Il Mattarella è andato a Cefalonia per commemorare i morti della strage degli italiani come se fossero stati degli eroi e non dei traditori imbecilli.
Dal mio libro IO NON VOLEVO NASCERE. UN MONDO SENZA CERTEZZE E SENZA GIUSTIZIA (Ed.BASTOGI 2010).
Non
posso addentrarmi nei fatti tragici di Cefalonia più di quanto
occorra per rilevare anche in questo caso l'uso strumentale che ne è
stato fatto. Infatti quanto colà accadde non può rientrare a rigor
di termini nella storia della guerra civile. Due tesi si oppongono
fondamentalmente.1
Sebbene tutte e due ritengano che i morti della Divisione Acqui siano
da considerarsi vittime della ferocia nazista, tuttavia l'una
attribuisce la maggiore, se non unica, responsabilità, al generale
Antonio Gandin a causa del suo ambiguo comportamento tenuto con i
tedeschi, a cui avrebbe detto che la sua truppa si era rifiutata di
consegnare le armi dopo la dichiarazione di armistizio dell'8
settembre. Questa pare, infatti, fosse stata la condizione posta dai
tedeschi perché gli italiani avessero salva la vita, e in conformità
con l'ordine arrivato il 9 settembre da Atene da parte del gen.
Vecchiarelli, comandante della XI armata. Ma sembra che Gandin, che
pare volesse salvare capra e cavoli – cioè la volontà di non
considerare i tedeschi come nemici e allo stesso tempo, in cambio di
ciò, la volontà di salvare l'onore della Divisione evitando la
consegna delle armi, ottemperando così all'ordine del governo
Badoglio - non avesse trasmesso tale ordine alla sua Divisione.2
Era una sorta di compromesso tra l'accusa di tradimento dovuto
all'armistizio e l'impossibile trasformazione della Divisione in
esercito nemico considerando che soltanto il 13 ottobre il fatiscente
governo Badoglio di Brindisi dichiarerà guerra alla Germania. Dal
punto di vista giuridico la Divisione si trovò in una condizione
indefinibile. Non era più alleata dei tedeschi ma non poteva essere
ancora considerata nemica. Pertanto qualsiasi azione di guerra fosse
stata da essa promossa sarebbe andata incontro ad una mancanza di
tutela dovuta ai prigionieri di guerra. In tale condizione l'unica
decisione giusta che qualsiasi generale avrebbe dovuto prendere
sarebbe stata quella di consegnare le armi ai tedeschi come
dimostrazione della volontà di non più combattere, né con loro né
contro di loro. La prima delle due tesi, che addebita al gen. Gandin
la massima responsabilità, afferma che con quella dichiarazione
Gandin avrebbe, se pur involontariamente, tradito la sua truppa
offrendo ai tedeschi l'opportunità di considerare la Divisione Acqui
formata da traditori che avevano intenzione di combattere contro gli
ex alleati. La seconda tesi sostiene che la massima, se non l'unica,
responsabilità fu quella del governo Badoglio che lasciò la
Divisione indifesa dopo l'armistizio, incitandola, con un comunicato
radio del 13 settembre, a combattere i tedeschi pur in mancanza di
una dichiarazione ufficiale di guerra contro la Germania, avvenuta
solo il 13 ottobre. Gandin dunque non sarebbe stato un traditore ma
una vittima del governo Badoglio nel suo avere accettato alla fine
l'ordine di resistere ai tedeschi. Mi pare che le due responsabilità
possano intrecciarsi, quella del governo fantoccio Badoglio,
prigioniero degli anglo-americani, e quella del gen. Gandin e degli
ufficiali subalterni su cui non seppe imporsi, se è vero che essi
nei giorni tra il 9 settembre e il 22 settembre 1943, volenti o non
volenti che fossero - i primi avendo il sostegno di quella parte
della Divisione che voleva combattere, i secondi subendone la volontà
(come lo stesso Gandin) - rivolsero contro i tedeschi le armi. Ciò
sarebbe avvalorato dal fatto, pare documentato, che i tedeschi (di
cui non facevano parte le SS ma solo soldati della Wehrmacht) si
limitarono a fucilare come traditori, dopo la resa, soltanto quelli
che avevano partecipato realmente ad una azione di guerra, non
dichiarata, contro di essi. In quei giorni i combattenti della
Divisione Acqui combatterono come nemici pur non potendo più essere
considerati come legittimi combattenti dal punto di vista giuridico.
