uno Stato che applicasse le virtù cristiane si autodistruggerebbe. 
Ed è questo che fa uno Stato portando la merda dall'Africa.                                                                            
L'articolista del FATTO QUOTIDIANO è un puro ignorante anche perché ha trascurato che Aristotele (Politica, I, 4) considera naturale la schiavitù. Hanno infatti diritti solo i cittadini, cioè gli aventi diritto di voto all'interno dello Stato (Polis). Coloro che non ne fanno parte non hanno diritti. Aristotele arriva a considerare "barbari" i non greci, e pertanto è naturale che possano esistere degli schiavi purché non siano cittaddini greci. Se l'articolista conoscesse Aristotele avrebbe dovuto riconoscere che gli africani che lasciano il loro Paese, non essendo cittadini dello Stato dove sono arrivati, dovrebbero poter essere ridotti in schiavitù.                    

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