Ho già scritto in un precedente articolo che di fronte a sentenze
o a provvedimenti aberranti dovrebbe esistere un tribunale
speciale che giudichi i giudici togati, che sono l'unica categoria
che non risponde mai dei danni causati ad innocenti senza mai
pagare di tasca propria potendo rovinare l'esistenza di chi
subisce sentenze palesemente aberranti. Esistono infatti giudici
che sono incapaci di ragionare, e tale incapacità è peggiore
dell'ignoranza. Anche i giudici di Cassazione dovrebbero essere
sottoposti a questo tribunale speciale senza per questo dover
ricorrere ad un tribunale straniero che è quello europeo di
Strasburgo. Il tribunale speciale non può essere costituito da
giudici di carriera ma da giuristi eletti a sorteggio tra
professori universitari di
materie giuridiche competenti per il caso specifico da trattare. E
ciò dovrebbe valere sia nei procedimenti penali che in quelli civili.
FONTE:
https://giannip.myblog.it
SALVINI E IL SEQUESTRO DI PERSONA
Pubblicato il 18 febbraio 2019
In questi giorni ho sentito molte persone discutere del caso Diciotti/Salvini partendo da una loro personale evidenza. I possibili immigranti sono stati privati della loro libertà personale (quella di sbarcare) e dunque il nostro Ministro dell’Interno ha evidentemente commesso il reato di sequestro di persona. Fra l’altro perché questa è l’imputazione formulata dal Tribunale dei Ministri costituito a Catania. Poiché queste teorie sono sostenute anche da professoroni (meglio non far nomi), ed avvocati, prendiamole sul serio.
Il Codice Penale, all’art.605 stabilisce: “Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni. La pena è della reclusione da uno a dieci anni”, se il reato è aggravato dall’“abuso dei poteri inerenti alla propria funzione.
Privare qualcuno della libertà personale è espressione che può prestarsi ad equivoci. Se pretendo di entrare alla Scala di Milano senza il biglietto, e l’ingresso mi viene vietato, non sono certo vittima di un sequestro di persona. Io non ho la “libertà” di entrare a casa altrui. Non posso nemmeno entrare nell’Ufficio Anagrafe, che pure è “pubblico”, fuori dagli orari consentiti. E certo non posso salire su una nave militare. Dunque per libertà personale bisogna intendere la libertà di andare soltanto dovunque la legge non ci vieti di andare. E ovviamente nessuno ci deve impedire di allontanarci da qualunque luogo, salvo ciò avvenga su decisione dell’autorità, come nel caso del carcerato.
Inoltre, mentre io ho il diritto di andare dovunque, sul territorio nazionale (diritto che non avevano i sovietici, per i quali esisteva anche il “passaporto interno”), questo diritto non si estende al territorio degli altri Stati. Questi possono sottoporre il mio ingresso a condizioni (passaporto valido) e addirittura negarmelo, senza dover fornire spiegazioni (negazione del “visto” consolare). La sintesi è che, quando si parla di “sequestro”, si ha l’immagine di una persona cui si impedisce di uscire da una stanza, non di una persona cui sia impedito di entrare in uno spazio altrui. Dunque, tornando a Matteo Salvini: siamo dinanzi ad un caso di sequestro di persona?
In primo luogo nella fattispecie dobbiamo notare che non si è trattato di impedire a nessuno di “uscire” da un dato luogo, ma di “entrare” in un dato luogo, in particolare il territorio nazionale italiano. E già a questo punto potremmo dire che non è stato commesso nessun reato. Non più di quanto ne avrebbero commesso uno gli Stati Uniti se mi avessero negato il visto.
In secondo luogo, il fatto che, sbarcando, si sarebbe entrati in un porto, aggrava la posizione degli arrivanti. Infatti l’ingresso nel porto non è consentito nemmeno agli italiani, a meno che non dimostrino di avere una ragione precisa per farlo. Vivendo a Catania lo so per esperienza. La Guardia di Finanza presidia l’ingresso del porto e per passare bisogna dimostrare di avere un valido motivo, andare nella Capitaneria di Porto, avere una barca ormeggiata, o andare a prendere una nave in partenza. Chi dicesse: “Vado a passeggiare” si vedrebbe vietare l’ingresso. E figuratevi se dicesse: “Vengo dall’estero e non ho documenti”.