I morti furono vittime del governo Badoglio ma anche di se stessi se
rivolsero le armi contro i tedeschi volendo forse fare la parte di
eroi, anche se del tutto inutili. Si dice che il gen. Gandin, prima
di morire costretto a dare le spalle al plotone di esecuzione, avendo
buttato per terra la croce di ferro attribuitagli dai tedeschi sul
fronte russo, abbia gridato: “Viva l'Italia! Viva il re!”.
Poveretto. Che confusione aveva in testa. Era stato sempre un
convinto fascista e filonazista, e non aveva capito che proprio quel
re (nano più per cervello che per altezza) era la causa maggiore
della sua morte. Anche per non aver quel nano voluto firmare il
foglio predisposto nel 1922 dal primo ministro Facta per ordinare lo
stato d'assedio disperdendo i fascisti armati di soli bastoni della
scalcinata “marcia su Roma” e per avere, al contrario, chiamato
al governo Mussolini, che arrivò a Roma in vagone letto.
Di
fronte a tali considerazioni appare di minore importanza la disputa
sul numero dei morti in combattimento e di quelli fucilati dopo la
resa ai tedeschi. Ma la retorica politica, ad iniziare da quella dei
presidenti della Repubblica, almeno da Pertini in poi, non soltanto
continua ad esagerare il numero dei morti (come se quasi tutti gli
11.500 componenti della Divisione Acqui fossero morti), ma continua
anche a prescindere dalle vere responsabilità.
Non
ho scritto queste righe con la presunzione di saperne più di quanti
a tale argomento hanno dedicato dei libri. Ma dalle letture fatte
posso dedurre che le tesi opposte mi sono apparse parziali perché
mancanti di logica. Sia di chi abbia voluto far ricadere la maggiore
responsabilità sul governo Badoglio (al cui tardivo ordine del 13
settembre Gandin si sentì in obbligo di obbedire senza considerare
che ancor prima avrebbe dovuto obbedire il 9 settembre al suo diretto
superiore gen. Vecchiarelli, che gli aveva ordinato di consegnare le
armi ai tedeschi), sia di chi abbia voluto far ricadere la maggiore
responsabilità su Gandin senza tener conto del fatto che egli si
trovò nella condizione di non potersi opporre a quella forte
minoranza (esistente specialmente nell'artiglieria) che, facendosi
forte dell'ordine del governo Badoglio, mise in atto
un'insubordinazione il 13 settembre sparando contro i tedeschi e
dando a questi un motivo per reagire militarmente. Questa minoranza
risultò essere stata obbediente a dei sottufficiali sottrattisi agli
ordini di Gandin, e, ciononostante, la sua insubordinazione fu poi
premiata, per interessi politici, soprattutto dei comunisti, come
prima manifestazione della Resistenza.
1
La prima tesi è rappresentata
soprattutto da Paolo Paoletti (I
traditi di Cefalonia. La vicenda della divisione Acqui 1943.45,
ed. Frilli 2003; Cefalonia
1943:una verità inimmaginabile,
Franco Angeli 2007; Il
capitano Apollonio l'eroe di Cefalonia. La manipolazione della
storia sulla divisione Acqui,
Frilli 2006; Cefalonia.
Sangue intorno alla casetta rossa. La fucilazione degli ufficiali
della divisione Acqui. 1943.45, ed.
