mercoledì 30 aprile 2014

L'OLOCAUSTO: LA MATEMATICA NON E' UN'OPINIONE. DOVE STANNO I 6 MILIONI DELLA SHOAH?

Già negli anni passati avevo letto che sulla base dei registri anagrafici la popolazione ebraica vivente in Germania e nell'Europa invasa dai nazisti era di 3 milioni. Dunque già da allora i conti non mi tornavano. Poi mi è capitato di leggere in altro sito (freeanimals) dei dati precisi di fonte giudaica riguardanti la popolazione ebraica nel mondo dal 1930 al 1951. E i conti non tornano. I 6 milioni di ebrei che sarebbero morti nei lager nazisti sono...assenti. E allora?

giovedì 31 ottobre 2013


Un ripassino di matematica

 
Testo di Fabrizio Belloni

Lo avevo già scritto, ma repetita iuvant.
I sionisti, utilizzando l’enorme potere ricattatorio che il denaro dà loro, cercano di obbligare quanti più Paesi possono ad introdurre il neologismo “negazionismo” tra le fattispecie di reato. Bisogna capirli: ci hanno costruito sopra un castello di propaganda da quasi settanta anni, che ha offerto loro due vantaggi importanti:
Sono riusciti a far passare nell’inconscio collettivo il criticare le infamie commesse dallo stato di Israele come attività e comportamento antisemita. E’ una bufala siderale e falsa in partenza; falsa perché i semiti non sono solo gli ebrei. Anche i loro “cugini” arabi sono di origine semita, come lo erano nell’antichità gli Accadici, per esempio. Ed altri ancora. E menzognera e vile perché mi devono spiegare cosa c’è di antisemita nel denunciare al mondo l’utilizzo di proiettili e bombe al fosforo contro i bambini di Gaza. C’è solo l’attuazione del Talmud: “I giudei sono esseri umani; le altre persone del mondo non sono esseri umani, ma bestie” (Baba Mezia).


Un enorme, continuo afflusso di soldi (marchi tedeschi, dollari americani ed ora euro), a titolo di riparazione per i “sei milioni” di ebrei sterminati nei Lager tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. La più colossale “Olotruffa” della Storia.
Ma, come sempre, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.
Già fra gli ebrei, alcuni, sempre più numerosi, levano la voce per denunciare la mistificazione storica. Già esponenti non certo vicini alla cosiddetta “destra”, anzi di “sinistra”  (?) dichiarano di nutrire tanti, troppi dubbi sui riti dello sterminio: numero e modalità. Ed infine bisognerebbe che gli ebrei si mettessero d’accordo sui numeri.

Di seguito elenco dati non miei, ma di fonte giudea.
Ebrei nel Mondo prima della Seconda Guerra Mondiale:
The national Council of Churches, USA, 1930                                 15,0 mil.
Jewish Encyclopedia, USA, 1933                                                    15,6 mil.
World Almanach (Jewish Committee, USA, 1939)                          15,6 mil.
Ebrei nel Mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale
World Almanach (American Jewish Committee, USA)
1945                                                                                              15,19 mil.
1946                                                                                              15,75 mil.
1947                                                                                              15,69 mil.
1948                                                                                              15,50 mil.
1949                                                                                              15,50 mil.

New York Times, div. Meldungen, 1948                             15,7 bis 18,60 mil.
National Council of Churches, USA, 1951                                       15,31 mil.

Ora, io ho fatto, grazie ad Odino, il liceo classico: non sono una cima in matematica. Ma anche un bambino di terza elementare non può non notare la curiosa assenza della curva discendente in contiguità con gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Sei milioni sono una cifra significativa: ma dai conteggi che le fonti giudee hanno prodotto, sembrano mancare all’appello. Certo, una diminuzione la riscontriamo fra il ’39 ed il ’46: circa 400/450.000 mancanti all’appello. Fame, freddo, malattie, soprattutto tifo, hanno falcidiato gli sventurati, come altri: russi, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, criminali comuni, ecc. Ma non riesco a trovare i sei milioni.
Chissà se qualcuno vorrà illuminarmi.
Chissà se anche questo è negazionismo.

domenica 27 aprile 2014

MIA PROPOSTA AI CREDENTI: CHIEDERE AL PAPA DIVERSI GRADI DI BEATIFICAZIONE E DI SANTIFICAZIONE CON CONTINUI CONCORSI

I beati e i santi diventano poltroni dopo aver fatto dei "miracoli". Un beato dovrebbe fare più miracoli prima di diventare santo. Troppo comodo fare un "miracolo", magari un miracoluccio, per diventare beati e poi farne anche soltanto un altro per diventare santi. Eh no! La beatitudine e soprattutto la santità bisogna guadagnarsela. Io propongo che vi siano almeno cinque miracoli per diventare beato e poi almeno un centinaio di miracoli per diventare santi. Superata l'ultima prova di un centinaio di miracoli propongo di introdurrre un grado superiore alla santità, diciamo un supersanto, come per i 6 gradi di onorificenza (cavaliere, ufficiale, commendatore, grande ufficiale, cavaliere di Gran Croce, cavaliere di Gran Cordone). Perciò proporrei per similitudine: beato, beato superiore, santo, grande santo, santo di Gran Croce e santo di Gran Cordone (da non confondersi con altro termine: infatti pare che nessuno voglia aspirare in Italia al supremo grado di onorificenza). Inoltre proporrei anche dei limiti di tempo perché un beato o un santo possa rimanere nel grado che occupa. E' vero che in Italia chi raggiunge un determinato grado di onorificenza lo può conservare per tutta la vita senza dover aspirare ad un grado superiore. Ma per i beati e i santi non dovrebbe essere così. Se essi possono fare dei miracoli bisogna non agevolare la loro pigrizia. Un beato potrebbe anche non aspirare alla santità e accontentarsi di rimanere beato. Tanto può vedere egualmente Dio anche se da una distanza inferiore. Magari in ultima fila. E invece il beato deve farsi valere presso Dio per avvicinarsi maggiormente a lui. Perciò bisogna renderlo anche interessato ad avvicinarsi di più a Dio almeno per non sentirsi inferiore rispetto ad altri beati o ai santi. Lo stesso ragionamento deve valere per i santi. Bisogna che il papa costringa Dio ad instaurare una meritocrazia in Paradiso. Altrimenti sono tutti eguali, in contraddizione con il fatto che esistono le gerarchie angeliche. A proposito delle quali si può proporre al papa di instaurare 9 gradi di onorificenza, invece di 6, perché 9 sono le gerarchie angeliche, divise in tre gruppi contenenti ciascuno una gerarchia. Bisogna che i santi e i beati vengano sottoposti continuamente a concorso perché siano quasi costretti ad avanzare di grado sapendo che, passato un certo numero di anni senza che abbiano più fatto miracoli, essi meritano di essere degradati. E chi li degraderà? Il papa naturalmente, visto che è lui che nomina i beati e i santi e Dio obbedisce. Così vi sarà un reciproco vantaggio. I beati e i santi avanzeranno di grado e gli uomini avranno finalmente più miracoli. Vi sono troppi santi che stanno vivendo di rendita da secoli senza più fare miracoli. Infatti molti non li invocano più. Il santo più quotato oggi sembra essere padre Pio da Pietralcina. Ma anch'egli pare che si sia fermato. Bisogna che si dia da fare pena la degradazione. Per questo bisognerebbbe rivedere tutto l'elenco dei santi e cancellare quelli che ormai non fanno più miracoli. La stessa madonna di Lourdes pare che non faccia più miracoli da decenni. Ma purtroppo la madonna, godendo della sua veste di madre di Dio, non può essere degradata. Dopo la cancellazione i beati e i santi sarebbero obbligati a fare dei miracoli per riguadagnarsi il titolo e riprendersi un posto in una fila più vicina a Dio. Avremmo in questo modo una riserva maggiore di miracoli. I concorsi debbono svolgersi valutando sia la qualità che la quantità dei miracoli. Perché mi sembra giusto che il miracolo di guarigione di un ammalato terminale di cancro abbia un punteggio assai superiore rispetto a tre miracoli di guarigione per malattie non mortali. Il massimo punteggio dovrebbe riservarsi al santo che fosse capace di fare ricrescere un arto a chi ne fosse privo, anche se non si tratta di guarigione da grave malattia. Ma pare che un miracolo simile non sia mai stato fatto, forse perché mai richiesto. Che qualcuno finalmente lo richieda. 
Propongo questa mia idea ad un regista per farne un film, che certamente risulterebbe il film più comico della storia del cinema. Non chiedo diritti d'autore. Glieli cedo gratuitamente.