Ora facciamo l’ipotesi di una nave con a bordo duecento passeggeri che, minacciata dal mare grosso, chieda di riparare nel porto di Catania. Probabilmente la Capitaneria di Porto le permetterebbe di entrare, ma potrebbe benissimo vietare lo sbarco dei passeggeri e invitare la nave, cessata la tempesta, a riprendere il viaggio. E, durante il tempo del soggiorno nel porto, non si sarebbe attuato nessun sequestro di persona. Infatti nessuno avrebbe costretto i passeggeri a venire a Catania, e nessuno ha attribuito loro il diritto di rimanervi: è stato loro concesso un momentaneo riparo, e nessun ulteriore diritto.
Ma – qualcuno potrebbe dirmi – nel caso della Diciotti tutti questi ragionamenti non valgono nulla, perché quella è una nave militare, e chi mette piede a bordo di una nave militare italiana, quand’anche fosse a Hong Kong, è entrato in Italia. E questo è vero. Ma è vero fino ad un certo punto. Se l’Amerigo Vespucci (nave militare italiana) ormeggiata ad Hong Kong, permette la visita, con ciò stesso permette l’accesso momentaneo sul territorio italiano, ma nessun cinese, a fine visita, sarebbe autorizzato a dire: “Bella nave. Ho deciso di rimanere a bordo”. Dunque la Diciotti, ammesso che abbia salvato dei “”naufraghi” non aveva nessun dovere (e persino nessun potere) di sbarcarli in Italia. Ché anzi il rifiuto di ingresso di stranieri sul proprio territorio via mare è vecchia prassi. Il drammatico caso della “Exodus” è rimasto esemplare.
Dunque importa sapere a che titolo si sia su una nave militare. Se si accoglie uno straniero a bordo per salvarlo dal naufragio, si ha nei suoi confronti soltanto il dovere di depositarlo in un porto in cui non rischi la vita. Per esempio, nel caso della Diciotti, Tunisi, Alessandria d’Egitto o Marsiglia. Non necessariamente Catania, se l’Italia dice di no. Il Paese ha il diritto di vietare l’ingresso a stranieri privi di documenti e di mezzi di sostentamento.
E tuttavia, obietterà ancora qualcuno, quegli stranieri sulla Diciotti erano dei futuri “richiedenti asilo politico”. Vero anche questo. Ma innanzi tutto per la stragrande maggioranza sono immigranti economici. Poi non si può mettere il carro dinanzi ai buoi. Ha diritto di rimanere in Italia chi, essendo sul territorio italiano, “ha ottenuto” il diritto d’asilo, non chi “potrebbe ottenerlo”. Soprattutto visto che gli stranieri, una volta entrati, essendo senza documenti, non si riesce a rispedirli a casa.
Ma non abbiamo finito. La domanda fondamentale è: un Paese sovrano ha sì o no il diritto di limitare un flusso incontrollato d’immigrazione? Se sì, questa decisione è sì o no politica? E nell’applicarla un Ministro attua una direttiva politica o compie un’azione delittuosa nel suo interesse personale? Perché se ha agito in conformità alle direttive dell’attuale maggioranza di governo, la sua azione, quand’anche normalmente costituisse reato, è sottratta al giudizio della magistratura e il processo non può neanche cominciare. Si ricordi che grandi democrazie come gli Stati Uniti od Israele hanno soppresso con “omicidi mirati” (per esempio con droni) degli assassini che si erano rifugiati in Stati loro complici. E ciò senza che nessuno si sia sognato di processare qualche ministro.
Per concludere, una nota “di colore”. Salvini prima si è dichiarato dispostissimo a farsi processare, poi ha cambiato opinione. Che cosa è successo? È molto semplice. In un primo momento, sicuro della propria innocenza, è stato pronto ad affrontare i giudici. Poi ha parlato con degli avvocati competenti e questi hanno raffreddato i suoi entusiasmi. L’illustre Piero Calamandrei – gli avranno detto – affermava che, se, da innocente, fosse stato accusato di avere rubato la Madonnina del Duomo di Milano, si sarebbe dato alla latitanza. Il giurista esperto, accusato a torto di incauto acquisto, si informa sul costo dei biglietti per Rio de Janeiro.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
18 febbraio 2019