EA 2009). La seconda è rappresentata da Massimo Filippini (La
vera storia dell'eccidio di Cefalonia,
ed MA.RO 2001; La
tragedia di Cefalonia: un mito scomodo,
IBN 2004; I caduti di
Cefalonia: fine di un mito,
IBN 2006), Figlio di uno dei fucilati, Filippini scrive che essi non
furono più di 400, mentre i morti complessivi (compresi quelli
morti in combattimento) non sarebbero stati più di 1.700. A parte i
circa 1.300 morti che perirono in mare a causa delle mine marine
poste dagli anglo-americani che affondarono alcune navi tedesche che
trasportavano i prigionieri della Divisione Aqui, contravvenendo
all'ordine di Hitler di non fare prigionieri. Di Filippini è anche
il ricco sito www.cefalonia.it.
La tesi di Filippini appare contraddittoria. Egli assolve Gandin
presentandolo come vittima, da una parte, di una rivolta di alcuni
suoi sottufficiali che egli definisce “atto di sedizione”,
dall'altra della “criminosità” dell'ordine di Badoglio di
resistere ai tedeschi. Secondo Filippini Gandin avrebbe fatto meglio
a non rispettare tale ordine. E porta ad esempio alcuni generali che
furono assolti perché ritennero gli ordini ineseguibili per le
conseguenze che avrebbero avuto sulle truppe. Non si capisce
pertanto perché Filippini difenda Gandin per essere stato ligio
all'ordine del governo Badoglio e non abbia consegnato le armi ai
tedeschi rispettando l'ordine, pervenutogli prima dal gen.
Vecchiarelli, suo diretto superiore in quanto comandante dell'XI
armata di stanza ad Atene (da cui dipendeva la Divisione Acqui).
V. anche (a cura di Giorgio
Rochat e Marcello Venturi) La
divisione Acqui a Cefalonia, settembre 1943,
Mursia 1993. Rochat assolve sostanzialmente Gandin dall'accusa di
non avere accettato di consegnare le armi ai tedeschi, perché
avrebbe obbedito ad un ordine superiore (evidentemente quello del
governo Badoglio). Ma Rochat, nella sua ricostruzione dei fatti
(per cui attinge anche a due libri dello storico tedesco Gerhard
Screiber ( I militari
italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich,
1943-45, Roma 1992; La
vendetta tedesca
1943-45. Le
rappresaglie naziste in Italia,
Mondadori 2000), pur riconoscendo che Gandin non seppe sottrarsi ad
atti di indisciplina da parte di molti suoi ufficiali e che, se
avesse rispettato l'ordine del comando dell'XI armata italiana (ad
Atene) di cedere le armi, la divisione Acqui sarebbe stata
risparmiata (contro l'ordine di Hitler di non fare prigionieri),
anche se sarebbe stata deportata in Germania (come di fatto furono
deportati coloro della stessa divisione Acqui che risultarono non
avere combattuto contro i tedeschi), inspiegabilmente non ritiene
responsabile Gandin, se non di tradimento (tesi di Paoletti), almeno
del fatto di non avere obbedito il 9 settembre all'ordine del
gen.Vecchiarelli e di avere preferito attendere l'opposto ordine del
governo Badoglio del 13 settembre (nonostante la mancanza di una
dichiarazione di guerra alla Germania, avvenuta soltanto il 13
ottobre), pur sapendo quale sarebbe stata la conseguenza, “un
combattimento senza speranza”, avendo inoltre obbedito alla sua
coscienza. Quale coscienza? Era stato sempre fascista e
filonazista. Gandin tenne nascosto l'ordine del gen. Vecchiarelli.
Rochat riconosce che soldati inglesi, sbarcati inutilmente a
Cefalonia e a Corfù, furono risparmiati dai tedeschi perché
trattati come prigionieri di guerra. Sulla cronologia degli ordini
contraddittori v. in nota successiva www.arcobaleno.net
(in cui si scrive che solo il comandante della Regia Marina e il
colonnello d'artiglieria Romagnoli erano avevano espresso la volontà
di combattere contro i tedeschi. Rochat presenta falsamente la
decisione di combattere come assunta da tutta la Divisione, pur
riconoscendo che Gandin la assunse sotto la pressione di vari atti
di indisciplina da parte dei sottufficiali che volevano combattere.