PAPA FRANCESCO: UNA POPSTAR, UN CONFORMISTA, UN COMMEDIANTE, UN FURBACCHIONE DELLA PROPAGANDA, CON ESITI SOLO POLITICI, DA MARKETING PRIVI DI SACRALITA', LO VEDREMO ANCHE IN DISCOTECA (PIETRANGELO BUTTAFUOCO)

sabato 26 aprile 2014

LA FABBRICA DEI SANTI COME COME LOTTERIA DEI MIRACOLI. GRANDE SCAMPAGNATA DI PELLEGRINI PER ASSISTERE ALLO SPETTACOLO TEATRALE



E' bastato che una suora nel 2005 fosse risultata guarita dal parkinson per far dichiarare beato Giovanni Paolo II. Poi è bastato che una donna nel 2011 avesse dichiarato di essere guarita da un aneurisma dopo avere pregato Giovanni Paolo II per promuoverlo di grado facendolo passare da beato a santo. Ma dal 2005 ad oggi non avrebbe potuto fare qualche miracolo maggiore? Pare che Giovanni Paolo II, sapendo di essere già prossimo alla canonizzazione (santificazione) se ne sia fregato di un ragazzo di 20 anni morto qualche giorno fa per essergli caduta addosso una croce innalzata in onore di Giovanni Paolo II...se non era distratto guardando dal cielo sul Vaticano. Ma non era distratto come papa perché taceva per coprire una Chiesa piena di pedofili. Due miracolucci se si considera che ben altro avrebbe potuto fare considerando casi più gravi, come di malati di cancro. Ma poi come funzionano questi miracoli se è dato come accertato che sono centinaia le persone che si sono rivolte a Giovanni Paolo II per ottenere una guarigione da malattie mortali? Si ha l'impressione che si tratti di una lotteria. Si pensi che sono solo 64 i miracoli riconosciuti dalla Chiesa e attribuiti alla madonna di Lourdes. Vi è qualcosa che non funziona. 

Lo canonizzano, ma anche dal cielo Woytila non sembra essere uno stinco di santo

Notizia di 2 ore fa da Apocalisse Laica
qualche santo o alla Madonna. Papa Woytila dal cielo ha guarito suor Marie Simon Pierre Normand, affetta dal morbo Parkinson, e Floribeth Mora Diaz,continua 



Dal punto di vista teologico ho sempre fatto le seguenti osservazioni, che rendono incomprensibili i miracoli non tanto in se stessi quanto per altri motivi.  Dal mio libro E giustizia infine fu fatta.

Ma se esistesse solo la sopravvivenza dell'anima umana e non anche quella degli animali non umani, almeno di quelli dotati di coscienza, che me ne farei? Dovrei rinunciare per sempre a rivedere i miei unici grandi affetti che sono stati i cani e i gatti? Dovrei stare per l'eternità in compagnia unicamente di un'umanità, di cui non me ne è importato mai alcunché?
Perché, lo interruppe il cappellano, non le farebbe piacere rivedere i suoi genitori?
Il prof. Petix ebbe una smorfia di fastidio. Di che li dovrei ringraziare? Di avermi fatto nascere per condannarmi a morte in questo mondo privo di certezze e pieno di crudeltà e di ingiustizie ed essere privato in un aldilà dei miei affetti veri, non umani, avuti in vita? Ma chi se frega dei genitori! Un aldilà popolato solo da anime umane mi sarebbe tremendamente insopportabile. Anzi, mi farebbe schifo. Sarebbe un mondo assai povero, perché privato di altre forme di vita, e non renderebbe giustizia a tutte le sofferenze degli animali vittime della crudeltà umana, a incominciare da quelli uccisi nei mattatoi. Sarebbe un mondo che premierebbe ancor di più l'ingiustizia. Ma lei tutto questo non lo può capire a causa del suo cristianesimo
................
E ora le faccio un'altra domanda, aggiunse il prof. Petix. Ha mai sentito parlare della grande anima di Albert Schweitzer, purtroppo dimenticato? Fu un grande organista, curatore ed esecutore soprattutto della musica organistica del sommo Bach. Ma fu anche filosofo, teologo, medico chirurgo, nonché grande benefattore dell'umanità per avere dedicato la sua opera di medico alle cure dei malati nell'ospedale da lui stesso fatto costruire nel Gabon, a Lambaréné, dove curava i lebbrosi e i malati di malattie tropicali, e per questo ebbe anche il premio della pace nel 1952, con il cui ricavato portò a termine il nuovo "Ospedale della luce"? Lessi a 20 anni il suo libro Rispetto per la vita. Mi ricordo a memoria di una sua frase, che rispecchia tutto il suo pensiero: «Ti sentirai solidale con ogni forma di vita e la rispetterai in ogni condizione: ecco il più grande comandamento nella sua formula più semplice». Egli aveva capito che il suo prossimo non era solo l'essere umano, ma ogni forma di vita, e piangeva se doveva sfamare, per esempio, dei gabbiani malati dando loro del pesce. Capiva che purtroppo in questo caso era necessario farlo. Si addolorava anche quando doveva uccidere le zanzare malarigene per salvare vite umane. Ma era capace di salvare un insetto che stava per affogare nell'acqua. Capì che bisognava superare il concetto di etica perché ogni popolo ha una sua morale che porta al relativismo, che superò facendo riferimento alla necessità di convivere pacificamente con tutte le forme di vita, sapendo che in natura il rispetto della vita di uno ha come limite solo la sopravvivenza di un altro. Pertanto era contrario agli esperimenti fatti sugli animali, certo che non fosse la sofferenza dell’animale che potesse dare servizio all’uomo, ma l’osservazione della sua guarigione. Egli non fece mai riferimento espressamente ad un diritto naturale, anche se esso può ricavarsi da una concezione non antropocentrica della natura, per un sentimento di coappartenenza di uomini e animali non umani ad una comune natura. Perché tutti gli esseri che hanno conosciuto l’angoscia e il dolore fisico sono uniti nel mondo intero da un legame misterioso. Si rendeva conto che era difficile trovare un senso della vita e solo per questo forse, per evitare uno smarrimento, vide nel cristianesimo dei Vangeli, non in quello delle sue istituzioni, una via di salvezza dal nichilismo. Ed è per questo che egli, pur cristiano, ma luterano, benché sin da giovane frequentasse una chiesa ove si ufficiavano riti sia cattolici che protestanti, trovò molta incoerenza e debolezza nel cristianesimo ricco di esteriorità e di ritualità ma povero di spiritualità. Egli cercava un senso della vita, e cercava di trovare la sua fonte in essa stessa ogni volta che si fa sentire in noi la più grande idea che può generare la nostra voglia di vivere: il rispetto della vita. Ma certamente capiva che non bastava trovare tautologicamente un senso della vita nella stessa vita. Da qui il suo attingere al cristianesimo non ufficiale per trovare un senso della vita che andasse oltre la vita e per estendere l'amore fraterno evangelico per il prossimo oltre il mondo umano, nei confronti di tutte le forme di vita.1 Ora mi dica lei, concluse il prof. Petix rivolgendosi al cappellano, chi sia migliore: Francesco d'Assisi o Schweitzer, definito nel 1954 dalla rivista Time "l'uomo più grande del mondo" e da Einstein, suo amico, "uno dei più grandi uomini dei tempi moderni, se non il più grande"?

