Testo di Gianluigi Limido
Si
chiama Filippo Limini. Aveva 25 anni, è morto circa un mese fa a Bastia
Umbra. Dopo una rissa in discoteca finita male. Per il suo omicidio
sono stati arrestati tre ragazzi di origine albanese. Dov'è la prima
pagina del Fatto quotidiano o di Repubblica per Filippo? Dove sono le
decine di cronisti che hanno invaso Colleferro? Dov'è il post di Gigino
di Maio o di Giuseppe Conte? Dov'è la Gruber o Floris che chiedono a
Saviano in prima serata "che Italia emerge dall'omicidio di
Colleferro?". Dove sono i benpensanti? Ora
l'avete capito che anche voi siete vittime di un sistema mediatico che
decide cosa conta e cosa no, quali narrazioni sono funzionali e quali
no?
Onore a Willy, disprezzo per gli antifascisti
Non è sembrato vero, alle
canaglie dell’antifascismo più becero e rancoroso, potersi gettare sul cadavere
ancora fresco di Willy Duarte, il ragazzo ucciso di botte a Colleferro da
quattro balordi.
Ben conosciuti nel
quartiere per risse, aggressioni e la spavalderia vagamente mafiosa
accompagnata dai tatuaggi delle gang sudamericane, quattro criminali – Mario Pincarelli,
Francesco Belleggia, Marco e Gabriele Bianchi – hanno ucciso di botte un
ragazzo, figlio di stranieri, che aveva avuto il solo torto di cercare di fare
da paciere in una rissa, difendendo il suo amico. Quattro contro uno, da bravi
codardi, con calci e pugni da arti marziali – specificamente la MMA (Mixed
Martial Arts) – praticata soprattutto dai fratelli Bianchi, i capi della
allegra “brigata”, che hanno sfondato la cassa toracica ed il cranio di Willy,
per poi andare a fare baldoria con il Q7 di papino. I Carabinieri li hanno
trovati in dieci minuti, mentre bevevano birra.
Vengono i brividi a
pensare a quanta cattiveria e a quanta violenza bisogna impiegare per sfondare
di botte la cassa toracica di un ragazzino di cinquanta chili, e poi andare a “fare
serata”, come se non fosse successo alcunché.
Come ampiamente
prevedibile, la canea antifascista, vale a dire la gran parte delle TV e dei buffoni
di Stato che compone prevalentemente questa Nazione, subito è partita con l’accusa:
i ragazzi sono neofascisti, simpatizzanti di formazioni di estrema destra. A poco
è servito affermare che attaccare in quattro contro uno un ragazzo palesemente
incapace di difendersi, tatuarsi o comportarsi come mafiosi, sono tutti
atteggiamenti che ben poco hanno a che fare col Fascismo e con i Fascisti.
Da Chiara Ferragni al
rapper in cerca di notorietà Ghali (milanese con origini tunisine, La Repubblica
lo definisce proprio così), dal buffone Fedez ai pennivendoli di Fanpage, è
scattata la caccia all’uomo; lo scopo è sempre quello: l’emanazione
di leggi contro i partiti e
movimenti non allineati al sistema. Siccome, però, il diavolo fa le pentole ma
non i coperchi, a qualcuno di noi è bastato semplicemente andare sui profili
Facebook dei fratelli Bianchi, prima che venissero disabilitati a causa degli innumerevoli
insulti e delle minacce di morte ricevute, per vedere quali fossero le pagine Facebook
seguite da questi “campioni”: Matteo Renzi, il Movimento Cinque Stelle, Beppe
Grillo, oltre a diverse associazioni omo e transessuali (del resto, vedendo
quelle sopracciglia rifatte e le camicie hawaiane, qualche dubbio lo avevamo avuto).
Ecco il retroterra culturale di questi criminali: l'antifascismo che strizza l'occhio agli omo. Altro che fascisti!
Ennesima figura di merda
per i servi di regime che, come al solito, non verranno chiamati a rispondere
delle solite, ennesime calunnie, potendo contare sulla potenza di fuoco dell’apparato
mediatico e giudiziario che li sostiene a spada tratta, e potranno continuare a
banchettare sul cadavere di quel povero ragazzo.
Basta andare a vedere gli ultimi casi di cronaca nera che hanno coinvolto
italiani vittime di stranieri, e vedere come la reazione, in questi casi, sia
stata completamente diversa.
Ricordiamo, ad esempio,
Filippo Limini, ucciso a Bastia Umbra da tre albanesi i quali, per essere
sicuri di finire il lavoro, lo hanno ripetutamente investito con la macchina. Anche
Filippo era un ragazzo come Willy: entrambi vittime, entrambi innocenti,
entrambi uccisi da criminali bastardi. Nessuno, però, ha chiesto misure
repressive contro la comunità albanese; Giuseppe Conte non ha scritto nessun
intervento su Facebook; Chiara Ferragni pensava ai suoi affari (cosa che le
riesce decisamente meglio che non il fare l’opinionista, ma tant’è); nessun
cronista è andato a Bastia Umbra, alla ricerca del servizio strappalacrime.
Ricordiamo, ad esempio, Luca
Varani, ucciso da Manuel Foffo e Marco Prato durante un festino a base di orge
omosessuali e droga a Roma. Ghali non ci ha dato la sua preziosa testimonianza;
nessuno ha invaso il quartiere Collatino; nessuno ha chiesto una stretta sulle
associazioni omosessuali, le stesse che i fratelli Bianchi ed i loro amici sostenevano
apertamente (almeno stando alle loro simpatie “facebookiane”).