Lo stesso Rochat, contraddittoriamente, scrive che bisogna “evitare
la retorica del tutti eroi” e considera la strage di Cefalonia
come prima espressione della lotta di Resistenza. Giorgio Rochat ha
scritto anche un importante articolo che riassume la tragica vicenda
in users.libero.it. In esso ridimensiona il numero dei militari
morti a Cefalonia, portandolo ad un numero tra 3800 e 4000. Più
1360 morti in mare per affondamento di navi tedesche. A sostegno
della sua tesi Rochat riferisce di una sentenza del 1957 del
Tribunale di Roma che assolse gli ufficiali italiani di Cefalonia.
Come se una sentenza potesse sostituirsi al giudizio non partigiano
della storia. Comunque, Filippini (v. sito sotto citato
cronologia.leonardo.it) ha fatto riferimento ad una sentenza di
assoluzione (del giugno 1946) del gen. Antonio Basso (operante in
Sardegna) nonostante avesse disobbedito ad ordini provenuti dal
governo Badoglio perché ritenuti ineseguibili a causa delle
gravissime conseguenze che avrebbero causato per le sue truppe. Per
lo stesso motivo molti ufficiali furono processati e prosciolti in
istruttoria. Non si capisce però perché Filippini,
contraddittoriamente, non abbia ritenuto Gandin responsabile
anch'egli del fatto di avere obbedito, pur dopo tanta indecisione,
agli ordini di Badoglio.
Inattendibile, oltre che per
avere enfatizzato il numero delle vittime (9406), anche per la
fondamentale contraddizione tra l'avere, da una parte, rilevato le
posizioni altalenanti rinunciatarie di Gandin e riconosciuto la
rivolta contro di lui da parte di molti ufficiali suoi subordinati
come atto di insubordinazione e l'avere, dall'altra, attribuito
unicamente ai tedeschi le colpe, il libro di Alfio Caruso Italiani
dovete morire (Longanesi
2000), che presenta l'insubordinazione come azione di guerra
appartenente alla storia della Resistenza.
2
Ho trovato riprodotti i relativi documenti nel sito
www.storiaememoria.it.
Riporto una serie di importanti siti in cui viene trattata la
vicenda in questione. Prima di tutto www.cronologia.leonardo.it
(Cefalonia-La strage del 1943, digitare https://cronologia.leonardo.it/storia/a1943i.htm), che riporta una disputa tra Paolo
Paoletti e Massimo Filippini; www.storia.in.net,
La strage di
Cefalonia, di Paolo Deotto (che ha incluso una lunga intervista a
Filippini); www.pacioli.net,1943
Cefalonia storia di una strage divisione acqui; www.lancora.com,
Divisione
Acqui-Una sentenza inqualificabile (in cui trattasi della sentenza
di Monaco di Baviera che nel 2006 assolse l'ex sottotenente che fu
l'ultimo dei fucilatori degli ufficiali della divisione Acqui);
www.storiaememoria.it,
La divisione
Acqui a Cefalonia; www.arcobaleno.net.
Attualità, La resistenza, Cefalonia, Lero (di Gerardo Giacummo); L'8
settembre del 1943 a Cefalonia e Corfù, in .funzioniobiettivo.it,
Da quest'ultimo sito risulta documentato che a Corfù furono
fucilati soltanto gli ufficiali, a prova del fatto che, invece, a
Cefalonia fu riconosciuta una partecipazione attiva di tutti quei
soldati che seguirono gli ordini dei sottufficiali ribellatisi a
Gandin, che poi, il 13 settembre (ordine del governo Badoglio),
dopo vari giorni di indecisione, si affiancò ad essi.