Il cappellano, che aveva ascoltato in assorto silenzio, fece fatica a rompere il suo imbarazzo dicendo: certamente non posso non condividere la sua ammirazione per Schweitzer. Quasi mi ero dimenticato anch'io che fosse esistito. E questa è una grande ingiustizia. Tutti sanno chi è Francesco d'Assisi ma pochi sanno, non dico chi sia stato, ma che sia esistito Schweitzer. Riconosco che la sua vita ha anche un'aurea di santità. E tuttavia non è un santo che possa essere venerato e pregato. Non gli si può infatti attribuire alcun miracolo, quale condizione di santità. Bisogna anche ricordarsi che egli non fu un cristiano cattolico. 
Qui la volevo disse il prof. Petix. Allora per essere migliori di Schweitzer bisogna essere santi, cioè appartenere alla parrocchia cattolica? Non si rende conto che tutto ciò non ha senso? Dio preferirebbe comunque uno che appartiene al cattolicesimo e per questo gli permette dopo la morte di fare dei miracoli quale testimonianza della sua preferenza? Se esiste un paradiso certamente Schweitzer vi abita. Ma poiché non ha fatto miracoli deve essere ritenuto inferiore a qualsiasi santo? 
A questo punto il cappellano credette di poter rispondere facilmente osservando: ma nessuno si è mai rivolto a Schweitzer per avere da lui un miracolo. 
Anche qui lei non si è accorto di mancare di logica, ribatté subito il prof. Petix. Come si può chiedere un miracolo a Schweitzer se ciò gli è precluso, non da Dio, ma dal papa che ha stabilito, al posto di Dio, che solo i santi, in quanto cattolici, possono fare miracoli? Si accorge che lei si trova in un circolo vizioso? Si è santi perché cattolici, e se non si è cattolici Dio non può permettere che si sia santi. A parte il fatto che anche i cristiani ortodossi nominano i loro santi, anche se con diverse procedure. Ma sono vere quelle dei cattolici o quelle degli ortodossi? E come mai i protestanti non hanno santi? Forse non hanno persone degne di santità? 
Qui la risposta è semplice, osservò il cappellano. I protestanti non hanno santi perché rifiutano il culto dei santi. 
E chi mi assicura che abbiano ragione i cattolici e non i protestanti? ribatté ancora il prof. Petix. 
Hanno ragione i cattolici se i miracoli sono provati e certificati anche da medici. Lo sa bene. La Chiesa è molto severa nelle sue procedure, rimarcò il cappellano. 
Torniamo da capo, rispose il prof. Petix. I miracoli avverrebbero solo in campo cattolico perché Dio avrebbe riconosciuto la patente di dichiarazione di santità solo al capo della Chiesa cattolica? Io non voglio discutere sulla veridicità o non dei miracoli. Sto cercando di farle osservare che mi riesce impossibile capire perché Dio permetta che avvengano dei miracoli solo in terre cattoliche e a beneficio di cattolici. Chi non è cattolico non è degno di ottenere un miracolo? Prevengo subito la sua obiezione: per ottenere un miracolo bisogna pur pregare Dio o uno dei suoi intermediari, che sarebbero la madonna o i santi, e solo i cattolici chiedono dei miracoli. Se è questa la sua risposta, e non può non essere questa, allora ne deduco che Dio - che sarebbe solo quello cattolico in quanto è il solo Dio che fa miracoli - non tiene in alcun conto colui che, pur degno di essere beneficiato per le sue grandi virtù, che potrebbero essere considerate anche cristiane, tuttavia non appartiene all'area cattolica. Il suo Dio ha bisogno di essere pregato. Ma non le sembra tutto ciò molto antropomorfico? Come se Dio non sapesse che cosa sia giusto fare e dovesse essere pregato per farlo. E infine: perché anche le rivelazioni delle varie madonne avvengono sempre in aree cattoliche? Non sarebbe meglio che una buona volta si rivelasse in aree non cattoliche? Prima di tutto in aree protestanti, che non hanno il culto della madonna, perché così cesserebbe la separazione tra confessioni cristiane. E quale opera di conversione sarebbe quella dell'apparizione della madonna in Paesi non cristiani? Io mi sono immaginato l'apparizione della madonna durante la seduta plenaria del partito comunista cinese. 
Ne avrebbero negato l'apparizione, lo interruppe subito il cappellano. L'ideologia, con la menzogna politica, è più forte di qualsiasi evidenza miracolosa. Si sarebbe attribuita l'apparizione ad una sorta di allucinazione collettiva. 
Non sono d'accordo, rispose il prof. Petix. Qualcuno in buonafede ci sarebbe comunque. E la verità si espanderebbe. La stessa considerazione si potrebbe fare per i Paesi islamici. 
Qui l'apparizione della madonna, obiettò il cappellano, non cambierebbe di granché le cose, perché lei sa bene che gli islamici onorano la madonna come madre del profeta Gesù, a cui riconoscono la verità dei miracoli raccontati nei Vangeli, anche se ne negano la morte per crocifissione e la resurrezione. E, contraddittoriamente, riconoscono come ultimo e maggiore profeta Maometto, anche se a lui non viene riconosciuto alcun miracolo. Questo è vero, ma solo in parte, lo corresse il prof. Petix. Infatti in tutta la loro storia gli islamici non hanno mai riconosciuto i miracoli riconosciuti dai cristiani cattolici. E l'apparizione della madonna, appartenente alla tradizione cristiana, sarebbe un fatto così nuovo che certamente li metterebbe in crisi. E sarebbe ancora più fortemente convincente l'apparizione di Gesù, magari con il simbolo della croce, che gli islamici odiano, perché non venga confuso con altri. Che ne dice? 
Che vuole che le dica? rispose il cappellano. A tutte queste sue domande non vi è risposta. Vuol dire che vi è un disegno divino che noi non possiamo conoscere. D'altronde, che merito avrebbero coloro che si convertissero di fronte ad un miracolo talmente evidente? Non vi sarebbe più il merito della fede. 
E che merito allora hanno coloro che hanno la fede? replicò il prof. Petix. Se uno la fede non ce l'ha non se la può dare, volendo parafrasare don Abbondio. E poi, chi avesse il privilegio di una apparizione miracolosa da quel momento perderebbe la fede perché non avrebbe più bisogno di averla per credere in Dio. La fede, inoltre, come insegna S. Paolo, è una grazia che viene concessa gratuitamente da Dio. E qui sorge un'altra difficoltà all'interno del cristianesimo, che ha origine da S. Paolo. Il quale predicava per fare proselitismo non accorgendosi che si contraddiceva aggiungendo che la fede in Cristo era una grazia concessa per iniziativa di Dio stesso, e non dell'uomo. Dice Paolo che Dio "usa misericordia con chi vuole e indurisce nel peccato chi vuole".2 "Coloro che predeterminò anche chiamò; quelli che chiamò anche giustificò; quelli che giustificò anche glorificò".3 Dunque, se Dio non mi ha dato la fede, che colpa ne ho? A che serve che lei cerchi di convertirmi se Dio ha già stabilito di negarmela perché tutto è già predeterminato? Preso di sprovvista di fronte a quest'ultima domanda il cappellano si sentì disarmato. 
E così proseguì il prof. Petix.