Questo per fermarci ad un episodio recentissimo, ed ad uno "politicamente corretto".
Invece lo sciacallaggio
della sinistra e l’isteria giustizialista – che stranamente non si manifesta
mai quando si tratta di reati o di omicidi commessi da clandestini o da
stranieri – ha raggiunto vette kafkiane: ogni singolo tatuaggio, ogni singolo “Mi
piace” su Facebook, ogni singolo atteggiamento o frase di questi balordi sono
stati analizzati, scansionati e sezionati al microscopio per cercare qualunque cosa
che potesse collegarli anche solo agli ambienti fascisti: poco male se poi è
stato trovato tutt’altro, rimangono dei fascisti lo stesso perché hanno
atteggiamenti fascisti. Loro, gli imbecilli antifascisti, la chiudono così, e pazienza
la contraddittorietà delle loro affermazioni.
Si è giunti perfino a
chiedere a gran voce la chiusura delle palestre di arti marziali, e
specificamente quelle di MMA: una stupidaggine talmente grossolana e imbecille
che è imbarazzante perfino commentarla. Io posso utilizzare la mia automobile
per recarmi al lavoro o per investire l’amante di mia moglie; posso utilizzare
un coltellaccio per cucinare o per tagliare la gola del vicino con il quale ho
appena litigato; posso usare le mie capacità in combattimento corpo a corpo per
difendermi da una aggressione o per massacrare di botte un ragazzo indifeso. Chiedere
la chiusura delle palestre equivarrebbe a chiedere il blocco delle automobili o
il divieto di utilizzare coltelli: ogni cosa, ogni conoscenza, ogni oggetto
possono essere utilizzati per scopi positivi – andare al lavoro come preparare
un piatto succulento – o violenti, e sta al singolo decidere come, dove e
quando utilizzarli. Se si comincia con il chiudere le palestre si sta lanciando
un sasso giù da una salita: si sa dove si comincia, ma non si sa dove si
finisce (è la teoria del piano inclinato).
In ogni caso, l’ipocrisia
e la cattiveria della sinistra è ormai conclamata: quando si tratta di crimini
commessi da stranieri il tutto viene minimizzato, quando non completamente
oscurato. E pazienza se fai notare che gli stranieri sono un terzo dei detenuti
italiani totali (20.000 su 60.000) e, per quanto riguarda i reati contro la
persona (scippi, rapine, stupri, violenze, aggressioni) delinquono per il 45%
circa dei reati totali pur essendo solo non più del 9% della popolazione
complessiva, quindi delinquono otto (8!, si avete letto bene) volte più degli
italiani. Quando invece si tratta di stranieri vittime di italiani ecco che
vengono chiamati in causa tutti: dai principali maitres a penser della sinistra (Berizzi, Formigli) ai guitti d’avanspettacolo
(Ghali, la Ferragni, Alessandro Gassman), con il contorno di servizi strappalacrime,
speciali su speciali, interrogazioni parlamentari ed interventi del Presidente
del Consiglio e del Presidente della Repubblica, dando al singolo evento in
questione una visibilità pressoché totale per settimane, se non mesi. L’obiettivo
è sempre quello: piegare la realtà all’ideologia, e se le due cose non si coniugare, allora tanti saluti alla realtà!
In poche settimane abbiamo avuto due episodi simili, in due
diverse (diversissime!) parti del mondo, vale a dire gli Stati Uniti e l’Italia.
Probabilmente avrete sentito parlare di Kyle Rittenhouse, il diciassettenne che
è stato ferocemente braccato da degli attivisti del Black Live Matters durante
l’ennesima guerriglia urbana e, per difendersi, ha fatto fuoco col suo fucile
semi-automatico, seccandone addirittura tre (uno condannato per molestie sessuali,
un altro un conclamato pedofilo). Al netto del procedimento penale che è stato
aperto nei suoi confronti, molto probabilmente questo ragazzo verrà prosciolto
da ogni accusa. I filmati, in questo senso, sono chiarissimi: Kyle è stato
accerchiato da diverse persone che lo hanno ripetutamente colpito e che poi lo
hanno inseguito cercando di disarmarlo; vistosi circondato, il ragazzo ha fatto
fuoco, con il palese intento di difendere la propria vita, in quel momento in
serio pericolo. Sulle forze dell’ordine si può contare, ma è meglio non
contare: assai raramente Carabinieri o Polizia possono arrivare sul luogo di
intervento in tempo, a fronte di eventi criminali che si consumano in pochi
minuti, spesso addirittura secondi. Ebbene: se anche Willy avesse avuto un’arma,
probabilmente avrebbe potuto fare fuoco e con ciò salvarsi la vita.
La vicenda di Willy, di
Filippo, e di tutte le altre vittime dovrebbe spingerci a ripensare, ancora una
volta, due leggi fondamentali in qualunque Nazione civile: la legge sulla
legittima difesa e la legge sulla certezza della pena. Quest’ultima, ad
esempio, non dovrebbe permettere al terrorista Cesare Battisti di godere degli
sconti di pena che proprio in questi giorni il Magistrato di Sorveglianza del Tribunale
di Cagliari, Maria Cristina Lampis, gli ha concesso per “condotta regolare”
(come se essere stato latitante per 37 anni non contasse nulla!).
Senza molti giri di parole una cosa
è ben chiara, che chi si macchia di gesti simili ha diritto ad un solo tipo
di processo: veloce, sommario, e che si concluda con un proiettile alla tempia.
Poco importa che la vittima sia uno straniero o un italiano.