In questo caso, troppo difficile per me, al momento, non so giudicare. So solo che quei Soldati erano Italiani e quelli che li hanno assassinati erano tedeschi. Impariamo, non allearsi con nessuno, meglio soli. Si valutano le proprie forze e si agisce di conseguenza. Impariamo da Lao Tzun e Sun Tzu. Io sono Taoista, perché sono convinta che per qualsiasi scintilla ci vogliano i due poli diversi e co-operanti. Come il vuoto ed il pieno. Lo dice Natura, non giovè, p'io p'io e ndo'sta?stallah!
RispondiEliminaIl nuovo volto del nAZISMO è LA UEcapestro. Prima ce ne rendiamo conto tutti, fino in fondo, prima ci raddrizziamo.
Egr. prof.Melis,
RispondiEliminaho letto con grande soddisfazione quanto ella ha scritto e scrive sulla losca vicenda di Cefalonia. su cui voglio precisare che il gen. Gandin decise di osservare l'ORDINE DI CESSIONE DELLE ARMI del Gen. Vecchiarelli ma ne fu impedito dall'opera disgregatrice della disciplina compiuta principalmente dai due Uff.li dell'artiglieria -cap. Pampaloni e ten. Apollonio- che IMPOSE CONTINUI RINVII ALL'ESECUZIONE DELLO STESSO permettendo non solo all'infame ORDINE BADOGLIANO di pervenire alla div. Acqui il 13 settembre, ma a seguito del cannoneggiamento -seguito dall'affondamento di due motozattere che recavano soltanto viveri al presidio tedesco di Argostoli- determinò nel Comando Germanico la volontà di rompere gli indugi e di attaccare le nostre truppe con i risultati che sappiamo.
Le invio due links e la saluto cordialmente.
avv. Massimo Filippini (t.col. AM in congedo)
orfano del magg. Federico fucilato il 25/9/1943
-----
1) https://www.liberoquotidiano.it/lettere/lettere-al-direttore/1426844/cefalonia-addio-al-processo-stork.html
2) https://www.google.it/search?q=cefalonia+l%27altra+verit%C3%A0&btnG=%3CSPAN+style%3D%22BACKGROUND-IMAGE%3A+url%28%2Fimages%2Fnav_logo229.png%29%3B+WIDTH%3A+13px%3B+DISPLAY%3A+block%3B+BACKGROUND-REPEAT%3A+no-repeat%3B+BACKGROUND-POSITION%3A+-36px+-111px%3B+HEIGHT%3A+14px%22+class%3Dsbico%3E%3C%2FSPAN%3E&hl=it&gbv=2
http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:UzICOgW5kAUJ:http://www.tuttostoria.net/storia-contemporanea.aspx?code%3D956%2Btuttostoria+cefalonia+filippini&hl=it&gbv=2&ct=clnk
RispondiEliminaStimato avv. Massimo Filippini, La ringrazio del Suo illuminante intervento. Che chiarisce ulteriormente i tragici fatti di Cefalonia. Mi inchino alla Sue informazioni scaturenti dalla dedizione di una vita alla ricerca della verità avendo scritto ANCHE tre libri essendo direttamente interessato a difendere la memoria di Suo padre. Pertanto non oso nemmeno aggiungere altro non avendo la competenza che ha Lei. Mi limito a pormi una domanda: perché vi fu una rappresaglia invece del rispetto della vita dei prigionieri secondo la Convenzione di Ginevra? Penso che ciò sia dovuto al fatto che ancor prima che vi fosse il rifiuto di consegnare le armi molti (non tutti) non si limitarono ad una resistenza armata ma affondarono una nave tedesca che portava dei viveri. Ciò scatenò la rabbiosa reazione tedesca. Era prevedibile che dopo questo fatto i resistenti fossero da considerare colpevoli non soltanto di tradimento (dal punto di vista tedesco) ma anche di una azione proditoria. Non ho informazioni per sapere quale comportamento avesse avuto Suo padre dopo l'affondamento della nave tedesca. Prudenza avrebbe consigliato di dissociarsi da coloro che avevano, ciò nonostante, deciso di combattere contro i tedeschi.