Nessun senso della vita ho potuto trarre dal cristianesimo, nonostante la sua pretesa di assegnarne uno solo agli uomini. E nessun senso della vita si può trarre dalla conoscenza scientifica. Anzi, essa congiura contro di esso. Bisogna percorrere altre vie, diverse da quelle delle religioni cosiddette rivelate.

E quali vie lei crede che esistano oltre la fede religiosa? Lei non crede nemmeno nei miracoli, disse il cappellano.

E infatti è così, disse il prof. Petix. Ma mi sono lasciato una porta socchiusa verso l'aldilà. Ho letto racconti di fenomeni paranormali. A causa della mia educazione scientifica sono costretto a credere solo in ciò che obiettivamente appare e che non si possa negare nella sua obiettività pur non potendo essere spiegato sulla base di leggi fisiche. Non nego a priori che esista qualcosa che la scienza non possa spiegare. So, per esempio, di noti psichiatri che con l'uso dell'ipnosi riescono a far regredire nel tempo un soggetto sino a fargli ricordare e descrivere fatti ed episodi, poi verificati, che sarebbero stati vissuti in vite precedenti. Ed in tale stato il soggetto è capace di parlare lingue a lui sconosciute in stato di veglia. Da cui si trarrebbe la prova della reincarnazione. Allora avevano ragione Pitagora e Platone? Non lo so. Ma da tutti questi racconti, come da racconti di voci di defunti registrate su nastri, si trae l'impressione che vi sia un aldilà senza Dio, senza un supremo giudice creatore dell'universo. Tranne che qualcuno chiami Dio un'energia a noi sconosciuta che sarebbe il serbatoio di vite oltre la morte del corpo. Come vede, se tutto ciò avesse una parvenza di verità, anche per questo il cristianesimo sarebbe una grossa falsità in quanto esclude la reincarnazione e prevede la fine del mondo. Debbo confessare che questi racconti mi hanno sempre affascinato. Sin da bambino immaginavo di vivere in un vecchio castello tenebroso frequentato da fantasmi.

Mi sembra che lei, senza volerlo ammettere, cammini su due diversi binari, disse il cappellano. Lei pone la fede in contrasto con la scienza e poi non esclude che esista qualcosa che la scienza non possa spiegare.

Non è così, disse il prof. Petix. Non non vuole o non può intendermi perché a causa del suo cristianesimo non riesce a capire un possibile aldilà diverso da quello a cui lei è costretto a credere. Io non ho mai creduto in un aldilà per fede religiosa. E' impossibile. Ma non escludo che certi fenomeni, come raccontati da sperimentatori seri, non da ciarlatani, possano essere la porta, che io chiamo socchiusa, verso un mondo che le leggi fisiche non possono spiegare. E in ciò non trovo alcun contrasto con la scienza, se determinati fenomeni, pur inspiegabili scientifica-mente, appaiono nella loro fisicità. Perché è la fisicità, controllabile empiricamente, ciò che conta. I miracoli, invece, non sono verificabili fisicamente, come le apparizioni di madonne, di santi, che sarebbero ristrette solo a pochi, che fanno nascere il sospetto fondato che siano degli allucinati in stato di misticismo.

E certe guarigioni che la scienza medica non può spiegare a lei dicono nulla? osservò il cappellano.

Non mi parli di miracoli in fatto di guarigioni. La medicina non è una scienza esatta. Crederei in un miracolo se finalmente uno resuscitasse dopo morte accertata, magari bussando da dentro la bara mentre in chiesa gli stanno facendo il funerale. E perché tutti gli asseriti miracoli avvengono sempre in regioni cattoliche? Come mai i cristiani protestanti non beneficiano mai di miracoli?

Perché non vi credono e non ne chiedono, disse il cappellano.

Ma si rende conto di ciò che ha detto? replicò stizzosamente il prof. Petix. Il suo Dio è così antropomorfico da fare ridere. Un Dio che ha bisogno di essere pregato. Ma la smetta per favore. Io credo che nella mia vita più di ogni altro soggetto avrei meritato di assistere ad un miracolo. Anche senza trarne per me alcun beneficio. Ma almeno come testimonianza di un aldilà. Sono vissuto sempre nei dubbi, nella mancanza di certezze, negli scoramenti, e perciò nel sentimento oscuro di una mancanza di senso della vita non avendo mai avuto prove dirette che essa avesse un senso oltre la morte.

Che il suo sia un Dio, oltre che antropomorfico, anche contraddittorio, si deduce anche dal famoso e irrisolvibile dilemma teologico: se Dio è onnipotente allora è autore anche del male; se non è autore del male allora non è onnipotente. E lei sa bene che la Chiesa non rinuncia a tutti e due gli attributi: l'onnipotenza, sino alla capacità di prevedere anche tutto il futuro, e la bontà, senza la quale Dio sarebbe o autore del male o impotente di fronte al male. Dilemma che fu chiaramente affacciato dal filosofo positivista John Stuart Mill.4
1 Per la lettura di vari brani tratti dagli scritti di Schweitzer cfr. http://cinerepublic.filmtv.it/albert-schweitzer-rispetto-per-la-vita/758/
Per la biografia cfr. http://www.siaecm.org/medici_famosi/schweitzer/SIAECM_Documenti_A_SCHWEITZER.htm
2Epistola ai Romani (9,14).
3Ibid. (8,30).
4 "Non può esistere un Dio che sia nel contempo infinitamente buono e infinitamente potente. Se è stato infinitamente buono non era infinitamente potente, se è stato infinitamente potente non era infinitamente buono. Per affermare questo basta esaminare la realtà dell'universo" (Saggi sulla religione, I).
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venerdì 25 aprile 2014

25 APRILE: PARTIGIANI MOSCHE COCCHIERE DELLA RESISTENZA. RESPONSABILI DI TUTTE LE RAPPRESAGLIE. IL FANATICO ASSASSINO PERTINI MANDANTE DELL'UCCISIONE DI MUSSOLINI

I partigiani non furono dei regolari combattenti. Furono delle bande che attuarono una guerriglia con attentati e sparando spesso proditoriamente alle spalle. Commisero atrocità che passarono come atti di valore. La guerra di liberazione fu fatta in realtà dagli americani, che non riconobbero i partigiani come forza belligerante. Perciò i partigiani giustamente furono considerati dei banditi. E poi basta con la menzogna storica che i partigiani liberarono l'Italia dal nazismo con una rivolta popolare cacciando i nazisti dall'Italia. Da notare che la rivolta contro i nazisti a Genova e a Milano avvenne solo a partire dal 25 aprile 1945 quando i nazisti si stavano ormai ritirando dall'Italia. Dunque i partigiani furono dei maramaldi che sparavano contro un nemico ormai in fuga, due giorni prima che Mussolini (con la Petacci ed altri gerarchi fascisti) fosse fucilato a Dongo il 28 aprile, e 5 giorni prima del suicidio di Hitler il 30 aprile. Pertini, per dichiarazione risentita ieri alla TV comandò al comunista Luigi Longo di inviare a Dongo una pattuglia di partigiani perché Mussolini venisse ucciso prima che arrivassero a Milano gli americani, a cui Mussolini doveva essere consegnato secondo l'ordine del governo Badoglio. Si voleva così impedire un regolare processo per chiudere per sempre la bocca a chi sicuramente avrebbe avuta salva la vita da parte degli americani e soprattutto degli inglesi, data la simpatia che sempre aveva avuto Churchill per Mussolini, sin da quando aveva lodato la sua legislazione sociale definendola la migliore del mondo. Inoltre Pertini e compagni volevano tappare la bocca a chi avrebbe potuto accusare gli antifascisti dell'ultima ora, come Norberto Bobbio, che divennero antifascisti per salire sul carro dei vincitori. Né bisogna tralasciare di considerare che i partigiani non comunisti che avevano arrestato Mussolini mentre, travestito con uniforme tedesca, tentava di fuggire in Svizzera in un camion di tedeschi che liberamente si ritirava dall'Italia, avevano intenzione di rispettare l'ordine di Badoglio di consegnare Mussolini agli americani. I partigiani non comunisti che avevano in consegna Mussolini a Dongo furono sopraffatti da una squadraccia inviata da Pertini perché Mussolini venisse ucciso prevenendo la consegna agli americani. Chi abbia veramente ucciso Mussolini non si aprà mai. Vi sono cinque versioni. Tra le quali quella secondo cui sia stato lo stesso Luigi Longo, futuro segretario del P.C.I. succedendo a Togliatti. E' comunque da escludere la versione ufficiale secondo cui sia stato l'oscuro ragioniere Walter Audisio, noto come colonnello Valerio (gente che si attribuiva da sé i gradi). Questa falsa versione fu accettata dal regista Carlo Lizzani nel film Mussolini ultimo atto. Pertini lodò il fim di Lizzani ma gli disse che non era stato Walter Audisio ad uccidere Mussolini. E allora chi fu? gli domandò Lizzani. Questo non posso dirtelo, rispose il fanatico assassino Sandro Pertini, che volle portarsi nella tomba la verità storica. Egli voleva così salvare l'immagine di individui della sua stessa risma. E poi ci siamo trovati questo stesso individuo come capo dello Stato. Ho dedicato un intero capitolo a questi fatti esponendo le 5 versioni della morte di Mussolini nel mio libro Io non volevo nascere. Un mondo senza certezze e senza giustizia. 
Da altra fonte riporto quanto segue.      