RispondiEliminaMio padre dopo l'8 settembre, trovandosi a Roma occupata dai tedeschi, rifiutò come t. colonnello, di portarsi a nord nella costituita R.S.I. essendo un antifascista e si nascose nella cantina di un istituto di suore la cui superiora era una tedesca. E scampò alle Fosse Ardeatine quando una volta lasciò la cantina per partecipare ad una manifestazione contro il rincaro del pane. Nella calca della folla riuscì a svincolarsi mentre un suo compagno fu arrestato e finì alle fosse Ardeatine. Io ero appena nato. Mio padre rifiutò di fare l'eroe unendosi ai partigiani pur essendo stato sempre un antifascista. La resistenza al fascismo fu fatta dagli angloamericani (ma facendo anche dei vigliacchi bombardamenti sulla popolazione civile). Ho sempre ritenuto che mio padre abbia fatto bene così. Avrebbe lasciato orfani tre figli. I partigiani, con le loro azioni proditorie (V. per esempio, l'azione terroristica di via Rasella che portò all'eccidio delle Fosse Ardeatine), furono soltanto motivo di inutili perdite e causa di rappresaglie da parte dei tedeschi, rappresaglie previste dal diritto internazionale di guerra. In conclusione: inutile e dannoso fare gli eroi quando non è necessario e l'eroismo, portatore di nefaste conseguenze, copre solo azioni proditorie anche e soprattutto quando furono fatte sui tedeschi che erano già in fuga avendo chiesto con Kesserling di potersi ritirare pacificamente.
Aggiungo un link che mi ha illuminato ulteriormente anche perché l'articolo fa riferimento ai Suoi studi.
https://www.italiaoggi.it/news/cefalonia-la-storia-e-un-altra-2114920
P. S. Ho finalmente scoperto chi si firmava con lo pseudonimo Unknown. Tanto valeva usare nome e cognome come ha fatto con il secondo commento.
Avrei piacere di avere il Suo numero di telefono o l'indirizzo email che NON pubblicherò
RispondiEliminaL’avvocato Massimo Filippini, figlio di uno dei duemila militari italiani della Divisione “Acqui” uccisi dai tedeschi a Cefalonia nel settembre 1943, ha pubblicato un documento di eccezionale valore storico. Si tratta del verbale della riunione di vertice svoltasi a Malta il 29 settembre di quel drammatico anno tra il maresciallo Badoglio, capo del governo italiano, e il generale Eisenhower, capo supremo delle Forze Armate con cui l’Italia aveva, da pochi giorni, firmato l’armistizio.
RispondiEliminaIl documento è stato ignorato fino ad oggi dagli storici, eppure era da tempo di pubblico dominio. Era stato infatti reso pubblico a cura del ministero degli Esteri, Commissione per la pubblicazione dei documenti diplomatici, decima serie (1943-1948), volume primo, dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (pagine 27-33). Esso riferiva per esteso il contenuto della riunione di vertice alla quale avevano partecipato, per l’Italia, accanto a Badoglio, i generali Ambrosio, Roatta, Sandalli e l’ammiraglio De Courten; per gli anglo-americani, accanto ad Eisenhower, i generali Alexander e Mason MacFarlane e l’ammiraglio Cunningham. Ma ecco le parti centrali del verbale.
Badoglio: «Sull’argomento della dichiarazione di guerra alla Germania ho preso ieri ordini da Sua Maestà. S.M. desidera formare in un primo tempo un governo su larga base. Tale governo ora è formato da me e dai ministri militari. Non appena rientreremo a Roma, esso sarà completato. Nel frattempo noi combattiamo contro la Germania in Corsica, in Dalmazia e dovunque sia possibile. Appena ritirate le truppe dalla Sardegna, io conto di poter mettere a disposizione degli Alleati dalle otto alle dieci Divisioni».
Eisenhower: «Desidero sapere se il governo italiano è a conoscenza delle condizioni fatte dai tedeschi ai prigionieri italiani in questo intervallo di tempo in cui l’Italia combatte la Germania senza averle dichiarato guerra».
La domanda genera qualche perplessità nei rappresentanti italiani, perché inizialmente non ben capita. Dopo essersi consultato con i suoi colleghi, il generale Ambrosio dichiara:
Ambrosio: «Sono sicuro che i tedeschi li considerano partigiani».
Eisenhower: «Quindi passibili di fucilazione?».
Badoglio: «Senza dubbio».
Eisenhower: «Dal punto di vista alleato, la situazione può anche restare come attualmente, ma per difendere questi uomini, nel senso di farli divenire combattenti regolari, sarebbe assai più conveniente per l’Italia dichiarare guerra alla Germania».
Badoglio: «Questo punto di vista è già stato considerato, ma si ritiene che in questo momento il governo italiano abbia influenza sopra una frazione troppo piccola del territorio italiano per poter fare questa dichiarazione».
Eisenhower: «Questa non è una buona ragione, perché molti governi con molto minor territorio dell’Italia, ed alcuni addirittura senza territorio, hanno dichiarato guerra alla Germania. La mia intenzione, che coincide totalmente con le intenzioni degli Alleati, è quella di ridare all’Italia i territori attualmente occupati dalle truppe alleate, ma come può avvenire questa restituzione se non dopo una regolare dichiarazione di guerra alla Germania?».
Badoglio: «Non posso che riferire il vostro punto di vista a S.M. il Re. La dichiarazione di guerra è una prerogativa esclusiva di Sua Maestà. Mi riservo quindi di dare in seguito una risposta».
Questo documento storico dimostra che l’ordine di resistere ad ogni intimazione di resa, inviato per telegramma da Brindisi alla Divisione “Acqui” a Cefalonia, e che qui si riproduce, obbligò il generale Gandin a rispondere negativamente alla richiesta giuntagli dai tedeschi. Con la piena consapevolezza, da parte dei vertici delle Forze Armate e del governo del Re, che la Convenzione di Ginevra (a tutela della vita dei prigionieri di guerra) non sarebbe stata rispettata. Per la cronaca, il padre dell’avvocato Filippini, Maggiore Federico Filippini, fu fucilato dai tedeschi il 25 di quel settembre a Cefalonia.
filippinimassimo79@gmail.com
(tel. 3392757101)
http://www.mondogreco.net/notizie/kosmos/743-cefalonia-l-altra-verita-sul-massacro-parla-massimo-filippini.html
RispondiEliminafilippinimassimo79@gmail.com
Egr. prof. Melis, Le invio un link contenente una mia intervista su Cefalonia cui aggiungo il mio n. tel. 3392757101
RispondiEliminaCordiali saluti
Mascimo Filippini
http://www.mondogreco.net/notizie/kosmos/743-cefalonia-l-altra-verita-sul-massacro-parla-massimo-filippini.html
RispondiEliminaEgr, prof. Melis, alla mia intervista contenuta nel link allegato aggiungo il mio n. tel. 3392757101
Cordialmente
MFilippini
http://www.mondogreco.net/notizie/kosmos/743-cefalonia-l-altra-verita-sul-massacro-parla-massimo-filippini.html
Egr, prof. Melis, alla mia intervista contenuta nel link allegato aggiungo il mio n. tel. 3392757101
RispondiEliminaCordialmente
MFilippini
http://www.mondogreco.net/notizie/kosmos/743-cefalonia-l-altra-verita-sul-massacro-parla-massimo-filippini.html
Ricevuti numero di telefono e email. Che,come promesso, non ho pubblicato per rispettare la privatezza. Mi farò sentire.
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