Di norma, i delitti dei partigiani, quando è impossibile negarli, vengono liquidati come eccessi di singoli individui e reazioni alla “barbarie” criminale fascista e nazista il che sottintende che era giusto e comprensibile che i partigiani reagissero in quel modo alle ‘barbare‘ esecuzioni di combattenti per la “libertà” e alle rappresaglie naziste.
Come abbiamo già visto, uno degli esempi più ricorrenti nella liturgia resistenziale è l’eccidio delle Fosse Ardeatine; anche e soprattutto in questo caso, si tratta di un ribaltamento totale della verità.
Per dare un giudizio di quanto accaduto in maniera imparziale, l’unico metodo è quello di affidarsi alle leggi internazionali. Nel caso specifico alla Convenzione dell’Aja vigente a quell’epoca e alle successive conclusioni del Tribunale di Norimberga.
Cominciamo per ordine.
L’art. 42 della Convenzione dell’Aja dice testualmente:
La popolazione ha l’obbligo di continuare nelle sue attività abituali astenendosi da qualsiasi attività dannosa nei confronti delle truppe e delle operazioni militari. La potenza occupante può pretendere che venga data esecuzione a queste disposizioni al fine di garantire la sicurezza delle truppe occupanti e al fine di mantenere ordine e sicurezza. Solo al fine di conseguire tale scopo la potenza occupante ha la facoltà, come ultima ratio, di procedere alla cattura e alla esecuzione degli ostaggi“.
Basta questo articolo, da solo, a togliere qualsiasi parvenza di legittimità alla cosiddetta resistenza.
Secondo il diritto internazionale (Art. 1 della convenzione dell’Aia del 1907) un atto di guerra materialmente legittimo può essere compiuto solo dagli eserciti regolari ovvero da corpi volontari i quali rispondano a determinati requisiti, cioè abbiano alla loro testa una persona responsabile per i subordinati, abbiano un segno distintivo fisso riconoscibile a distanza e portino apertamente le armi.
Ciò premesso, si può senz’altro affermare che gli attentati messi in atto dai partigiani fossero atti illegittimi di guerra, essendo stati compiuti da appartenenti a un corpo sì di volontari che però non rispondevano ad alcuno dei sopra citati requisiti.
Consapevole di questo, il governo del Sud, per mezzo di Badoglio, aveva diramato l’ordine a tutti gli uomini della resistenza di evitare di fare attentati nelle città, proprio per evitare quel tipo di prevedibili (e ripeto, per il nemico e per le Leggi internazionali, legittime) rappresaglie che avrebbero coinvolto anche civili.
Una pietra tombale su questo argomento è stata poi posta dalla Sentenza del Tribunale Supremo Militare del 1954; nel processo contro alcuni ufficiali della “Legione Tagliamento”, ricorrenti contro la sentenza del Tribunale di Milano che aveva tra l’altro negato che la R.S.I. avesse costituito un governo di fatto e che, pertanto, i suoi ordini potessero ritenersi legittimi; il Tribunale Supremo Militare pronunziò una sentenza di eccezionale importanza (26 aprile 1954, Presidente Buoncompagni, Relatore  Ciardi) che ha affrontato e risolto, con alto senso giuridico e storico, le più dibattute ed ardenti questioni in tema di collaborazionismo. La suddetta Sentenza, fra l’altro, recita quanto segue:
“Pertanto deve concludersi che i partigiani, equiparati ai militari, ma non assoggettati alla legge penale militare, per l’espresso disposto dell’articolo 1 del decreto legge 6 settembre 1946 n. 93, non possono essere considerati belligeranti, non ricorrendo nei loro confronti le condizioni che le norme di diritto internazionale cumulativamente richiedono”.
Stabilito che l’attentato di via Rasella, così come qualsiasi altro attentato dei sedicenti partigiani (i quali, ai sensi della Sentenza del 1954, data la loro caratteristica non legittimi belligeranti, dovrebbero essere chiamati banditi), costituì un atto illegittimo di guerra, occorre accertare, per le diverse conseguenze giuridiche che ne derivano, quale fosse la posizione degli attentatori nei confronti dello stato italiano in quel preciso momento (e del governo del Sud Badoglio, che aveva diramato l’ordine a tutti gli uomini della Resistenza di evitare di fare attentati nelle città, proprio per evitare quel tipo di prevedibili (e ripetiamo, per il nemico legittime) rappresaglie che avrebbero coinvolto anche civili).
Solo successivamente lo Stato considerò come propri combattenti i partigiani che avessero combattuto contro i tedeschi.
Con decreto Legge n. 96 del 25 aprile 1944 (qualche giorno dopo l’attentato di via Rasella) e col successivo decreto Legge n. 194 del 12 aprile 1945, lo Stato italiano dichiarò non punibili (amnistiati) gli atti compiuti dai partigiani. Il che equivale a dire che li riteneva illegittimi, tanto da sentire la necessità di due appositi decreti per amnistiarli.
Veniamo ora alle Fosse Ardeatine.
Secondo l’Art. 2 della convenzione di Ginevra del 1929 non potevano essere utilizzati per una rappresaglia né feriti né prigionieri di guerra e neppure personale sanitario.
Il Tribunale di Norimberga d’altra parte affermò:
Le misure di rappresaglia in guerra sono atti che, anche se illegali, nelle condizioni particolari in cui esse si verificano possono essere giustificati: ciò in quanto l’avversario colpevole si è a sua volta comportato in maniera illegale e la rappresaglia stessa è stata intrapresa allo scopo di impedire all’avversario di comportarsi illegalmente anche in futuro“.
E per finire la parte legale del discorso ecco le condizioni che ammettevano una rappresaglia, sia per il diritto internazionale, sia per la interpretazione data dal Tribunale di Norimberga:
1. Dopo attacchi contro la potenza occupante, laddove la rappresaglia si rendesse necessaria dal punto di vista militare. La rappresaglia serviva innanzi tutto per impedire ulteriori delitti commessi dall’avversario. L’ordine dell’alto comando dell’esercito di data 5 giugno 1941 imponeva “rappresaglie severe” quando esse si rendessero necessarie per la sicurezza della truppa che occupava il territorio.
2. Quando le ricerche degli autori di atti illeciti avessero dato esito negativo. Anche l’ordine Barbarossa (13 maggio 1941) contrario al diritto internazionale consentiva l’arresto collettivo di ostaggi “quando le circostanze non consentano una rapida individuazione degli autori di un fatto criminoso”.
3. Che esse fossero ordinate da ufficiali superiori.
4. Che tenessero conto della proporzionalità. Nel citato caso n. 9 il tribunale di Norimberga confermò che “misure di ritorsione, qualora consentite, debbono essere proporzionate al fatto illecito commesso”. Questo è un punto di particolare importanza dal momento che si tratta di vite umane. Nel caso n. 7, cioè nel processo a carico dei generali List, von Weichs e Rendulic tenutosi nel 1948, la proporzione accettata dal tribunale di Norimberga come equa era 10:1, vale a dire fucilazione di dieci ostaggi per ogni soldato tedesco ucciso da un atto terroristico.
5. Che la cerchia delle persone colpite dalla rappresaglia fosse in qualche modo in rapporto col reato commesso a danno delle forze occupanti. Che gli ostaggi o le persone destinate alla rappresaglia fossero tratte dalla cerchia della resistenza. Cosa questa che venne applicata anche dai tribunali postbellici francesi.
Non venivano stabiliti i criteri per la scelta degli ostaggi, ma la scelta stessa era affidata a criteri di discrezionalità.
Il Tribunale di Norimberga a tale proposito, afferma:
Il criterio discrezionale nella scelta può essere disapprovato ed essere spiacevole, ma non può essere condannato e considerato contrario alle norme del diritto internazionale. Deve tuttavia esserci una connessione fra la popolazione nel cui ambito vengono scelti gli ostaggi e il reato commesso(quindi il luogo dello attentato e/o l’appartenenza a gruppi clandestini che compiono atti terroristici).
Ricordiamo agli immemori che il cosiddetto “tribunale” di Norimberga fu la più grande farsa giuridica e criminale della Storia, ove si pretese di affermare che il massacro degli ufficiali polacchi a Katyn fosse opera dei Tedeschi (fatto notorio, supportato da centinaia di testimonianze e perizie medico legali), nonché “prova della bestialità della Wehrmacht”,oltre che accettare come fatti reali che ad Auschwitz fossero morti 4 milioni di ebrei, che i tedeschi utilizzassero gli ebrei per produrre sapone e che le cosiddette confessioni dello SS – Obersturmbannführer  Rudolf Franz Ferdinand Höss”, comandante di Auschwitz, certificanti i 2.500.000 di gasati”, OGGI pubblicamente ammesso ottenute con la tortura fisica e psicologica dagli stessi torturatori, fossero veritiere… Indi, il fatto che quel cosiddetto tribunale abbia considerato “eque” e legittime le rappresaglie germaniche, costituisce di per sé una prova schiacciante di questa verità storica e giuridica.
Il diritto alla rappresaglia venne accolto anche dalle forze britanniche nel paragrafo n. 454 del “British Manual of Military Law“. Le forze americane a loro volta prevedevano la rappresaglia nel paragrafo n. 358 dei “Rules of Land Warfare” del 1940. Per le truppe francesi, l’allegato I alle istruzioni di servizio del 12 agosto 1936 consentiva all’Art. 29 il diritto di prendere ostaggi nel caso in cui l’atteggiamento della popolazione fosse ostile agli occupanti, e il successivo Art. 32 prevedeva la esecuzione sommaria degli stessi ostaggi se si fossero verificati attentati.
Nel 1947 i magistrati militari britannici, nel processo a carico di Albert Kesselring, commentarono che nulla impediva che una persona innocente potesse essere uccisa a scopo di rappresaglia“. (F. J. P. Veale, Advance to barbarism (ed. The Mitre Press, Londra 1968) e dello stesso autore, Crimes discretely veiled (ed. IHR, Torrance, California, 1979)
Interessante anche ricordare alcune rappresaglie alleate, minacciate o realizzate:
· A Stoccarda il generale francese Lattre de Tassigny minacciò la uccisione di ostaggi tedeschi nel rapporto di 25:1 se fossero stati uccisi soldati francesi.
· A Marcktdorf erano previste fucilazioni di ostaggi nel rapporto di 30:1.
· A Reutlingen i francesi uccisero 4 ostaggi tedeschi affermando che era stato ucciso un motociclista che in realtà era rimasto vittima di un incidente.
· A Tuttlingen, i francesi annunciarono il 1° maggio 1945 che per ogni soldato ucciso sarebbero stati fucilati 50 ostaggi. (L’originale del manifesto appare nel libro di Spataro che citiamo sotto)
· Ad Harz le forze americane minacciarono di esecuzione punitive nel rapporto di 200:1.
· Quando il generale americano Rose, nel marzo del 1945, rimase vittima di una imboscata, gli americani fecero fucilare per rappresaglia 110 cittadini tedeschi. (In realtà Rose era stato ucciso in un normale combattimento, soldati contro soldati e la imboscata è pur sempre un atto di guerra se si portano le mostrine e la divisa).
· A Tambach, presso Coburg, in data 8 aprile 1945 il tenente americano Vincent C. Acunto fece fucilare 24 prigionieri di guerra tedeschi e 4 civili; accusato di omicidio venne assolto.
· A Berlino l’Armata Rossa che l’occupava minacciò fucilazione di ostaggi nel rapporto di 50:1. Il testo del comunicato era il seguente: “Chiunque effettui un attentato contro gli appartenenti alle truppe d’occupazione o commette attentati per motivi di inimicizia politica, provocherà la morte di 50 ex appartenenti al partito nazista“. (Pubblicato sul quotidiano Verordnunsglatt di Berlino in data 1 luglio 1945).
· A Soldin, Neumark, i russi andarono al di là di questa cifra: furono fucilati 120 cittadini tedeschi perché un maggiore russo era stato ucciso nottetempo da una guardia tedesca (che poi risultò essere stato ucciso perché il russo gli stuprò la moglie (Mario Spataro, Dal caso Priebke al nazi gold, Ed. 7° Sigillo, vol. 2, Pag. 913).
· Una delle più gravi fu la strage di Annecy del 18 agosto 1944, in un campo di prigionieri tedeschi gestito da americani e francesi; proporzioni di 80:1(Ib).
· A Bengasi, gli inglesi di Montgomery contro gli italiani applicarono quella del 10:1 (Ib.).
 
Tecnicamente possono essere equiparate ad azioni di rappresaglia anche gli stupri di massa eseguiti come vera e propria tattica di guerra decisa a tavolino nei confronti della popolazione civile italiana da parte degli Alleati. Ad esempio, nell’area del Cassinate e del Sorano furono violentate sessantamila persone.
Il generale Alphonse Juin, a capo  del corpo di spedizione francese composto da circa 130 mila unità, per lo più formate da marocchini, algerini, tunisini e senegalesi, diede ai suoi soldati cinquanta ore di “libertà”, durante le quali si verificarono i saccheggi dei paesi e le violenze sulla popolazione denominate appunto marocchinate. Prima della battaglia il generale avrebbe fatto alla truppa questo discorso:
«Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori del mondo, c’è dell’oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete».
A seguito delle violenze sessuali molte persone furono contagiate da sifilide, gonorrea ed altre malattie veneree, e solo l’intervento della penicillina americana escluse una vasta epidemia in quelle zone. C’è da dire che le violenze non si limitarono alle donne: ci furono centinaia di uomini e ragazzi sodomizzati e alcuni impalati vivi. Le violenze si estesero talvolta a bambine di 7 – 8 anni per arrivare a vecchie di 80 anni e più.
Ovviamente,  né lo schifoso generale francese, né qualcuno dei suoi sottoposti, né nessun altro autore di rappresaglie facente parte degli eserciti alleati, fu mai sottoposto a processi, né tanto meno condanne!
Ma torniamo alle Fosse Ardeatine.
Coerentemente con le Leggi militari già citate, nessun Tribunale italiano fu infatti in grado di imputare a Kappler l’atto di rappresaglia; la condanna di quest’ultimo, infatti, si basò solo e soltanto sul numero delle vittime. Nelle Fosse Ardeatine furono infatti ritrovati i corpi di 345 persone e non i 330 che ci si aspettava. Dieci di quelli in soprannumero potevano essere giustificati con la morte di un ulteriore soldato tedesco avvenuta prima della rappresaglia, gli altri cinque no.
Per inciso, se si fossero aspettati alcuni giorni, le persone giustiziate legalmente sarebbero state molte
di più, visto che nei giorni successivi morirono ulteriori soldati tedeschi, portando il totale dei morti a 46.
Per completezza aggiungo che non fu mai trovata la lista di coloro che dovevano essere fucilati e che, di sette corpi, non si riuscì a stabilire l’identità.
Dunque, è bene ribadirlo con forza per sottolineare l’infamia del complotto giudaico – comunista a danno di Priebke: nel 1948 ebbe luogo il processo per la rappresaglia delle Fosse Ardeatine; Kappler venne condannato per aver fatto fucilare 5 persone in più, anche se la responsabilità non era stata sua. Tutti i sottoposti di Kappler, compreso Priebke (che non venne mai citato e preso in considerazione in quel processo), vennero assolti il 21 luglio 1948, per la circostanza attenuante di aver obbedito ad un ordine.
L’assurdo giuridico del processo a Priebke consiste nel fatto che venne condannato nel 1996 per tutti i 335 fucilati mentre era stato assolto nel 1948, e inoltre venne condannato a una pena superiore a quella inflitta al suo comandante Kappler.
Tornando alla lista che portò alla fucilazione di 5 persone in più (anche se dovremmo parlare di 125 fucilati in meno, considerando i soldati morti nei giorni successivi, dei quali Kappler non riferì ad Hitler per evitare l’aggravarsi della rappresaglia), la lista dei condannati fu scritta in gran parte dai tedeschi, ma mancando alcuni nomi fu chiesto di completarla al questore di Roma, Caruso. Questi scrisse 55 nomi (sembra anche i cinque in più) scelti tra i reclusi.
Nel 1944 fu fatto il processo contro Caruso. Il primo testimone contro di lui fu Donato Carretta, direttore delle carceri da cui furono prelevati i condannati. Caruso fu condannato a morte il 21 settembre e subito fucilato.
Carretta era tranquillo. Aveva un certificato di benemerenza rilasciato da Nenni ed era in contatto con il CLN. Ma venne il suo turno e fu accusato di essere il responsabile di quelle 56 morti. Incredulo fu portato in Tribunale dove, durante l’udienza, una donna balzò in piedi urlando come un’ossessa: “Ha fatto morire mio figlio, è stato lui a mandarlo alle Ardeatine, deve pagare, uccidetelo (…)”.
La folla travolse i carabinieri, Carretta fu afferrato da cento mani, sollevato da terra, spinto a calci e pugni verso l’uscita. Venne trascinato fino al bordo del Lungotevere; intanto sopraggiungeva un tram e l’ infelice fu sdraiato sulle rotaie perché il veicolo lo straziasse, parendo troppo dolce per lui qualsiasi altra morte. Il tramviere fermò il tram, tolse la manovella dal comando e scese. Agli energumeni che gli si scagliarono addosso disse che lui non era un assassino, e alle accuse di essere invece un fascista rispose mostrando la sua tessera del partito comunista: si chiamava Angelo Salvatori e credo che il suo nome dovrebbe essere ricordato. Carretta, ancora in sé, fu scaraventato nel Tevere dal Ponte Umberto. Cadde in acqua, si afferrò ai bordi, ma gli schiacciarono le mani con i piedi, sicché si abbandonò alla corrente. Due uomini saltarono su una barca, lo raggiunsero e cominciarono a colpirlo con i remi sulla testa. L’ infelice urlava e aveva ancora la forza di tentare di salvarsi, nuotando e lasciandosi andare sott’ acqua per evitare i colpi. Ma ogni volta che riemergeva il linciaggio riprendeva, finché una larga chiazza rossa di sangue intorno al suo corpo fece intendere che era morto. Il fiume trascinava via il cadavere, ma al Ponte Sant’ Angelo riuscirono a tirarlo a riva, la folla non era ancora sazia del suo orrendo pasto. Si udiva gridare “A Regina Coeli, a Regina Coeli”, perché si voleva che Carretta avesse l’estrema punizione di essere esposto là dove avrebbe commesso i suoi delitti. Arrivati alla prigione, Carretta seminudo, sfigurato, ricoperto di sangue, con la testa maciullata, fu crocifisso al portone. Le urla, la marea di gente raccolta nella strada, i colpi, le esplosioni selvagge d’ un giubilo bestiale fecero affacciare alla finestra due donne. Erano la moglie e la figlia di Carretta e questo completò la ferocia di una scena che si apparenta nella vergogna e nell’orrore soltanto alla macelleria messicana di piazzale Loreto.

lunedì 21 aprile 2014

INVASIONE CONTINUA. COLPIRNE UNO PER EDUCARNE CENTO. CONTRO UN'INVASIONE SI RISPONDE CON LE ARMI

Tra falsa sinistra e papa siamo veramente mal messi. Questo governaccio continua a tenere in piedi  il "MARE NOSTRUM" che significa "MARE VOSTRUM". 1200 invasori in un giorno. Si aspetta che la situazione esploda ancora di più per capire che bisogna usare la mano forte? Se si proponesse di affondare uno di questi barconi ci sarebbe la rivolta dei buonisti. Ma io mi domando che differenza vi sia tra un'invasione armata ed una non armata. Per i buonisti vi è differenza. Anch'io sono di questo avviso, ma nel senso che quella non armata è ancora più pericolosa proprio perché quella armata giustifica il respingimento con le armi, mentre quella non armata lascia lo Stato invaso senza armi di difesa. Dunque bisognerebbe affrontare il maggiore pericolo di una invasione non armata usando la forza, se non anche le armi. Affondare un barcone sarebbe un segnale forte perché altri non ci riprovino. Vengono qui a portarci anche malattie tropicali contro le quali non abbiamo difese immunitarie.
Gli scellerati sostenitori dell'accoglienza dovrebbero spiegare quale futuro dovrebbero avere questi invasori in un'Italia che è ormai sovraffollata a tal punto che i vecchi vu' cumprà li vedo ormai agli ingressi dei market chiedere l'elemosina con un bicchiere o con un cappellino. Significa che per questi invasori non esiste più spazio nemmeno per lavoro nero, cioè illegale. Essi pretendono di essere mantenuti a fronte di un milione di italiani in età lavorativa (ultimi dati) che risultano privi di qualsiasi reddito. Ognuno di questi invasori costa ogni giorno almeno 70 euro, mentre il governaccio buffone Renzi dà la regalia (poi si vedrà se sia vero) di 80 euro al mese.  
L'Italia ha solo 301mila kmq con una popolazione di residenti pari a circa 62 milioni. Più aumenta la sproporzione tra territorio e popolazione e più aumentano la disoccupazione e la criminalità. Dove si vuole arrivare? Usque tantem Catilina abutere patientia nostra?   
E' sperabile che una nullità quale il traditore e poltronista Alfano, che senza Berlusconi (di cui non sono mai stato un sostenitore) sarebbe un signor NESSUNO, venga fatto fuori alle prossime elezioni europee perché ricada nell'oscurità da cui è uscito immeritatamente. Questo scriteriato si vanta di avere portato in Italia, sinora, circa 20.000 invasori. Quando la nave affonda i topi scappano. E i topi che stanno con questo individuo scapperanno. Ma dove? Fesso Berlusconi se se li riprende.  Spero che il movimento 5stelle sia il siluro che affonderà la nave.  
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Sbarchi, l'Italia implora
Ma l'Europa se ne frega


Immagine di tutti i topi alfaniani (Cicchitto, Quagliarello, Schifani, De Girolamo, Lorenzin, etc.) che scappano. La nave è il governo Renzi che affonda